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sabato 23 ottobre 2010

De arte removendae grammaticae


Da qualche tempo tutti si stracciano le vesti sulla deplorevole ignoranza ortogrammaticalsintattica delle giovani generazioni, dandone la colpa principalmente al deplorevole lassismo della scuola dell'obbligo, colpevole di disperdersi troppo in insulsi progettini sulla multicultura, il bullismo e la manualità.
Ora, fermo restando che, da insegnante figlia di insegnante*, proprio non riesco a capire in che modo un progettino sulla legalità o la tessitura ai tempi dei nostri bisnonni possa ostacolare un adeguato insegnamento delle strutture e delle particolarità della nostra bella lingua, e che se tutti questi sputasentenze dedicassero le loro energie a sporgere adeguate proteste contro la tendenza televisiva a mandare in onda solo persone incapaci di usare non solo il congiuntivo ma pure il condizionale (con in testa presidenti del consiglio e ministri dell'istruzione non più pubblica); scrivevo, fermo restando tutto ciò, di fondo sono d'accordissimo che il principale motivo per cui lo Stato mi versa ogni mese uno stipendio** in qualità di insegnante di Lettere è che io insegni alle nuove generazioni a ben parlare e scrivere l'italiano, e a ciò mi dedico industriosamente col massimo dell'impegno e attingendo a tutte le mie capacità***, ma con ben pochi aiuti esterni.
In effetti tutti sembrano d'accordo sull'importanza di fare la grammatica, ma quando si tratta di dirti come, tutti si defilano a gran velocità adducendo come scusa cumuli di impegni del tutto inderogabili, almeno qua in Toscana.
Da anni guardo speranzosa la lista dei corsi di aggiornamento. Si sono offerti di farmi corsi sulla multicultura, il rispetto reciproco, il disagio, il bullismo e financo sull'importanza di Pope nella letteratura inglese, ma mai un cane che organizzasse un bel corso in dieci lezioni su come far imparare alle creature un corretto uso dei pronomi personali e relativi.
Ho fatto due anni di SSIS, detta anche Scuola di Specializzazione, abilitazione per le medie.
D'accordo che lì le medie non esistevano, e al più veniva loro riconosciuta l'esistenza in qualità di superiores dimidiates, ovvero non-ancora-superiori, e a nessuno di tutta la banda dei pedagogisti didatticisti ed esistenzialisti sembrava essere mai venuto in mente che insegnare alle medie facendo finta che fossero superiori in piccolo non era poi necessariamente 'sta grande idea; resta il fatto che tutti si affannavano a spiegarmi come si insegnava Dante****, che alle medie è veramente l'ultimo dei problemi di un insegnante di Lettere, ma nessuno pareva interessato alle eventuali difficoltà nell'insegnamento della grammatica.
"Beh, queste sono cose che si fanno alle medie" mi spiegò una delle insegnanti quando chiesi se era prevista qualche lezione sull'insegnamento della grammatica.
Per l'appunto, ribattei, infatti io lavoravo alle medie.
Farfugliarono qualcosa sul fatto che alle superiori si dava per scontato...
Finii col lasciar perdere.
Come si insegna la grammatica?
Nessuno sembra preoccuparsene molto, a quel che ho visto. C'è il libro, basta seguire quello.
Si legge il libro di grammatica, si fanno fare gli esercizi e si risentono le regole. Poi ci si lamenta perché in terza i ragazzi scrivono ancora in modo sgrammaticato.
Con gli anni ho elaborato un sistema piuttosto complesso a base di esercizi pescati tra varie grammatiche, esercizi inventati da me ed esercizi apparentemente di scrittura creativa ma in realtà basati sulla grammatica. Combinato con la buona vecchia tecnica Black and Decker***** finisce per produrre dei risultati accettabili.
Le regole di solito non le risento: non mi interessa che sappiano le regole, voglio che le applichino nel modo giusto in modo istintivo, mentre scrivono un biglietto al compagno di classe durante la lezione o un appunto sul diario, come ho sempre fatto io (che vivevo però circondata da persone che parlavano un italiano impeccabile).
Il problema non sembra però molto sentito. In Sala Professori sento spesso gli insegnanti di Matematica lamentare carenze molto concrete - non sanno fare i conti, non sanno le tabelline, si scordano di cambiare segno dentro le parentesi, non sanno fare l'area di questo e di quello - mentre i colleghi di lettere deprecano magari la superficialità dei temi o il fatto che alcuni non fanno i compiti. La Crociata dei Pronomi e la Saga dei Verbi nelle Subordinate sembrano una mia esclusiva preoccupazione.
Eppure, qualsiasi sia il criterio con cui vengono formate le classi, dubito molto che, alla notizia del mio arrivo in una scuola, ci si preoccupi di infilare nella sezione che mi assegneranno tutti gli alunni con gravi carenze nell'uso dei pronomi e la tendenza a mescolare allegramente in un pastone unico indicativo, congiuntivo e condizionale. Non è possibile che sia solo un problema mio.
(...o almeno spero...)
* che amava molto i progettini sulla manualità, la legalità e via dicendo, ne ammaniva in quantità industriale ai suoi alunni ma non per questo gli alunni in questione uscivano analfabeti o sgrammaticati dalle sue mani
** se e quando se ne ricorda. Vero, signora Tesoreria dello Stato?
*** Il che non è detto che sia poi 'sto granché
**** che tra l'altro sarei perfettamente in grado di insegnare, e pure meglio di molti di loro
***** che consiste nel trapanargli il cervello fino allo sfinimento (loro e mio)

4 commenti:

lanoisette ha detto...

anch'io anch'io!!! condivido, sottoscrivo e approvo!!!

La prof ha detto...

Quest'anno ho approfittato dei tetti di spesa e non ho fatto acquistare l'antologia. Nelle ore di italiano faccio grammatica. Ogni tanto interrompo, e ci dedichiamo alla scrittura più o meno creativa, alla narrativa, ecc., ma si torna sempre alla grammatica. E non mi pare che faccia loro male. E nemmeno che a loro dispiaccia, soprattutto quando vedono che, se nel tema applicano giustamente il pronome relativo, si capisce meglio quello che vogliono dire.
La tecnica collaudata, appunto, è quella del pout-pourri (ci fosse un grammatica che spiega ed esercita bene in tutte le parti necessarie!).
Dopodiché, come ripeto sempre, facciamo due conti:
66 ore circa di grammatica (ufficiali) in un anno; tutta la morfologia, e quanto tempo si dedica, che so, alle doppie? Un'ora, due? Oltre a continuare a correggerle invano, per quante ore di lezione si può far capire che cosa sono le doppie e quando si usano? due? tre?
Ecco, poi hai la Palombelli che cinque giorni a settimana, per mezz'ora, per tutto l'anno scolastico (totale circa 90 ore) alla radio saluta Robbbberta la reggggista. 90 ore contro due. Chi vuoi che vinca?

p.s.: mia figlia (mia figlia!!) mi ha detto che credeva che "snob" e "snobismo" fossero "snobb" e "snobbismo" :''-(

cautelosa ha detto...

La grammatica è... drammatica, ripetevo talora ai miei studenti, quand'ero particolarmente scoraggiata di fronte alle loro 'perle'.
Perché, alla fine della lezione, sembrava che tutti avessero capito e che nessuno avesse dubbio alcuno, poi, bastava l'intervallo di un giorno e tu scoprivi come molti avessero rimosso e cancellato qualsiasi conoscenza.
E mi sono convinta che gran parte degli alunni applichi le regole grammaticali principalmente nel momento di esecuzione dell'esercizio specifico, mentre, quando si tratta di scrivere un testo, le stesse regole diventino un optional.
E così ti ritrovi a correggere una tale varietà di 'orrori' da farti digrignare i denti, come ripeteva sovente una collega.
Ma, secondo me, un problema ancora maggiore è come intervenire di fronte a quei testi così disorganizzati e 'poveri' da non sapere da quale parte cominciare a porre mano, veri pastoni unici del contorcimento delle idee...

Murasaki ha detto...

Il tema-pastone è senz'altro un osso duro ma spesso il tempo è galantuomo e con la crescita della creaturina e un bel po' di esercizio le cose di solito finiscono col migliorare. Sotto questo aspetto per me la prima è la più faticosa delle classi, anche perché varie circostanze di ordine logistico, pissicologico e relazionale sconsigliano di rendere il compito con sopra un crocione e la scritta "'sta roba la dai in pasto ai maiali perché IO non la voglio".
Ed è verissimo che la grammatica è quella cosa che sul momento tutti sembrano capire ma che nel concreto risulta più sgusciante di un'anguilla in buona salute e coperta d'olio - in parte, temo, è colpa della famiglia d'origine: di solito, chissà perché, siamo tutti capaci di insegnare a scrivere e parlare correttamente ai figli di avvocati, medici e magistrati), mentre i figli di semianalfabeti creano sempre un po' di difficoltà anche quando si impegnano sul serio...
Ma confesso che qua da noi le doppie sono un problema che riguarda solo gli stranieri: vivaddio gli indigeni fiorentini hanno il sistema vocalico di base dell'italiano (che è appunto il fiorentino) e questa croce ci è risparmiata, al momento, per quanto la Palombelli possa imperversare in raddio epperfino in tellevisione.
Quanto all'antologia, chi sa con certezza in che sezione lavorerà l'anno prossimo può anche non adottarla, ma chi arriva all'ultimo minuto trova quel che hanno adottato gli altri... che spesso, in quel che fumavano al momento della scelta, avevano messo una quantità davvero modica di tabacco!