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venerdì 5 gennaio 2018

Ruth - Elizabeth Gaskell


Pubblicato nel 1853, Ruth affronta lo spinoso problema della fallen woman - ovvero la donna caduta nel gorgo del peccato.
L'argomento all'epoca era serio: pòle una donna redimersi dal Peccato?
L'Inghilterra vittoriana non ne era affatto convinta, e infatti il libro causò grande scandalo - perché, nel corso del romanzo, Ruth si redime effettivamente dalla sua vita peccaminosa. 
Ma forse sarebbe più esatto dire che viene chiaramente indicato che non aveva una vita peccaminosa da cui redimersi, ed era stata semplicemente una ragazza piuttosto sfortunata capitata nelle mani sbagliate e lasciata troppo sola. L'innocenza, che era stata la vera causa della sua caduta, è anche quella che l'aiuta a mantenere una vita rispettabile. Perché Ruth conduce una vita rispettabile per tutto il tempo del romanzo, tranne nella breve parentesi in cui, con molta innocenza, sceglie una strada che dava buone garanzie di risolversi in un disastro completo.
A questo proposito mi è piaciuta molto la copertina scelta dagli Editori Internazionali riuniti: una innocentissima e un po' stranita Maria accoglie l'annuncio dell'Angelo (che non si vede) in un quadro del 1898 di Henry Ossawa Tanner. C'è stupore, nel suo sguardo, e rassegnazione, ma anche molta, molta innocenza.

Elizabeth Gaskell aveva già trattato l'argomento, con un certo brutale realismo, in Mary Burton, dove uno dei personaggi è appunto una ragazza madre. La sua storia è molto triste: dopo aver perso il bambino (perché non aveva i soldi necessari per curarlo quando si ammala) diventa una prostituta, e beve per "riuscire a sopportare quel che è diventata". Morirà di tisi, e anche di disperazione. Era quella, di solito, la strada delle sedotte e abbandonate. L'amante lasciava qualche soldo e spariva nel nulla. La giovane madre restava da sola con un bambino piccolo e l'universale disapprovazione come unica compagnia.
A Ruth le cose vanno meglio, ma solo perché l'autrice ci mette una buona parola.
E' una ragazza orfana, molto carina - forse sarebbe più esatto definirla senz'altro bella. Del resto, nessuno cercava di mettere nei pasticci una ragazza così-così. Di solito.
Rimasta orfana, Ruth viene affidata a un tutore che la mette a fare l'apprendista in una sartoria e rifiuta di interessarsene oltre. Completamente sola, non ha nessuno che la consiglia. E non ha ancora sedici anni.
Il primo giovane di buona famiglia che la vede non deve darsi molto da fare per impallinarla, complice anche una certa trascuratezza da parte della sua datrice di lavoro. Ruth segue il suo nuovo amico, che glielo chiede in modo così gentile, così rispettoso, così carino... è molto fiduciosa, e all'amore ci crede davvero.
Forse, chissà, ci crede anche il giovin signore, o almeno forse crede di crederci. Difficile a dirsi, perché è un individuo dotato di una superficialità davvero singolare, e di un senso etico ancora più superficiale; ma, del resto, solo un uomo molto superficiale può cacciare una povera ragazza in un pasticcio simile. E insomma tutto finisce come deve finire secondo le regole: qualche soldo (che Ruth rispedirà al mittente) e un bambino in arrivo.
Per fortuna è già entrato in scena un colpo di fortuna di cui poche ragazze nella condizione di Ruth hanno potuto usufruire: un bravo e buon pastore (inteso come sacerdote), che si prende a cuore il suo caso. Lui e la sorella si porteranno a casa la ragazza pur sapendo che è incinta. Raccontano a tutti che è una parente povera, rimasta vedova giovanissima.
L'idea iniziale era di tenerla "per un po'", fin quando Ruth non fosse in grado di mantenersi da sola, ma i tre finiranno per affezionarsi terribilmente, e il bambino darà il colpo di grazia alla situazione.
Perché, in barba a tutti i canoni, il figlio della colpa sopravvive, senza altre difficoltà che qualche malanno tipico dei bambini. Alla fine del romanzo è ancora lì, che gode ottima salute e si accinge ad entrare nel mondo, anzi in tanti fanno a gara per pagargli gli studi.

Diverse regole canoniche vengono violate, ma con molta grazia & discrezione: per esempio per molti mesi Ruth soffrirà crudelmente per l'abbandono e per l'amore tradito, ma lo farà in silenzio, piangendo di nascosto. Imparerà a pentirsi di quel che ha fatto e a considerare tale il suo peccato (pur ricordando che era molto giovane e quasi non sapeva cosa stava facendo). Finirà per curare l'educazione di alcune giovinette assai benestanti con gran soddisfazione della loro famiglia... finché quella impeccabile famiglia, molti anni dopo, non scopre quale orribile serpaccia abbia accolto nel suo seno. A quel punto il discredito si abbatterà crudelmente anche sui suoi benefattori, rei di non avere abbandonato la peccatrice alle conseguenze della sua colpa nonostante sapessero benissimo di quali orribili infamie si fosse macchiata - e che continueranno a non abbandonarla, lei e il figlio della colpa, anche quando l'atroce infamia viene scoperta.
Il lettore comincia così a farsi un sacco di domande sconvenienti non tanto sul fatto che Ruth sia redimibile o meno, ma se in tutto il meccanismo che nella società inglese dell'epoca separa il Vizio dalla Virtù non ci sia qualcosa di orribilmente sbagliato, che finisce col porre in grave pericolo non tanto le anime dei peccatori, quanto quelle dei farisei che si crogiolano beatamente nel loro scandalizzato perbenismo - e che infatti si ritrovano a scoprire con vero orrore che il Nero Vizio può colpire anche loro, senza nemmeno le possibili scusanti dell'ingenuità e dell'amore.
Nonostante l'ostracismo che le cade addosso la peccatrice nuovamente si redime, stavolta in pubblico, davanti a tutta la città, che finisce per coprirla di benedizioni e non più di contumelie. E proprio allora...
Sì, sono d'accordo con Charlotte Bronte, che protestò: il romanzo meritava un lieto fine. Ma Charlotte Bronte aveva una morale tutta sua, che le permetteva di giudicare la società in cui viveva con una lucidità particolare. Elizabeth Gaskell sapeva però di aver tirato la corda più che a sufficienza e il romanzo finisce con una specie di santificazione postuma di Ruth... ma non col finale che la vita avrebbe dovuto assegnare a quella bella e cara signora.
Per il Seduttore, invece, che ricompare un paio di volte nella storia, la punizione invece è crudelissima: non si renderà mai conto davvero di quel che ha fatto e di dove ha sbagliato, anzi fino alla fine è convinto di aver fatto ben più di quel che gli spettava - ma quanto sia in buona fede nel credere questo, naturalmente, non è possibile dire.
Il finale, dunque, sta lì, appiccicato con lo sputo. Credo che Gaskell ne fosse perfettamente consapevole, e lo abbia lasciato così proprio perché al lettore rimanesse un senso di indefinibile disagio, che lo rendesse irritabile e scontento senza capirne le vere ragioni.

Il romanzo è stato di recente ripubblicato da Elliot, non so se con una traduzione nuova. Comunque è caldamente consigliato a chi ama la letteratura vittoriana ma non è troppo interessato... come dire, ai romanzi d'azione. Anche se non mancano i colpi di scena, si tratta di una lettura intimistica e molto accentrata sull'analisi dei sentimenti.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro buone letture e tranquilla serenità per questo ultimo scorcio dei giorni delle Feste.

11 commenti:

acquaforte ha detto...

Questo tipo di romanzi non fa per me, mi fa venire l'orticaria, unita al forte desiderio di sparare a qualcuno. Vizi e Virtu, Peccatori e Farisei. Lo so, si parla di un'epoca ormai morta e sepolta (?), e se succede ancora qualcosa di simile è perché le donne si vestono in modo provocante e l'uomo si sa, è debole. Ma mi sembra che molti uomini continuano a usare il loro potere sulle donne (qualche volta persino consenzienti), quindi sì, molta strada abbiamo ancora da percorrere.

Buon anniversario.....🍸🍰

Bridigala ha detto...

Sembra splendido, un bell'acquisto per la biblioteca, se avessi lettori come li intendo io. Il rischio di ricevere un deprimente "ma che roba noiosa me gheto da?" (Ossia mi hai dato) è più che concreto, ahimè. Se avessi un po' di avanzo ci penso volentieri (e se son riuscita ad avanzare sono una maga...:D)

Pellegrina ha detto...

Gaskell e Bronte erano amiche o ricordo male?
Il romanzo non lo conosco assolutamente, in compenso una sedotta che mi piace molto è la Tess di Hardy, come mi piace moltissimo Jude sempre di Hardy (ma molto meno Bethsheba). Due romanzi durissimi, ma un po' più recenti, scritti in un clima diverso. Il tratto più interessante tra i molti notevoli di Tess è che lei non ama affatto il bel rampollo che la prende tra le braccia in una sera di ballo, non è pentita e non lo rimpiange affatto, anzi lo respinge in tutti i modi; il problema è solo la gravidanza. E colui che sembra il salvatore si rivelerà ben più piccino e spietato del primo...

dolcezzedimamma ha detto...

Ti confesso che in questa fase della mia vita i romanzi vittoriani mi intrigano poco. Lo segno comunque( i tuoi consigli sono una garanzia), ma per ora passo.

Fatevi i Gatti Vostri ha detto...

Ciao carissima, quando ti leggo mi vergogno come na ladra. I sarei sortita anche da Lettere ma ho fatto un indirizzo orientato discipline delo spettacolo e dela comunicazione e sula letteratura so davvero pochino, però le tu presentazioni mi mettan sempre voglia di legge quarcosa e anche questo se trovo tempo lo leggerei volentieri. Siamo tornate a casa e qui corre voce che Amedeo sia lì a ciucciassi i gomiti pe' consolazione.
Un bacio grosso grosso anche da Dani che è con me

Fatevi i Gatti Vostri ha detto...

Sono Zanza scusa la firma scordata

vanessa ha detto...

Ciao
Sarei curiosa anche io di un confronto tra questo e Tess. Tess l'avevo letto in inglese e su un cellulare (pure minuscolo) e lo avevo trovato avvincente - va beh povera ragazza aveva una lunga serie di sfighe però funzionava a tenere accesa la curiosità
Notte
V

Murasaki ha detto...

@Acquaforte:
Grazie degli auguri ^_^
L'anniversario non è andato male, in effetti.
Si potrebbe osservare che il vantaggio del giovin signore stordito è soprattutto sociale, ma la madre del signore in questione sembra pensarla in modo diverso: la colpa è chiaramente della ragazza! Sotto questo aspetto, e non solo, la storia ridsulta piuttosto attuale e sì, a tratti fa venire voglia di sparare. Immagino che l'autrice abbia dovuto lavorare con molta pazienza per mantenere alla sua prosa il carattere dolce e quieto che riesce a conferirle.

@Bridigala:
Vorrei dirti "Hai tutto il tempo che vuoi per comprarlo", ma temo che non sia così: quando l'editore è piccolo talvolta il libro sparisce dopo qualche anno - la mia edizione per esempio non esiste più. Ma il fatto che l'abbiano ri-pubblicato mi induce a ben sperare: ora che è arrivato in Italia, dopo più di 150 anni, in qualche modo resterà. E non escludo che possa essere ritenuto noioso. Non da un amante del genere, certo... ma non siamo moltissimi.

@Pellegrina:
sissignora, erano amiche e Gaskell ha scritto la biografia di Charlotte (è proprio lì che ho letto le obiezioni di Charlotte).
Tess è una storia molto diversa - e Angel, il marito di Tess, è un personaggio che ho sempre trovato decisamente antipatico. I tempi in cui è stato scritto Tess erano diversi e l'autore ha potuto permettersi di parteggiare apertamente per lei... ma non di lasciarla sopravvivere. Certi prezzi vanno comunque pagati.

@Dolcezze:
Verrà il tempo. Oppure non verrà e andrà benissimo anche così: il mondo è pieno di letture avvincenti ^_^

@Zanza e Dani:
E' sempre un piacere leggervi e non so proprio di cosa tu ti debba vergognare: io sono un topo di letteratura, ho passato la vita a studiare letteratura, è normale che a questo punto conosca un po' di letteratura, almeno a livello amatoriale!

@Vanessa:
Come dicevo a Pellegrina, Tess è un romanzo diverso, scritto in tempi diversi - ma c'è un tratto che accomuna i due libri, ed è l'innocenza delle protagoniste. Tess è più agguerrita di carattere, ma di fatto è una bravissima figliola proprio come Ruth.

la povna ha detto...

La cosa straordinaria della Gaskell è la sua capacità di spaziare, pur restando incontrovertibilmente "a Victorian" attraverso vari filoni di trama. In questo oltre ai romanzi vale la pena di leggere anche Cranford, che secondo me è il suo capolavoro, e soprattutto, per te, le sue storia di streghe, che sono molto, molto interessanti.
Quanto alle eroine perseguitate dal loro autore in nome della società, come notavi purtroppo è temperie del periodo, non sfugge nessuna, alla fin fine, e non solo nella vecchia Inghilterra. E tutto sommato bisogna arrivare a Byatt e Fowles perché qualche autore del XX secolo rifletta sui Victorians unendo amore letterario vero e una sana preso per i fondelli.
Tra tutte le eroine sfigate inglesi di quel periodo, comunque, la storia più terribile resta quella di Maggie Tulliver, ma che la Eliot fosse una bella spannona sopra tutti gli altri, del resto, è cosa nota...

Murasaki ha detto...

@la 'povna:
Tutto giusto, salvo che... ecco, devo ammettere che ho accostato Cranford con grande fiducia, o meglio con grande sicurezza - e non mi ha entusiasmato né tanto né poco. Eppure, dovrebbe essere proprio il tipo di libro per cui vado pazza... ma non lo è stato. Chissà perché. E pensare che me lo sono pure riletto, nella speranza di capire il motivo di tante lodi. Bah.

Pellegrina ha detto...

@Murasaki: già, i naughty nineties.