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mercoledì 12 febbraio 2014

Come e perché si diventa insegnanti

C'è un orientamento per gli insegnanti? No, non c'è, ma a qualcuno potrebbe fare comodo

(Premessa: naturalmente non ci siamo solo noi della scuola pubblica o paritaria. Esistono un sacco di persone che lavorano come insegnanti al di fuori della scuola, insegnando  ippoterapia, ricamo a sopraggitto, elementi di informatica, canto, agopuntura, pittura su porcellana, arabo, aikido e un'infinità di altre affascinanti materie. Costoro sono insegnanti a tutti gli effetti ma ci sono arrivati per strade diverse, ognuno con la sua storia. Non sempre l'insegnamento è la loro unica fonte di reddito e, soprattutto, non sempre sono abituati a pensarsi professionalmente in primo luogo come insegnanti).

E' noto che le vie del destino sono infinite, e c'è dunque una piccola minoranza di docenti che si ritrova in cattedra quasi per caso (come me). Tuttavia la gran maggioranza delle persone che insegna lo fa perché lo ha scelto e voluto sin dall'inizio. La maggior parte, ma non tutti.
Di fatto gli insegnanti di scuola pubblica si dividono in tre categorie: Insegnanti Per Vocazione, Insegnanti Perché Sì, Insegnanti Perché Non C'era Altro (include anche la categoria Insegnanti Perché E' Andata Così).
Le prime due categorie sono a grande prevalenza femminile, la terza include una percentuale più consistente di maschi.

L'Insegnante per vocazione è una strana bestia, e a tutt'oggi costituisce una percentuale invero assai rilevante del corpo docenti.
Costoro han deciso di fare gli insegnanti probabilmente già nel grembo materno, o al più alle elementari, dopo un incontro felice con qualche insegnante di materna o maestro/a. Li senti rispondere che vogliono fare l'insegnante già dalla prima infanzia e non cambieranno mai idea. Qualcuno ne parlerà in termini sognanti, qualcuno in termini più realistici, ma il vero Insegnante Per Vocazione si organizza ben presto la vita in funzione del lavoro che agogna.
Citerò qui appunto la mia compagna di banco del liceo* che si è destreggiata assai validamente nelle secche di un periodo dove le scuole erano strapiene di docenti e aspiranti tali e arrivare al ruolo prima dell'età della pensione sembrava impossibile. Iniziò la sua scalata alla cattedra sfruttando la prima possibilità che le si offrì, ovvero insegnare catechismo ai bambini della sua parrocchia (da notare che il suo interesse per la religione cattolica, e la religione in generale, è sempre stato men che tiepido); dopo la maturità classica fece la maturità magistrale e ben presto, tra un esame e l'altro cominciò a collezionare supplenze alle scuole elementari e materne. Subito dopo la laurea il parroco, evidentemente non scontento delle sue prestazioni come catechista, la segnalò ad una scuola privata, dove per molti anni insegnò alle medie accumulando pazientemente punteggio valido anche per lo stato e facendo concorsi quando (assai raramente) essi venivano banditi. Con uno di questi concorsi diventò di ruolo alle elementari, dove rimase per qualche anno finché la chiamarono di ruolo alle medie. In seguito (ma questa è stata una tappa inizialmente non prevista) grazie a un concorso interno, è passata di ruolo al liceo. Non dispero di vederla prima o poi tenere qualche corso universitario - certo sulla didattica qualcosa da insegnare ce l'avrebbe.
Solo un esiguo numero di Insegnanti Per Vocazione mostrano la sua capacità di costruire e sfruttare opportunità - la maggior parte si limita a studiare per i concorsi, lamentarsi che i posti sono pochi e compulsare maniacalmente le graduatorie dei precari cercando di calcolare le possibilità che si apriranno l'anno futuro, spesso lamentandosi molto o sfinendosi tra loro con complessi calcoli delle probabilità che di solito risultano più pessimisti del dovuto. E' molto improbabile che in tempi di magra cerchino un altro lavoro, e se proprio sono costretti a farlo, e se per sventura lo trovano, vivono questa condizione come un esilio immeritato, soffrendone molto.
L'Insegnante Per Vocazione nella maggior parte dei casi è coscienzioso, attento e interessato agli scolari e alle sue materie. Purtroppo non è necessariamente dotato delle caratteristiche che fanno un buon insegnante** e questo lo rende molto sensibile al burn-out: chiaramente, la frustrazione che provi quando non ti riesce bene qualcosa cui tieni moltissimo è assai grande, e niente può distruggere la tua gioia di vivere (e non parliamo dell'autostima) più di una classe cui ti avvicini ricolmo di affettuose e buone intenzioni ma che ti respinge brutalmente.
Quando non interviene il burn-out, o se interviene in forma soltanto sporadica, questi insegnanti possono comunque riuscire assai bene: migliorano con gli anni e l'esperienza e spesso finiscono una lunga e onorata carriera rimpiangendo i bei tempi della scuola, tra gli sguardi perplessi di molti colleghi.

L'Insegnante Perché Sì è una bestiuola abbastanza diversa. Non c'è stato un momento, mentre era nel grembo materno o altro, in cui ha coscientemente deciso che voleva insegnare per un accidente di motivo; semplicemente sa che insegnerà - perché ha fatto lettere, perché è un lavoro adatto a una donna, perché permetterà di gestire meglio la futura famiglia, perché non è un lavoro molto faticoso***, perché tanto che altro vuoi fare, insomma perché sì. Costoro si sottopongono quindi svogliatamente al calvario necessario per insegnare - corsi, corsetti, concorsi o  quel che è - sospirano sempre, sono esperti in modo maniacale di graduatorie semplici e incrociate, cercano scorciatoie che di solito si rivelano più faticose della via più lunga e sanno sempre tutto sui Corsi di Aggiornamento Che Danno Punteggio (che, naturalmente, seguono sospirando). Quelli che ho incontrato alla SSIS, ed  erano parecchi, si distinguevano per un singolare disinteresse ai corsi delle materie che avrebbero dovuto insegnare. Costoro hanno spesso un vago pregiudizio nei confronti dei Giovani d'Oggi che aumenta col passare degli anni. Per loro, più che il burn-out, il vero problema è la Sindrome da Spallamento, che sopravviene assai presto. Alcuni di loro sono molto coscienziosi (è una questione di carattere) ma sono coscienziosi in modo spallato. La loro vita da insegnanti non è tra le più entusiasmanti, ma alcuni possono lavorare molto bene - e, naturalmente, anche a loro capita talvolta la Classe Ideale con cui vivere felici idilli, o almeno parziali idilli. Qualcuno trova felicemente il modo di incunearsi a fare Qualcos'Altro, magari infrattandosi in qualche centro di studi, oppure finisce a fare il Dirigente Scolastico. La maggior parte però non ha la capacità di fare né l'uno né l'altro e vivacchia senza infamia e con scarse lodi fino al momento della pensione, che festeggia con bengala, girandole e castagnole.

L'Insegnante Perché Non C'era Altro non ha fisionomia precisa: può essere un giovinetto o una giovinetta che per una serie di coincidenze finisce in cattedra mentre cerca lavoro e scopre che le circostanze sono favorevoli per restarci, il/la ricercatore/trice che a un certo punto si rende conto che non riuscirà mai, o solo in tempi biblici, a impossessarsi di un contratto stabile di lavoro, un/una professionista che decide di integrare il reddito con l'insegnamento, un/una poveraccio/a che si ritrova improvvisamente aperta questa strada, una persona che a seguito di un qualche rovescio finanziario suo o dei familiari tenta anche quello eccetera eccetera. Si tratta insomma di un Insegnante Per Ripiego. Siccome insegnare è un lavoro strano, e se non l'hai provato non puoi sapere come ti riuscirà, niente vieta che costoro riescano benissimo e facciano cose egregie, grazie anche alla freschezza di prospettiva di una vita che non ha conosciuto solo la scuola o la speranza  di una scuola futura, e conoscenze che con la scuola non hanno niente a che fare ma che possono servire. D'altra parte niente vieta nemmeno che in loro subentri quasi subito la più micidiale delle Sindromi da Spallamento facendone insegnanti inconsistenti e solo modestamente preparati nonché colleghi inaffidabili. Taluni mostrano anche i sintomi di un Senso di Superiorità rispetto al basso mondo della scuola che ha il raro potere di trasformare in tigri ircane anche i colleghi più disponibili e gli scolari più desiderosi di apprendere.
Siccome ognuno di loro ha la sua storia, la loro riuscita è imprevedibile ma finiranno per posizionarsi in una delle due categorie precedenti, col vantaggio accessorio di avere sviluppato la Vocazione lavorando (invece che sognando di fare quel lavoro) o di avere sviluppato la Sindrome da Spallamento per circostanze esterne e non perché inizialmente non avevano avuto abbastanza buon senso da pensare a cosa volevano fare invece di farsi trascinare dalla piena; ma anche con lo svantaggio accessorio di dovere imparare tutte insieme le infinite cose che chi si è avvicinato secondo la trafila normale all'insegnamento ha imparato un po' per volta in tempi umani.

Ognuna di queste tre categorie racchiude in sé elementi di grande capacità e bravura, abominevoli individui che fanno più danni della siccità e un grosso zoccolo di buona manovalanza che cerca onestamente di guadagnarsi lo stipendio e si ingegna di lavorare al meglio delle sue possibilità, ognuno con i suoi limiti e i suoi punti di forza - ed è questo zoccolo che tira avanti la scuola, nel bene e nel male (ma quale sia il bene e quale sia il male, vallo a sapere).


*Sary, imareggiabile compagna di banco del liceo più volte citata su questo diario
**E quali sono? Ah, saperlo, saperlo. Di sicuro cambiano da classe a classe e quindi ognuno ha la possibilità di trovare le SUE classi, con cui vivere un felice idillio. Comunque una certa flessibilità mentale aiuta
***In realtà è molto più faticoso di quel che sembra all'esterno, anche se eviti con ogni cura di impegnartici più dello stretto indispensabile. Ma questo, finché non insegni, non lo puoi sapere

5 commenti:

cautelosa ha detto...

Io sono stata una di quelle bambine che, a domanda su un ipotetico lavoro futuro, rispondeva senza esitazioni 'la MAESTRA!!'. E questa è stata poi la mia strada, avendo anche rinunciato ad un posto all'INPS, 'vincita' di un concorso svoltosi tre anni prima, per seguire l'allora 'moroso' in un viaggio in terra d'Albione.
Vocazione o destino, non mi sono mai pentita della strada intrapresa...

Murasaki ha detto...

@Cautelosa
MA, scommetto, davanti a una nomina in ruolo avresti mandato il non ancora husband in viaggio da solo o gli avresti chiesto di rimandare il viaggio fino all'estate ^__^

Anonimo ha detto...

mi sto interrogando su quanto somiglio o non somiglio al numero uno.
mmmmhhh.

La prof ha detto...

Io sono un'insegnante: "piuttosto la morte" (nel senso "piuttosto che insegnare, la morte").
Ho anche intrapreso un'altra strada, frequentato corso post-universitario, fatto colloqui.
Nel frattempo ho dovuto mantenermi e ho cominciato con le supplenze, che erano lì a portata di mano, e una volta scivolata nel meccanismo, non sono più riuscita a uscirne (i colloqui fatti mi hanno scoraggiata a proseguire, anche esplicitamente, se non a prezzo di anni di incertezze e non pagati).
E poi non ho più voluto uscirne, a dir la verità. Meccanismi biecamente economici mi hanno sempre consigliato: stai lì buonina, finché hai il posto.

Murasaki ha detto...

@Minne
per fortuna quasi nessuno somiglia DAVVERO al n. 1, ma in parecchi finiamo per ritrovarci qualche tratto in comune...

@La Prof
La tua storia somiglia abbastanza alla mia, compresa la premessa... ehm, che di insegnare davvero nonera nemmeno da parlarne ^__^