Visti i buoni risultati dell'anno scorso, all'inizio dell'anno scolastico ho firmato volentieri per la seconda tranche del Progetto Multiculturale, tanto più che il tema sarebbe stato l'autobiografia e quindi ci sarebbe stata anche una ricaduta sull'italiano scritto e sulla scrittura in generale.
Quel che non sapevo era che il progetto comprendeva anche una squisita caramella in regalo, ovvero un corso sull'autobiografia per gli insegnanti. No, non solo per lavorare con l'autobiografia in classe: un corso di autobiografia per noi, in qualità di esseri umani. Solo un primo approccio, certo, ma comunque assai interessante.
E così, quando sono arrivata alla Riunione Preliminare Per La Programmazione col solo scopo di fare onorevolmente atto di presenza e informarmi vagamente di quel che sarebbe successo nelle dodici ore in cui avrei passato lo Scettro di Docente a una perfetta estranea, ho trovato un gruppo misto di insegnanti e operatrici della cooperativa incaricata e tutti insieme abbiamo ascoltato una docente della Libera Università dell'Autobiografia di Anghiari che, dopo aver evocato il grande potere dello scrivere e del raccontare ci ha, appunto, messe a scrivere di noi. Se non ricordo male, il primo compito era presentarci attraverso un oggetto che ci descrivesse. Dopo breve meditazione, ho parlato del mio amato computer.
Scaduto il tempo della scrittura, la docente ha fatto leggere chi era disposto a condividere. Abbiamo così scoperto che, nei gruppi di autobiografia, vigevano precise regole chiamate "Patto autobiografico": si scrive nella lingua preferita, nessuno passa a correggere, nessuno può commentare perché c'è la sospensione del giudizio (se non ci fosse, lo scrivente non si sentirebbe libero di scrivere quel che gli pare), e si condivide solo se e quando ci va di farlo.
Il fatto di non poter correggere ha naturalmente mandato in crisi noi insegnanti.
"E non si può nemmeno mettere il voto?" abbiamo chiesto preoccupate (ma come, pensavo io, nemmeno le H, nemmeno gli accenti? Oddio!).
La docente ci guardava con una certa compassione, poi ha detto che, vabbé, ognuno vedesse per conto proprio. Per mandare giù l'amaro boccone mi sono detta che in fondo occasioni per correggere non me ne mancavano, potevo pur starmene buonina senza penna verde in mano* per una volta.
E i diari fatti scrivere per la scuola? Non potevamo correggere nemmeno quelli???
Di nuovo la docente ci ha detto di fare un po' come credevamo; così ho stabilito che sui diari avrei continuato a correggere e mettere voti. In fondo, i ragazzi lo sanno che sono compiti per la scuola, giusto? (Non avessero a sperare di poter scrivere qualche riga in pace senza vedersi segnalare il benché minimo errore. Io sono di quelli che devono quasi tagliarsi le mani per non correggerli anche su Facebook, in pieno litigio con gli amici).
La sospensione del giudizio invece non era un problema, perché il contenuto non lo commento mai. Beh, quasi mai. E quand'anche, non certo per criticarlo. Di solito. Forse.
E' iniziato così il nostro corso. Doveva essere di due incontri, poi ne abbiamo chiesto un altro e un altro ancora, fino ad arrivare a sei più tavola rotonda finale, scivolando via via in una dimensione intermedia tra la nostra autobiografia e i lavori in corso nei laboratori in classe, visti dalla parte delle insegnanti e delle operatrici, e tutto ciò è stato assai formativo e utile, e pure divertente.
Da anni inseguivo il fantasma dell'autobiografia a scuola. In entrambi gli anni della SSIS ci era stata promessa una lezione dall'allettante titolo L'autobiografia come cura di sé e per ben due anni in quelle occasioni si era parlato di tutt'altro, ed era pure un tutt'altro assai noioso.
Piuttosto irritata da ciò, dedicai la mia tesina per l'area trasversale** proprio alla scrittura autobiografica, introducendola con una bellissima citazione di Orfeo presa da una tavoletta aurea edita da Colli ne La sapienza greca. Qualcuno ebbe pure il coraggio civico di lamentarsi che la citazione iniziale non era pertinente e lo lasciai dire ma
1) era pertinente eccome, e solo un idiota completo e totale poteva non accorgersene
e
2) una citazione da La sapienza greca di Colli è pertinente sempre e comunque, anche in un manuale per la guida degli autobus.
E poi quella era troppo bella:
Troverai alla destra delle case di Ade
una fonte, e accanto ad essa
un bianco cipresso diritto:
a questa fonte non accostarti neppure da presso.
E più avanti troverai la fredda acqua
che scorre dalla palude di Mnemosine:
e sopra stanno i custodi,
che ti chiederanno perché sei arrivato.
Ma a essi racconta bene tutta la verità.
Di' loro: sono figlio di terra e di cielo stellante;
Il mio nome è Asterio. Sono riarso di sete:
ma lasciatemi bere alla fonte.
Si trattava comunque di un lavoro fatto da autodidatta nei ritagli di tempo, e chiaramente era quel che era. Comunque nessuno poteva accusarmi di averlo copiato da Internet (e infatti nessuno lo fece).
Il nostro laboratorio invece era fatto da una professionista, che ci ha spiegato per il lungo e per il largo l'importanza di dar voce al ricordo, rivivere le esperienze cruciali riordinandole e cercando di dargli un senso attraverso la scrittura, scavando dentro di noi e riportando alla luce tutto quel che avevamo sempre desiderato narrare (ma senza mai avere avuto il coraggio di farlo). A tal proposito si è anche parlato dell'importanza di tenere un diario come insegnanti; e così ho scoperto perché tengo questo blog - che ha anche una parte autobiografica - e perché ho dedicato un paio di volumi del mio diario a specifici periodi del mio insegnantesco percorso.
Un laboratorio di autobiografia in seconda media è un esperienza molto interessante, ho scoperto. L'autobiografia collettiva, che sia o meno condivisa con i compagni di corso, aiuta a cementare le classi e nello stesso tempo porta alla luce le crepe che serpeggiando al suo interno - e la seconda cosa è forse persino più importante della prima, almeno in una classe di Bravi Bambini Che Si Vogliono Tutti Tanto Bene com'era la Seconda all'epoca ancora Di Ogni Grazia Adorna. Sembra poi che in Terza funzioni in modo diverso - cosa più che credibile, e sono pronta a farne la prova in ogni momento se solo me ne offriranno la possibilità.
La mia Seconda comunque ha fatto un salto di qualità nella scrittura: le frasi sono improvvisamente andate a posto e tutti sono diventati molto più consapevoli di quel che scrivevano e molto più capaci di esprimersi. E' quel che intendo quando parlo, davanti allo sguardo perplesso dei colleghi, di "aprire i canali della scrittura". Parlo di canali energetici, come quelli della circolazione o della kundalini - e mi par di vederli, i rivoletti di scrittura che scorrono giù dai polsi degli alunni per incunearsi tra l'erba, portati dalla corrente verso il fiume e poi verso il mare. Sotto quest'aspetto anzi la citazione di Orfeo è molto chiara: i nostri ricordi, cioè la nostra vita e la nostra stessa essenza, vivono nella palude di Mnemosine, la Memoria. Da quella palude però, se appena si riesce a incanalarla, nasce una fresca fonte dal grande potere. La memoria è un grande serbatoio, sempre pieno (è già pieno quando usciamo dal grembo materno, credo) ma trovare la strada per far sgorgare la fonte ci dà energia e fiducia, ci restituisce la forza del nostro passato... e allenta la pressione.
Gli esercizi (almeno tre per ogni incontro) non avevano in apparenza niente di sistematico. Mi è capitato di incrociare insegnanti che avevano fatto scrivere l'autobiografia agli scolari - una bella roba molto ordinata, che partiva dall'albero genealogico, poi la nascita, l'infanzia con i primi ricordi eccetera. Molto utile per una ricostruzione storica, magari, ma i ragazzi non ci entusiasmavano molto. Il ricordo è anarchico, gli avvenimenti della nostra vita si dispongono sui piani temporali secondo un ordine imprevedibile. Aiutare aiuta a ricordare - immagino sia la prima cosa che insegnano agli psicoterapeuti: se vuoi scavare a fondo devi lavorare con la superficie.
Così i ragazzi sono stati saggiati, assaggiati, spelluzzicati, carotati. Ricordi lontani, ricordi di famiglia, ricordi del presente (quando si sono descritti attraverso un mazzo di carte illustrate), ricordi del futuro (quando si sono descritti tra vent'anni attraverso immagini ritagliate dalle riviste, ed è stata l'attività preferita per molti) scrivendo poi una lettera ad amici che non vedevano da tempo, ricordi di quando sono riusciti a dire "No", poesie dove ogni verso aveva un numero stabilito di parole per descrivere i loro compagni (e sono venute singolarmente bene).
L'ultimo giorno abbiamo fatto un cartellone con un sole. Ognuno di noi, su un raggio, ha scritto una frase dal diario - quella che più volevamo condividere. Io ho scritto un fermo proponimento ad essere meno pedante e convenzionale; perché la cosa che più mi ha colpito, scorrendo il diario fatto in classe durante il corso, è che su quel quaderno appariva una persona molto più pedante di quel che mi illudevo di essere.
Adesso il sole è appeso in classe, come ricordo (pronto ad essere evocato in future autobiografie, immagino. Del resto, è quel che sto facendo in questo momento):
Certo, un corso sull'autobiografia non è come le Life Skills: a noi insegnanti non ha portato punteggio né soldi, le ore del corso non ci sono state retribuite né riconosciute, l'attestato finale ci servirà al massimo come souvenir e non abbiamo ricevuto nessun raccoglitore dalla copertina ben disegnata né alcuna merenda a base di dolci e frutta; inoltre, il giorno della tavola rotonda finale eravamo in una bella stanza, ma sottotetto, e faceva un caldo ignobile. In compenso è stato molto interessante, e anche assai formativo - che per un corso di formazione è piuttosto raro.
In sintesi: una gran bella esperienza che darà frutto anche negli anni a venire, e tutte noi abbiamo imparato un sacco di cose. Spero di avere occasione di farne altri.
*sin dalla mia prima supplenza di quindici giorni ho sempre corretto con la stilografica riempita di inchiostro verde
**un curioso miscuglio di legislazione scolastica, pedagogia, didattica ed altre varie ed eventuali dove quasi tutti sembravano convinti che avremmo lavorato alle elementari
5 commenti:
Anche io faccio sempre corsi di aggiornamento per la pura soddisfazione. E infatti di solito proprio per questo mi diverto un casino. Bello!
A me e a gran parte delle colleghe di lettere capitò di iscriverci ad un corso di aggiornamento proposto dal dirigente, sulla 'comunicazione'. Non ti dico la nostra sorpresa nello scoprire che si trattava di una serie di incontri sulla... dinamica mentale. Interessantissimi e coinvolgenti, ma lontani anni luce da quello che avevamo immaginato, sentendo le parole del capo d'istituto. Si era espresso male, ci disse poi...
@la povna
In qualsiasi momento avrei fatto (e farei) volentieri un corso di aggiornamento sull'autobiografia, aggratis e forse perfino pagando. Ma in questo caso non sapevo affatto di farlo, né a nessuno era venuto in mente di accennarmi questo piccolo dettaglio!
@Cautelosa
Prima di tutto, ben tornata, carissima ^__^
In quale angolo remoto della terra sei stata in viaggio stavolta?
Quanto al tuo corso, per indicare una conversazione dove proprio non si parla della stessa cosa, qui in Toscana abbiamo la storia di due vecchietti un po' sordi che culmina con il dialogo
"E 'ndove guardi?"
"Son cipolle!"
Io la sapevo: Dove vai? Son cipolle. Quanti chili? Vo a Firenze.
@la povna
Detta così è molto più chiara.
Io ho citato una collega, che la usa spesso descrivendo i colloqui con i genitori ^__^
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