Giustizia e Pace di Corrado Giaquinto
Ordunque, caratteristica precipua del Perfetto Insegnante è saper mantenere una perfetta disciplina in classe. Tutti te lo spiegheranno, appena prenderai servizio, convinti di dirti una cosa sensata e del tutto immemori di come non riuscivano a tenerla loro, quando hanno cominciato (tra le caratteristiche principali del Perfetto Insegnante è infatti da annoverare una memoria non sempre attendibilissima).
I colleghi più nonnisti anzi ti spiegheranno che, loro, nella classe che a te fa vedere i sorci verdi, tengono una disciplina esemplare (usa molto a tal proposito la celebre quanto falsa frase "non vola una mosca": e se talvolta è vero che non volano mosche, magari perché l'inquinamento della zona le ha fatte morire tutte nel raggio di due chilometri, assai più sovente capita che mosche, mosconi, api, calabroni e bombi, per tacere dei tradizionali aereoplanini di carta, volino eccome, alla faccia della disciplina scolastica, distraendo assai la scolaresca tutta); su questo concetto avranno cura di insistere e ricamare a punto croce e sopraggitto, vuoi nei consigli di classe (all'occorrenza anche davanti ai genitori), vuoi in Sala Professori.
I colleghi più materni invece ti spiegheranno con gentilezza che "devi fargli capire chi comanda", felicemente convinti di averti passato la chiave di tutte le discipline. Talvolta, in un lampo di originalità, possono anche aggiungere qualcosa su "l'importanza di far rispettare le regole", le quali regole, si capisce, "devono essere uguali per tutti".
Ora, il punto che col tempo si tende a dimenticare ma che è una delle poche verità indiscutibili sui cui ruota l'affascinante e complesso mestiere di insegnante è che, in classe, comandano gli alunni. Farglielo capire può essere nel migliore dei casi una sciocchezza che non lascia troppe conseguenze, se la classe è di animo gentile e disponibile - ma può rivelarsi anche un errore dei più difficili da rimediare, e dunque sarebbe assai opportuno provvedere acciocché la scolaresca resti nella sua beata ignoranza sotto questo aspetto, ed evitare di scandagliare troppo la questione.
Una classe che ha capito chi comanda ha il coltello dalla parte del manico e può fare polpette di ogni docente, senza distinzioni di sesso e di età. Davanti a loro qualsiasi insegnante è disarmato: note, rapporti e tutto questo genere di cose, fino ad arrivare alla sospensione, sono tutte sanzioni che hanno un valore solo se l'alunno glielo riconosce. L'autorità di un insegnante esiste solo se e quando gli alunni, per bontà loro, per condizionamento psicologico, per sincera fascinazione o per malefico incantesimo, la riconoscono o si sentono obbligati a riconoscerla. E siamo tutti d'accordo che nei campi di sterminio non c'erano problemi di disciplina - e tutti siamo capaci, purché ci basti lo stomaco, a tenere la disciplina con l'aiuto di una fornitura di mitra ben funzionanti e gran copia di filo spinato elettrificato (no, la frusta e la bacchetta non sono sufficienti, altrimenti non sarebbero stati abbandonati come pratiche educative. Non ci sono statistiche adeguate, ma non risulta che bambini e ragazzi picchiati abitualmente siano più disciplinati degli altri. Possono venire su più impauriti o più violenti, ma questa è un altra storia). Tali metodi tuttavia sono incompatibili con un regime costituzionale, quindi al momento del tutto inapplicabili.
Lo sventurato insegnante si ritrova dunque armato di modeste sanzioni verbali e rimproveri scritti contro un'intera classe, e aiutato da quelle poche e inadeguate armi deve venire a patti con la classe in questione tanto da convincerli a seguire le sue lezioni e studiarle a casa quanto basta per saperle ripetere e applicare in presenza di testimoni a livello almeno sufficiente. L'impresa appare ben più complessa delle varie battaglie contro gli zombie, i draghi o i mostri marini che costellano la nostra mitologia antica e moderna, e tuttavia in gran parte dei casi riesce. Ogni insegnante che è agli inizi deve racconsolarsi pensando che, se in molti ce l'hanno fatta, è ben possibile che anche lui ci riesca e che l'impresa non è disperata in partenza, evitando di farsi prendere troppo dallo sconforto (compagno inevitabile quanto indesiderato, e destinato a ripresentarsi a scadenze più o meno regolari e con intensità variabile durante tutto il percorso lavorativo di un docente, e occorre imparare a conviverci).
Detto questo: l'impresa spesso riesce, ma riesce ogni volta per motivi diversi e non c'è una regola precisa per riuscirci né un incantesimo che valga a renderla facile. Quindi la Regola n. 1 è "Non esiste un metodo che ti garantisca un'adeguata disciplina in tutte le classi, perché ogni classe funziona a modo suo".
Qualora quindi capiti di sentire un insegnante, anche di lungo corso, che esordisca con "Ah, io ho un metodo molto semplice, e consiste nel" è opportuno staccare l'audio, o meglio ascoltare con attenzione ma sempre tenendo a mente che il metodo può funzionare come no, esattamente come tutti i metodi e le tecniche in questo complesso settore, e che spesso tale insegnante spaccia come metodo infallibile qualcosa che ha funzionato nell'ultimo paio di anni. Quasi sempre infatti l'insegnante di cui sopra aggiunge "perché prima facevo sempre così e cosà, poi mi sono accorto che non funzionava" - ma in realtà, se prima faceva sempre così e cosà, era perché facendo così e cosà le cose funzionavano. Quando poi le cose non hanno più funzionato, l'insegnante ha cercato altre strade - che con le classi che aveva al momento funzionavano, ma non è mica detto che con tutte.
Ne consegue che la Regola n. 2 è "Non esiste un metodo che automaticamente impedisca un'adeguata disciplina in tutte le classi, perché ogni classe funziona a modo suo". In base a questo principio si sono viste cose stranissime: classi dove l'evidente imbranataggine dell'insegnante alle prime armi faceva scattare l'istinto cavalleresco e protettivo dei ragazzi, classi scalpitanti davanti ad una disciplina ferrea che si sono istantaneamente affigliolate davanti a un'insegnante dolce e disponibile, classi indomabili che si sono ammansite all'istante davanti a supplenti alle prime armi con un contratto che veniva rinnovato di settimana in settimana perché quest'insegnante li faceva lavorare come castori oppure perché quest'insegnante garantiva tempi più morbidi e distesi e piacevoli chiacchierate intimistiche che sviluppavamo la programmazione su strade impreviste. Le strade sono infinite e imprevedibili, perché infinite e imprevedibili sono le tipologie delle classi.
E' opportuno quindi che l'insegnante cerchi di percepire le correnti che circolano nelle classi con cui ha a che fare e tenti di assecondarle, senza troppa fiducia nelle Regole Indiscusse e nei Principi Conclamati: con l'aiuto di una certa dose di culo, è ben possibile che riesca a trovare la chiave giusta, magari impiegandoci un po' di tempo.
La Regola n. 3 infine dice che "Quasi mai gli errori fatti all'inizio, per quanto gravi, sono irrimediabili" e dunque ne consegue che se anche i ragazzi fanno un gran casino il primo giorno, non è detto che continueranno a farlo tutto l'anno.
Naturalmente, non è detto nemmeno il contrario.
4 commenti:
Adoro il tuo manuale del perfetto insegnante!
Le cose che scrivi sono molto divertenti ma soprattutto sacrosante
Hai proprio ragione.
E mi hai fatto venire in mente altri che invece il metodo perfetto ce l'hanno ;-)
Concordo su tutto, ma con un lieve dubbio sulla fine: raramente ho visto, almeno nel corso dello stesso anno scolastico, cambiare radicalmente una classe con cui la sintonia non si era creata. Su più anni, invece, direi di sì...
@ 'Povna
Non credo di aver capito cosa intendi dire. Puoi spiegarmelo in modo più esteso?
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