Consuetudine e pigrizia vogliono che alla Terra di Mezzo venga attribuita un ambientazione "medievale". In realtà si tratta di un affascinante calderone basato in parte su leggende medievali nordiche dove vivono tra l'altro un popolo di uomini medievali (la gente di Rohan) e una razza che deve parecchio all'epica norrena (i nani), più un drago uscito pari pari dal Beowulf.
Quando poi arriviamo nella Contea, di medioevo non c'è traccia: questo simpatico paese di cui nessuno nella Terra di Mezzo sa niente, a parte Gandalf e qualche Ramingo da lui istruito perché lo sorvegli, non ha assolutamente nulla di medievale.
Non che gli abitanti brillino per meccanismi particolarmente sofisticati, perché sono apertamente disinteressati a qualsiasi cosa più complessa di soffietto da fabbro, mulino ad acqua e telaio manuale; l'economia ruota intorno al settore primario, e l'organizzazione dello stato è ridotta al più minimo dei termini, con qualche guardia al confine, un sindaco che si occupa soprattutto di organizzare feste e un conte che si fa chiamare conte per diritto di discendenza Took con tanto di numero accanto al nome ma che non comanda alcunché.
Qua e là però compaiono dei tratti che non hanno niente di medievale e che finiscono per trasmettere l'idea di un piccolo staterello del Settecento o inizio Ottocento - preindustriale, e con abitanti di mentalità niente affatto medievale.
La sera gli hobbit vanno al pub a bere birra scambiandosi pettegolezzi. Hanno il bagno caldo con la caldaia. Usano stoviglie in porcellana. Hanno un regolare servizio postale, con tanto di postini. Fumano la pipa. Mangiano fish and chips. E soprattutto prendono il té: il classico tè inglese alle cinque contornato dalle più varie vivande. La mattina invece fanno colazione con uova strapazzate e pancetta fritta. Hanno lo zucchero per fare i dolci. Zucchero di canna o di barbabietola? Non lo sappiamo, ma certo con il miele il pandispagna non lo fai (mentre sappiamo che Bilbo faceva ottimi pandispagna).
Naturalmente niente di tutto questo è in contrasto con il medioevo: basta immaginarsi un medioevo dove c'erano tè, tabacco e patate (e canna da zucchero). Sarebbe interessante però capire come facevano nella Contea a coltivare il tè (per tacere della canna da zucchero) in un clima non tropicale, come si procuravano il burro per le tartine e il latte e la panna per i dolci se non allevavano mucche (Tolkien ci dice che allevavano pollame, maiali e pecore, e del resto per allevare mucche non sarebbe stato facile per loro, viste le dimensioni) o come facevano a estrarre lo zucchero dalla barbabietola, che richiede una procedura piuttosto complessa, da farsi a livello industriale. Certamente nelle regioni del sud della Terra di Mezzo era facile coltivare canna di zucchero e tè, ma il problema era farli arrivare fino alla Contea. Un cospicuo flusso di mercanti che portavano tè e zucchero non è conciliabile con un paese di cui nessuno conosce l'esistenza, senza contare che gli hobbit commerciavano solo con i nani, che al sud non andavano. Quanto a latte e burro, non sono materie facili da trasportare per lunghi tratti di strada, e la zona intorno alla Contea è deserta per un lungo tratto. Forse dalla Gente Alta della Terra di Brea? Certo che per un lattaio senza frigoriferi non è facile rifornire clienti che stanno come minimo a un giorno di distanza, e produrre latte e burro per tutta la Contea, magari lasciandosi anche qualche panetto per sé avrebbe richiesto ai Breani o Breatini o come cavolo si chiamavano allevamenti di mucche assai vasti (ma forse gli hobbit allevavano capre?).
Resta il fatto che, nel nostro immaginario culturale, il giro di birra la sera al pub e il tè alle cinque con dolci e focacce e la colazione con uova e pancetta e la pipa con il tabacco e il fish and chips e il bagno con la caldaia e la posta non si associano al medioevo ma all'Inghilterra del Settecento e Ottocento. E infatti gli hobbit sono inglesi in miniatura, ma non certo inglesi medievali, né il loro comportamento, una volta varcati i confini della Contea, denota alcunché di medievale: nei loro viaggi gli hobbit incontrano re e regine, elfi di altissimo lignaggio, mutapelle e draghi. A tutti si rivolgono con estrema cortesia, perché sono un popolo assai cortese, ma non mostrano di avvertire alcun senso di inferiorità sociale (tranne Sam, che si sente socialmente inferiore per principio, ma in un modo tutto inglese). I cinque hobbit viaggiatori affrontano chiunque da pari a pari con la calma consapevolezza di sé di chi ha letto il Contratto sociale e i pensieri di Voltaire e vive in una comunità che non conosce più la schiavitù dalla notte dei tempi. Non sono nostri contemporanei, ma certo vengono da un epoca piuttosto vicina alla nostra e si sentono liberi cittadini in grado di rapportarsi con qualsiasi principe elfico (o drago).
Curiosamente, si sono però dimenticati di inventare la stampa (che pure non è un procedimento molto complicato). Almeno sembrerebbe, anche se Bilbo e Frodo hanno molti libri. Ma, dopotutto, anche la biblioteca di Alessandria aveva molti libri, e per avere molti libri in assenza di stampa basta armarsi di carta e penna o comprare quelli trascritti pazientemente da altri. In questo, magari, i contatti commerciali con i nani potevano essere molto utili.
19 commenti:
Dieci anni e direi tre vita fa, nell'estate del 2005, fui invitata a tenere una relazione a un convegno internazionale tolkieniano, e scelsi come tema proprio i rapporti tra il 'lore' di Tolkien e l'utopia della cosiddetta "merrie England" (l'ortografia non è refuso), di cui la Contea è simbolo maggiore e pieno.
Il concetto di "merrie England" è interessante proprio perché si tratta di una tutta inglese self-made and domestic utopia, che identifica in un tempo lontano che ha caratteri storici misti ma comunque sempre per lo più rurale e rigorosamente pre-rivoluzione industriale un momento ideale di concentrato di tutta la Englishness (o la Britishness, ma meno) come orgoglio nazionale. E' una utopia vagheggiata sia nel pensiero politico-filosofico conservatore e/o moderato, sia usata in senso letterario, con grande fioritura novecentesca, specie tra le due guerre (e nella youth literature vittoriana, ovviamente).
Tolkien, pur variandola, la prende diretto diretto da lì, con l'aiuto degli studi in tema suoi e dei suoi amichetti oxoniensi Inklings).
La cosa divertente è proprio la consapevolezza, tutta British (non a caso il concetto nasce dopo la rivoluzione industriale e quando la UK era "l'Impero"), di quanto questa sia quella che Hobsbawn chiama "l'invenzione della tradizione", usata però da tutti sia appunto nel discorso pubblico alto, sia nel discorso pubblico condiviso e più popolare, con la consapevolezza del falso utopico, ma anche che questo falso utopico riassume in sé tutte le ragioni per cui bisogna baciarsi i gomiti al pensiero di essere nati inglesi.
Un bel romanzo contemporaneo, che ho già nominato altre volte, che riflette su questo, è non a caso England, England di Julian Barnes, che secondo me vale davvero la pena leggere, e che dovrebbe proprio essere una tua cup of tea.
Bellissimo post, come sempre, Murasaki ; )
Solitamente per il grande pubblico vale l'equazione fantasy=Medioevo, ma il tuo intervento dimostra come non sia del tutto vero. Inoltre, solleva una questione, che mi sono sempre posta: uno scrittore di mondi fantastici deve curare anche nei minimi dettagli il funzionamento dell'economia del suo paese inventato? E' davvero rilevante per chi legge o si può soprassedere?
Io credo che nel caso di Tolkien prevalga la seconda opzione: sarà un mistero come gli Hobbit riescano ad avere lo zucchero, il burro, il tè e il caffè, ma ciò non toglie al lettore il piacere di immergersi nella realtà di Arda.
Gran bel commento, 'povna, e grazie ^__^
Come sai bene, io sono tra quelli che si bacia i gomiti nemmeno per essere inglese, ma perché comunque ci sono gli inglesi che prendono il tè alle cinque eccetera eccetera.
La Contea è una delle tante trasposizioni di questo mondo felice, ricreato e idealizzato (con un processo simile a quello che viene fatto per esempio con le chanson de heste, che si rinventano una cavalleria che mai c'è stata nè mai poteva esserci). La cosa più originale è che nella Terra di Mezzo c'è questa scheggia di Old England che è completamente diversa da quello che si trova al di fuori. Nessuno, fuori dalla Contea e da Brea, prende il tè alle cinque, nella Terra di Mezzo (anche se suppongo che Gondor avrà avuto un qualche tipo di servizio postale, e non solo per gli uomini del re o del Sovrintendente).
@Beth:
Quando ti inventi un mondo fantastico decidi tu cosa raccontare e cosa no, a seconda dei tuoi interessi. Gli americani hanno le loro regole e cercano di metterci un po' di tutto, e infatti di solito ne vengono fuori dei mondi molto artificiali, soprattutto quando si incaponiscono a fare "à la Tolkien" senza studiarsi bene i suoi meccanismi narrativi.
Questo post è arrivato al seguito di una dichiarazione di Martin, che sosteneva (del tutto a ragione) che la Terra di Mezzo sul piano economico e legislativo è decisamente trascurata, per non parlare dell'organizzazione dei vari regni. A Tolkien interessavano le lingue (e infatti sulle lingue siamo piuttosto informati) e i territori. Quando i personaggi viaggiano sappiamo tutto sul tempo che fa, sul clima, sui paesaggi, quante miglia fanno al giorno, se mangiano, quanto mangiano, cosa mangiano, come si procurano il cibo eccetera. Su molte altre cose siamo assolutamente disinformati: ad esempio ci sono due matrimoni, nel Signore degli Anelli, più un terzo annunciato di lì a breve, ma non abbiamo la minima idea di come si svolgano le cerimonie, chi offici il matrimonio eccetera. Martin, per quel poco che ho letto, si interessa molto di leggi, eredità e successioni e molto meno di quel che viene messo in tavola. Insomma, dipende da cosa decidi che è importante. Anche nella letteratura epica di tutti i tempi hanno sempre fatto così.
Tra l'altro mi sono letta il Signore degli Anelli non so più nemmeno io quante volte, ma alla questione del burro e dello zucchero nella Contea ho pensato ieri sera per la prima volta in vita mia ^__^
JBella la Contea e spesso viene voglia di viverci, soprattutto mentre guardi la saga o stai leggendo il libro. Ma poi mi rammento che non ci sono gli antibiotici e gli antidolorifici in quel buon tempo antico (!) e allora divento realista.
Se ben ricordo, l'unica cura conosciuta era l'athelas, foglia di re, ma a Gondor non la ricordavano fino a che Aragon non l'ha fatta cercare. Forse era sconosciuta perché non c'era ancora il re....
Come hai detto tu, se inventi un mondo fantastico, decidi tu cosa raccontare.
Tolkien racconta che la Contea produceva il miglior tabacco della Terra di Mezzo. Se avesse scritto i suoi libri in anni più vicini ai nostri, avrebbe fatto i suoi personaggi così forti fumatori? Solo gli elfi non li ricordo fumare (e forse per questo vivevano per millenni) ma i maghi non si tiravano certo indietro. Ma loro erano
l'equivalente di semidei. .... no ?
Lo so che nei film fanno apparire l'athelas come l'unica cura conosciuta in tutta la Terra di Mezzo, ma questo non è colpa di Tolkien!
Non sappiamo nulla della medicina nella Contea, ma in effetti nessuno si ammala mai nel corso delle storie, tranne Bilbo che si prende un gran raffreddore dopo due giorni passati a mollo, e lì c'è solo da aver pazienza e soffiarsi il naso. Nel complesso sembra che gli hobbit schiattassero di salute, gli elfi avevano eccellenti guaritori tra loro, i nani erano praticamente indistruttibili... perché poi non avrebbero dovuto avere gli antibiotici? Oppure: a cosa gli sarebbero serviti gli antibiotici se non si ammalavano mai?
Per quanto riguarda il fumo, ahimé, il tasto è doloroso. Tolkien era un grande fumatore, come Sherlock Holmes. In questi anni hanno fatto una serie dedicata appunto a Holmes (quella dove Martin Freeman fa Watson) e.. Sherlock non fuma. O almeno ho sentito parlare di cerotti curativi alla nicotina. Non ho osato approfondire. Oggi il fumo è visto in modo molto diverso, sì. Jackson però, sia onore a lui, ha lasciato che hobbit e nani fumassero proprio come fanno nei libri.
Comunque non è vero che tutti fumano: fumano quelli che sono in contatto con la Contea ovvero i nani, Gandalf, Saruman di straforo e senza dirlo in giro, Aragorn perché è un Ramingo e conosce la Contea, oppure su influsso di Gandalf. Forse anche qualche altro Ramingo, per gli stessi motivi. Gli Uomini però non fumano (tranne, FORSE, quelli di Brea) anche perché nessuno gliene ha mai data la possibilità e non conoscono l'erba pipa. Gli Elfi non fumano perché non gliene frega niente, e Legolas prende in giro "la strana gente che riempie il cielo di nuvole" quando a Isengard salta fuori un barilotto di erba pipa e Pipino, Meriadoc, Gimli e Aragorn colgono subito l'occasione.
Sull'argomento ho anche fatto un post:
http://ildiariodimurasaki.blogspot.it/2009/12/ma-ora-nobile-hobbit-sono-io.html
Ho cercato nel tuo archivio il 2009. Certo che ne hai scritto sul Signore degli Anelli! E che bei disegni hai trovato! Mi hai fatto venire la voglia di ri-ri-rileggere il Libro. Le tue annotazioni mi serviranno......
Sempre per la serie "....non mi ritengo una che ne sa molto di Tolkien. ....sono un'appassionata come tutti gli altri...." Tutti ?!? ^___^
Non sono in grado di parlare così a fondo della questione perché sono, davvero-davvero, solo una appassionata lettrice. Ma leggendo le dichiarazioni di Martin mi è partito un po' un embolo, magari non aveva cattive intenzioni, ma a me sembra che Tolkien abbia raccontato una storia, con un finale che è un finale e non si può certo dire che non si sia dato da fare a costruire il contorno (lingue -al plurale- e mitologia). Il tutto con una delicatezza e una finezza che rendono i suoi libri fruibili da tutti, bambini e adulti. Al contrario, Martin è assolutamente improponibile ai minori e anche a chi magari senza essere una verginella si può stufare di vedere tutte le donne trattate come oggetti e gli uomini come carne da macello. Perversioni (non sesso), sangue, sporcizia, disprezzo della vita umana, tutto questo lo racconta benissimo. E finora non è stato capace di scrivere un finale. Quindi, stare a puntualizzare le mancanze di Tolkien mi sembra totalmente fuori luogo.
Ciò non toglie che anche di questa serie abbia letto tutti i libri e guardi la serie in tv che è indubbiamente ben fatta. Ma, ripeto, non c'è paragone!!!!!
P. S. Volevo quasi scrivere anch'io, ma ho già detto tutto qui. :-D
@ acquaforte:
a dirla tutta ci sono anche i post sulla rilettura del Signore degli Anelli tra l'autunno e l'inverno 2013/2014 (alla luce del Viaggio Inaspettato, che è un film che mi colpì molto in profondità).
Sì, su Tolkien qui ho scritto parecchio e sì, sono un appassionata come tutti. Però il Signore degli Anelli mi accompagna da quando avevo undici anni e ha inciso su di me con molta forza. Credo di essere stata all'epoca una delle lettrici più giovani in circolazione e di essere in buona posizione in un ideale classifica per il numero di riletture. Sono insomma una delle persone, in Italia, che ha avuto più tempo e voglia per ripensarci, e per molti anni ho mantenuto uno stato di innocenza aurorale sull'argomento perché per molti anni in Italia su Tolkien non c'era NIENTE se non qualche fanzine di dubbia validità critica che comunque nemmeno sapevo che esistesse - diciamo che il mio background era senza dubbio di sinistra, pur vissuto con un certo distacco, mentre Tolkien era letto per lo più a destra, ma anche quello me lo spiegò con cautela mia madre quando avevo diciotto anni, senza sapermi dire granché sui motivi (e posso ben capirla, povera donna, visto che i motivi erano davvero strampalati) - e non si trattava certo della destra liberale di repubblicani e liberali che in casa mia e nel mondo che mi circondava era guardata con un certo rispetto.
Insomma, non avevo nessuno con cui parlarne e intorno a me nessuno lo conosceva se non, col tempo, qualche amico. Quindi per più di dieci anni l'unica interpretazione che conoscevo era la mia, e me l'ero fatta in proprio, senza alcun tipo di influenza esterna e sulla scorta di un percorso di letture tutto personale che non comprendeva niente altro di Tolkien che i tre romanzi (e anche il Silmarillion arrivò dopo la quinta lettura). A ventidue anni, a Oxford, mi comprai le lettere di Tolkien in inglese e qualche saggio. Scoprii così cosa ne pensava Tolkien stesso, dei suoi scritti, e che Tolkien era cattolico - una possibilità che fino a quel momento non mi aveva mai nemmeno sfiorato l'anticamera del cervello. Pian pianino poi cominciò a filtrare qualche cosa anche in Italia, ma a quel punto mi ero costruita un interpretazione del romanzo e dei personaggi che era mia e soltanto mia ed era molto saldamente ancorata in me. Quindi non sono una studiosa sull'argomento, se non a livello estremamente dilettantistico, ma sono una persona che conosce molto bene il romanzo principale e abbastanza bene lo Hobbit. Con gli anni poi mi sono fatta una discreta infarinatura sul medioevo pagano e una certa competenza sul medioevo cristiano, frutto di pazienti studi universitari. Sono quindi un appassionata come tanti, ma è vero che ho un modo di vivere i due romanzi che è piuttosto personale e molto, molto coinvolto: fanno proprio parte della mia vita e del mio modo di essere.
@ Aliceland:
(Pure, secondo me, se tu scrivessi non sarebbe un evento del tutto negativo...)
Il finale del Signore degli Anelli secondo me è perfetto così come l'ha fatto Tolkien, mentre quello di Martin ha prima di tutto l'enorme difetto di non esistere nonostante i suoi lettori (e pure gli aspiranti lettori come me) lo stiano aspettando con pazienza certosina da non meno di 17 anni: quando entrai in rete, nel 1998, nel newsgroup di fantasy il lamento più ricorrente era il finale che non arrivava mai. Una postatrice aveva perfino rifatto le osterie, ed era molto divertente:
Osteria del Lungo Inverno
Questo ciclo sembra eterno
Però Martin l'ha giurato
Altri sette e ho terminato...
(ricordo solo questa strofa, purtroppo).
Detto questo, secondo me Martin ha fatto un osservazione valida, e sarebbe stato suo diritto farla anche se fosse un cane di scrittore incapace di portare a termine una novelletta di cinque pagine: Tolkien si occupa moltissimo di lingue ma ben poco di altri dettagli. E' anche vero che non ne sentiamo la mancanza, così come credo che non esista un universo alternativo descritto punto per punto (siamo sinceri, non saremmo in grado di descrivere nemmeno il nostro, che pure frequentiamo ogni giorno, figurarsi quelli che ci inventiamo). E' vero che negli universi alternativi, e pure nel nostro, vediamo soprattutto quello che ci convince (la dominazione inglese in India fu un fatto positivo o negativo? La riposta cambia assai a seconda che il risponditore sia indiano o inglese, ricco o povero, ateo o religioso eccetera eccetera, e contempla comunque un bel po' di sfumature, a seconda di come sei addentro al sistema e di quanta parte nel complesso riesci a vederne). E' vero che a Tolkien interessava assai di più parlare del fulmine che della lampadina, e l'organizzazione politica e pure quella economica sono senz'altro lampadine. E' vero che Tolkien studiò soprattutto l'alto medioevo, di cui a tutt'oggi sul piano delle lampadine sappiamo ben poco, e ai tempi di Tolkien perfino meno, quindi trascurare certi dettagli gli veniva facile. E' vero che nella letteratura epica non si bada a certi dettagli.
Tuttavia sì, è vero anche che certi particolari mancano. E se parti dall'idea di vedere una storia dal punto di vista dell'organizzazione politica, non c'è dubbio che scrivi una storia diversa da quella che scriveresti se decidessi che dell'organizzazione politica in fondo te ne freghi. Quindi il fatto che Martin abbia scritto una cosa completamente diversa rientra nel corso naturale delle cose - e nella buona sorta dei lettori, perché di rifacimenti della Terra di Mezzo ne abbiamo visti anche troppi, e quasi tutti facevano pena (scrivo "quasi tutti" per non generalizzare, magari qualcuno è venuto bene e io per puro caso non li ho letti). La qualità della scrittura però non dipende dalla scelta della trama, secondo me, e nemmeno dalla possibilità che una storia sia fruibile da tutti o solo dagli adulti. Poi, certo, ognuno ha le sue preferenze, e ce ne sono tanti che si addormentano al primo capitolo del Signore degli Anelli e si sentono rivivere quanto leggono Martin.
mi piace moltissimo Tollkien, ma ammetto che una lettura come la tua non l'avevo mai presa in considerazione. Cioè, non avevo mai provato ad immaginare a quale epoca storica reale potesse corrispondere l'epoca dell'ambientazione della storia.
Veramente una gran bella lettura, complimenti.
Le scelte degli autori lasciano a noi lettori la libertà di immaginare il resto. Ci sono cose che mi sono chiesta spesso come funzionassero, nella Contea più che fuori (anche Martin, che indulge in lunghi elenchi di pietanze, su questo è abbastanza reticente). Ma il tuo post è così bello che non oso procedere :-)
Buon Ferragosto
@Stefano:
Hai ragione tu, perché non è ambientato in un epoca storica precisa, anche perché la loro storia ha seguito un percorso diverso dalla nostra. Ma c'è la strana abitudine di riferirsi al fantasy come una letteratura ambientata nel medioevo. Nel forum sul film dello Hobbit una volta qualcuno si lamentò perché i nani, a Gran Burrone, volevano le patatine fritte dicendo che nel medioevo le patatine fritte non c'erano.
Ora, a parte che nel medioevo da noi le patate non c'erano per puro caso - e infatti c'erano, durante il suddetto medioevo, nel continente americano - a quanto ne sappiamo, nel medioevo europeo oltre alle patatine non c'erano nemmeno nani, draghi, hobbit, troll, elfi, Oscuri Signori, stregoni, ragnacci giganti, Spettri dell'Anello, Anelli del Potere, orchetti, mutapelle orsini e Mezzelfi, e in molti casi nemmeno le leggende legate a tutto ciò. Davanti a un universo alternativo così composito, formalizzarsi per due patatine fritte mi sembrò eccessivo - tanto più che, appunto, nella Terra di Mezzo le patate c'erano.
@LGO:
Il mio bellissimo post resterà comunque intatto fino alla fine dei secoli, se blogspot non decide di lasciarmi a piedi come tante altre piattaforme hanno fatto prima di lei, qualsiasi cosa tu ti stia chiedendo.
Anzi, a questo punto sono curiosa come una gazza, e prontissima a cercarti una risposta!
A cosa ti riferivi?
Ho sempre pensato alla Contea semplicemente, un po' con gli occhi di una bambina. Un luogo meraviglioso, immerso nella Natura, quasi incontaminato, fatto di gente semplice e gentile, capace di divertirsi e di circondarsi di tante piccole comodità, dall'acqua calda all'erba pipa. E talmente libera da permettersi anche di non portare le scarpe ( non credo sia solo una questione di piedi grandi ^__^).
Le prime letture sono così, si ragiona poco e ci si lascia trasportare dalla bellezza della storia, al di lá delle eventuali sbavature e anacronismi.
Ma ovviamente, con ulteriori letture dell'opera, il livello di attenzione e di approfondimento si alza. E presto dovrò riflettere anche su queste tue ottime considerazioni.E lo farò con piacere.
In effetti non sono anacronismi, perché la Terra di Mezzo non è tenuta a osservare la nostra cronologia, avendone una sua propria. Di fatto, non ci sono contraddizioni, è solo un mondo diverso dal nostro ^__^
Sto rileggendo il Libro. E sono al Consiglio di Elrond. Ma ti scrivo per un'altra cosa, appresa in farmacia, dove sono andata per un violento mal di gola con relativa tosse. Il farmacista mi ha dato del Propoli spray, chiamandolo "antibiotico naturale". Oh Sì che gli hobbit potevano avere gli antibiotici! Un punto in più per la Contea ! ^___^
Propoli e miele (oltre al limone) sono sempre un grande aiuto per le malattie da raffreddamento. Io però insisto a ricordare che gli hobbit rimediavano ancor prima, evitando di ammalarsi!
(Bellissimo il Consiglio di Elrond, mi piace sempre tanto quando raccontano la storia degli Anelli)
Ciao!!
Allora non sono l'unica ad aver letto in età non appropriata!
Io ero in quinta elementare e ho letto il signore degli anelli in un mese di malattia (tipo da raffreddore a broncopolmonite) .
Ho un ricordo bellissimo di quella lettura.. I paesaggi fatati della terra di mezzo diventavano sogni, resi ancor più vividi dalla febbre
Lo hobbit non mi ricordo, ma lo avevo letto prima. Ma credo sempre in quinta, boh
Ciao e complimenti per il blog
Vans
Sorellina!
So di qualche coraggioso che l'ha letto in quinta elementare. Io nell'estate tra la quinta e la prima media, anch'io da ammalata (pertosse). Leggerlo la prima volta con la febbre però deve essere stata un esperienza speciale, nel suo genere ^__^
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