Una serie di considerazioni interessanti in proposito si possono ricavare da uno degli ultimi post del blog Gamberi Fantasy dall'invero assai esplicito titolo Il Manzoni scrive da cani. L'argomento era stato già accennato in altri post precedenti dove in particolare era stato stroncato senza pietà l'incipit dei Promessi Sposi, secondo me con argomenti assai validi (cioè, diciamolo: basta leggerlo, quel micidiale inizio, e sopravvivere alla sua lettura, argomenti non ne mancheranno di certo).
Oltre al post sono molto interessanti anche i commenti.
Fermo restando che un suo pubblico di appassionati Manzoni l'avrà sempre, anche perché ha eccellenti argomenti per meritarselo (specie se si riesce a oltrepassare le prime trenta mortifere righe del suo romanzo) in cuor mio da tempo matura il sospetto che le nuove generazioni si stiano via via scollando sempre più dai Promessi Sposi, e forse da tutta la letteratura ottocentesca. Non ho dati statistici e sono sempre vissuta in un ambiente dove si leggeva tanto e di tutto - una razza inestinguibile ma non troppo rappresentativa, specie in un paese come l'Italia dove abbiamo forse un po' di analfabetismo di ritorno ma soprattutto un colossale analfabetismo di andata. Però ho il sospetto che il canone letterario stia cambiando - che è come dire che sta cambiando il gusto, non solo letterario.
E' già successo altre volte, succederà ancora. Ma, quando succede, i letterati non la prendono bene, di solito. E questo forse potrebbe - non so, è un sospetto come tanti - spiegare in parte una certa esasperazione strisciante tra gli insegnanti di lettere, categoria letterariamente conservatrice quant'altre mai.
Il tutto, rigorosamente e fermamente, IMHO.
7 commenti:
Argomento complesso, il tuo... Sul quale ho un doppio riscontro statistico. Penso che Manzoni poeta scriva molto male, mentre invece ho imparato molto presto, all'università, a rivalutare I promessi sposi anche come un grande romanzo, se finalmente si smette di guardarne solo le (notevolissime) peculiarità stilistiche e linguistiche e si analizzano un po' le strutture, le componenti di genere e i modi (dal romanzesco al Bildungsroman, ai più noti gotico e componente storica che tessono la trama). Ecco, io ho fatto un paio di anni fa un corso per il primo anno nell'altro mondo (quindi erano proprio matricoline, appena uscite dalle superiori). E devo dire che ha funzionato. Smontare le strutture del congegno romanzesco ha fatto divertire gli studenti, comprendere come si possa leggere una storia anche per il gusto di fare i detective sulle tracce di quel cattivo assassino che è l'autore. A scuola, beh, è tutta altra cosa... Io lo faccio solo in parte, e solo nelle classi in cui è adatto (ma al tecnico noi non siamo obbligati), anche perché è un romanzo che difficilmente si capisce se non si guarda e legge tutto intero. Le volte che l'ho fatto (specie con l'Onda, ma anche coi Matti), è andato bene (però appunto l'ho fatto perché erano classi adatte). Ricordo delle messe in scena dei Promessi sposi con l'Onda, nonché la scrittura di una continuazione della storia di Gertrude che attirò la mia attenzione su Corto e il suo precocissimo talento letterario (prima o poi magari la pubblico, se capita). Oppure un'analisi della peste sulla base dei diversi livelli di contaminazione (fisica, morale, linguistica, simbolica, allegorica) coi Matti che fece loro guardare quel capitolo storico, fino alla stessa madre di Cecilia con uno sguardo nuovo...
Detto tutto questo, però, concordo con quanto dici. Il gusto sta cambiando. Forse l'avvento di una prospettiva nei fatti più comparatista spinge finalmente anche l'Italia nelle braccia della trama, con un po' meno filologia, Crusca, lirica e alta poesia. Hegelianamente, la sintesi si avrà, secondo me, quando si tornerà a comprendere, che, appunto, mentre Manzoni scrive poesie in maniera raccapricciante, I promessi sposi non è solo (anzi, non è tanto) un romanzo di stile e di poesia...
ps. non mi ricordo in quale volume del "Romanzo" Einaudi, quello curato da Moretti c'è un bell'articolo proprio sull'attualità dei Promessi sposi...
L'attualità nei Promessi Sposi non manca, in verità: tutta la parte politica, sociale e storica è di un'attualità esasperante, per tacere dei rapporti di potere - tutto molto attuale, molto piccolo e piuttosto inadatto ad entusiasmare un ragazzo. Ma quella che mi sembra più lontana di trent'anni fa è la lingua e tutto il modo di articolare il periodo. Anche prima i Promessi Sposi spesso non piaceva (non con questa esasperazione, IMHO) ma risultava comunque comprensibile, la struttura del periodo prima ancora che il lessico. Sono sensazioni epidermiche, che non riesco nemmeno a mettere a fuoco.
Sul Manzoni poeta sarei assolutamente d'accordo... se non fosse per l'Adelchi, di cui sono sempre andata pazza, in particolare il coro degli atri muscosi (ma d'altronde, se perfino Omero si assopisce talvolta, anche Manzoni può una volta nella vita essersi svegliato e aver scritto qualche verso accettabile ^__^)
Coletti (l'autore del saggio - sono andata a rivederlo, e, se mai ti andrà, è questo: - Coletti V., Distanza dai «Promessi sposi», in Il romanzo, a c. di F. Moretti, v. V, Lezioni, Torino, Einaudi, 2001, pp. 153-172;) in realtà si riferisce a una attualità delle strutture narrative, soprattutto, e del sistema dei personaggi (quindi puntando più di nuovo sulle componenti romanzesche che su quelle stilistiche). Io non sono appassionata dell'Adelchi (ma mi sono sempre divertita a cantare Dagli atri muscosi visto il ritmo trombettiere del doppio senario!), però concordo assolutamente sul possibile risveglio di Manzoni, una tantum... (anche se in poesia penso che da sveglio abbia fatto peggio che Omero dormiente...!)
ecco, io invece sono di tutt'altro avviso: mi piace il Manzoni poeta (le odi e qualcosa degli Inni, i cori delle tragedie) proprio perchè è così roboante in modo manifesto e non si nasconde dietro un dito; al contrario, trovo quasi insopportabili i PS, fatti salvi alcuni episodi, proprio come romanzo. mi sembra che sia una grandissima palla...ehm, al piede.
però, da conoscitrice "piuttosto esperta" dei luoghi manzoniani, posso assicurarvi che l'incipit del romanzo è una vera "fotografia aerea" del "ramo del lago di Como", presa - secondo me - anche da un punto ben preciso, ossia dalla sommità dei Corni di Canzo. ricordo una gita con dei ragazzi di un centro estivo, che avevano finito la III media, con me che declamavo l'inizio del romanzo mostrando i luoghi dal'alto...
Vedo che siamo già entrati,in tre che siamo, nell'ordine di idee di "tante teste, tante opinioni"; per cui non mi dispiacerebbe sentire anche l'opinione di Corto Maltese, che la testa indubbiamente ce l'ha.
Per quel che riguarda la struttura, per carità, non è peggio di tante alte strutture, ma non mi sembra abbia molto di particolare. E il fatto che l'inizio sia una fedele immagine del paesaggio del luogo mi fa piacere... ma non toglie che sia un inizio micidiale!
beh, a parte che già il gioco di contaminazione di diverse strutture è significativo, in realtà allora potremmo dire che il Bildugsroman non è altro che una dialettica hegeliana in salsa letteraria e ricondurre tutto, proppianamente, alle sette trame base... Io alla fine sono abbastanza d'accordo con chi dice che nei PS si scontrano parecchie componenti di genere della narrativa moderna, diversamente contaminate tra generi e temi. Ma ovviamente, come tu dici saggiamente, restano opinioni!
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