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lunedì 30 luglio 2012
La scuola ai tempi della Net Generation - 2 - I cinque gradi di informatizzazione per i compiti a casa (che poi sono sei)
C'è il Grado Zero, che consiste nell'alunno che chiede speranzoso "Prof, possiamo fare i compiti al computer?" (con mia grande sorpresa, la maggior parte di questi alunni speranzosi continua a chiedermelo fino all'esasperazione, anche se la risposta, fin dalla prima volta, è sempre stata "Certo che sì"). Di fatto, quello che viene consegnato è un foglio in A4, che si distingue dai più consueti compiti scritti a mano principalmente perché non ha le righe ed è decorato con qualche graziosa cornicina, oppure ha il nome dell'autore stampato con qualche effetto grafico.
Poi c'è il Grado Uno: lo studente non solo fa i compiti al computer, ma non spreca carta e consegna una chiavetta. La chiavetta gli verrà poi da me restituita con le correzioni in un bel verde squillante - e così nemmeno io spreco inchiostro. Il problema arriva quando la classe ci prende gusto e mi ritrovo con sette o otto chiavette, e magari qualcuno si è dimenticato di scrivere il nome sul suo compito - ma a suon di rampogne anche a questo si rimedia. Quanto alla collezione di chiavette, se in classe c'è una LIM o un computer mi faccio copiare tutti i compiti sulla mia chiavetta, così mi risparmio di girare con il carrettino.
Il Grado Due è il compito che mi arriva via mail. Siccome il mio indirizzo mail è qualcosa che entra in scena soltanto verso Aprile prima dell'esame (in effetti nessuno me l'ha mai chiesta prima, altrimenti non avrei avuto problemi in tal senso) non è molto frequente.
Il Grado Tre è lo studente che, consegnando la chiavetta o il file, mi spiega che gli è venuto in mente un modo diverso per svolgere il compito, magari con una serie di slide o una tabella (no, non mi è ancora successo con le frasi di grammatica. Ma mai dire mai). Da notare che in certi casi l'impostazione alternativa è sbagliata sin dalla radice e la povera creatura deve rifare il compito anche due o tre volte. Fa niente, se si provano strade nuove può capitare di sbagliare, e del resto loro son qui per imparare e se già sapevano li lasciavamo a casa a riposare o a fare altre cose.
Correggere le slide o le tabelle però è un po' un problema: di solito ammasso le mie correzioni (sempre in un verde squillante) in fondo al file, magari aiutandomi con una serie di asterischi. Ma se ne viene a capo.
Al Grado Quattro finora è arrivato soltanto Sirius Black - in effetti se l'è inventato lui. Consisteva in una piattaforma con directory a me dedicata, dove andavo e trovavo i compiti svolti - quasi sempre in ritardo, devo dire. Corretto il compito, lo infilavo nell'apposita cartellina e lo rispedivo al mittente. Ci vollero due o tre aggiustamenti perché il tutto funzionasse (la prima volta mi trovai davanti uno stupendo compito composto prevalentemente da asterischi, ricordo), ma dal momento che non conoscevo nessun altro caso di piattaforma dedicata (anche) all'insegnante, mi adattai di buon grado.
Il Grado Cinque, suppongo, consisterebbe in una piattaforma dedicata alla classe, dove i singoli alunni inviano i loro compiti smistandoli tra i vari insegnanti e le varie materie. Probabilmente non è nemmeno molto complicato, e la scuola potrebbe dedicare a questo una parte del suo sito. Magari un sacco di scuole lo fanno già, non so.
Quali sono i vantaggi, a parte quello, per l'insegnante, di non consumarsi gli occhi cercando di decifrare scritture illeggibili?
Ai miei occhi principalmente uno: quello di abituarli a considerare il computer come uno strumento con cui si fanno anche lavori seri e ben curati - che magari sembra un concetto di una banalità disarmante, ma pare che non lo sia.
E poi quello di uscire dalle pur bellissime grotte di Altamira e prendere confidenza con il pennino, la piuma d'oca e la foglia d'oro; insomma, con strumenti più moderni.
martedì 24 luglio 2012
La scuola ai tempi della Net Generation - 1 - Una scuola come si deve
Compito di artistica (di buon livello) eseguito da un alunno delle medie. Per realizzarlo il ragazzo si è avvalso dei più moderni ritrovati a disposizione della scuola, ovvero la parete di una caverna, un carboncino e colori a base naturale.
Ambiente conservatore per eccellenza, la scuola si è trincerata dietro una serie di alibi: prima di tutto la mancanza di fondi (che non è affatto un alibi bensì una deplorevole realtà), la mancanza di personale tecnico specializzato (che non è più del tutto indispensabile), la mancanza di banda larga (e nemmeno questo è un alibi), la "paura che i ragazzi se ne approfittino per non studiare" (ma sappiamo tutti che un giovinetto risoluto a non studiare può farlo senza incomodo e con eccellenti risultati anche usando i metodi più tradizionali) e, soprattutto, una certa resistenza di fondo che non viene solo dalla scuola in sé ma anche da quella gran corte dei miracoli che la scuola da sempre si trascina dietro, prima tra tutti l'editoria scolastica.
Di fatto, la mancanza di fondi può persino essere stata utile, per certi aspetti, perché ha finito con l'evitare spese che sarebbero risultate obsolete in pochi anni - o almeno, possiamo provare a consolarci così. Ma sarebbe ormai tempo di darsi una mossa, perché non sta scritto da nessuna parte che dobbiamo starcene seduti con le mani in mano in attesa che il Grande Fiume dei cambiamenti rallenti la sua portata. In fondo lo sappiamo tutti, che il Meglio è nemico del Bene.
Veniamo dunque a quel che si potrebbe fare con spese modeste.
La banda larga sarebbe gradita, naturalmente, ma anche un onesto collegamento in ADSL in tutte le aule per il momento sarebbe bastevole. E un buon computer regolarmente funzionante, con delle buone casse e una stampante a colori in ogni aula con proiettore e schermo touch screen. Ormai i personal computer te li tirano dietro per due spiccioli, sono fuori tendenza, praticamente antiquati: è davvero tempo che entrino in classe, che lì sappiamo cosa farcene.
Delle spesse tende scure, anche, da tirare quando si vuole utilizzare il proiettore di cui sopra. Per ogni banco (e anche per la cattedra, già che ci siamo), secondo l'accorto consiglio che Cuorcontento diede al MIUR quattro anni fa, "banchi attrezzati con dizionari e calcolatrici incorporate", magari aggiungendo anche una videoscrittura e un programma per la lettura delle immagini (e uno per fare le slide, se proprio proprio vogliamo sdarci). Due o tre chiavette USB per ogni alunno, una chiavetta o due per classe ad ogni insegnante. Per proiezioni da fare con più classi, una convenzionale postazione video in un'aula provvista di tende, computer, buone casse e buon proiettore.
Fine.
E le leggendarie LIM, le miracolose LIM, le rutilanti e costosissime (neanche più tanto, a dire il vero) LIM?
In realtà le LIM sono principalmente dei grandi schermi, di qualità variabile. I ragazzi possono scriverci sopra con i simil-pennarelloni... ma con l'aiuto di una tastiera senza fili possono scriverci lo stesso, con la videoscrittura. E fare le correzioni in diretta.
E' vero, esistono programmi per LIM con cui puoi fare l'esercizio che si autocorregge o ti segnala che è sbagliato, ma ci sono programmi dello stesso tipo per computer. E comunque è controproducente che la LIM faccia tutto da sola, in una classe dove ci sono venti compagni che a guardare solo la LIM si annoiano e un insegnante stipendiato. La correzione degli esercizi si fa comodamente anche a voce.
E se si vuole provare il brivido dello scrivere a mano, ci sono anche quei programmi per dipingere con cui puoi farlo. Il tutto senza pagare costosi corsi per insegnare ai docenti a usare la LIM.
E veniamo al proiettore e al collegamento in Internet. E scriviamo la parola magica: YouTube. Ci sono video di tutti i tipi, su YouTube: video per la scuola, video di storia, video storici, video geografici, video di astronomia, video che descrivono e analizzano quadri, video di musica, di architettura, di sociologia applicata, di bocciofilia... basta cercare. Se poi proprio qualcosa non c'è, si può fare e poi caricare: è pieno di video fatti da insegnanti e scolaresche. Fine dei sussidi didattici, fine della caccia ai documentari e ai filmati, fine dell'acquisto di tonnellate di videocassette e CD-ROM e diapositive. L'insegnante fa una navigatina la sera prima della lezione, trova quel che gli serve e lo fa vedere il giorno dopo in classe.
"Ragazzi, oggi esamineremo nel dettaglio come funziona un'eruzione vulcanica. Prima di tutto eccovi lo schema del vulcano. Questa è la canna centrale...".
Seconda parola magica: Google. Con Google si trovano immagini e testi di tutti i tipi. Il diavolo di Tasmania, l'Europa del congresso di Yalta, la Polonia nel XII secolo, disegni esplicativi dei monsoni, primi piani dell'Himalaya, ritratti di Elisabetta I (molti meno ritratti si trovano per Agilulfo, ahimé. Però ci sono delle belle miniature). Fine dell'Atlante Storico, fine dell'Atlante di Geografia, fine delle carte microscopiche da visionare tenendosi un occhio in mano alla caccia della Vistola o di Aix-la-Chapelle che nel libro segnano come Aquisgrana.
E tanti tanti tanti brani di letteratura. Da stampare e, volendo, fotocopiare. Oppure da stampare in più copie. Con tanti cari saluti all'antologia. Certo, spesso mancano le impagabili illustrazioni che decorano le nostre antologie. E' una perdita dolorosa, certo, ma una classe dotata di stoicismo e forza d'animo può probabilmente sopravvivere alla delusione di vedersi deprivata delle impagabili illustrazioni con cui le antologie tanto spesso ci allietano. Tanto più che oltre ai brani si trovano facilmente schemi, carte tematiche (alcune anche ben fatte), percorsi guidati, esercizi... Il segreto sta nel non cercare sui siti per le scuole, ma cercare e basta (possibilmente, per le immagini, con una stringa in inglese, così esce molta più roba). Perché anche il materiale didattico non sempre è nei siti specializzati per la scuola: spesso è a giro, qua e là, nei luoghi più impensati. Libero, a disposizione di tutti. Freeload, come si dice. Chiedete, e vi sarà dato.
Un computer non sostituisce tutto, in una scuola; ma è un buon aiuto per sostituire i manuali fatti male (che al momento sono davvero un buon numero) come a suo tempo (un tempo non molto lontano, in verità) è stato un notevole aiuto per abbassare i prezzi della musica.
Io, in verità, mi sono sempre fatta un sacco di scrupoli per la musica e scarico solo musica regolarmente pagata. Ma nei confronti dell'editoria scolastica non riesco a farmi particolari problemi - anche perché non lavoro mica col loro materiale...
(D'altra parte, per esempio, un piccolo contributo a Wikipedia non sarebbe affatto fuor di luogo. Piccolo, ma se moltiplicato per ogni studente e per ogni scuola potrebbe non risultare poi tanto piccolo, senza svenare nessuno).
martedì 17 luglio 2012
Haeretica - Sui corsi di Scrittura Creativa per le scuole medie
Nella vita normale la Scrittura Creativa è assai simile all'araba fenice: tutti concordano sul fatto che esista ma diventano molto confusi quando si tratta di delinearne i confini con precisione (personalmente concordo con questa scuola di pensiero).
Quando però si entra nella scuola media, per fortuna, le cose si semplificano e sulla scrittura creativa hanno tutti le idee molto chiare - specie gli insegnanti di Lettere.
Abbiamo infatti, a tal proposito, due scuole di pensiero all'occorrenza intercambiabili, e con parità di diritti.
La prima intende, per Scrittura Creativa, qualcosa da confinarsi a ore speciali (laboratorio, sesta ora, Approfondimento delle Materie Letterarie e simili): in questo caso si intende qualcosa che richiede solo carta e penna (o computer) e una certa dose di scrittura ma non è soverchiamente pallificante per l'alunno che la pratica.
"Massì, fagli un corso di scrittura creativa, così tu non ti stanchi e loro si divertono" è l'esortazione consueta che riceve l'insegnante di Lettere novizio dai colleghi più esperti. Qualora l'insegnante di turno, cui sia stata così sbolognata la Scrittura Creativa, mostri una certa qual esitazione, tutti i colleghi intervengono a rassicurarlo e gli mostrano qualche guida... ai giochi linguistici.
Inteso in questa accezione, il Corso di Scrittura Creativa risulta effettivamente non molto faticoso per il docente e piuttosto divertente per gli alunni; nonostante questi due gravi inconvenienti è anche molto utile, specie quando il docente ha cura di agganciarlo a un po' di grammatica: filastrocche, giochi di parole, tentativi di poesia (con rima o senza, ma il ritmo ci deve essere comunque), frasi costruite da determinate parole chiave, dove per esempio cambia o aumenta una lettera (per intendersi: pala/palla, panno/panna), parole polisemiche (tasso, stagno), parole che cambiano significato cambiando l'accento (ancora, pesca); scene legate a modi di dire (parlare a Vanvera), dialoghi impossibili eccetera eccetera. Di giochi di questo tipo ce ne sono centinaia, quel che non c'è si può inventare in un lampo di ispirazione o chiedendo in giro, e se manca l'ispirazione o si vuole una guida di appoggio ci sono ottimi manuali. E' del tutto improbabile che un gruppo di lezioni di questo genere risulti dannosa, ed è nel normale corso delle cose che risulti utile quanto divertente per tutti.
Esiste poi un altro tipo di Scrittura Creativa, che è una specie di cascame dei veri e propri Corsi di Scrittura Creativa (quelli che si fanno a pagamento nelle Scuole di Scrittura e che dovrebbero aiutare le persone ad esprimersi attraverso la scrittura riuscendo meglio o peggio a seconda di chi li tiene e di chi li frequenta). Ogni antologia ne contiene uno, e sono del tutto orripilanti e pretenziosi.
Lo scopo dichiarato è, nientemeno, "imparare a scrivere un racconto" o, in qualche caso, addirittura "diventare uno scrittore". Vaste programme, va riconosciuto.
Verrebbe da pensare, all'incauto profano, che il primo passo per insegnare a scrivere un racconto, anche senza essere la settima reincarnazione della Mansfield o di Hemingway, sia avere una qualche idea di, appunto, come si fa a scrivere un racconto; ma in verità niente in questi corsi (o percorsi, o moduli o come accidente vengano chiamati a seconda dell'anno dell'edizione dell'Antologia) lascia presumere che il suo ideatore abbia mai prodotto alcunché in questo campo.
Il corso si divide normalmente in cinque step (o fasi, o unità didattiche o di apprendimento o come accidente vengano chiamati a seconda dell'anno di edizione eccetera eccetera): l'inizio, detto anche incipit, i personaggi, l'ambientazione, i dialoghi, il finale. Non una parola è di solito riservata alla scelta della vicenda, anche se in qualche caso si indica il genere letterario di riferimento: racconto giallo, o di fantascienza, o fantasy. A volte c'è anche il Racconto Umosristico.
Quando il genere viene indicato, allora se ne indicano anche le caratteristiche, dimostrando una singolare ignoranza del genere suddetto e dei suoi sviluppi negli ultimi quattro decenni.
Con il racconto umoristico, va pur riconosciuto, a elencare le caratteristiche si fa in fretta: deve far ridere e presentare situazioni comiche (queste sì che son sorprese!). Per gli altri generi, è una mezza tragedia.
Ancora ancora, nel racconto giallo ti spiegano che ci vuole un mistero da risolvere e un investigatore - che è pur sempre vero, anche se costruire un racconto giallo che abbia almeno vagamente un senso richiede comunque un bel po' di pianificazione.
Ma quando si tratta di fantascienza o di fantasy...
Il racconto di fantascienza richiede astronavi e viaggi nello spazio, ci assicurano, sorvolando sul fatto che una gran bella fetta della fantascienza non coinvolge astronavi di nessun tipo e si basa su paradossi temporali o interdimensionali, catastrofi nucleari o questioni sociali legate all'ecologia e alla sovrappopolazione (ma siamo seri: ce lo vedete un curatore di antologia spulciare tra i premi Nebula e gli Hugo alla ricerca di racconti originali e moderni da inserire nei suoi volumi? Siamo seri, è molto più pratico riciclare le vecchie glorie degli anni 60 inserite trent'anni fa e da allora rimpallate tra tutte le antologie del regno).
Se invece si passa al fantasy (dimenticando allegramente che i racconti fantasy non sono molto comuni, perché l'unità di misura per il fantasy, nel bene e nel male, è la trilogia, e infatti nelle antologie ci sono solo brani tratti da romanzi) ti raccontano che ci deve essere un'ambientazione medievale e la lotta tra il Bene e il Male.
E par di sentirli rispondere, davanti a eventuali obiezioni "Ragazzi, noi s'è letto solo un po' di Tolkien in pillole e qualcuno dei primi romanzi di Terry Brooks, e lì c'è l'ambientazione medievale e la lotta tra il Bene e il Male" (il che poi non è neanche vero, nemmeno per Terry Brooks). "Ma, scusate" si potrebbe obbiettare "Da quando in qua un ragazzo in seconda media è in grado di costruire un'ambientazione medievale?".
Al che, nel caso, potrebbero rispondere che spesso, anche nei temi, si sente chiedere una storia che si svolge in un dato periodo storico con accurata ambientazione, e se gli insegnanti la chiedono nei temi, a maggior ragione possono pretenderla in un racconto (e hanno ragione, pretenderla non è un problema per nessuno. Cosa poi venga fuori dal tema in questione è un'altra storia).
Senonché per "ambientazione medievale" a volte hanno il coraggio di precisare che intendono spade, draghi, incantesimi e cavalieri con l'armatura, e all'occorrenza sono ben accetti anche nani ed elfi (il medioevo era pieno zeppo di draghi, elfi e incantesimi, è ben risaputo).
Torniamo al nostro ipotetico racconto, che il tredicenne di turno dovrebbe costruire a ruota libera partendo dall'inizio e concludendo con il finale. Per quanto si frughi all'interno di questi Corsi di Scrittura Creativa da Antologia non se ne trova mai uno che dica che, per scrivere un racconto, sarebbe buona norma partire da una storia, più che dall'inizio. Ovvero: di che parla il tuo racconto?
C'è una principessa che sposa un armadillo? O un armadillo che si ritrova nelle fogne di Chicago? O si parla di una rapina alla banca finita bene per tutti, banchieri esclusi? Oppure la mamma prepara un dolce per il compleanno di Roberta?
Non è necessario che, quando comincia, il fanciullo aspirante scrittore sappia tutto della vicenda che va a narrare, in fondo si scrive anche per farsi sorprendere da una storia; ma dovrà ben avere almeno una vaga idea di dove e quando si svolge la sua storia, cosa succede e chi vi partecipa, altrimenti scriverla risulterebbe davvero arduo.
Poniamo comunque che, in un attacco di buon senso e in barba alle balorde istruzioni dell'antologia, l'insegnante abbia evitato l'ostacolo facendo scegliere (o perfino assegnando dittatorialmente) agli alunni lo spunto della vicenda prima di accingersi all'ardua opera.
1Il percorso di Scrittura Creativa parte inevitabilmente dall'inizio, che spesso viene anche chiamato incipit sembra una roba molto più seria. Volendo, ci sarebbe da considerare il piccolo e insignificante dettaglio che per costruire un incipit devi anche avere scelto il Punto Di Vista della narrazione; ma c'è il piccolo inconveniente che di Punto di Vista le antologie scolastiche delle medie non parlano praticamente mai.
E allora si parte con una bella sfilata di inizi a effetto.
Spesso la lista comprende il Giovane Holden, Moby Dick, uno Stefano Benni, Malavoglia e Promessi Sposi, più un paio di altri italiani sconosciutissimi ai più e che non producono incipit di particolare rilievo. Vivaddio, nel caso di Stefano Benni e degli italiani sconosciutissimi, di solito gli inizi sono, effettivamente, di racconti - ma gli altri sono di romanzi, e spesso romanzi tutt'altro che brevi.
Ti spiegano poi che l'inizio è importante e che puoi cominciare presentando il tuo personaggio, oppure in medias res, magari con un dialogo, oppure con un inizio descrittivo.
Tutte cose vere, in generale; ma anche la migliore sfilata di incipit di questo mondo serve principalmente per fare sfoggio di citazioni colte - trovare l'incipit del tuo racconto è un altro affare, e soprattutto l'incipit giusto per un racconto arriva nel momento in cui il racconto è completo, almeno nella struttura. Ergo la sezione sull'incipit andrebbe per lo meno spostata per ultima.
Seconda tappa: i personaggi. I quali vanno descritti. Lì si parte con grande sproloquio di descrizioni oggettive e soggettive che, se non hai deciso il punto di vista della narrazione, lasciano veramente il tempo che trovano. Seguono citazioni di eccellenti descrizioni tratte dalla letteratura ottocentesca, spesso oggettive. Piccolo particolare: nella letteratura che leggono i fanciulli oggigiorno, salvo rare eccezioni, l'Ottocento scarseggia. Abbondano invece scrittori contemporanei, dove le descrizioni sono ridotte al minimo e seguono comunque tecniche completamente diverse dall'Ottocento. Intendiamoci: un bello studio sull'arte della descrizione nei secoli può essere interessante, e magari anche utile - ma non c'entra un accidente con la scrittura creativa, e nemmeno con quella sterile.
A proposito, questi personaggi hanno un carattere, una famiglia, una storia? Può darsi, ma il Corso di Scrittura Creativa non si sofferma sulla questione. Eppure, dopo aver detto che il tuo protagonista ha gli occhi verdi, la pelliccia a strisce e i capelli azzurri dovrai pur fargli fare qualcosa, no? E lasciamo stare che magari il tuo protagonista può essere una corda d'arpa o un mucchio di rifiuti...
Terza tappa (facoltativa) l'ambientazione / i luoghi. Solita carrellata di descrizioni, con i soliti inconvenienti della tappa precedente.
Quarta tappa: i dialoghi. Oltre a fare qualche esempio ti spiegano, nell'ordine, che i dialoghi
- sono difficili
- vanno scritti con cura
che sono pure due concetti validi, ma sospesi sul nulla servono il giusto. Da notare che si può benissimo scrivere un racconto senza l'ombra di un dialogo (ma non senza uno straccio di vicenda) e che quindi questa sezione è potenzialmente inutile. Però garantisco che non manca mai.
Infine c'è la tappa dedicata al finale: che è importante e può essere a sorpresa. Segue qualche finale a effetto. Ah, a volte ti spiegano anche che il finale deve essere chiaro.
A questo punto l'alunno, stando a quel che dice il corso/percorso/modulo, è pronto a scrivere un racconto, di genere o meno.
Sarà un caso, ma quest'ultima fase nella vita reale non arriva mai.
Eppure questo tipo di moduli godono ampia diffusione e se ne parla come di cose reali, che hanno un'effettiva consistenza nel nostro mondo fenomenico: io stessa che qui scrivo ho preso un 30 e lode al laboratorio di italiano della SSIS con un ricco modulo di scrittura creativa che comprendeva più o meno queste tappe (più una sul tempo e una sui paradossi, mi sembra) che mai e poi mai mi azzarderei a proporre in classe sperando di cavarne qualcosa, anche se il 30 e lode lo incamerai volentieri (aggiungo che tale modulo fu assai lodato e richiesto da molti colleghi, cui lo elargii senza farmi minimamente pregare). Va detto, a mia parziale discolpa, che quantomeno mettevo un sacco di verifiche intermedie e dunque, se non altro, la classe che avesse provato a seguire quel folle percorso avrebbe fatto un bel po' di esercizio sulla lingua scritta, che è sempre utile.
Ah sì, dimenticavo infatti l'ultima stranezza di questo tipo di percorsi: lo schema prevede lezioni di teoria, un paio di esercizietti di stile e la stesura del racconto; e ci sono insegnanti che sono seriamente convinti che basta farglieli fare, gli esercizietti, senza nemmeno correggerli, quasi fossero le ennesime equazioni a un'incognita e non i primi passi in un mondo estremamente complesso.
Intendiamoci: ci sono un sacco di ottimi insegnanti di italiano che introducono i loro alunni alla complessa arte di scrivere racconti, spesso con eccellenti risultati e gran divertimento degli alunni in questione (talvolta in un rutilare di premi letterari per le scuole); ma il lavoro che hanno condotto è stato completamente diverso, tarato sulla classe e adattato di volta in volta per seguire il complesso cammino che tale complessa arte richiede; e, soprattutto, questi insegnanti si sono consumati gli occhi leggendo e correggendo gli elaborati prodotti dai giovinetti volta per volta. senza far grazia loro di una virgola. In questo modo, chissà perché, fare la Scrittura Creativa funziona, e dà anche le sue belle soddisfazioni.
martedì 10 luglio 2012
Perché i nostri amati allievi scrivono così male - Ipotesi 3
La prego di voler giustificare mia figlia che non a fatto i compiti di grammatica perché è dovuta andare ha una visita medica ed è tornata tardi
Giustificazioni di questo tipo sono relativamente comuni. A volte la figlia (o il figlio) non sà la lezione di storia, a volte esce prima perché và a un controllo medico oppure le fà male la testa e quindi può darsi che mi chieda di uscire per stare un pò in corridoio.
Molto peggio è quando il figlio del rappresentante di classe ti porta la bozza del verbale del consiglio di classe "per vedere se corrisponde tutto e sono d'accordo" e l'insegnante di turno vorrebbe tantissimo scrivere che sì, sarebbe d'accordo in linea generale con il contenuto, ma la sintassi e l'ortografia le rivoltano le budella.
Naturalmente l'insegnante non può fare proprio nulla del genere, e quindi prende atto delle giustificazioni e dei verbali e si informa premurosamente sull'esito della visita medica o il decorso del mal di testa. Però dopo l'insegnante, specie se è di Lettere, rimane sola con sé stessa a meditare e le meditazioni finiscono per assumere un colore sconfortante.
Si fa un gran parlare oggi dell'analfabetismo di ritorno e di come il livello della scuola sia decaduto, e magari in tutto questo c'è una parte di vero. Tuttavia mi sono sempre domandata perché non c'è mai un cane che spenda qualche parola sull'analfabetismo di andata, che a me sembra piuttosto consistente. Le classi formate in prevalenza da figli di genitori laureati hanno un'ortografia migliore, e anche quando ci sono dei problemi si rimediano piuttosto in fretta - anche se l'H è una misteriosa entità che per un breve periodo (di solito in seconda media) viene sbagliata anche da alunni usualmente integerrimi, l'ortografia difficilmente lì dentro è un problema serio. Ma quando hai una classe in un paesello un po' isolato, oppure anche nel centro della città ma formata da elementi cresciuti, diciamo così, in famiglie di frontiera, beh, allora è un altro discorso.
Sull'analfabetismo di andata (e, che io sappia, anche sull'analfabetismo di ritorno) non ci sono studi dettagliati o statistiche al di là dei luoghi comuni spiccioli che tutti pratichiamo. La verità, viene da pensare, è che oggi a scuola ci vanno praticamente tutti, ci stanno abbastanza a lungo e certi problemi vengono fuori per forza. E che in Italia, di generazione in generazione, continuiamo a rimpallarci un alphabetical divide* che diminuisce meno di quel che pretendano le statistiche.
E che, forse, non tutte tutte tutte le scuole del passato funzionavano in modo così meraviglioso.
*espressione che mi sono inventata io quattro minuti fa (o almeno spero)
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giovedì 5 luglio 2012
Hortodoxa - Storia di Astolfo e di Agilulfo
Già è difficile trovare una bella foto a colori di Astolfo, qua in rete (infatti non l'ho
trovata) - figurarsi di Agilulfo!
Siccome la classe di quest'anno (come la maggior parte delle classi) mostrava all'inizio una certa difficoltà a distinguere le proposizioni soggettive da quelle oggettive, ho pensato di preparargli un esercizio ad hoc, con una bella serie di frasi costruite in modo da raccontare una storia, così gli restava tutto più impresso; ma mentre scrivevo le frasi mi è venuto in mente che forse potevo inserire una piccola sorpresa nella vicenda, giusto per accennare in modo subliminale al fatto che niente va mai dato per scontato, soprattutto in amore.
Le frasi sono state proiettate sulla LIM e analizzate, una dopo l'altra, da alunni a mia scelta che potevano venire corretti da chi non condivideva la loro analisi. Quando si mettevano a discutere, aspettavo che addivenissero ad una decisione comune.
Non gli ho detto che soggettive e oggettive erano alternate, e ho aspettato pazientemente che ci arrivassero da soli.
* Guardare nei diari degli altri senza il loro permesso non è lecito
* Agilulfo è convinto che tu abbia guardato sul suo diario
* Ormai è noto a tutti ciò che Agilulfo ha scritto sul suo diario
* Agilulfo ha scritto sul diario che ti ama
* Dichiarerò al mondo intero, e col megafono, che amo profondamente Agilulfo
* Si dice in giro che Agilulfo sia innamorato della mia migliore amica
* La mia migliore amica mi ha giurato che non le importa assolutamente nulla di Agilulfo
* E' stato molto bello uscire con Agilulfo ieri sera
* Non racconterò a nessuno che io e Agilulfo ci siamo baciati
* Corre voce che io e Agilulfo siamo stati visti, ieri sera
* Mi hanno raccontato che Astolfo ha fatto una terribile scena di gelosia ad Agilulfo.
* Dicono che Agilulfo e Astolfo l'anno scorso facessero coppia fissa
* Agilulfo mi ha detto che tra lui e Astolfo non c'è mai stato nulla.
* Si racconta in giro che ancora pochi giorni fa Astolfo e Agilulfo si giurassero eterno amore
* Astolfo mi ha chiesto di diventare il suo ragazzo
* E' evidente che Agilulfo è molto arrabbiato con Astolfo
* Ho scoperto che amo Astolfo molto più di Agilulfo
* Si dice che Agilulfo parli malissimo di me in giro
* Sono convinto che Agilulfo troverà presto il ragazzo giusto per lui
* E' noto a tutti che Agilulfo è un ragazzo molto permaloso e suscettibile
* Sono sicuro che io e Astolfo ci ameremo per tutta la vita
La classe mi diede gran soddisfazione: non solo analizzò con molta cura i periodi, familiarizzandosi un po' con soggettive e oggettive, ma fece grandi meraviglie davanti agli sviluppi della storia e addirittura ci fu chi mi chiese se era una storia vera, nomi a parte. Risposi di sì, nel senso che doveva essere successa decine di migliaia di volte, nomi a parte.
Mi chiesero anche (ma questo me lo chiedono tutte le classi) dove trovavo i nomi. Glielo spiegai; di Astolfo qualcuno si ricordava, di Agilulfo no. Spiegai anche che avevo imparato a fare le frasi con nomi piuttosto desueti per evitare che qualcuno si sentisse chiamato in causa, o cominciasse a fare commenti su amici o conoscenti.
Qualche giorno dopo, su un libro che parlava di omosessualità nelle scuole, lessi il suggerimento per gli insegnanti di presentare, attraverso letture, situazioni in cui l'omosessualità viene presentata come una cosa normale che fa parte della vita quotidiana. Trovare delle letture adatte per le medie non è facilissimo, o almeno non mi è ancora venuto in mente niente, però mi congratulai con me stessa per aver trovato comunque un modo didatticamente utile.
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domenica 1 luglio 2012
Proteo, ovvero l'Esame di Terza Media (coming out)
Un coordinatore si ingegna per far uscire dall'esame con un voto congruo un suo alunno
Poi arrivò la Maristella, che con pochi e abili interventi trasformò cotali esami in una palude infida costellata di insidie, sabbie mobili e mostri acquatici e ogni scuola si arrangia a modo suo, avendo come unica stella direttrice il buonsenso del Dirigente Scolastico di turno - che non sempre, ahimé, ne è provvisto in dose sovrabbondante.
Non contento di questo, il MIUR ogni anno ci mette del suo a fine Maggio con una qualche circolare riepilogativa sull'esame che avrebbe, dice, lo scopo di chiarirci le idee e sgombrare le nostre menti dal dubbio, ma in pratica finisce di confondere il malcapitato che ha l'infelice idea di leggersela.
Ogni scuola, dunque, si arrangia come può per intuire la giusta via, e del pari ogni scuola e ogni commissione si arrangiano come possono perché alla fine ne risultino dei voti adeguati per i vari alunni. Ed è un gran patire dall'inizio alla fine.
Prima di tutto c'è il voto di ammissione che, dice la circolare del 31 Maggio 2012, andrebbe calcolato tenendo conto del "percorso scolastico complessivo" del triennio. E infatti qualche scuola fa la media dei voti anno per anno, altre invece considerano solo i voti dell'ultimo anno (o meglio, per dirla tutta, quelli del secondo quadrimestre).
Gli alunni, per essere ammessi, devono avere almeno sei in tutte le discipline, ma alcuni di questi sei sono "voti di Consiglio", cioè vengono portati a sei per permettere alla creatura di fare l'esame. Per calcolare il voto di ammissione in alcune scuole si fa la media dei voti alzati, in altre la media dei voti così come erano prima di alzarli.
A volte nei verbali viene scritto quali voti sono stati alzati, a volte no. Spesso la decisione viene lasciata al verbalizzatore, ma a volte il Dirigente dà disposizioni dettagliate. Spesso i voti che sono stati alzati vengono segnalati sulla scheda e viene redatta una nota apposita per le famiglie; spesso, ma non sempre.
A volte il voto di condotta fa media, a volte no - perché la legge specifica che la condotta fa media per l'ammissione alla maturità ma non si degna di specificare cosa va fatto per l'esame di terza media, pardon, del primo ciclo.
Il voto di ammissione concorre a formare il voto dell'esame (per un settimo o per un terzo, a seconda dell'interpretazione data alla legge); perciò in certe scuole è uso alzare il più possibile i voti delle ammissioni per "non avere sorprese" - il che a volte finisce per alzare anche il voto di esame al di là delle previsioni (detto per inciso, in questi casi a volte si cerca di rimediare abbassando il voto del colloquio orale, ma è un sistema che si presta a diversi inconvenienti).
Certe scuole cercano di tarare le griglie della correzione degli scritti molto in alto, sempre per "non avere sorprese" - e a volte, per non avere sorprese di un tipo, ne hanno di tipo diverso e ci si ritrova a passare con il sette alunni assai miracolati che si disperava financo di riuscire ad ammettere all'esame.
In quasi tutte le scuole usa scrivere i voti degli scritti a lapis per poi poterli aggiustare - perché c'è l'incognita della prova Invalsi, il cui voto NON è aggiustabile, e quindi se l'Invalsi presenta qualche problema gli va aggiustato intorno tutto il resto.
Qualche scuola arriva al punto di scrivere il voto a penna soltanto al momento degli scrutini. Peccato che, in teoria, i voti degli scritti andrebbero comunicati alla prova orale. In questi casi la disposizione del Dirigente di turno è "dite i voti all'incirca, senza scendere nei dettagli" (così al primo ricorso vi spazzano via come foglie al vento).
Qualche scuola è convinta che, per legge, una volta ammessi gli alunni non possano bocciare "visto che gli abbiamo dato la sufficienza in tutto", ed è vero che giunte a questo punto tutte le circolari riepilogative degli ultimi anni assumono un tono vagamente minaccioso. La maggior parte delle scuole, comunque, una volta ammesso qualcuno cerca di farlo uscire dall'esame vivo nonché licenziato.
In buona parte delle scuole il voto del colloquio orale viene aggiustato, anche molto pesantemente, per permettere di arrivare al voto voluto dalla Commissione.
Per il calcolo del voto finale, la maggior parte delle scuole si affida con fiducia alla calcolatrice.
Quasi tutti gli insegnanti, dopo aver pasticciato e calcolato e aggiustato per giorni e giorni, alla fine degli esami hanno un po' di nausea - e non tutti sono incinti.
Nel complesso, la legge continua a permetterci di dare il voto che vogliamo, esattamente come prima; ma mentre prima dell'avvento della Maristella quel voto era ricavato alla luce del sole mediante una serie di procedimenti piuttosto trasparenti, adesso è il risultato di complessi aggiustamenti numerici da fare spesso sottobanco.
La mia delicata coscienza, devo dire, ne soffre molto. Vorrei tornare a lavorare alla luce del sole. Non mi sento la stoffa del congiurato - e comunque, se di mestiere avessi voluto fare il congiurato o il regolo calcolatore, non mi sarei presa una laurea in Lettere. Avrei seguito altre strade.
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