Un aspetto dell'Africa che non tutti sembrano avere presente
Quest'anno ho avuto un sacco di tempo a disposizione per scegliere i nuovi libri: me li sono fatti portare a casa dalle colleghe (che sono quasi stramazzate sotto il peso) e li ho spulciati con gran cura dal mio letto di dolore, facendo per ognuno di loro una scheda accurata che tenesse conto dei vari fattori. Siccome erano tutti libri di Storia e di Geografia ho potuto concentrarmi accuratamente su due diverse tipologie di manuali e ne ho tratto notevole materia per ampie riflessioni, che passo ora a esporre ma che possono interessare solo a chi ha la ventura di insegnare queste due affascinanti e multiformi materie alla scuola media. Lettore avvisato...
Geografia è una materia che molti insegnanti di Lettere disdegnano e fanno con scarso entusiasmo - ho anche sentiti alcuni affermare (fuori dalla classe) senza mezzi termini di odiarla - il che è un peccato perché la gran parte degli alunni la ama o almeno è disponibile ad amarla. Storia è per molti ma non per tutti, ma Geografia è assai più apprezzata - anche perché è talmente vasta da fornire quasi a tutti un qualche ragionevole appiglio. Ad alcuni (molti) piace la parte fisica, molti apprezzano la parte mnemonica con relative gare di capitali e montagne e fiumi, parecchi si appassionano ai temi dell'inquinamento e del degrado ambientale, tutti apprezzano di poter avviare decorosamente l'interrogazione con l'elenco dei confini, la capitale e un altro paio di notiziole ricavabili facilmente dalla carta geografica, qualcuno si interessa sinceramente all'interazione tra uomo e ambiente, parecchi amano analizzare le foto e le carte geografiche, i grafici riscuotono spesso un buon successo. Qualche anima bella apprezza perfino la parte legata all'economia, e in generale l'analisi dei tre settori suscita sempre un certo interesse, mentre cucina, tradizioni, animali tipici, cascate e vulcani riscuotono quasi sempre un gran successo. Inoltre, almeno con me, uno studio diligente porta quasi inevitabilmente a voti assai alti, o almeno decorosi. Inoltre è una materia pregiata perché studiandola con una certa regolarità si riesce sempre a riciclare un sacco di nozioni apprese in precedenza.
Tutto questo può essere molto aiutato dalla scelta di un buon libro.
Partiamo da una delle mie fissazioni: il libretto delle Regioni - che è una mia fissazione nel senso che lo scanso sempre perché io le regioni d'Italia proprio non le reggo. Quest'anno però ci sono diverse incognite nell'assegnazione delle cattedre di Lettere (per una serie di motivi che non derivano affatto da un perverso desiderio della Dirigenza di complicarci la vita) e dunque c'era la concreta possibilità che il libro che sceglievo andasse a qualcun altro - ovvero a un insegnante convinta che fosse basilare fare le regioni d'Italia.
E dunque li ho esaminati con santa pazienza uno per ognuno dei sette libri da me esaminati, e infine mi sono dovuta arrendere: i libretti delle regioni facevano tutti (almeno a me) schifo, pena e pietà, esattamente come quelli che avevo esaminato con sguardo molto distratto negli anni precedenti .
Con questo non intendo affermare che non ve ne siano di ottimi, ma soltanto che io non ho ancora avuto la buona sorta di scovarne uno.
Prima di tutto le carte: brutte, piccole, deprimenti, sovraccariche, con un sacco di strade.
D'accordo, avete preso le carte da qualche guida del Touring. E avete fatto male, perché al momento i ragazzi non viaggiano da soli, ma quand'anche lo facessero e gli servisse una carta stradale, possono sempre comprarsene una con il dettaglio della zona che vogliono percorrere.
I testi sono così composti: una pallosissima analisi assai dettagliata della parte fisica dove manca poco ci sta pure il torrente che passa sotto casa nostra - trentasei tipi diversi di Alpi, di Dore, di affluenti di questo e di quello; segue una sfilata di monumenti che nemmeno la una guida turistica, foto di costumi tipici regionali (giuro) , qualche scemata di colore locale che magari poteva interessare un turista a caccia del pittoresco di due secoli fa, un po' di piatti di cucina locale. Uh, guarda, un piatto di tortellini! Le tagliatelle! I cannoli! Il panettone! La cotoletta alla milanese! Magari sessant'anni fa questi gustosissimi cibi potevano anche avere un qualche tocco di novità, ma ditemi voi quale ragazzo al giorno d'oggi è così sfigato da non conoscere tortellini, panettoni e cannoli: dappertutto c'è una rispettabile pasticceria siciliana per rallegrare le nostre vita e un negozio di pasta fresca che ci può fornire all'occorrenza di tortellini di anaconda e canederli al bufalo di vallata. Anche i rifugiati arrivati fortunosamente con l'ultimo barcone mangiano il panettone e il pandoro a Natale e gli spaghetti allo scoglio alla mensa della Caritas. Sul serio, chi sperate di stupire con gli effetti speciali di un piatto di pappardelle in foto?
I costumi regionali ormai si vedono quasi solo (qualche volta) alle feste della Pro Loco particolarmente filologiche, e le maschere di Carnevale locali sono in buona parte in via di estinzione. I ragazzi hanno quasi sempre avuto occasione di familiarizzarsi con i più tipici paesaggi di mare e di montagna, e spesso questo turismo ha riguardato anche zone collinari e di pianura con puntate non occasionali in Dalmazia, Corsica, riviera francese e alpi austriache e svizzere, senza contare che i telegiornali e le gare sportive mostrano spesso le nostre più belle spiagge e stazioni sciistiche.
Ci sarebbero, certo, moltissime altre cose da sapere sull'Italia e le sue regioni: la storia dei vari stati preunitari, le minoranze linguistiche, le zone più soggette alla delinquenza organizzata, le zone in crisi economica, le nuove direttrici economiche, le nuove coltivazioni... ma sono argomenti cui non è facile interessare un ragazzo di prima media, senza contare che rischi facilmente di offendere a morte gli alunni di origine meridionale con racconti apocalittici. Anche parlare dei vari problemi legati all'immigrazione può essere questione assai delicata. Meglio, molto meglio, aspettare la seconda e la terza, quando i fanciulletti si aprono ai problemi intorno a loro.
In ogni caso, a parte qualche stentato accenno alle minoranze etniche nelle regioni bilingui a statuto speciale, su tutti questi aspetti i libretti delle regioni si distinguono soprattutto per un silenzio ammantato di pudore.
In compensa parlano spesso di tecniche agricole che non esistono quasi più: le marcite, per esempio, ormai quasi completamente abbandonate salvo in certe zone che di solito fanno parte dei parchi nazionali, ma che stando a certi libretti sono ancora diffusissime nella pianura Padana.
Insomma, chi proprio vuole continuare a fare le regioni italiane conviene che cerchi con cura e si ricordi che negli ultimi quarant'anni sono cambiate davvero parecchie cose.
Veniamo ai tre canonici volumi di testo.
In prima si fa soprattutto la parte fisica dell'Europa: zone climatiche e i principali elementi che compongono i paesaggi: coste, mari, fiumi, vulcani eccetera.
Qualche libro fa un gran bel lavoro, con descrizioni accurate dei paesaggi tipici a seconda del clima, delle temperature, delle quote sul livello del mare, della vegetazione eccetera. Qualcuno invece tira via in maniera immonda: cos'è un fiume? Una paginetta scarna dove ti spiegano che ci sono i fiumi, che fiumeggiano e che hanno un letto e una sorgente e talvolta degli affluenti.
Roba così. Qualche volta si degnano, bontà loro, di accludere una tavola illustrata che descrive il corso del fiume, spesso infilandoci i termini più astrusi che solo la geografia più tecnica adopera.
Un libro dove la geografia fisica è ben trattata permette di fare delle bellissime lezioni e delle piacevoli interrogazioni, parlando di dighe, dei vari tipi di fiumi, del signor Spartiacque che è molto importante, dei ghiacciai, delle pianure alluvionali eccetera. Tutte cose che riscuotono sempre un gran successo.
Per conto mio, guardo prima di tutto la parte sui vulcani e sui terremoti, e se è tirata via accantono il libro riservandomi di guardare con molta diffidenza i due volumi successivi: i ragazzi infatti adorano vulcani e terremoti e imparano con grande zelo le più strane parole ad essi collegate. Privarli di questa gustosa caramella è molto crudele e dimostra grande cattiveria nel cuore di chi ha strutturato il libro. E chi lo vuole, un libro di testo fatto da una persona di animo crudele? Io no di certo.
Vi è poi un grosso capitolo dedicato alla città, che ha il nobile scopo di spiegare che una grossa città e un paesino sono due entità molto diverse (cosa che per l'appunto in Italia non è poi molto vera, salvo fare il confronto fra Milano e Rasun-di-Sotto; ma a meno che non stiate o a Milano o a Rasun-di-Sotto oppure siate così fortunati da avere una classe di Milano abituata a villeggiare a Rasun-di-Sotto la cosa non sarà semplice da spiegare. Le rare volte in cui il capitolo è fatto bene si capisce benissimo che la città è la zona più forte e più fragile del mondo moderno e può servire anche per un interessante allaccio a storia medievale. Di solito però si tratta di un capitolo sconcertante: nelle città si commercia (ma davvero?), le città offrono molti servizi e hanno molti cinema (ma cosa mi dici mai?), nelle città abita molta gente (eddài, questa sì che è una scoperta!) e spesso c'è molto traffico (incredibile!).
Si arriva poi all'economia, vera croce della maggior parte dei manuali di geografia. Spesso, mentre si scorre questa parte, viene voglia di di prendere un telefono e chiamare gli autori. Ehi, ve l'hanno mai detto che c'è internet? Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di importazioni? D'accordo, le zucchine sono importanti per una dieta equilibrata, ma quale paese basa la sua economia sulle zucchine? Mai sentito parlare di pesca e allevamento di pesci? Vogliamo spendere qualche parola sui climi più favorevoli ai vari cereali? Sulla barbabietola da zucchero? I semi oleosi, questi grandi sconosciuti, li vogliamo almeno citare? E le estrazioni minerarie, vogliamo spenderci qualche parola al di là di un malinconico elenco dei metalli? Qualcosa sul carbone? Le industrie dello spettacolo? D'accordo riciclare i vecchi testi, ma qualcosina sulle industrie moderne ce la vorreste dire? E insistere un po' sulla parte finanziaria del terziario?
Insomma, se non è troppo difficile trovare un libro che abbia una bella parte fisica, la parte su città ed economia perde facilmente colpi. D'altra parte non è un obbligo, in prima, dedicare tre mesi allo studio dell'economia e delle città.
Il secondo volume riguarda gli stati dell'Europa. In base al principio che è più facile parlare di quello che tutti sappiamo piuttosto che scervellarsi a trovare notizie su quel che non conosciamo, abbiamo amplissime sezioni dedicate agli inglesi che prendono il té e suonano molta musica, alla Spagna dove c'è la corrida (ma Franco sembra essere stato una presenza vaga e occasionale) e alla Francia che è divisa in tanti bellissimi distretti, ma si parla ben poco degli stati dell'Est e l'enorme Russia è descritta di solito in modo che si può al massimo definire, volendo essere molto ma molto indulgenti, come trascurato.
La parte storica è fatta quasi sempre in modo incredibilmente cialtronico e anche quando ci si sofferma con un po' di riguardo sul ventesimo secolo c'è da sentirsi rizzare i capelli in testa: stati che passano dalla dominazione romana alla prima guerra mondiale senza nemmeno citare Carlo Magno, stati che entrano nella prima e seconda guerra mondiale ma nemmeno si dice quando ne sono usciti e se hanno vinto o perso, stati che entrano ed escono dal comunismo e mai che ti spieghino cos'è il comunismo dal punto di vista economico, grandi approfondimenti sul muro di Berlino ma solo vaghi accenni al fatto che la Germania è stata per più di quarant'anni divisa in due, guerre dei Balcani non pervenute o al massimo citate in modo confusissimo, Kosovo che, boh? e il famigerato pezzettino di Russia staccato dalla Russia (la mitica exclave di Kaliningrad) su cui si preferisce serbare un silenzio pieno di ritegno, e mai una volta che i ragazzi si dimentichino di chiederti lumi in proposito.
La Svizzera di solito deve la sua fiorente economia soprattutto ai formaggi, agli orologi e al cioccolato (banche non pervenute), l'Albania e la Romania, da cui tanti dei nostri alunni provengono sono liquidate in gran fretta, la Turchia è un posto molto esotico (ma raramente si parla del genocidio armeno) e mai una parola sulla Groenlandia, che ha una situazione politica e amministrativa non delle più facili da capire.
Le pagine dedicate all'Unione Europea sono spesso assai vaghe, ma con grandi approfondimenti dedicati al sogno europeo e all'ideale europeo (che va affrontato con molto tatto perché oggi il sogno europeo non va più di moda) e nemmeno una riga sulla banca europea o sugli eventi che hanno scandito la storia delle varie fasi dell'unificazione (o quel che è) europea. E tutto ciò è molto irritante.
Quando guardo il secondo volume controllo la parte sulla Russia e quella sulla ex Iugoslavia, e scruto con una certa attenzione la parte dedicata all'economia. Se non è almeno un po' aggiornata il libro finisce nel dimenticatoio.
Il terzo volume, quello sulla geografia extraeuropea, è sempre il più rognoso. Di solito comincio col controllare la lista degli stati selezionati (ci sono delle mode anche per gli stati. Ad esempio, se si parla dell'Afghanistan il libro è di vecchio impianto perché ormai l'Afghanistan è passato di moda. Se poi si parla dell'Afghanistan senza citare l'oppio il libro va archiviato senza rimpianti).
Viene poi il momento della Cina: cosa spiegano dell'evoluzione economica di questo paese con più di un miliardo di abitanti? Di solito quasi nulla. Erano comunisti, ufficialmente sono ancora comunisti, e giocano alla grande con l'economia di mercato. Vogliamo parlarne un pochino?
No.
Ancor più agghiacciante è la parte dedicata all'Africa, questa sconosciuta. Siamo d'accordo che è importante parlare di Nelson Mandela e dell'apartheid, che di solito è un caposaldo dei percorsi per i colloqui dell'esame, ma qualcosina su tutti quegli stati da sotto il Sahara in giù che hanno cambiato tante volte nome dopo la decolonizzazione? D'accordo, non li vogliamo tutti, ma almeno tre o quattro? Non sono esattamente casi in cui "visto uno, visti tutti". Comunque c'è quasi sempre un box sui bambini-soldato e sul lavoro minorile, e almeno un delicato accenno alle multinazionali. E grazie al cazzo.
A tutt'oggi non ho ancora trovato un libro che dedichi un bel capitolo agli oceani (che pure piacciono molto); in compenso parecchi si degnano di dedicare qualche pagina ad Artide e Antartide e molti hanno dei begli approfondimenti climatici: i deserti, i monsoni, la foresta pluviale eccetera. Se risolvono i monsoni in quattro righe faccio volare il tutto.
Trovato infine un libro dove l'economia è uscita dalla fase del baratto, dove ci si ricorda che sui Balcani si sono azzannati in tempi piuttosto recenti, dove ai vulcani e alla pesca viene data la giusta importanza ci sono altri fattori di cui tenere conto - e anzi sono più importanti di tutto il resto, perché un manuale di geografia va studiato e molti editori sembrano dimenticare questo punto essenziale.
Il lessico: d'accordo, ci vuole un lessico specifico, non puoi chiamare il Tibet "una piattura un po' alta" o un deserto "una roba con tanta sabbia" (anche perché alcuni deserti non sono affatto sabbiosi) ma se ci si crogiola con troppo compiacimento con le conche vallive, le precipitazioni a prevalente carattere nivale, la redditività non ottimale e simile robaccia, oppure si accenna a movimenti migratori non meglio definiti o agricoltura di sussistenza senza spiegare cos'è, è abbastanza improbabile che l'alunno si appassioni.
Il testo deve essere chiaro e comprensibile sin dalla prima lettura. L'impianto grafico non deve essere pesante, con cinquecento parole chiave segnate e evidenziate in sette modi differenti e illustrazioni messe lì solo per fare colore locale, con danze tribali e mercatini assai variegati piazzati qua e là ma nemmeno una carta che indichi le zone in via di desertificazione o in guerra.
Le carte geografiche devono essere grandi e chiare, ma soprattutto contenere tutti i nomi citati nella descrizione fisica. Se nella carta ci sono solo quattro fiumi non puoi far impazzire il malcapitato di turno mettendone un altro paio nel testo: tutti gli alunni nessuno escluso ti manderanno a Fanculo a gran voce, e solo un paio cercheranno in rete una carta con qualche dettaglio in più (mandando a Fanculo non solo gli autori del libro, ma anche l'insegnante che ha scelto una simile ciofeca). Sembra incredibile, ma le città-fantasma, i Fiumi Invisibili e le Catene Montuose Irreperibili sono assai comuni, e per i fiumi e le città abbiamo persino il fenomeno de "lo chiamo in un modo nella cartina e in un altro nel testo", specie quando si parla della Cina e dell'India, dove arriviamo al virtuosismo puro con lo Yan Tze Kiang detto anche Jiang e Fiume Azzurro, con Kalikut dai Cento Nomi, che poi sarebbe Calcutta, Bombay sulla carta che nel testo è Mumbai e Pechino che un po' è Pechino e un po' è Beijin, così, per il puro gusto di complicare la vita alla gente.
Infine i grafici devono essere chiari e comprensibili al primo sguardo, ma soprattutto utili. Un paese dove la disoccupazione è al 90 per cento non va corredato di un grafico, l'informazione deve essere indicata chiaramente nel testo. Se di un paese non sai indicare la percentuale dei tre settori, devi spiegare perché, senza lasciare l'insegnante di turno a tirare a indovinare. Quando spieghi che il reddito pro capite è di 80 dollari l'anno, devi anche spiegare come mai in quel paese c'è ancora qualcuno vivo. Eccetera.
Ultima tappa di questo lungo travaglio è l'esame degli esercizi, che dovrebbero essere tanti, variegati e creativi. Un bel close, magari scegliendo tra un gruppetto di parole date, non aiuta affatto l'alunno a ripassare la lezione, al massimo gli dà il piacere di giocare agli indovinelli. Un bel grafichetto dove si comparano le percentuali della superficie lacustre tra Austria, Svizzera e Germania lascia francamente il tempo che trova e non si capisce perché il malcapitato di turno debba sprecare mezz'ora della sua preziosa esistenza a calcolarlo e poi disegnarlo. I vero/falso invece sono molto utili, se fatti bene, e tra l'altro si correggono pure in fretta. Le cartine mute sono spesso molto gradite, ma devono essere grandi e chiare perché la scuola media è per tutti, anche per chi non ha dodici decimi per occhio, e non tutti gli adolescenti hanno la vocazione a fare i miniaturisti.
Ci sarebbe poi la parte finale sullaconfezione editoriale, ma è del tutto inutile: anche il libro meglio impostato e più aggiornato sarà comunque troppo caro e troppo pesante. E' importante però che la rilegatura tenga bene, perché deve durare (almeno) un anno.
Diffido moltissimo degli atlantini allegati al libro: sono scomodi da usare, plastificati e spesso fatti male. Ma soprattutto: avete più di trecento pagine per mettere il cazzo di carte che vi pare, usate quelle e non obbligate lo sventurato alunno a squadernare troppa roba tutta insieme, un occhio guarda qua e uno là: il ragazzo vuole solo pigliare un voto decente all'interrogazione, non fare penitenza in anticipo per i peccati futuri che magari in giorno commetterà.
Geografia è una materia che molti insegnanti di Lettere disdegnano e fanno con scarso entusiasmo - ho anche sentiti alcuni affermare (fuori dalla classe) senza mezzi termini di odiarla - il che è un peccato perché la gran parte degli alunni la ama o almeno è disponibile ad amarla. Storia è per molti ma non per tutti, ma Geografia è assai più apprezzata - anche perché è talmente vasta da fornire quasi a tutti un qualche ragionevole appiglio. Ad alcuni (molti) piace la parte fisica, molti apprezzano la parte mnemonica con relative gare di capitali e montagne e fiumi, parecchi si appassionano ai temi dell'inquinamento e del degrado ambientale, tutti apprezzano di poter avviare decorosamente l'interrogazione con l'elenco dei confini, la capitale e un altro paio di notiziole ricavabili facilmente dalla carta geografica, qualcuno si interessa sinceramente all'interazione tra uomo e ambiente, parecchi amano analizzare le foto e le carte geografiche, i grafici riscuotono spesso un buon successo. Qualche anima bella apprezza perfino la parte legata all'economia, e in generale l'analisi dei tre settori suscita sempre un certo interesse, mentre cucina, tradizioni, animali tipici, cascate e vulcani riscuotono quasi sempre un gran successo. Inoltre, almeno con me, uno studio diligente porta quasi inevitabilmente a voti assai alti, o almeno decorosi. Inoltre è una materia pregiata perché studiandola con una certa regolarità si riesce sempre a riciclare un sacco di nozioni apprese in precedenza.
Tutto questo può essere molto aiutato dalla scelta di un buon libro.
Partiamo da una delle mie fissazioni: il libretto delle Regioni - che è una mia fissazione nel senso che lo scanso sempre perché io le regioni d'Italia proprio non le reggo. Quest'anno però ci sono diverse incognite nell'assegnazione delle cattedre di Lettere (per una serie di motivi che non derivano affatto da un perverso desiderio della Dirigenza di complicarci la vita) e dunque c'era la concreta possibilità che il libro che sceglievo andasse a qualcun altro - ovvero a un insegnante convinta che fosse basilare fare le regioni d'Italia.
E dunque li ho esaminati con santa pazienza uno per ognuno dei sette libri da me esaminati, e infine mi sono dovuta arrendere: i libretti delle regioni facevano tutti (almeno a me) schifo, pena e pietà, esattamente come quelli che avevo esaminato con sguardo molto distratto negli anni precedenti .
Con questo non intendo affermare che non ve ne siano di ottimi, ma soltanto che io non ho ancora avuto la buona sorta di scovarne uno.
Prima di tutto le carte: brutte, piccole, deprimenti, sovraccariche, con un sacco di strade.
D'accordo, avete preso le carte da qualche guida del Touring. E avete fatto male, perché al momento i ragazzi non viaggiano da soli, ma quand'anche lo facessero e gli servisse una carta stradale, possono sempre comprarsene una con il dettaglio della zona che vogliono percorrere.
I testi sono così composti: una pallosissima analisi assai dettagliata della parte fisica dove manca poco ci sta pure il torrente che passa sotto casa nostra - trentasei tipi diversi di Alpi, di Dore, di affluenti di questo e di quello; segue una sfilata di monumenti che nemmeno la una guida turistica, foto di costumi tipici regionali (giuro) , qualche scemata di colore locale che magari poteva interessare un turista a caccia del pittoresco di due secoli fa, un po' di piatti di cucina locale. Uh, guarda, un piatto di tortellini! Le tagliatelle! I cannoli! Il panettone! La cotoletta alla milanese! Magari sessant'anni fa questi gustosissimi cibi potevano anche avere un qualche tocco di novità, ma ditemi voi quale ragazzo al giorno d'oggi è così sfigato da non conoscere tortellini, panettoni e cannoli: dappertutto c'è una rispettabile pasticceria siciliana per rallegrare le nostre vita e un negozio di pasta fresca che ci può fornire all'occorrenza di tortellini di anaconda e canederli al bufalo di vallata. Anche i rifugiati arrivati fortunosamente con l'ultimo barcone mangiano il panettone e il pandoro a Natale e gli spaghetti allo scoglio alla mensa della Caritas. Sul serio, chi sperate di stupire con gli effetti speciali di un piatto di pappardelle in foto?
I costumi regionali ormai si vedono quasi solo (qualche volta) alle feste della Pro Loco particolarmente filologiche, e le maschere di Carnevale locali sono in buona parte in via di estinzione. I ragazzi hanno quasi sempre avuto occasione di familiarizzarsi con i più tipici paesaggi di mare e di montagna, e spesso questo turismo ha riguardato anche zone collinari e di pianura con puntate non occasionali in Dalmazia, Corsica, riviera francese e alpi austriache e svizzere, senza contare che i telegiornali e le gare sportive mostrano spesso le nostre più belle spiagge e stazioni sciistiche.
Ci sarebbero, certo, moltissime altre cose da sapere sull'Italia e le sue regioni: la storia dei vari stati preunitari, le minoranze linguistiche, le zone più soggette alla delinquenza organizzata, le zone in crisi economica, le nuove direttrici economiche, le nuove coltivazioni... ma sono argomenti cui non è facile interessare un ragazzo di prima media, senza contare che rischi facilmente di offendere a morte gli alunni di origine meridionale con racconti apocalittici. Anche parlare dei vari problemi legati all'immigrazione può essere questione assai delicata. Meglio, molto meglio, aspettare la seconda e la terza, quando i fanciulletti si aprono ai problemi intorno a loro.
In ogni caso, a parte qualche stentato accenno alle minoranze etniche nelle regioni bilingui a statuto speciale, su tutti questi aspetti i libretti delle regioni si distinguono soprattutto per un silenzio ammantato di pudore.
In compensa parlano spesso di tecniche agricole che non esistono quasi più: le marcite, per esempio, ormai quasi completamente abbandonate salvo in certe zone che di solito fanno parte dei parchi nazionali, ma che stando a certi libretti sono ancora diffusissime nella pianura Padana.
Insomma, chi proprio vuole continuare a fare le regioni italiane conviene che cerchi con cura e si ricordi che negli ultimi quarant'anni sono cambiate davvero parecchie cose.
Veniamo ai tre canonici volumi di testo.
In prima si fa soprattutto la parte fisica dell'Europa: zone climatiche e i principali elementi che compongono i paesaggi: coste, mari, fiumi, vulcani eccetera.
Qualche libro fa un gran bel lavoro, con descrizioni accurate dei paesaggi tipici a seconda del clima, delle temperature, delle quote sul livello del mare, della vegetazione eccetera. Qualcuno invece tira via in maniera immonda: cos'è un fiume? Una paginetta scarna dove ti spiegano che ci sono i fiumi, che fiumeggiano e che hanno un letto e una sorgente e talvolta degli affluenti.
Roba così. Qualche volta si degnano, bontà loro, di accludere una tavola illustrata che descrive il corso del fiume, spesso infilandoci i termini più astrusi che solo la geografia più tecnica adopera.
Un libro dove la geografia fisica è ben trattata permette di fare delle bellissime lezioni e delle piacevoli interrogazioni, parlando di dighe, dei vari tipi di fiumi, del signor Spartiacque che è molto importante, dei ghiacciai, delle pianure alluvionali eccetera. Tutte cose che riscuotono sempre un gran successo.
Per conto mio, guardo prima di tutto la parte sui vulcani e sui terremoti, e se è tirata via accantono il libro riservandomi di guardare con molta diffidenza i due volumi successivi: i ragazzi infatti adorano vulcani e terremoti e imparano con grande zelo le più strane parole ad essi collegate. Privarli di questa gustosa caramella è molto crudele e dimostra grande cattiveria nel cuore di chi ha strutturato il libro. E chi lo vuole, un libro di testo fatto da una persona di animo crudele? Io no di certo.
Vi è poi un grosso capitolo dedicato alla città, che ha il nobile scopo di spiegare che una grossa città e un paesino sono due entità molto diverse (cosa che per l'appunto in Italia non è poi molto vera, salvo fare il confronto fra Milano e Rasun-di-Sotto; ma a meno che non stiate o a Milano o a Rasun-di-Sotto oppure siate così fortunati da avere una classe di Milano abituata a villeggiare a Rasun-di-Sotto la cosa non sarà semplice da spiegare. Le rare volte in cui il capitolo è fatto bene si capisce benissimo che la città è la zona più forte e più fragile del mondo moderno e può servire anche per un interessante allaccio a storia medievale. Di solito però si tratta di un capitolo sconcertante: nelle città si commercia (ma davvero?), le città offrono molti servizi e hanno molti cinema (ma cosa mi dici mai?), nelle città abita molta gente (eddài, questa sì che è una scoperta!) e spesso c'è molto traffico (incredibile!).
Si arriva poi all'economia, vera croce della maggior parte dei manuali di geografia. Spesso, mentre si scorre questa parte, viene voglia di di prendere un telefono e chiamare gli autori. Ehi, ve l'hanno mai detto che c'è internet? Qualcuno di voi ha mai sentito parlare di importazioni? D'accordo, le zucchine sono importanti per una dieta equilibrata, ma quale paese basa la sua economia sulle zucchine? Mai sentito parlare di pesca e allevamento di pesci? Vogliamo spendere qualche parola sui climi più favorevoli ai vari cereali? Sulla barbabietola da zucchero? I semi oleosi, questi grandi sconosciuti, li vogliamo almeno citare? E le estrazioni minerarie, vogliamo spenderci qualche parola al di là di un malinconico elenco dei metalli? Qualcosa sul carbone? Le industrie dello spettacolo? D'accordo riciclare i vecchi testi, ma qualcosina sulle industrie moderne ce la vorreste dire? E insistere un po' sulla parte finanziaria del terziario?
Insomma, se non è troppo difficile trovare un libro che abbia una bella parte fisica, la parte su città ed economia perde facilmente colpi. D'altra parte non è un obbligo, in prima, dedicare tre mesi allo studio dell'economia e delle città.
Il secondo volume riguarda gli stati dell'Europa. In base al principio che è più facile parlare di quello che tutti sappiamo piuttosto che scervellarsi a trovare notizie su quel che non conosciamo, abbiamo amplissime sezioni dedicate agli inglesi che prendono il té e suonano molta musica, alla Spagna dove c'è la corrida (ma Franco sembra essere stato una presenza vaga e occasionale) e alla Francia che è divisa in tanti bellissimi distretti, ma si parla ben poco degli stati dell'Est e l'enorme Russia è descritta di solito in modo che si può al massimo definire, volendo essere molto ma molto indulgenti, come trascurato.
La parte storica è fatta quasi sempre in modo incredibilmente cialtronico e anche quando ci si sofferma con un po' di riguardo sul ventesimo secolo c'è da sentirsi rizzare i capelli in testa: stati che passano dalla dominazione romana alla prima guerra mondiale senza nemmeno citare Carlo Magno, stati che entrano nella prima e seconda guerra mondiale ma nemmeno si dice quando ne sono usciti e se hanno vinto o perso, stati che entrano ed escono dal comunismo e mai che ti spieghino cos'è il comunismo dal punto di vista economico, grandi approfondimenti sul muro di Berlino ma solo vaghi accenni al fatto che la Germania è stata per più di quarant'anni divisa in due, guerre dei Balcani non pervenute o al massimo citate in modo confusissimo, Kosovo che, boh? e il famigerato pezzettino di Russia staccato dalla Russia (la mitica exclave di Kaliningrad) su cui si preferisce serbare un silenzio pieno di ritegno, e mai una volta che i ragazzi si dimentichino di chiederti lumi in proposito.
La Svizzera di solito deve la sua fiorente economia soprattutto ai formaggi, agli orologi e al cioccolato (banche non pervenute), l'Albania e la Romania, da cui tanti dei nostri alunni provengono sono liquidate in gran fretta, la Turchia è un posto molto esotico (ma raramente si parla del genocidio armeno) e mai una parola sulla Groenlandia, che ha una situazione politica e amministrativa non delle più facili da capire.
Le pagine dedicate all'Unione Europea sono spesso assai vaghe, ma con grandi approfondimenti dedicati al sogno europeo e all'ideale europeo (che va affrontato con molto tatto perché oggi il sogno europeo non va più di moda) e nemmeno una riga sulla banca europea o sugli eventi che hanno scandito la storia delle varie fasi dell'unificazione (o quel che è) europea. E tutto ciò è molto irritante.
Quando guardo il secondo volume controllo la parte sulla Russia e quella sulla ex Iugoslavia, e scruto con una certa attenzione la parte dedicata all'economia. Se non è almeno un po' aggiornata il libro finisce nel dimenticatoio.
Il terzo volume, quello sulla geografia extraeuropea, è sempre il più rognoso. Di solito comincio col controllare la lista degli stati selezionati (ci sono delle mode anche per gli stati. Ad esempio, se si parla dell'Afghanistan il libro è di vecchio impianto perché ormai l'Afghanistan è passato di moda. Se poi si parla dell'Afghanistan senza citare l'oppio il libro va archiviato senza rimpianti).
Viene poi il momento della Cina: cosa spiegano dell'evoluzione economica di questo paese con più di un miliardo di abitanti? Di solito quasi nulla. Erano comunisti, ufficialmente sono ancora comunisti, e giocano alla grande con l'economia di mercato. Vogliamo parlarne un pochino?
No.
Ancor più agghiacciante è la parte dedicata all'Africa, questa sconosciuta. Siamo d'accordo che è importante parlare di Nelson Mandela e dell'apartheid, che di solito è un caposaldo dei percorsi per i colloqui dell'esame, ma qualcosina su tutti quegli stati da sotto il Sahara in giù che hanno cambiato tante volte nome dopo la decolonizzazione? D'accordo, non li vogliamo tutti, ma almeno tre o quattro? Non sono esattamente casi in cui "visto uno, visti tutti". Comunque c'è quasi sempre un box sui bambini-soldato e sul lavoro minorile, e almeno un delicato accenno alle multinazionali. E grazie al cazzo.
A tutt'oggi non ho ancora trovato un libro che dedichi un bel capitolo agli oceani (che pure piacciono molto); in compenso parecchi si degnano di dedicare qualche pagina ad Artide e Antartide e molti hanno dei begli approfondimenti climatici: i deserti, i monsoni, la foresta pluviale eccetera. Se risolvono i monsoni in quattro righe faccio volare il tutto.
Trovato infine un libro dove l'economia è uscita dalla fase del baratto, dove ci si ricorda che sui Balcani si sono azzannati in tempi piuttosto recenti, dove ai vulcani e alla pesca viene data la giusta importanza ci sono altri fattori di cui tenere conto - e anzi sono più importanti di tutto il resto, perché un manuale di geografia va studiato e molti editori sembrano dimenticare questo punto essenziale.
Il lessico: d'accordo, ci vuole un lessico specifico, non puoi chiamare il Tibet "una piattura un po' alta" o un deserto "una roba con tanta sabbia" (anche perché alcuni deserti non sono affatto sabbiosi) ma se ci si crogiola con troppo compiacimento con le conche vallive, le precipitazioni a prevalente carattere nivale, la redditività non ottimale e simile robaccia, oppure si accenna a movimenti migratori non meglio definiti o agricoltura di sussistenza senza spiegare cos'è, è abbastanza improbabile che l'alunno si appassioni.
Il testo deve essere chiaro e comprensibile sin dalla prima lettura. L'impianto grafico non deve essere pesante, con cinquecento parole chiave segnate e evidenziate in sette modi differenti e illustrazioni messe lì solo per fare colore locale, con danze tribali e mercatini assai variegati piazzati qua e là ma nemmeno una carta che indichi le zone in via di desertificazione o in guerra.
Le carte geografiche devono essere grandi e chiare, ma soprattutto contenere tutti i nomi citati nella descrizione fisica. Se nella carta ci sono solo quattro fiumi non puoi far impazzire il malcapitato di turno mettendone un altro paio nel testo: tutti gli alunni nessuno escluso ti manderanno a Fanculo a gran voce, e solo un paio cercheranno in rete una carta con qualche dettaglio in più (mandando a Fanculo non solo gli autori del libro, ma anche l'insegnante che ha scelto una simile ciofeca). Sembra incredibile, ma le città-fantasma, i Fiumi Invisibili e le Catene Montuose Irreperibili sono assai comuni, e per i fiumi e le città abbiamo persino il fenomeno de "lo chiamo in un modo nella cartina e in un altro nel testo", specie quando si parla della Cina e dell'India, dove arriviamo al virtuosismo puro con lo Yan Tze Kiang detto anche Jiang e Fiume Azzurro, con Kalikut dai Cento Nomi, che poi sarebbe Calcutta, Bombay sulla carta che nel testo è Mumbai e Pechino che un po' è Pechino e un po' è Beijin, così, per il puro gusto di complicare la vita alla gente.
Infine i grafici devono essere chiari e comprensibili al primo sguardo, ma soprattutto utili. Un paese dove la disoccupazione è al 90 per cento non va corredato di un grafico, l'informazione deve essere indicata chiaramente nel testo. Se di un paese non sai indicare la percentuale dei tre settori, devi spiegare perché, senza lasciare l'insegnante di turno a tirare a indovinare. Quando spieghi che il reddito pro capite è di 80 dollari l'anno, devi anche spiegare come mai in quel paese c'è ancora qualcuno vivo. Eccetera.
Ultima tappa di questo lungo travaglio è l'esame degli esercizi, che dovrebbero essere tanti, variegati e creativi. Un bel close, magari scegliendo tra un gruppetto di parole date, non aiuta affatto l'alunno a ripassare la lezione, al massimo gli dà il piacere di giocare agli indovinelli. Un bel grafichetto dove si comparano le percentuali della superficie lacustre tra Austria, Svizzera e Germania lascia francamente il tempo che trova e non si capisce perché il malcapitato di turno debba sprecare mezz'ora della sua preziosa esistenza a calcolarlo e poi disegnarlo. I vero/falso invece sono molto utili, se fatti bene, e tra l'altro si correggono pure in fretta. Le cartine mute sono spesso molto gradite, ma devono essere grandi e chiare perché la scuola media è per tutti, anche per chi non ha dodici decimi per occhio, e non tutti gli adolescenti hanno la vocazione a fare i miniaturisti.
Ci sarebbe poi la parte finale sullaconfezione editoriale, ma è del tutto inutile: anche il libro meglio impostato e più aggiornato sarà comunque troppo caro e troppo pesante. E' importante però che la rilegatura tenga bene, perché deve durare (almeno) un anno.
Diffido moltissimo degli atlantini allegati al libro: sono scomodi da usare, plastificati e spesso fatti male. Ma soprattutto: avete più di trecento pagine per mettere il cazzo di carte che vi pare, usate quelle e non obbligate lo sventurato alunno a squadernare troppa roba tutta insieme, un occhio guarda qua e uno là: il ragazzo vuole solo pigliare un voto decente all'interrogazione, non fare penitenza in anticipo per i peccati futuri che magari in giorno commetterà.
10 commenti:
Ma dopo tutto ciò...hai mai trovato un libro con tutte, o almeno una parte cospicua delle caratteristiche che richiedi?Io vivo lo stesso dramma coi libri di storia del biennio: vado a guardare subito com'è spiegata la riforma di Solone e quella di Clistene. Se capisco qsa va bene, se no passo ad altro libro.
Adoro le tue seghe mentali 😆. ...(che sono pochissimo seghe) e hai ragione a dire che bisognerebbe evitare di soffermarsi troppo sul folklore e l'ovvio. Ci sono molti argomenti neutri, bellissimi vulcani ed entusiasmanti paesaggi (i Patrimoni dell'Umanità non ancora distrutti, ad esempio) e internet fornisce foto e materiale per far svolgere ricerche agli allievi.
Però penso che sia difficile fare un "serio" libro di geografia. Gli argomenti da trattrare sono a dir poco spinosi, in una realtà che cambia continuamente . Dovrebbe parlare della dissoluzione della Jugoslavia e della spaventosa guerra che ha portato al risorgere dei nazionalismi, alla tentazione di tutti gli stati di chiudersi nei propri confini "razziali" in contrasto con la visione di un mondo senza confini. Dovrebbe parlare dell'Africa, delle guerre e del perché a milioni fuggono.....la tua cartina dell'Africa è indicativa degli interessi stranieri esistenti che non risolvono i problemi locali (proprio oggi ho letto del mercato delle armi, più fiorente che mai). E la Cina, il progresso tecnologico e i diritti civili, ecc. ecc.
È un libro tra i più complessi da fare, se lo vuoi fare seriamente. E l'insegnante deve rispondere a domande molto difficili, roba da camminare sulle uova. Roba da doversi procurare una bella scorta di Malox, per sopravvivere all'ulcera.
Terrificante, soprattutto per la parte storica e economica, proprio oggi, poi. Negli anni'70-'80 i libri erano un po'migliorati, oggi da questa descrizione paiono un assemblaggio fatto in fretta (magari da precari sottopagati, come piacciono alla banca in questione) di vecchie cose, vecchi errori, vecchie lacune e pasticci recenti.
Ah, ero ovviamente adepta di vulcani e meno di terremoti, ma di certo degli oceani che pero' non si facevano. Meno male che c'è ualche insegnante che pensa al divertimento degli alunni quando sceglie i libri di testo!!!
Le regioni direi che sono importanti per via degli ostacoli alla loro istituzione e per le competenze in termini di servizi, ho idea che la provincia toscana non sia proprio uguale a tutte le altre...
Capisco le tue perplessità, ma dedico alla geografia poche attenzioni. Italiano, latino e storia si, allora mi impegno assai. A me non piacciono molto i libri di geografia: di tutto un po'. 😥
Concordo col pensiero di @acquaforte.
Cognizioni di geografia dovrebbero essere patrimonio del DNA di qualsiasi essere umano...o perlomeno dovremmo iniziare a studiare(ma va?)il modo per modificarci geneticamente....
@Docezze:
Ne ho trovato uno che ai miei occhi non aveva difetti (e speriamo che alla prova dei fatti il cigno non si trasformi in oca, perché l'anno prossimo ci dovrò lavorare, io e pure l'altra collega), ovvero Campo Base - ma addirittura anche due che non sembravano niente male, e uno di loro (Samarcanda) è stato scelto dall'altra classe. Insomma, nel complesso mi sembra una messe piuttosto abbondante perché altre volte a stento ne trovavamo uno che ci sembrava tollerabile...
Sui libri di storia mi sono appena espressa - ma alle superiori valgono criteri diversi, immagino, perché non si tratta più di lavorare su fanciulletti quasi completamente vergini, ed è necessario un certo livello qualitativo.
@Acquaforte:
Hai ASSOLUTAMENTE ragione: mentre meditavo e schedavo e classificavo mi sono resa conto che fare un libro di geografia per le medie in questi anni è una vera sfida verso l'impossibile, anche perché siamo in un periodo di grandi trasformazioni. Per esempio ancora qualche anno fa l'Unione Europea la risolvevi con un bel santino, anche perché gli interventi dell'UE erano molto più definiti e limitati. Ma soprattutto il problema più serio mi sembra l'economia, che è in grande trasformazione e non si sa bene in che direzione vada, con quei due misteriosissimi continenti che sono l'Africa, questa sconosciuta, e l'Asia, ovvero il Grande Enigma, per tacere della Cina che conosciamo pochissimo e che si muove con criteri piuttosto insoliti. Le fonti energetiche sono in trasformazione, le materie prime anche, l'industria non ne parliamo, ci sono i problemi ambientali, ci sono i conflitti legati a fattori economici che per i comuni mortali non sono affatto chiari, e a dire il vero non sembrano troppo chiari nemmeno agli addetti ai lavori e perfino ai cosiddetti Poteri Forti, che ho l'impressione vadano parecchio a tastoni pure loro... è impossibile che i ragazzi escano dalle medie con le idee chiare, anche quelli più intelligenti, ma credo che dobbiamo provare ALMENO a descrivere questo mondo in gran trasformazione e dargli almeno la possibilità di TENTARE di capirci qualcosa. Il vero problema è che chi sta in mezzo al guado non riesce ad avere una prospettiva ampia e quindi ci capisce il giusto, non solo per l'economia ma anche per i rapporti internazionali. Quando ero ragazzina e c'era la guerra fredda era tutto molto più semplice, almeno in apparenza, e infatti grandi domande non ricordo di essermene fatte a quei tempi, mentre adesso i ragazzi mi fanno domande dove non solo non so cosa rispondere, ma nemmeno so dove cercare una risposta - e a volte l'impressione è che ci siano le domande, appunto, ma non le risposte.
@Pellegrina:
In realtà le regioni italiane sarebbero molto interessanti da fare per tanti aspetti... ma non in prima media. Sperare che a undici anni i poveretti si prendano a cuore questioni istituzionali e sui servizi è veramente pretendere troppo.
Gli oceani (e i poli) sono carinissimi da fare, ci sono un sacco di cosine interessanti. Mi sono costruita una bella lezioncina, che ogni anno controllo e ritocco, e che riscuote sempre un certo successo.
I libri di geografia hanno un livello diversissimo, che non dipende dagli anni ma, credo, dagli editori. Ce ne sono sempre stati alcuni che facevano pena, ma alcuni validi si sono sempre trovati. Per una serie di circostanze sfavorevoli mi sono spesso trovata con libri scelti da colleghi che secondo me al momento della scelta si erano ubriacati o qualcosa del genere... soprattutto a St. Mary Mead, perché quando facevo le supplenze brevi a Firenze mi sono passati per le mani diversi manuali di un certo pregio.
@Mel:
diciamo la verità: alle superiori Geografia è un tantino trascurata, e spesso sta in mezzo ai vari programmi come un ornitorinco in un grattacielo: è lì, ce l'hai tra i piedi ma non sai proprio cosa fartene, e nemmeno puoi buttarlo via nel cassetto del riciclato organico, e allora ti arrangi. Alle medie è diverso, o almeno può esserlo, perché si collega con parecchie materie.
@Eva:
studiare un modo per modificarci geneticamente mi sembra una gran bella idea. Se poi trovassero un modo per migliorare il cervello, almeno il mio, la troverei una gran bella idea!
Esattamente. C'è da piangere, Murasaki.
Ah, be', perlomeno saranno stati allegri (i colleghi).
Io pero' le regioni le ho fatte alle elementari!
Non so se ti possa servire, ma a proposito di economia che cambia e continenti extraeuropei, stavo giusto leggendo un articolo sul ruolo del microcredito in rapporto allo sviluppo di attività economiche locali e emigrazione:
Questi e altri studi suggeriscono che il microcredito, anche se ha il fine di porsi come strategia autonoma di sviluppo, può essere considerato dai potenziali mutuatari più utile se utilizzato in combinazione con l’emigrazione, non come un suo sostitutivo. In altre parole, il contesto conta. In aree caratterizzate da scarse infrastrutture, mancanza di accesso ai mercati e/o precarietà ambientale, è improbabile che il credito da solo (o le rimesse da sole) porterà a opportunità di investimento redditizie o ad uno sviluppo sostenibile basato su risorse locali. In parole povere: senza un ruolo attivo dello stato nell'economia, le singole iniziative locali minime non risolvono la povertà e non arrivano a creare una reale economia autonoma in loco che permetta di sostenere la popolazione.
Presenta una casistica ampia, soprattutto sull'Asia. Ovviamente non è un linguaggio da prima media anche se non poi difficile.
(P.S. il sito è un sito di traduzioni, generalmente della grande stampa internazionale, quindi molto comodo. Altre volte presenta cose non proprio di alta qualità, questo studio pero' lo trovo ben fatto.)
@Pellegrina:
Infatti, secondo la scansione suggerita oggi le regioni si fanno alle elementari, ed è un onore che gli lascio più che volentieri!
L'articolo è molto interessante (tra l'altro da diversi anni partecipo quando posso a un progetto di microcredito con la Pangea) e si ricollega a un altro che ho letto di recente, che spiegava come "aiutarli a casa loro" non è proprio facilissimo appunto per i motivi indicati e che l'emigrazione è un notevole aiuto per i paesi poveri perché, tra l'altro, mette in circolo nuovo denaro e spesso paga gli studi alle nuove generazioni.
Chiaro che aiutarli con qualche spicciolo (o anche con molte banconote) non serve se non viene fatto con criterio da parte di chi dà e di chi riceve, e purtroppo quando si parla di soldi non sempre il criterio è molto usato. La buona volontà purtroppo da sola non basta.
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