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lunedì 20 aprile 2015

Cita-un-libro - #ioleggoperché 10 (Fuori Concorso)

Siamo ormai giunti alla decima sessione del torneo di citazioni ideato dalla povna nell'ambito dell'ampia iniziativa di #ioleggoperché - e questo vuol dire che sono ormai passati due mesi e mezzo da quando abbiamo cominciato a duellare a colpi di citazione e la Giornata Internazionale del Libro è ormai alle porte.
Per tutta la settimana dunque si parlerà di lettura, e possiamo concorrere con tutte le citazioni che vogliamo, anche se non ci sarà vincitore - e del resto questo non è stato mai un torneo troppo competitivo, anche se i partecipanti hanno combattuto con ardore e dispiegato gran copia di ingegno e cultura.
L'ultima vincitrice, per la nona sessione, incoronata da Wolkerina, è appunto la povna, e da lei vanno depositati i link che rimandano alle citazioni di questa settimana.

Ma veniamo alla mia citazione: ho scelto di parlare di una persona che ha grandemente contribuito alla causa della lettura, anche se non ha mai scritto libri (e vedremo poi perché): non solo perché su di lui sono stati scritti immani quantità di testi a carattere storico, e non solo perché ha dato non piccolo contributo alla letteratura epica e ispirato gran copia di romanzi, ma anche per alcuni interventi di notevole portata che ha avviato sul piano tecnico della lettura: infatti dietro sua ispirazione è stata inventata una scrittura libraria chiara e armoniosa (littera carolina, secondo alcuni; littera antiqua secondo l'isolato ma assai competente prof. Emanuele Casamassima che ha illuminato di sua scienza almeno due generazioni di studenti all'Università di Firenze, tra cui la sottoscritta) - perché per leggere è ben necessario che qualcuno prima abbia scritto. Inoltre riunì alla sua corte un bel gruppo di studiosi che, tra le altre cose, riformarono il latino, che dai tempi dell'impero romano era andato assai dirazzando, e lo riavvicinò alla lingua usata da Livio, Virgilio e Cicerone; perché non va dimenticato che, se per leggere occorre che prima qualcuno abbia scritto, per scrivere serve una lingua da mettere sulla carta.

Insomma, Carlo Magno amava molto le belle lettere. Eppure, ci racconta il suo biografo Eginardo, non imparò mai a scrivere bene, e non perché non ci avesse provato:

Per maggior sfoggio di erudizione, citerò anche il passo in latino:

Carlo Magno non si può certo definire una persona priva di intelligenza e di cultura: l'organizzazione del suo impero è ancora oggi famosa e le sue leggi erano fatte con criterio. Parlava diverse lingue tra cui il latino, in cui si esprimeva con la stessa facilità che nella lingua materna. Studiò con molta cura dialettica e retorica (anche astronomia, ma qui ci interessa meno) e, ci dice Eginardo, "sapeva esprimere molto chiaramente ciò che voleva", che per un sovrano è cosa assai importante. Inoltre contribuì largamente a diffondere le lettere e a corte era tutto un profluvio di codici manoscritti dei più vari generi. Eppure non riuscì mai a imparare a scrivere - e forse nemmeno a leggere, visto che Eginardo sorvola garbatamente sulla questione.
Non era persona che non sapesse impegnarsi, quando il caso lo richiedesse. Non era persona usa a "volere e disvolere", non era noto per la sua incostanza e sapeva esprimersi più che bene. Eppure non venne mai a capo della scrittura semplice e chiara ideata per sua iniziativa, che tanto ha contribuito e contribuisce tuttora alla diffusione della lettura e che è quella che tuttora adoperiamo, con qualche piccola variante, per stampare i nostri libri. 
Poco più di venti lettere più qualche legatura. Ma lui non riuscì mai a padroneggiarla in maniera soddisfacente. Se ci provò pur senza vera necessità (aveva senz'altro a disposizione lettori e segretari in abbondanza) vuol dire che desiderava imparare, ed era uomo abituato a portare a termine quel che aveva iniziato.

Alla mia perversa mente di insegnante si affaccia un dubbio: che fosse dislessico?

9 commenti:

roceresale ha detto...

Dai, gli si prepara un PDP? :-)

P.s. spero non si sia triplicato il commento, stasera wordpress fa capricci come non mai.

dolcezzedimamma ha detto...

Prima di arrivare alla fine del tuo post avevo pensato esattamente la stessa cosa. ..mi sa che la deformazione professionale ha colpito ancora!

lanoisette ha detto...

Ehi, hai presente quel nuovo alunno, quello BES?
Chi, Carlo Magno, quello che si crede il re del mondo?

Murasaki ha detto...

@roceresale:
solo raddoppiato, ma ho rimediato subito.
Per il PDP ho già preparato le fotocopie ^__^

@dolcezze:
da notare che l'idea mi è venuta solo adesso, quando lessi il branop da studentella non ci pensai nimmanco di striscio...

@LaNoisette:
questi alunni che si credono tutti unti del signore sono un vero strazio!

acquaforte ha detto...

È primavera:
"Più miti sono ora le mattine,
Le noci si colorano di scuro;
Più rotonda è la guancia delle bacche,
La rosa ha lasciato la città.

L'acero sfoggia sciarpe più festose,
Ed il prato una veste di scarlatto -
Per paura di esser fuori moda,
voglio mettermi un ciondolo "

(The morns are meeker than they were....E.Dickinson )

Anonimo ha detto...

Interessante. Molto.

la povna ha detto...

Che bello, come tu hai scritto da me, era tempo che si citasse Carlo Magno, e il ruolo che ha avuto nella scrittura e dunque nella lettura e trasmissione del sapere.
Indubitabilmente, ci voleva proprio. Si balzella a larghi passi verso il gran finale! :-)

acquaforte ha detto...

Quando ho letto questa poesia ho pensato al tuo Carlo Magno. È stata scritta da Kao Tzu, (circa 200 a.c.), l'imperatore fondatore della dinastia dei Han.
Altra epoca, ma stessi problemi di ...gestione :
"Il grande vento si leva
E le nuvole salpano -
Ho esteso la mia potenza
Per l'universo intero
E torno alla terra natale.
E ora, come trovare
Gli eroi che dovranno vegliare
Su tutte le mie frontiere?"

Lui sapeva scrivere.

Murasaki ha detto...

Ossì che sapeva scrivere!
(da notare che l'alfabeto cinese era molto più complicato del nostro).
E' una poesia davvero suggestiva, con quelle nuvole che salpano.
Grazie ^__^