Il mio blog preferito

giovedì 30 aprile 2015

Sull'uso altamente didattico delle bacchette a scuola (post non violento)

Com'è noto, è la bacchetta che sceglie il mago e non viceversa

In classe uso moltissimo la bacchetta.
Non già - anathema sit! - come strumento di punizione per bacchettare vilmente i miei carissimi alunni, che al contrario tiro su a mollichine di pane e buone parole*, e nemmeno per evocare utilissimi incantesimi come il Silencio**. 
Più banalmente, ma con maggior valenza didattica, la uso per indicare sulle carte geografiche i luoghi di cui si parla sul momento. Qui c'è la Lettonia, qui l'oceano Atlantico e quello Pacifico si incontrano, questa è la Pannonia. Cose così.
Nei primi tempi facevo con quel che trovavo - una riga lunga, le mani, il bastone che a volte serve a chiudere le finestre - e naturalmente quando entravo in classe col bastone i commenti di custodi, colleghi e alunni si sprecavano e tutti mostravano di avere grandissimo terrore di me quando percorrevo il corridoio o mi avvicinavo alla carta.
"E' un nuovo metodo didattico?"
"Hai deciso di tornare ai vecchi sistemi?"
"Prof, vuole usarla con chi non ha studiato?"
eccetera eccetera eccetera.
A Hogsmeade, dove il bastone per le finestre non c'era ma in compenso c'era la LIM decisi di organizzarmi in modo più serio. Pensa e ripensa a dove potessi procurarmi una bacchetta, approdai infine in un negozio per bricolage e trovai un ampia scelta di bacchette di varia lunghezza e grandezza.
Dopo accorta meditazione optai infine per una bacchetta cilindrica in leggerissimo legno di balsa, di un delicato grigio-rosato, lunga un metro e dal diametro di 5 millimetri, di cui mi impossessai per la modesta cifra di un euro e dieci centesimi. Di solito non spendo soldi per attrezzature scolastiche, ma pensai che per una volta potevo anche fare un eccezione perché oggetti del genere sono eterni e avrei potuto portarmela via quando avessi cambiato scuola. Tanto, l'unica a usarla sarei stata io - e gli alunni interrogati, naturalmente.
(Nei primi tempi in verità gli alunni la usavano soprattutto per maneggiarla nervosamente, ma a forza di insistenze ottenni che la usassero per indicarmi i fiumi, i laghi, i movimenti di truppe che avanzavano e retrocedevano e via dicendo).

Contrariamente alle previsioni risultò che la bacchetta la usavano in tanti, una volta che c'era, e la Caccia alla Bacchetta diventò lo sport nazionale.
"Prof, vado a cercarla in terza C, mi sembra che siano venuti a chiederla ieri".
Finii per comprarne un altra, nella vana speranza di trovarla sempre nella classe dove andavo. In questo modo alla fine dei miei due anni a Hogsmeade avevo collezionato ben due bacchette rotte, ma si sa che a Hogsmeade gli alunni erano un po' bruschi di modi - almeno, i miei lo erano.

Fu così che ritornai a St. Mary Mead con due nuove bacchette. Si sa che gli alunni di St. Mary Mead sono di temperamento più mite, si sperava che loro non le avrebbero stroncate.
E per ben tre anni infatti quelle bacchette vissero un esistenza piuttosto serena, nonostante ogni tanto in classe arrivasse qualche ragazzo "Ha detto la prof. Therral se può prestarle la bacchetta" "Prendi pure". 
La prof. Therral finì poi per comprarsele a sua volta, e  così St. Mary Mead poteva vantare ben quattro bacchette per nove classi. 
Quest'anno però le bacchette non c'erano mai e mi toccava ogni volta mandare in giro un alunno da riporto quando le volevo usare.
Dopo qualche cauta indagine finii per scoprire che il responsabile delle sparizioni era sempre il nuovo insegnante di Spagnolo.

Che fare? Costui girava su tutte le nove classi e cambiava aula ogni ora -  dunque era comprensibile che si dimenticasse di incaricare ogni volta qualcuno di riportare le bacchette donde erano state prese. 
Fargli presente il problema ricordandogli che le bacchette erano mie mi sembrava un po' scortese, tanto più che lui ci portava sempre delle ottime torte confezionate con le sue abili mani quando c'erano gli organi collegiali...
Giusto in quei giorni però era il suo compleanno. Così comprai ben due ulteriori nuove bacchette, ci feci un bel fiocco con un nastro dorato e gliele portai in dono, spendendo stavolta ben due euro e quaranta centesimi, perché con l'andare degli anni le bacchette erano aumentate di prezzo. D'altra parte, con le sue torte quel sant'uomo aveva speso ben di più per foraggiarci, e in quel modo mi sarei almeno parzialmente sdebitata con lui.
A quel punto, con sei bacchette per nove classi, considerando che la Therral non usava mai le sue perché era in congedo per maternità, potevo ragionevolmente sperare di trovare abbastanza spesso in classe le mie, quando mi fossero servite.
E così infatti è stato, per un po'.

Qualche settimana fa ho notato che una delle bacchette era scheggiata in cima. Anche in fondo, per la verità.
"Che gli avete fatto, a questa bacchetta?"
"E' il prof. di Spagnolo. Lui le usa per batterle sulla cattedra quando facciamo troppo rumore, e così si rompono" (con lui le classi fanno spesso un notevole rumore, pur apprezzandolo molto).
In effetti il legno di balsa è tenerello, e batterlo sulla cattedra con violenza non gli fa molto bene. D'altra parte non è esattamente quello lo scopo per cui viene comprato, di solito.

In conclusione adesso ho una bacchetta scheggiata ai due estremi, che non è la cosa più salutare da maneggiare (e infatti già un paio di ragazzi si sono fatti male con una scheggia) e, da qualche giorno, anche una bacchetta appuntita perché si è rotta malamente venendo sbattuta sulla cattedra - utilissima per cavare gli occhi a qualcuno, caso mai ne sentissi l'inclinazione, ma del tutto inadatta a essere data da maneggiare ai fanciulli, e io stessa non mi ci sento molto a mio agio, senza contare che è anche diventata molto più corta - e immagino che quelle che ho regalato non siano ridotte molto meglio.

Che fare?
Spiegare al collega che placare i ragazzi a colpi di bacchetta sulla cattedra non è cosa - specie quando la bacchetta è in legno di balsa - mi riesce difficile. Mi è facilissimo mandare a Fanculo il collega scortese o prepotente, ma lui non è l'una né l'altra cosa.
Piantargli una grana perché sono stufa di investire il mio stipendio in bacchette da un euro e venti l'una per vedermele poi smantellare brano a brano nel giro di pochi mesi mi è ancora più difficile, e lo sarebbe anche se il collega di Spagnolo fosse meno simpatico e disponibile di quel che è.
Così applico la più consueta tattica di comunicazione tra colleghi, ovvero il Paziente Silenzio.

Chissà se da qualche parte vendono bacchette in duralluminio?

*cioè, quasi sempre
**troppo mi garberebbe!

sabato 25 aprile 2015

Cita-un-libro - #ioleggoperché 10bis (Fuori Concorso)

In chiusura di torneo, mi piace ricordare il punto più alto raggiunto nell'arte del romanzo: Jane Austen.
Grandissima scrittrice ma anche appassionata lettrice, così Jane Austen parla di un tipo di lettura ai suoi tempi piuttosto sottovalutato: il romanzo, appunto


... e quelli scritti da lei sono proprio così.

Haeretica - #iononleggoperché

Dentro un libro si può trovare di tutto. E non sempre ciò è un bene

In occasione della Giornata Internazionale del Libro quest'anno è stata deciso di avviare una complessa iniziativa nomata #ioleggoperché, che aveva come obbiettivo principale l'avvicinamento dei non-lettori, in Italia assai più numerosi che nel resto dell'Europa, a un oggetto sconosciuto detto libro nella nostra lingua. 
Tale iniziativa è stata naturalmente oggetto di numerose polemiche (ché davvero non esiste che fai qualcosa, anche qualcosa che non fa male a nessuno, e non ti criticano quantomeno spiegando che ben altrimenti la faccenda avrebbe dovuto essere condotta). Per esempio ci si è lamentati che fosse un iniziativa promossa dall'Associazione Editori Italiani (e chi l'avrebbe dovuta promuovere, il Consorzio per la tutela del Brunello di Montalcino?) dunque mossa non da puro amore per la cultura ma dall'intento di vendere più libri - e in effetti ci si aspetterebbe, da un editore, che scappi inorridito alla sola idea di vendere libri e farsi pubblicità - ma si sa che al giorno d'oggi la gente non guarda altro che ai soldi.
E ci sono state anche le consuete lamentele sul libro ridotto a merce e bene di consumo (quasi ci fosse qualcosa di male ad essere una merce o un bene di consumo. Ma forse chi si è lamentato di questo vive solo dei prodotti spontanei della terra e di manna celeste, sdegnando bistecche, ciliegie e zucchine e vestendosi unicamente di foglie di fico made in Heaven).

Ci sono poi state anche critiche rivolte al meccanismo di base, in base al noto principio che  Come Fai Sbagli, e, ovviamente, ai titoli scelti, perché  mancavano questo o quell'autore di gran rilievo, bellezza e importanza - per quanto, è chiaro che se scegli 24 titoli saranno ben di più i titoli che non hai scelto, senza contare che, a prescindere dagli intralci che i compilatori della lista possono aver incontrato, per forza di cose erano Lettori, e dunque nella condizione più ardua per compilare una lista perfetta per adescare i Non Lettori.
Molto più sensato mi è parso un piccolo intervento che domandava perché i 24 titoli scelti fossero tutti romanzi, con l'unica eccezione di un testo che non è vera e propria narrativa ma che di narrativa parla, ovvero Come un romanzo. L'editoria non si basa solo sulla narrativa, osservava costui, anzi la narrativa è solo una piccola parte dell'editoria: un quarto a malapena. Di fatto anche noi lettori cosiddetti "forti" non leggiamo solo narrativa.

Nelle campagne pubblicitarie pro-lettura il Lettore è sempre presentato come un personaggio positivo (e siam d'accordo che presentarlo come un povero scemo non sortirebbe grossi risultati) ricco di immaginazione, capace di immedesimarsi con i suoi personaggi preferiti e di vivere le loro vite. Venite con noi, sarete Anna Karenina e Pierre Bezuchov, sarete Julien Sorel e la contessa di Sanseverino, sarete Frodo e Voldemort e la regina dei Caraibi, diventerete intelligentissimi e colti e viaggerete per pianeti sconosciuti, foreste incantate e mari in tempesta, a bordo di vascelli maledetti, aerei dirottati e meravigliose creature alate. Mai uno che dica: venite con noi e imparerete a liberarvi dei sensi di colpa, a mangiare vegano, a trombare meglio e scoprirete come vivono le formiche e i tassi, com'è nato l'universo, cosa visitare a Parigi e perché Hitler ha perso la guerra e dio non esiste (o esiste). 

I Lettori amano pascersi di nobili citazioni che inneggiano al valore aggiunto conferito dalla lettura (incrementando così il loro tasso di autostima) e che descrivono il mondo incantato che si apre agli occhi del Fortunato Che Legge (letteratura) rispetto alla vita squallida e deprimente condotta dal Poveretto Che Non Legge (letteratura). Tutto ciò è molto autoreferenziale, un tantino patetico e piuttosto irritante per chi dispone di uno spirito polemico forte come il mio - e lo spirito polemico, temo, si sviluppa in assoluta parità tra lettori e non lettori, senza indulgere a sciocche distinzioni; il che può forse spiegare perché queste campagne pubblicitarie funzionano peggio di quelle per dentifrici e smartphone: come vi permettete di dire o far capire che sono  una persona insulsa e priva di creatività e immaginazione solo perché scanso i vostri pidocchiosissimi libri? O di sostenere che al contrario sono intelligente e creativa solo perché leggo? Forse che mi va in pappa il cervello, se non leggo? Da quando in qua intelligenza e creatività viaggiano solo su carta stampata? E siamo sicuri che voi, sì, proprio voi che tranciate giudizi su chi legge e chi non legge, siate così incredibilmente intelligenti, indipendentemente dal numero dei libri che avete letto (basso, a giudicare dalla qualità delle vostre deduzioni)?
In effetti intelligenza e creatività esistono da ben prima dell'invenzione della scrittura, e anche l'amore per le storie è assai precedente. Il lettore (di narrativa) è essenzialmente una persona che preferisce leggere per conto suo una storia piuttosto che sentirsela raccontare da qualcuno o vederla raccontata per immagini (o sentirla descrivere attraverso la musica e le parole cantate). Va abbastanza di moda dire che leggere una storia stimola la partecipazione attiva del lettore, mentre vederla rappresentata no - ma ammetto che mi è sempre parsa una stupidaggine: se è vero che leggendo sei costretto a immaginarti certe cose che non vedi, vedendo sei parimenti costretto a interpretare quel che non ti viene detto (i pensieri o i sentimenti dei protagonisti, per esempio). Qualsiasi serie di telefilm può suscitare discussioni, dibattiti e percorsi creativi quanto e più di qualsiasi romanzo. Sono storie, chi ama le storie ci ricama sopra, indipendentemente dal mezzo con cui le storie vengono raccontate. Per la gran parte della sua vita su questa terra l'umanità non ha letto - nondimeno qualcosa ha combinato, a quel che ci risulta, né si è fatta mancare storie cui appassionarsi.

Un essere umano che non legge funziona benissimo lo stesso. Certo, se l'essere umano che non legge è italiano potrebbe essere interessante indagare se si tratta di una persona che non legge perché a malapena sa che esistono i libri. In un paese come il nostro, che sconta ancora il ritardo con cui la carta stampata è arrivata a portata della gran parte della popolazione, il dubbio è legittimo; ma non c'è nessun motivo di guardare dall'alto in basso una persona che, cresciuta in un ambiente culturale decorosamente ricco, ben
istruita negli anni di scuola, messa saldamente in condizione di leggere e scrivere correttamente e che si è vista propinare durante il suo percorso scolastico una vasta scelta di testi letterari e non letterari, avendo a disposizione adeguata scelta di librerie e biblioteche, liberamente decida che di leggere non gliene frega un accidente. 
Sarebbe insomma auspicabile un approccio più rispettoso e meno missionario che facesse leva sul fatto che leggere, il semplice e banale atto di leggere, prima di stimolare la creatività e ampliare l'intelligenza (detto e non concesso che lo faccia, e da lettrice abituale circondata da molti lettori abituali qualche dubbio ce l'ho) prima di tutto fornisce informazioni (anche false e tendenziose) di vario tipo.

lunedì 20 aprile 2015

Cita-un-libro - #ioleggoperché 10 (Fuori Concorso)

Siamo ormai giunti alla decima sessione del torneo di citazioni ideato dalla povna nell'ambito dell'ampia iniziativa di #ioleggoperché - e questo vuol dire che sono ormai passati due mesi e mezzo da quando abbiamo cominciato a duellare a colpi di citazione e la Giornata Internazionale del Libro è ormai alle porte.
Per tutta la settimana dunque si parlerà di lettura, e possiamo concorrere con tutte le citazioni che vogliamo, anche se non ci sarà vincitore - e del resto questo non è stato mai un torneo troppo competitivo, anche se i partecipanti hanno combattuto con ardore e dispiegato gran copia di ingegno e cultura.
L'ultima vincitrice, per la nona sessione, incoronata da Wolkerina, è appunto la povna, e da lei vanno depositati i link che rimandano alle citazioni di questa settimana.

Ma veniamo alla mia citazione: ho scelto di parlare di una persona che ha grandemente contribuito alla causa della lettura, anche se non ha mai scritto libri (e vedremo poi perché): non solo perché su di lui sono stati scritti immani quantità di testi a carattere storico, e non solo perché ha dato non piccolo contributo alla letteratura epica e ispirato gran copia di romanzi, ma anche per alcuni interventi di notevole portata che ha avviato sul piano tecnico della lettura: infatti dietro sua ispirazione è stata inventata una scrittura libraria chiara e armoniosa (littera carolina, secondo alcuni; littera antiqua secondo l'isolato ma assai competente prof. Emanuele Casamassima che ha illuminato di sua scienza almeno due generazioni di studenti all'Università di Firenze, tra cui la sottoscritta) - perché per leggere è ben necessario che qualcuno prima abbia scritto. Inoltre riunì alla sua corte un bel gruppo di studiosi che, tra le altre cose, riformarono il latino, che dai tempi dell'impero romano era andato assai dirazzando, e lo riavvicinò alla lingua usata da Livio, Virgilio e Cicerone; perché non va dimenticato che, se per leggere occorre che prima qualcuno abbia scritto, per scrivere serve una lingua da mettere sulla carta.

Insomma, Carlo Magno amava molto le belle lettere. Eppure, ci racconta il suo biografo Eginardo, non imparò mai a scrivere bene, e non perché non ci avesse provato:

Per maggior sfoggio di erudizione, citerò anche il passo in latino:

Carlo Magno non si può certo definire una persona priva di intelligenza e di cultura: l'organizzazione del suo impero è ancora oggi famosa e le sue leggi erano fatte con criterio. Parlava diverse lingue tra cui il latino, in cui si esprimeva con la stessa facilità che nella lingua materna. Studiò con molta cura dialettica e retorica (anche astronomia, ma qui ci interessa meno) e, ci dice Eginardo, "sapeva esprimere molto chiaramente ciò che voleva", che per un sovrano è cosa assai importante. Inoltre contribuì largamente a diffondere le lettere e a corte era tutto un profluvio di codici manoscritti dei più vari generi. Eppure non riuscì mai a imparare a scrivere - e forse nemmeno a leggere, visto che Eginardo sorvola garbatamente sulla questione.
Non era persona che non sapesse impegnarsi, quando il caso lo richiedesse. Non era persona usa a "volere e disvolere", non era noto per la sua incostanza e sapeva esprimersi più che bene. Eppure non venne mai a capo della scrittura semplice e chiara ideata per sua iniziativa, che tanto ha contribuito e contribuisce tuttora alla diffusione della lettura e che è quella che tuttora adoperiamo, con qualche piccola variante, per stampare i nostri libri. 
Poco più di venti lettere più qualche legatura. Ma lui non riuscì mai a padroneggiarla in maniera soddisfacente. Se ci provò pur senza vera necessità (aveva senz'altro a disposizione lettori e segretari in abbondanza) vuol dire che desiderava imparare, ed era uomo abituato a portare a termine quel che aveva iniziato.

Alla mia perversa mente di insegnante si affaccia un dubbio: che fosse dislessico?

domenica 19 aprile 2015

Mostre del Libro e Mostri del Libro (considerazioni sparse di dubbia levatura)


La Mostra del Libro della Scuola Media di St. Mary Mead si è infine conclusa, dopo una settimana di duro lavoro. 
L'organizzazione stavolta è stata più efficiente: sulla base dell'esperienza dell'anno scorso i volantini sono stati preparati rapidamente e senza intralci, come i poster, e la scuola ha fatto bene la sua parte.
Molto meno la libreria prescelta, che nel frattempo ha cambiato gestione - e ben lo si è visto.
Nei due anni scorsi verso le nove di mattina arrivava un fulmine di guerra che, coadiuvato da una piccola truppa scelta di alunni da lui richiesti e da noi amorevolmente selezionati, nel giro di poco più di un ora allestiva i tavoli nel migliore dei modi. Alle undici portavamo le prime classi ad una non meglio definita "lettura animata" dove il fulmine di guerra in questione blandiva gli alunni presentando vari volumi e leggendo loro passi scelti dai medesimi.
Verso l'una il fulmine di guerra ci lasciava e le prime classi già scendevano in gita turistica. Le vendite iniziavano immediatamente.

Stavolta sono arrivati due topi singolarmente imbranati che non hanno voluto l'aiuto dei ragazzi e hanno finito di montare il tutto un buon quarto d'ora dopo il suono dell'ultima campanella della mattinata. Chiaramente, le vendite sono iniziate solo il giorno dopo. Letture più o meno animate e propagandistiche, nemmeno l'ombra.
Il vero problema però sono stati i libri. C'era una vasta scelta di libri per bambini piccolissimi (avevo chiesto qualcosina per eventuali fratellini minori e nipotini delle colleghe, come tutti gli anni; ma, appunto, qualcosina, non un tavolo pieno); più una bella scelta di libri su questioni didattiche e rapporto genitori-figli (anche per quelli c'era qualcosina anche gli altri anni, ma mirato soprattutto alla dislessia, cavallo di battaglia della libreria e Grande Punto Interrogativo per le scuole tutte) di cui è stato venduto un libro a un insegnante di sostegno - che sta cercando invano da una settimana di riavere i soldi dalla scuola, visto che per la scuola l'ha comprato, e non per il tinello di casa sua - e non disperiamo, nonostante tutto, che col tempo e la pazienza ci riesca. Poi una sezione di scienze adattissima a bambini tra i sette e i dieci anni, una serie di libri da cucina per bambini (?) - e ne abbiamo piazzati ben due - più una serie di non-libri con tecniche per smaltarsi le unghie e simili (assai guardati ma non acquistati) e una vasta scelta di classici per ragazzi, di quelli che allietavano le nostre letture una cinquantina di anni fa. Non li avevo assolutamente richiesti perché la biblioteca di scuola è assai fornita di Verne, Salgari, Twain e simili (è facilissimo trovarli in regalo); ne abbiamo comunque venduti tre, più una Capanna dello zio Tom che ci mancava e che ho preso per la biblioteca.
C'erano poi due tavoli su sei dedicati a letture prettamente adolescenziali. E grazie al cazzo.
In questi due tavoli non c'era l'ombra di Harry Potter né di Hunger Games né alcun libro di Paul Dowswell, Lia Levi, Neil Gaiman, Licia Troisi, Cornelia Funke, Silvana Gandolfi, Jacqueline Wilson, Isaac Asimov, Paul Van Loon, Silvana De Mari.... Michael Ende. E nemmeno Agatha Christie, se vogliamo dirla tutta.
Non c'erano nemmeno i libri che avevo chiesto, come Maus, Flavia de Luce nel campo di cetrioli, l'Evoluzione di Calpurnia o Io sono Malala (che nella nostra scuola è figura popolarissima). Non c'era l'ombra di un hobbit, anche se a questo punto mi sembra il minore dei mali.
C'erano la Ladra di libri e grande abbondanza dei romanzi di Green, ma a questo punto mi sorge il dubbio che ci fossero solo perché mi ero ricordata di chiederli (e infatti Green è andato come il pane).
C'erano nove libri nove della Salani, quattro dei quali per l'infanzia. In compenso c'era una vastissima scelta delle edizioni San Paolo e un po' di roba della Giunti - d'accordo, sono due case editrici che stanno facendo delle buone scelte nella letteratura per ragazzi, ma insomma non mi potete fare una mostra del libro per ragazzi con nove libri nove della Salani, e oltretutto di questi nove uno è l'Ascensore di Cristallo illustrato (peraltro unica presenza di Dahl su quei tavoli) e uno è un libro sulla Costituzione che fa venire il latte ai ginocchi (e qualcosina la dovrà pur cannare anche la Salani, ogni tanto).
Naturalmente mancavano anche le Brutte Scienze e le Brutte Storie. Eccerto, sono Salani pure quelle. 

Quando ho chiesto come mai non c'era nemmeno Harry Potter (che non mi ero preoccupata di chiedere dando per scontato che l'avrebbero portato) ho avuto due risposte diverse da due commesse diverse: una ha detto che era una scelta gestionale della libreria non avere Harry Potter né Geronimo Stilton (al che sorge spontanea la domanda "Ma siete scemi?") mentre l'altra ha infilato una storia su problemi di distribuzione, perché avevano cambiato fornitore - più credibile la seconda, in effetti, ma vai a sapere se almeno una delle due è vera.
Sta di fatto che a St. Mary Mead quest'anno la mostra del libro della scuola media è stata fatta con i fondi di magazzino, i ragazzi si sono lamentati che "non c'era niente" e che "l'anno scorso era meglio" (vere entrambe) e abbiamo incassato il 25% in meno invece di fare il 10% in più come l'anno scorso, senza contare che la biblioteca di scuola ha avuto meno libri in omaggio visto che gli omaggi ce li danno in percentuale, e di scienze non abbiamo potuto comprare nulla perché nulla c'era da comprare. E tutto ciò mi ha alquanto irritato.

Non per questo ho demorduto, anzi mi son subito detta "Guardiamo a chi altri possiamo rivolgerci per organizzare la mostra del libro l'anno prossimo". 
Un viaggio su Google con un paio di stringhe di ricerca ad hoc mi ha però svelato una realtà meno allettante del previsto: abbiamo sì una certa scelta di librerie specializzate per ragazzi (quattro, una delle quali però non è ben chiaro se esista ancora), ma più che libri per ragazzi ho visto che puntano molto sui libri per bambini, settore assai fiorente nella disastrata editoria italiana. Anche i numerosi eventi che organizzano puntano soprattutto sull'avvicinamento dei bambini alla lettura, si suppone in base al criterio che il lettore va catturato appena possibile, meglio se assai prima che abbia imparato a leggere. Anche le mostre del libro, ho avuto l'impressione (e mi piacerebbe molto essere smentita da qualche addetto ai lavori che conoscesse bene il settore invece di andare a tastoni come me) sono eventi assai più comuni nelle scuole elementari che alle medie.
Infatti, con mia grande perplessitudine, vedo che siamo stracolmi di libri - anche molto belli - che sono quasi senza testo ma con brillantissimi disegni, pop-up ed effetti grafici di grande richiamo, come quel delizioso libro di animali con le orecchie in pelliccia (sintetica, immagino) che qualche ragazzo mi ha portato a far vedere. "Prof, ma a chi può interessare un libro così?". Un attimo, e già stavo ad accarezzare le varie orecchie "A me, temo, se non me lo portate subito via" ho risposto. E per fortuna me lo hanno gentilmente sottratto, altrimenti adesso in casa avrei un libro con orecchie in pelliccia da accarezzare - il che mi porterebbe a trascurare indegnamente le belle orecchie delle micie di casa.

Molti genitori, desiderosi di accostare per tempo i loro pargoletti ai piaceri della lettura, devolvono notevoli cifre all'acquisto di questi deliziosi gadget, e i bambini mostrano di gradirli assai. Tuttavia, per quanto questi oggetti siano piacevoli e ben fatti, non sono sicura che rappresentino un effettivo incoraggiamento alla lettura in età più avanzata. Sono senz'altro ottimi giocattoli e va benissimo che i bambini ne abbiano a vagonate, ma non credo costituiscano un effettiva garanzia che la creaturina che a tre anni carezzava le orecchie in pelliccia sintetica dell'orsetto a tredici si legga Hunger Games, la Bussola d'oro o il Giovane Holden. Senza voler distogliere editori e genitori dalla produzione e dall'acquisto dei libri-giocattolo, mi viene da pensare che il vero lavoro di costruzione del lettore andrebbe iniziato lavorando sui ragazzi dai dieci anni in su, curando cioè quell'età in cui le cose si cominciano a fare non tanto per far piacere ai genitori e agli insegnanti delle scuole elementari (o della prima media) ma perché piacciono a noi stessi medesimi o, al limite, all'amica/o del cuore - insomma quando si comincia a decidere in proprio.
Per questa fascia di età i libri ci sono, eccome se ci sono. Ma in un paese librescamente disastrato come il nostro, dove la maggior parte degli adulti non legge nemmeno il tradizionale libro all'anno, fino a che punto ci si preoccupa di accostare i giovinetti in età di sviluppo a librerie e biblioteche - che ci sono, in abbondanza, ma se non stai in una grande città non sempre sono dietro l'angolo? Fino a che punto ci si preoccupa di formare o aggiornare gli insegnanti di Lettere (e di Scienze!) in merito, o di indirizzare le collane di narrativa per la scuola o le mai tanto vituperate antologie di lettura in questa direzione? Non è questo un compito che possa essere delegato più di tanto alle famiglie, perché la maggior parte delle famiglie non leggono e quindi non possono trasmettere quello che non sanno; ma anche la scuola non sembra all'altezza perché, se molti insegnanti delle elementari sanno destreggiarsi assai bene nel mare dell'editoria per l'infanzia, quando si arriva alle medie le cose cambiano, anche perché non sono molti gli insegnanti di Lettere che amano effettivamente la lettura e soprattutto la narrativa per adolescenti ma soprattutto perché non si tratta tanto di consigliare, quanto di far avvicinare i ragazzi alla tavola imbandita perché decidano cosa vogliono mangiare, o anche solo che mangiare non gli va, ma con cognizione di causa e vasta possibilità di scelta qualora decidessero eventualmente di mangiarsi almeno un paio di tartine o un cioccolatino.

domenica 12 aprile 2015

Cita-un-libro - #ioleggoperché - 9

L'ottava sessione di Cita-un-libro, torneo di citazioni ideato dalla povna nell'ambito della ben più vasta iniziativa di #ioleggoperché, ha visto ilgonnellinodietabeta incoronare vincitrice Wolkerina per la sua citazione particolarmente infinitiva e assai pertinente. A sua volta Wolkerina ha scelto un tema addirittura lussuoso: nientemeno che Messer Senso Di Colpa, fedele compagno e amico di tutti noi. 
Che cos'è il senso di colpa? E' una delle cose più inutili dell'universo, credo: di solito arriva dopo l'eventuale misfatto, dunque non ti impedisce di peccare; ma ancor più spesso arriva anche dove non c'è peccato ma solo piacere, e il suo vero scopo è appunto avvelenare il piacere. Infine, non sono affatto rari i casi in cui non c'è stato peccato né piacere ma il Senso Di Colpa ti tampina ovunque, impedendoti di vivere serenamente e avvelenandoti la vita così, per il puro gusto di farlo.
Talvolta il Senso Di Colpa nasce spontaneo, ma assai di frequente capita che venga accortamente instillato da persone animate dalle migliori intenzioni (di rompere).
A quest'ultima casistica si riferisce la citazione che ho scelto, tratta da un libro, Istruzioni per rendersi infelici, che sull'argomento ha davvero molto da dire:
In questo gioco chiedono una citazione da un libro e dunque io offro una citazione da un libro. Tuttavia, la prima cosa che mi è affiorata alla mente quando ho letto il tema non è stato un libro, bensì una canzone:




Per la prossima e ultima settimana, le regole del gioco cambieranno, come viene spiegato qui dalla povna.

Ne abbiamo incontrato tutti almeno uno/a


domenica 5 aprile 2015

Cita-un-libro - #ioleggoperché - 8

Ottava sessione di Cita-un-Libro, torneo di citazioni ideato dalla povna e affiliato alla nobile iniziativa di #ioleggoperché.
La vincitrice dell'ultima sessione, ilgonnellinodietabeta ha proposto un tema all'altezza delle mie più grandiose aspettative, ovvero l'infinito. E per me, da sempre, c'è un solo infinito, ovvero lo spazio - proprio quello con le stelline e le astronavi, le galassie e le guerre stellari.
Infatti, per come la vedo io, tutto ha una fine, perfino i Collegi Docenti, perfino i pranzi di nozze e di Natale, perfino le pulizie di primavera; ma lo spazio no. 
E tutto ciò mi ha sempre posto un infinità (appunto) di domande, specie da quando mi hanno spiegato che l'universo è in continua espansione. Se è universo, cioè contiene tutto il contenibile, come fa a espandersi? Dove trova lo spazio per espandersi, visto che tutto lo spazio è incluso in lui stesso medesimo? O va avanti all'infinito, nel qual caso abbiamo 'spazio ammucchiato ovunque' e abbiamo bisogno di qualcosa di più grande che lo contenga, oppure finisce, e allora dobbiamo chiederci cosa c'è fuori. Così riassume la questione Terry Pratchett prima di analizzarla più a fondo ne La scienza di Mondo Disco. Ma più avanti, in una noterella a pié di pagina, spiega come i maghi di Mondo Disco hanno spiegato l'apparente contraddizione, e davvero non so immaginare modo più chiaro ed esauriente per venire a capo del problema:
Anche se può essere che, in un mondo dove la magia non è ufficialmente riconosciuta, la questione si mostri più complicata.
Io, comunque, sono convinta che le cose stiano proprio così.

sabato 4 aprile 2015

Cita-un-libro - #ioleggoperché - Tirando le fila della settima sessione e in attesa che si apra l'ottava

Visto che stasera non è più tempo di morte bensì di attesa della resurrezione, e preso atto della deplorevole ma ormai definitiva assenza del Benza, eccomi qui a tirare le fila in qualità di giudice della settima sessione del torneo Cita-un-libro, organizzato dalla povna nell'ambito della più vasta iniziativa di #ioleggoperché.

Il vasto e multiforme tema della Morte - che, ricordiamo, è uno dei tanti nomi che diamo alla Vita, così com'è vero anche viceversa - è stato affrontato in modo variegato e originale dai vari partecipanti, che vado qui ad elencare in ordine alfabetico dopo avere ricordato il mio contributo - il Tristano di Thomas d'Inghilterra, ovvero amore e morte.

Acquaforte, fuori concorso perché non ha un blog, ha citato Emily Dickinson "Canto perché l'attesa si consumi"  parlando del dolore di chi resta e della speranza di una riunione (per arrivarci si devono scorrere i commenti) 
Alexandra ha scelto il tema (molto pertinente) della vita breve, intensa e a scadenza, con un romanzo dal suggestivo titolo di Lezioni di volo per sonnambuli. La sua citazione è arrivata fuori tempo massimo, e non dico "purtroppo" perché mi fa piacere che comunque sia arrivata, presto o tardi non importa
Aliceland ha scelto un passo dell'Ecclesiaste sulla separazione irrimediabile tra morti e vivi
Ammennicoli, fuori tempo massimo e anche lui infrattato tra i miei commenti, ha scelto una citazione di Pennac sull'arbitrarietà con cui vita e morte sono dispensate da chi le può dispensare
Castagna, partecipante non interpellata (lo sappiamo tutti che in realtà legge tantissimo, ma non è detto che si abbia sempre tempo e voglia di partecipare ai giochini da salotto) cita di sguincio nel suo blog Paolo e Francesca - che andarono a finire come si sa, e dunque sono perfettamente in tema
Bridigala ha ricordato la morte di Sherlock Holmes, che all'epoca fu un evento di non poco conto
Dolcezze ci ha regalato due visioni della Signora in Nero, dal Gattopardo e dal Deserto dei tartari (ma solo la prima è in concorso)
Giovol ha parlato di testamenti e ultime volontà citando quelle, decisamente vitali, del compianto (suo malgrado, ma è difficile non sentirne la mancanza dopo questo post) Enzo Baldoni
Ilgonnellinodietabeta fornisce un testimonial di eccezione: nientemeno che il Gatto di Schroedinger, in diretta dagli studi quantistici, e vivo e morto nello stesso tempo in spregio ad ogni logica corrente, secondo alcune scuole di pensiero
Iomemestessa ha portato come contributo il verso più famoso e suggestivo di Pavese
La Bionda Prof, col Cantico dei Cantici, ci ha ricordato che l'amore è forte come la morte - ed è cosa che non verrà mai ricordata abbastanza spesso, secondo me
LaNoisette ha citato uno dei più famosi funerali della letteratura italiana, ovvero quello della Piccola Vedetta Lombarda dall'abominevole libro Cuore
la povna, con i versi di Eliot, rende alla morte il suo ruolo di grande crogiuolo dove i contrasti e le opposizioni si fondono in una riconciliazione finale
L'economa domestica, attraverso le parole di Pirandello, ha parlato della Morte Annunciata, quella che lascia il biglietto da visita in attesa di ripassare
LGO, dopo avere a lungo cazzeggiato con Zola e Belli da considerarsi fuori gara (ma erano comunque interessanti entrambi) sceglie la storia di una vita composta da molte vite con relative morti: Vita dopo vita, appunto
Mazzamerije ci ha regalato una citazione piena di dubbio e di interrogativi da Vasco Pratolini, fuori tempo massimo ma il tempo era quello giusto per lui, e dunque va bene così
Nella classe arancio ci ha regalato Omero, con la fatale (e bellissima) morte di Patroclo
Nerimango ha raccontato con Stephen King il primo impatto col dolore e la paura da parte di un (potenziale) immortale
Niculet, al suo esordio nel torneo, suggerisce con garbo attraverso Montale  la possibilità, o meglio la speranza, che siamo già tutti morti senza saperlo
Ogginientedinuovo ha raccontato la morte di Useppe (che è anche la morte di sua madre) da La storia di Elsa Morante
Pensierini ci ha ricordato, con l'aiuto di Francesco d'Assisi, che la morte è nostra sorella
Roceresale ha citato l'Antologia di Spoon River (perché i vivi non capiscono un accidente della vita)
Unsassoverticale ha scelto (fuori tempo massimo) una citazione da un libro di Christian Bobin dedicato ad un personaggio piuttosto importante per la ricorrenza di domani, che applica la scelta di includere la morte nella vita
Wild horse si sofferma sulla Paura per eccellenza, la paura della morte, con cui da sempre la religione deviata cerca di reprimere l'uomo, attraverso le terribili parole che Umberto Eco mette in bocca a padre Jorge
Wolkerina, attraverso le parole che Michela Murgia mette in bocca alla sua Terminatrice ci ricorda che la morte è anche un diritto.

Il podio mi ha richiesto lunghe riflessioni. Il problema non era scegliere la citazione vincitrice - che si è imposta da sola alla sua comparsa, a molte distanze da tutte le altre - ma attribuire le altre due posizioni, perché in questa tornata di citazioni più che affascinanti ce ne sono state davvero tante.

Comincio col ricordare, fra i fuorigara, Acquaforte, che è l'unica che ha parlato del dolore dell'assenza e della speranza di ritrovare oltre la morte chi abbiamo più amato in vita.
Assegno il terzo posto a Bridigala, che ci ha ricordato con quanta forza viviamo le morti di personaggi assolutamente immaginari (tra l'altro la sua citazione parla di una morte che poi risulterà finta anche nel mondo dell'immaginazione). Fiumi di lacrime e oceani di dolore sono stati dedicati alla morte di persone mai esistite su questa terra ma che per i lettori e gli spettatori e gli ascoltatori erano diventate più che reali, né io ho mai negato un contributo a questa nobile causa.
Il secondo posto va a Wolkerina, perché la sua citazione non parla di morti immaginarie o sognate, ma della morte concreta di tutti noi comuni mortali (appunto),  quella che si porta dietro le scartoffie e i funerali e le liti sull'eredità e i bigliettini di condoglianze - quella, insomma, che è un diritto per tutti noi e che la compassione dovrebbe accordarci.
Il primo posto, naturalmente, spetta al Gonnellinodietabeta per averci ricordato uno dei personaggi più intriganti dei nostri tempi, ovvero il Gatto di Shroedinger, che riesce nella mirabile impresa di essere nello stesso tempo vivo e morto e come tale viene ricercato:
 Anche se si tratta di un personaggio del tutto immaginario, né più né meno di Sherlock Holmes, e  che Shroedinger aveva proposto solo per un esperimento immaginario, in tanti ci siamo appassionati alle sue vicende virtuali auspicando un finale di questo tipo per le sue avventure:
In realtà Shroedinger non inscatolò mai alcun micio né tanto meno lo sottopose al rischio di contaminazione radioattiva, e dunque possiamo serenamente affermare che nessun gatto e nessun umano sono stati maltrattati per la lavorazione di questo post.

Con questo ringrazio tutti i partecipanti e auguro buon lavoro al Gonnellinodietabeta.
Buona Pasqua a tutti (e buone letture accanto al caminetto, se il tempo continua così)

venerdì 3 aprile 2015

Il Vero Insegnante non teme il ridicolo - 4 - Né lo teme il bibliotecario

Nella foto: attrezzature indispensabili per una Mostra del Libro (e anche per un buon corredo nuziale

Giunta ormai al suo terzo anno consecutivo, la Mostra del Libro si è conquistata un suo posto nella gerarchia scolastica della media di St. Mary Mead e una sua routine: ad esempio stavolta i (tre) manifesti verranno pagati dal bilancio della scuola e non con soldi raccattati con gli avanzi delle uscite didattiche, come l'anno scorso.
Anche quest'anno la Cooperativa di Beneficenza di St. Mary Mead fornirà i tavoli, ma non le stoffe che coprivano i medesimi che erano, in sostanza, vecchie tovaglie e vecchi lenzuoli bianchi.
-Non ci sono più - ci hanno spiegato - Sono spariti durante l'estate.
-Questo è un problema - conveniamo. Così inizia la Caccia al Lenzuolo.
"Scusate, avreste delle vecchie lenzuola bianche?" - abbiamo chiesto a colleghi e custodi.
Tutti hanno scosso la testa: è probabile che ne abbiano, sì, ma che molto  banalmente le usino per dormirci dentro.
In cuor mio depreco la mia mala sorte: ho passato gli ultimi anni a sbolognare immani quantità di lenzuola che non  mi servivano più. Ne ho regalate agli amici, alle parrocchie e ai centri che accolgono i senza tetto. E giusto l'estate scorsa alcune vecchie lenzuola di lino ricucite anni fa da mia madre recuperando pezzi di lenzuola in buono stato sono state utilizzate per farne cenci per pulire. 
Le lenzuola che ho conservato sono tutte decorate da graziosi mazzetti di fiorellini, e hanno un aspetto incredibilmente lenzuoloso. L'unico paio di lenzuola bianche che ho conservato vengono dal corredo di mia nonna e sono ricamate con le cifre - davvero non me la sento di usarle per la Mostra del Libro.

Stasera, infine, mi sono messa davanti al mio armadio con fare meditativo: una soluzione andava trovata, e in fretta, perché la mostra comincia Mercoledì prossimo, subito dopo le vacanze.
Che fare, oltre a rimpiangere le molte paia di lenzuola bianche elargite in lungo e in largo per fare posto nell'armadio?
E così l'occhio mi è caduto sui teli colorati che uso come copriletto. Ce n'è uno con due grossi delfini azzurri stilizzati su fondo azzurro, uno a sfumature verdi e azzurre, uno con ramage azzurri su fondo bianco...
"Dopo tutto, sul letto ne uso uno per volta" mi dico. Anzi, al momento non uso ancora teli perché tengo la coperta agnellata in pile a renne e cuori comprata a Natale.
Con un sospiro li tiro giù. Non sono bianchi, ma non sembrano nemmeno lenzuola fiorite. E sono tutti di un bel cotone spesso.
Avremo una Mostra del Libro dove i libri riposeranno su tessuti riccamente colorati in verde e blu.

Il Vero Insegnante è disposto a qualsiasi sacrificio, per il suo lavoro.
E, soprattutto, pratica attivamente l'arte di arrangiarsi.