In occasione delle consuete uscite pre-Pontida sul tema dell'unità d'Italia e del suo inno ho rispolverato una delle molte unità didattiche con cui ho sbarcato la SSIS.
Per ognuna delle cinque tesine dell'Area Trasversale infatti ci veniva chiesto di allegare un'unità didattica - che, grosso modo, corrisponde al contenuto di una lezione o di più lezioni strettamente collegate tra loro.
Al contrario di altre unità didattiche che ho presentato questa è vera, nel senso che io l'Inno d'Italia lo spiego proprio così - anche se non ho mai esteso il lavoro nel senso qui progettato, soprattutto perché non mi sono mai trovata alle mani un insegnante di musica con cui avevo voglia di lavorare quando spiegavo l'Inno d'Italia (altre volte ho avuto a disposizione colleghi con cui avrei collaborato volentierissimo, ma sempre quando non avevo alcuna collaborazione da proporre. Capita).
Questo lavoro ha contribuito a farmi prendere 30 (o era 29?) nell'area trasversale. Questo non indica necessariamente che sia un lavoro valido, o che alla SSIS lo abbiano considerato valido, perché in effetti non ho alcuna certezza che l'abbiano letto o anche soltanto scorso; d''altra parte la cosa su cui trovavano più facilmente da ridire, nell'Area Trasversale, era la bibliografia (non i criteri della bibliografia, ma il modo in cui era redatta. Noi di Lettere chiaramente abbiamo spopolato, ricorrendo all'accorto espediente di seguire le istruzioni propinateci), e sulla redazione della mia bibliografia non c'era niente da ridire.
Per lo schema dell'Unità Didattica invece mi sono attenuta a quello che ci aveva dato l'insegnante del laboratorio di italiano. Visto che nessuno me l'ha mai criticato, immagino vada bene.
L'utilità di preparare queste Unità Virtuali per Classi Immaginarie mi è sempre sfuggita. In effetti mi sembra che progettare una lezione e farla siano due cose ben diverse, ma tant'è.
Questa, comunque, l'ho fatta una mezza dozzina di volte, seguendo questo schema, ed ha sempre funzionato - nel senso che la classe mi stava a sentire almeno quel tanto che bastava per scodellare delle verifiche di livello più che dignitoso.
ARGOMENTO: Inno nazionale d’Italia ufficiale e inno ufficioso.
CLASSE: II media, livello medio.
MOMENTO: Verso la fine di Aprile (seguendo gli attuali programmi)
La lezione dovrebbe svolgersi pochi giorni dopo aver terminato la parte di programma di storia che parla dei moti del 48-49, verifica inclusa, e prima di iniziare la parte sul “decennio di preparazione” di Cavour.
MATERIA: Storia, Letteratura italiana, Educazione civica
FINALITÀ’: ampliare le conoscenze sul Risorgimento italiano
capire perché il testo è stato scelto come inno nazionale
addomesticarsi con l’arte di analizzare un testo in base all’inquadramento storico
PREREQUISITI:
Sapere che c’era un movimento irredentista che voleva l’unità d’Italia.
Conoscere la prima parte del Risorgimento, fino ai moti del 48 compresi
TEMPO: 1 ora, più mezz’ora della lezione successiva per la verifica.
1 ora in compresenza o in aggancio a Educazione Musicale.
PARTE PRIMA - L’INNO UFFICIALE
Testo: Fratelli d’Italia di Goffredo Mameli
I - Dove siamo.
Rapido riepilogo della situazione storica dopo i moti del 48 da parte degli allievi: è sufficiente che abbiano ben presente che l’Europa era stata attraversata da una vampata rivoluzionaria, che ad un certo momento era sembrato che i rivoluzionari potessero farcela, ma che poi tutto era finito in niente. Un accenno alla Repubblica romana, e alle speranze che aveva suscitato.
II - E questo cos’è?
Spiegare agli alunni che la poesia che hanno in mano è l’attuale inno nazionale.
Molti saranno sorpresi perché hanno sentito spesso la prima strofa, ma ignoravano che ce ne fossero altre. Spiegare che la versione completa viene eseguita molto raramente.
(Se chiedono il perché, ammettere di non saperlo)
III - L’autore e il contesto culturale.
E’ nato nel 1827 e ha scritto la poesia nel 1847, appena laureato.
Partecipò ai moti del 48 e fu tra i difensori della Repubblica romana. Morì nel 1849, per una ferita.
Il fatto che sia morto nei moti irredentisti, e così giovane, sta ad indicare che, anche se magari non è stato il più grande poeta della nostra letteratura, la sua buona fede è fuori discussione. La poesia, dunque, è sincera. Se magari oggi può sembrare retorica è perché nel frattempo il gusto è cambiato: nessuno oggi si sognerebbe di scrivere una canzone così. All’epoca invece era perfettamente normale.
IV - Di che parla il testo
E’ la parte centrale della lezione.
Oltre alla spiegazione letterale del testo occorre fornire una spiegazione per le parole più insolite (“calpesti” per “calpestati”, “squilla” per “campana, “natio” per “dove si è nati” eccetera. Sono tutte cose che serviranno per l’anno successivo, quando verranno letti Manzoni e Leopardi e gli altri autori dell’ottocento, e intanto imparano a familiarizzarsi con questo tipo di lessico).
Gli avvenimenti storici citati nella poesia vanno richiamati uno per uno, e riassunti nei tratti essenziali (tra l’altro alcuni per gli alunni saranno completamente nuovi).
“Scipio” è Scipione l’Africano, che sconfisse Annibale che, ad un certo punto, sembrava dovesse invadere Roma. Questo spiega anche l’accenno alla Vittoria schiava di Roma: ai tempi dell’antica Roma l’Italia era unita, e anche molto potente. Dopo ha dormito un sonno millenario ma adesso “s’è desta”.
La battaglia di Legnano è possibile che non richieda grosse spiegazioni, soprattutto se l’anno prima è stata fissata con “Il parlamento” di Carducci: è il momento in cui l’imperatore straniero (e tedesco, guarda un po’), che si era messo in testa di fare il prepotente in Italia (distruggendo tra l’altro Milano) viene sconfitto e ricacciato oltre i confini. Siamo nel XII secolo, nella gloriosa Italia dei Comuni, che andava molto di moda nel Risorgimento.
Ferruccio molto probabilmente giungerà nuovo alla classe. Basta accennare che difese con grande coraggio Firenze durante un assedio dei francesi, in un periodo (intorno al 1500) in cui i francesi andavano e venivano in Italia come se fosse casa loro.
“Balilla” invece è termine piuttosto noto, e i ragazzi hanno sentito nominare sia i Giovani Balilla del fascismo che la macchina Balilla, uscita in quegli anni.
Spiegare che, anche se adesso è diventata praticamente una parolaccia, e suscita solo associazioni sgradevoli, nel 1847 quel nome era invece collegata ad un episodio glorioso e assai patriottico: Balilla è, in genovese, diminutivo di Battista, e il piccolo Balilla era un ragazzino genovese che nel 1746 lanciò un sasso contro un ufficiale austriaco innescando così una sollevazione della città. Dopo cinque giorni di combattimenti gli austriaci levarono le tende.
I “Vespri” sono i Vespri siciliani: altra sommossa popolare, che nel 1282 scacciò gli Angioini (francesi) dalla Sicilia.
(Di passaggio, è opportuno accennare che, guarda caso, un tale Verdi scrisse due opere dedicate per l’appunto ai Vespri Siciliani e alla Battaglia di Legnano. Basta un accenno, perché l’argomento sarà ripreso nella seconda lezione).
Quanto al “sangue polacco” non dovrebbe dare particolari problemi perché è roba recente: al Congresso di Vienna, Russia e impero asburgico si erano spartiti il regno di Polonia, che era così diventato un paese che aveva lo stesso identico problema dell’Italia, e per giunta a causa dello stesso nemico: l’Austria.
V - Il senso generale
Riepilogando: abbiamo un episodio di storia romana, cinque ricordi di cinque gloriose occasioni in cui l’italico coraggio ha sconfitto o comunque duramente provato gli incauti invasori stranieri, e un accenno a un popolo che ha un problema abbastanza simile a quello italiano, cioè essere stato spartito come una torta da potenze straniere, oltre a un accenno all’Austria vista come un’aquila spennacchiata.
Gli episodi in cui l’italico coraggio ha sconfitto gli invasori sono geograficamente collocati in tutta la penisola (Milano, Genova, Firenze, Palermo), e si lascia chiaramente capire che sono tutte punte di iceberg: ogni italiano, in qualsiasi momento, potrebbe fare altrettanto.
La poesia si apre con un’invocazione ai fratelli d’Italia (divisi, dunque, per colpa dello straniero, ma uniti nel cuore), poi c’è una spiegazione storica all’attuale debolezza d’Italia, dovuta proprio alla sua frantumazione, e un invito a unirsi.
Vale la pena, se la classe è in condizione di sopportarlo, di soffermarsi sui versi “l’unione e l’amore / rivelano ai popoli le vie del Signore”: grazie a un fenomeno di generale affratellamento delle italiche genti, sarà chiaro che l’unione dell’Italia fa parte del disegno divino. Da sempre i popoli insorti invocano Dio dalla loro parte, ma qui il Signore è chiamato in causa in modo molto gentile.
Questo spiega anche perché, nonostante i numerosi riferimenti guerreschi, la poesia ha potuto essere adottata come inno nazionale da una nazione che, nella sua costituzione, dichiara di ripudiare la guerra.
VI - Verifica
(in classe)
Gli studenti devono rispondere per iscritto a tre domande:
1) In che contesto storico scrive l’autore
1) A chi si rivolge, e cosa propone
2) Perché l’autore insiste tanto sul passato glorioso dell’Italia.
PARTE II - L’inno ufficioso
Testi:
- Va’ pensiero, dal Nabucco; musica di Giuseppe Verdi, testo di Temistocle
Solera (1842)
- Dell’aura tua profetica, dalla Norma; musica di Vincenzo Bellini, testo di
Felice Romani (1831)
L’introduzione storica si fa abbastanza facilmente perché ogni manuale di storia ha un box o una scheda dedicata all’importanza, anche politica, della musica lirica nell’Ottocento - e in queste schede viene sempre raccontata la nascita di “Va pensiero”, dell’entusiasmo che suscitò fin dalla sua prima esecuzione e di come un coro di ebrei esiliati che deprecavano la loro triste sorte si trasformasse in un inno rivoluzionario, con grande scorno della censura austriaca.
Occorre anche ricordare come il coro sia sempre rimasto popolarissimo (è uno dei pochi brani di musica classica che praticamente ogni italiano conosce) e come a tratti sia stato proposto di farne l’inno d’Italia.
(Un confronto tra i testi di “Va’ pensiero” e “Fratelli d’Italia” spiega abbastanza facilmente perché il secondo ha prevalso: “Va’ pensiero” è un lamento, senza altro progetto che quello di imparare a sopportare con pazienza le avversità, il secondo contiene un progetto molto chiaro e la volontà di rimettere a posto quel che funziona male. Anche se musicalmente il divario qualitativo è enorme, la scelta di un inno nazionale è prima di tutto un fatto politico).
Gli insegnanti possono fornire qualche ampliamento, per esempio spiegando che l’opera era sì popolare, ma nelle città, visto che in assenza di radio e televisione i contadini erano decisamente tagliati fuori da questo tipo di intrattenimenti (non era invece questione di reddito perché i posti popolari erano a prezzi realmente popolari).
Si deve poi aggiungere che “Va pensiero” non fu un caso isolato, e che molte opere di quel periodo, non solo di Verdi, contengono cori e arie a sfondo risorgimentale, e che anzi i soggetti spesso erano strutturati (e i libretti scritti) in modo da consentire quel tipo di operazione, con grande abbondanza di perfidi tiranni e invasori stranieri contro cui covava la rivolta. Il tema era molto sentito dagli intellettuali dell’epoca: non solo dai musicisti, ma anche dai librettisti (e dagli impresari, non fosse che per il successo di pubblico che riscuoteva).
Il coro dalla Norma è stato scelto perché, oltre ad essere molto gradevole all’ascolto, è di segno opposto a “Va’ pensiero”: non c’è niente di elegiaco o di introspettivo, solo una tribù infuriata e decisa a cacciare via gli invasori in malo modo. Volendo, può essere sostituito dal secondo coro della Norma “Guerra! Guerra!”, che è più breve e ha un ritmo più veloce ma espone esattamente gli stessi concetti - o da un’altra quarantina di cori analoghi (anche se non tutti altrettanto suggestivi).
Anche qui è necessario fare un po’ di lavoro sui testi, sbrogliando le frasi più complicate per permettere agli allievi di seguire il senso.
Una volta concluso l’ascolto, e la seconda lezione, il Risorgimento viene abbandonato a sé stesso e ritorna un argomento di esclusiva pertinenza di Storia.
In compenso le connessioni tra musica e politica e soprattutto l’uso della musica come veicolo di trasmissione per temi profondamente sentiti dalla collettività possono continuare ad essere studiate per mesi e anni di fila: il materiale non manca certo.
Parte Terza - Musica e politica
La palla passa all’insegnante di Educazione Musicale (che può poi rilanciarla in seguito ai colleghi del Consiglio di Classe): a parte la musica lirica della prima metà dell’Ottocento, esistono altri casi in cui la musica cantata è stata concepita o interpretata in chiave politica?
Ovviamente di casi ne esistono un’infinità, partendo dal blues e dalle canzoni di protesta dei lavoratori fino ad arrivare a musiche incise due giorni fa, e ogni ragazzo ne conosce almeno qualcuno.
Il lavoro può ramificarsi in infiniti modi: si può ad esempio esaminare qualche tema dei più ricorrenti per Educazione Civica o per Storia, lavorare sulle poetiche di certi testi in italiano o nelle lingue straniere studiate da quella classe, o su colonne sonore di film musicali o su video che sono diventati particolarmente famosi (a quel punto si può anche agganciare Educazione Tecnica). Anche gli incastri con Geografia sono numerosi, e spaziano dai moti rivoluzionari in Sud America sino alle questioni energetiche e ambientali.
Tanto per fare un minimo esempio, se vogliamo insistere sul filone degli inni nazionali:
l’inno inglese “God Save the Queen” ha avuto almeno due rifacimenti nell’ambito della musica rock.
- La prima è la versione dei Queen, che sul doppio significato in inglese del loro nome hanno giocato spesso. Una tipica chiusa dei loro concerti era l’inno suonato dalle tastiere mentre il cantante si esibiva sul palco in manto bordato di ermellino, con corona e scettro. Le parole erano cantate dal pubblico.
- Nel 1976 i Sex Pistols lanciarono una versione molto personale di “God Save the Queen”. Il testo, cantato con un’intonazione molto approssimativa e con grande sfoggio di chitarre in distorsione, era estremamente acido verso il sogno imperiale britannico. La canzone, che ebbe un enorme successo e scandalizzò mezzo pianeta, chiuse la stagione del progressive rock inglese e aprì quella del punk rock, facendo spargere fiumi di inchiostro ai sociologi, oltre che ai critici musicali.
14 commenti:
Per alcuni minuti sono tornato alunno ad ascoltare a bocca aperta la prof.
Io ho cominciato a leggere come prof, poi anch'io sono regredita.
Ma questo è il testo esatto dell'Unità didattica che hai consegnato?
Perché, nel caso, ti devo dare ragione: non l'hanno letto :-)
Basta arrivare a "Spiegare che la versione completa viene eseguita molto raramente. (Se chiedono il perché, ammettere di non saperlo)
" per capire che nessuno è arri vato fino a lì :-)))
fico! anch'io faccio una roba del genere, suppergiù.
ma, soprattutto: che diamine è l'"Area Trasversale"? da noi non c'era...
Per un attimo mi è venuta voglia di tornare in classe...
Avrei potuto usare i tuoi suggerimenti didattici...
Ringrazio commossa (e anche parecchio intimidita).
Prof, il testo è assolutamente quello che ho consegnato, non l'ho nemmeno riletto - e infatti rileggendo il post ci ho trovato un paio di refusi, che ho tolto.
Ma, vedi, all'Area Trasversale eravamo trecento e passa, con cinque tesine per uno e due soli appelli a disposizione, di cui il primo andò quasi deserto perché l'avevano messo troppo presto. Di conseguenza a leggere le nostre tesine vennero messi anche il segretario, vari "cultori della materia" (ovvero ricercatori non stipendiati) e forse anche qualche incauto passante che in quei giorni aveva deciso di rifornirsi di cotone muliné all'eccellente negozio di articoli per ricamo davanti alla facoltà.
Immagino che nella maggior parte dei casi dessero un'occhiata alla bibliografia e una scorsa alla prima pagina della tesina. Considera che l'Unità Didattica arrivava in fondo, a completamento della decina di paginette della tesina (in cui riferivo impeccabilmente sul concetto di Zona di Apprendimento Prossimale)...
Lanoisette, se davvero non avevate l'Area Trasversale siete stati assai più fortunati di noi!
Oppure ce l'avevate con un altro nome?
Comunque si trattava di un gruppo di venti lezioni comuni a tutti gli indirizzi, quattro lezioni per ogni materia: Psicologia, Didattica, Pedagogia, Giuridica e Socio-Antropologica. Fu senz'altro la parte più noiosa della SSIS perché ci venivano rifilati esimi tuttologi che non avevano programmato uno straccio di lezione, oppure avevano preparato lezioni che ci erano utili come un televisore senza scheda video - a parte due eccezioni, una delle quali (antropologia) non mi servì per l'insegnamento ma mi interessò per cultura personale.
mmmh... da noi c'era l'Area di Scienze dell'Educazione (in cui di roba giuridica non s'è fatto cenno) in cu imi sono sorbita un po' di tutto (alcune cose validissime, altre un po' meno).
una unità didattica così da noi l'avrebbero richiesta per i Laboratori Didattici Disciplinari, piuttosto...
Da noi ai Laboratori Didattici Disciplinari chiedevano i Moduli.
E cosa siano i moduli (all'incirca) conto di raccontarlo in un dei prossimi capitoli.
Ma... hai cambiato le impostazioni del blog? Adesso pare che riesca a commentare anche io! :D
Ti avevo semplicemente scritto che il tuo era davvero un ottimo lavoro e che alcune cose citate non le conoscevo e mi hanno davvero sorpreso :)
@ Wolf
Grazie, grazie, grazie! Non solo per quel che scrivi, ma perché mi hai dato la chiave per risolvere finalmente il problema dei commenti.
E' stata una vera ispirazione entrare nel tuo blog ^___^
(a quel che sembra, nemmeno i lupi portano sfortuna. Specie quando non hanno fame quando li incontri...)
Oh! Ma i lupi sono animali estremamente timidi e hanno molta paura dell'uomo...
Non credere a tutte le brutte (spesso inventate) storie che si raccontano su queste straordinarie e bellissime creature!
:-)
@ Fire:
Non temere, vengo da una famiglia portatrice di saldi principi morali che a quattordici anni mi aveva già messo in mano Konrad Lorenz ^__^
(ugualmente però preferisco essere circondata da lupi satolli)
Oh, che bello, posso commentare anche io! Non insegno, ma ho seguito a bocca aperta come i professionisti. Cosa che mi capita spesso, qui. Complimenti, davvero.
Hai visto mai che sia fortunata e ti trovi in zona, mi porto avanti: ma dove insegni, eh, eh???
@ Naoh
Ebbene sì, grazie al provvido intervento di un eccellente Lupo adesso CHIUNQUE può commentare quando vuole. Ancora mi commuovo quando ci penso ^__^
Insegno in provincia di Firenze. Se sei in zona abbiamo tutto il tempo per programmare l'iscrizione delle tue belvette presenti e future.
Altrimenti, potrai sempre invocare a loro discolpa, qualsiasi cosa facciano in futuro, il fatto che non hanno goduto delle mie pregevoli lezioni ^___^
Accidenti, troppo lontano!
Mica mi metto io a fornirgli delle attenuanti, se se le scoprono da soli ben per loro....
comunque se nei prossimi anni dovessi venire un po' più a nord (e chi te lo fa fa'? Eh, lo so) avresti un cestino di mele assicurato.
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