Come ho già sommariamente raccontato, agli scrutini di ammissione di esame il Nuovo Preside (presumo dopo l'assunzione, spero inconsapevole, di grosse quantità di sostanze proibite dalla legge) ha stabilito, in base ad un ragionamento di cui non si capivano né le premesse né lo svolgimento, che non sarebbero state distribuite ai genitori le schede di ammissione perché l'unica cosa di cui i genitori in questione avevano il diritto di essere informati era, appunto, se la prole era stata o no ammessa all'esame. Se proprio cotali genitori desideravano placare la loro insaziabile curiosità in proposito, dovevano fare richiesta scritta alla Dirigenza (dove avrebbero comunque ricevuto una scheda che non recava alcuna indicazione dei voti alzati dal consiglio...).
Corre voce che, nelle altre terze, abbia anche esortato gli insegnanti a non dire niente di questo agli allievi e anzi a non comunicare loro nemmeno i voti delle proprie materie; ma se l'ha fatto deve essere stato in un momento in cui gli insegnanti erano distratti, perché nessuno ne ha tenuto gran conto.
Dopo ponderata riflessione e ampio digrignar di denti, la mattina dopo ho dettato ai miei amati allievi una comunicazione per le famiglie in cui spiegavo che la Dirigenza aveva deciso eccetera eccetera e che chi avesse voluto conoscere i voti di ammissione doveva farne richiesta scritta alla sede centrale della scuola (a più di venti chilometri da lì).
Breve sommossa. I ragazzi sostenevano che "non era giusto". Mi sono detta assolutamente d'accordo con loro e mi sono raccomandata che portassero la nota firmata dopo il ponte elettorale.
La mia neanche segreta speranza era che una torma di genitori inferociti si precipitasse dal Nuovo Preside e ne facesse il dovuto scempio. Ma non avevo considerato che i genitori della mia classe sono persone gentili, ragionevoli e, come i loro figli, conoscono a perfezione la legge del minimo sforzo.
Ritornata dal ponte elettorale tutti mi mostrano i loro diari firmati. Poi mi chiedono "Quando ci legge i voti?".
E così scopro che tutti, genitori e figli, avevano tradotto la mia acidissima (ma assai chiara) nota con una promessa di pubblica lettura dei voti - di tutti i voti di tutte le materie.
Perché non è vero che i nostri alunni non ci stanno a sentire: spesso ci stanno a sentire, eccome, ma decidono di fraintenderci per questioni di comodità, e nello stesso modo si regolano i loro genitori.
Mi consulto brevemente con i colleghi. Matematica approva, Inglese mi incoraggia.
Torno in classe con la griglia dei voti stampata. Guarda caso, erano i voti di prima degli scrutini, con le insufficienze ancora da alzare.
"Ehm, bene, adesso vi chiamo in ordine alfabetico e venite alla cattedra.."
"Via, ce li legga e amen" taglia corto Cuorcontento "Tanto. mezzo secondo dopo che ce li ha detti li avremo già fatti vedere a tutti!".
Mi guardo intorno un po' perplessa. Sono abituata a comunicare i voti alla fine dell'anno (i miei voti, intendo) ma di solito è una cerimonia abbastanza riservata, che non prevede l'uso del megafono.
"Ma io non credo che..."
Con la massima decisione, tutti, mi assicurano che invece è bene che io creda.
E così i voti segretissimi vengono da me pubblicamente letti e dai ragazzi prontamente trascritti sul diario, inclusi quelli di Belsorriso che non è stato ammesso all'esame.
All'anima delle Informazioni Riservate.
2 commenti:
Sono abbastanza allibita da tutto l'ambaradàn.
Io i voti non li comunico mai prima della consegna ufficiale delle schede, ma va da sè che da noi le pagelle sono state consegnate, eccome!
Vuoi però un aspetto positivo?
Le famiglie, almeno, si sono viste arrivare i voti VERI, non la farsa cui siamo stati costretti...
Sì, l'ambaradan è stato di quelli che fanno allibire.
Quanto al comunicare i voti... dipende dalla classe, dalle circostanze eccetera, ma di solito li dico (magari in forma un tantino più privata). Trovo giusto che li sappiano prima delle famiglie, perché quei voti sono il frutto del loro lavoro (o non lavoro).
Certo, c'è anche la possibilità che ti arrivi il genitore imbelvito perché hai dato solo Buono e non Distinto alla sua creaturina, ma diciamo che lo considero uno degli inconvenienti del mestiere compresi nel contratto, come i sabato pomeriggio passati a correggere i compiti.
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