Quello che vado a presentare è l'ultimo romanzo tra quelli che mi consigliò Gardy di Gerundiopresente - che non ho ancora ringraziato, ma aspettavo appunto di aver finito di leggere tutti i libri. Difficile dire quale mi sia piaciuto di più, perché hanno tutti e quattro un sapore molto diverso; Maschere di donna comunque è senz'altro il più stratificato - non a caso ci si riferisce alle maschere già nel titolo, ed è un vero peccato che Pirandello non abbia avuto l'occasione di leggerlo perché lo avrebbe senz'altro apprezzato assai.
In compenso la copertina è orrenda, anche se contiene un colto riferimento alle maschere del teatro No. Chi la vede ha l'impressione che il romanzo sia una storiaccia di mostri orripilanti; il che non è vero, anche se si tratta di un libro non propriamente solare. Ci sarebbe stata molto meglio una maschera di una bellezza solenne ma con qualcosa di sottilmente inquietante, per esempio, che avrebbe introdotto molto meglio il lettore a quel che stava per leggere; o magari lasciar perdere le maschere, che tanto nel libro ci sono in misura davvero più che bastevole.
Diciamo che si tratta di una storia con una ricca vena di perversione, con dentro molti fantasmi, demoni e rapporti malati, ma che ha in sé un grande fascino e non lascia appiccicato all'anima un senso di sporco, solo l'acuta consapevolezza di quanto ognuno di noi sia complicato e soprattutto pericoloso.
Le tre parti del romanzo sono intitolate ognuna ad una maschera del teatro No, che costituiscono una delle indispensabili chiavi di lettura; e maschere e costumi del teatro No compaiono e scompaiono più volte nel corso del romanzo. Poi c'è il riferimento del tutto essenziale al Genji Monogatari, in particolare al celebre capitolo dedicato alla dama Rokujo, che con la sua involontaria gelosia finisce per tormentare a morte la prima moglie di Genji - da notare che non è lei consapevolmente a tormentarla, ma il suo spirito, uscito di controllo. A quell'episodio del Genji Monogatari di Murasaki Shikibu una delle protagoniste dedica un interessante saggio di critica letteraria che però non fa pubblicare, e anzi nasconde accuratamente, e solo per caso uno dei protagonisti ne entra in possesso.
A questo punto faccio un bel link che rimanda a una accurata analisi delle maschere e della questione di Rokujo, nonché ad una delle interpretazioni della storia, e mi risparmio così di ripeterla io, che tra l'altro sarebbe anche plagio - e un plagio piuttosto inutile perché Sara Murgia spiega nel migliore e più sintetico dei modi quel che c'è da spiegare a riguardo.
Passo invece a raccontare la storia - perché c'è in effetti una storia, dove si accenna con squisita nonchalance a tutti quei bei riferimenti alle maschere e ai costumi del teatro No ma che di per sé è piuttosto articolata e si snoda assai bene davanti al lettore.
Abbiamo due donne, e due uomini (più una terza donna che appare e scompare pur avendo un ruolo piuttosto pregnante nella vicenda).
Le due donne sono nuora e suocera. Entrambe sono belle, laccate e perfettamente eleganti e controllate. Il loro legame è profondo, ma tra le due quella sottomessa al fascino dell'altra è la nuora.
La nuora, rimasta vedova dopo un anno di matrimonio, è rimasta con la suocera e sta continuando l'opera dell'amato marito, studioso di letteratura e in particolare delle possessioni demoniache negli antichi romanzi giapponesi, nonché tragicamente scomparso sotto una valanga durante un escursione in montagna. L'impressione dei due uomini è che la devota vedova si occupi di questi studi soprattutto per onorare e completare l'opera del defunto marito, più che per un reale e profondo interesse all'argomento.
Tra nuora e suocera l'accordo è profondo, e anzi la suocera si dispiace che la sua cara nuora consumi la sua giovinezza nel ricordo del marito ormai morto invece di trovarsi un nuovo amore. Quando infine la nuora lo farà, scegliendo uno dei due uomini, la suocera se ne accorgerà senza darlo a vedere e sistemerà l'organizzazione della casa in modo da lasciare la nuora libera di godersi il nuovo affetto, ma senza affrontare direttamente l'argomento. D'altra parte, tra i due uomini protagonisti uno era libero e dunque matrimoniabile, mentre quello che la nuora ha scelto è sposato e, pur amando la sua amante, non desidera in alcun modo rompere il matrimonio, che tra l'altro ha già prodotto un figlio.
Di conseguenza tutto cambia affinché tutto resti come prima: il protagonista ha un amante (e sua moglie se ne accorge e ne soffre, pur non riuscendo ad affrontare direttamente la questione) ma il suo matrimonio continua; la nuora ha un amante ma lo ha scelto in modo da poter proseguire indisturbata il legame con la sua amata suocera.
Ma nella villa delle due protagoniste c'è anche una terza donna, testimone involontaria di un antico segreto della suocera. Che di segreti in effetti ne ha parecchi, e verranno scoperti via via. Uno di questi segreti è, per l'appunto, lo scritto in cui analizza in modo molto acuto e personale la storia di Rokujo e del suo demone incontrollabile, dandone un interpretazione che risente della sua personale biografia (nonché della sua passata vita coniugale) ma che, sì, in effetti, potrebbe proprio essere l'interpretazione giusta, o almeno una delle interpretazioni giuste: un interpretazione al femminile, che tiene conto della specifica condizione femminile nell'antico Giappone - che poi vale anche per il Giappone moderno di quando il romanzo fu pubblicato (1958) e probabilmente funziona anche per il Giappone contemporaneo, per la cultura occidentale eccetera eccetera eccetera; perché la condizione femminile di tutte le epoche e di tutti i paesi ha avuto e ha dei tratti in comune...
Un romanzo insomma che parla di rancore, di vendetta, di passioni soffocate, delle maschere che vengono create per dare a questi sentimenti un volto accettabile coprendoli adeguatamente e degli inganni che si possono perpetrare sugli altri e su di sé - mostrandosi diverse da quel che siamo, per esempio, o scambiando ruoli e identità.
Il finale non è tragico né consolatorio: gli inganni e gli intrecci continuano, la vita anche, e quanto alle maschere... si sa, le maschere ci sono sempre. Quante ne vediamo, ogni giorno intorno a noi?
Con questo post enigmatico (eppure giuro che il racconto della trama è fedelissimo) partecipo, una volta tanto in modo congruo con il mio nome e la mia identità di dama dell'epoca hejan, al Venerdì del Libro di Homemademamma, augurando felici letture a chi è in vacanza e letture piacevoli anche se magari un po' accaldate a chi è ancora a casa.
Che la calda estate sia con voi!
3 commenti:
Nuuu....Non ricordo cosa avevo scritto so solo che alla prima ho fatto un errore di distrazione che non ho ignorato vista la serietà dell'argomento....Comu que dicevo che il tuo articolo era molto bello ma che questa volta non ti avrei scritto "che bello lo cerco lo compro e lo leggo"perché ci trovavo troppe similitudini con il mio "privato" che non volevo rinvangare nel mio povero cervello...anche perché poi il "mio"è un epilogo tragico....
...scrivevo pure che avevo fatta mia una frase di Pirandello:
"Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.
(Luigi Pirandello)"
...ma che deve essere consolante per TUTTI la Consapevolenza che è in alcuni "pochi volti" che ognuno di noi trova le persone importanti della SUA Vita...e nella mia ci siete pure tu ed @acquaforte.
Ciao,Eva
@Eva:
Bella, la frase di Pirandello. Ma questo è un libro dove le maschere SONO volti e i volti possono essere maschere... sì, lo so, più ne parlo e più sembra inquietante.
Il fatto è che lo è...
Davvero inquietante ma bellissimo.
..no non fa comunque per me😂
Sarà x il prossimo...Grazie come sempre😊
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