Il mio blog preferito

venerdì 25 settembre 2015

Memorie - Carlo Goldoni


Ho sempre avuto una certa inclinazione per Goldoni, tanto che un giorno mi sono acquistata  le sue Memorie, per poi riporle amorevolmente sullo scaffale dove hanno avuto agio di riposare del tutto intonse per svariati anni. Quest'estate, colta da subitanea ispirazione, le ho tirate giù dallo scaffale e lette  con gran gusto.
Prima di tutto: non sono in italiano settecentesco. Goldoni infatti scrisse la sua autobiografia quando ormai da molti anni viveva in Francia e gli venne spontaneo scriverla in francese. Chi la traduce, quindi, la traduce in italiano moderno. Questo la rende più scorrevoli, anche se per la verità Goldoni è scorrevole sempre e comunque, perfino quando scrive in veneziano, dialetto notoriamente incomprensibile per chi veneziano non è, ma che sotto la sua penna risulta piacevolmente chiaro anche a chi, come me, un grande talento per le lingue straniere non l'ha mai avuto.
Si potrebbe osservare che, essendo uomo di teatro, Goldoni aveva tutto l'interesse ad adoperarsi affinché quel che scriveva risultasse comunque comprensibile al maggior numero di persone possibile, ma... andate a leggervi un po' di teatro di Alfieri e poi ne riparliamo. Oppure no, andate piuttosto a farvi una passeggiata e a prendervi un gelato, che ne trarrete senz'altro maggior piacere.
Va detto comunque che Goldoni non scriveva solo per diletto: era uomo di teatro, e dal gradimento del pubblico dipendeva il sostentamento suo e della famiglia; credo però che cercasse di essere il più chiaro possibile proprio per scelta esistenziale, oltre che per motivi pratici: il suo è un teatro fatto più per essere recitato e guardato che per essere letto nel silenzio del salotto di casa propria: ha il ritmo del palcoscenico e la capacità di divertire e commuovere - lui direbbe che muove gli affetti, ma non so se lo direbbe mai riferendosi a sé stesso perché è persona troppo garbata per farsi le sviolinate da solo.

Queste comunque sono le sue Memorie, ovvero un autobiografia, genere multiforme e insidioso per definizione. Ormai vecchio, ben ambientato in Francia ma tutt'altro che ricco, Goldoni decide di scrivere la storia della sua vita, e tra tante possibilità che gli si offrono sceglie di scrivere quel tipo di autobiografia in cui si raccontano un sacco di cose, magari anche esattissime, ma senza dire niente di molto personale su di sé. 
Insomma racconta la storia della sua vita con discrezione e con estremo garbo ma senza compromettersi, e nel corso di più di settecento pagine assai fitte riesce a non dire male di nessuno, salvo forse di quel paio di loschi figuri che lo rapinarono durante un viaggio in carrozza.
Tutti sono buoni e bravi e cari, salvo qualche rarissima eccezione di cui non viene fatto il nome; e di nomi, in verità, se ne fanno pochi - perfino la sua cara madre e la sua carissima sposa vengono sempre citate in qualità di madre e sposa e per sapere come si chiamavano dobbiamo ricorrere agli studi specialistici. La maggior parte delle persone citata con nome e cognome è gente di teatro - e su quelle in effetti arrivano anche giudizi piuttosto articolati e a volte perfino qualche appunto critico, per spiegare come mai non riuscirono in questa o quella occasione a rendere al loro meglio o a conseguire un meritato successo: il ruolo non era adatto a loro, la commedia non era buona, le circostanze non disponevano al meglio il pubblico eccetera. In compenso non ha alcun problema a prendersi le sue colpe, anzi si ha l'impressione che tra tutti i personaggi che affollano questo vasto libro, l'unico che talvolta  pecca, vuoi per ingenuità, vuoi per sventatezza, vuoi perché incapace di comprendere tutti i fattori in gioco sia proprio lui, Carlo Goldoni. Gli altri, hanno ragione sempre e comunque, e sono sempre cortesissimi e carinissimi.
I suoi detrattori? Ah, a volte avevano ragione, ma anche quando lo rimproveravano a torto, via, perché prendersela?
Il pubblico? Ah, il pubblico ha solo pregi. Talvolta poteva non gradire i suoi  spettacoli perché era uso ad altri generi, nutriva aspettative diverse, oppure la compagnia non era riuscita a rendere al meglio l'opera, più spesso perché era l'opera in sé ad essere carente, mal fatta, impostata male - comunque il cliente ha sempre ragione e non va mai criticato (nelle lettere però, par di capire, a volte avanza qualche appunto).
Uno dei pochissimi che viene criticato è Vivaldi, ottimo esecutore... ma mediocre compositore.
Bah?

Si parla soprattutto di teatro, naturalmente, che lo ha interessato sin dalla più tenera infanzia, quando leggeva le commedie e le commedie classiche annotandole qua e là; ma la gran parte delle Memorie descrive quel curioso universo che era l'Italia del Settecento, pochi anni prima che arrivasse Napoleone a svegliarla: tanti piccoli staterelli tranquilli, a gestione familiare, paciosi e disperatamente provinciali, con le loro accademie letterarie dove gli stranieri erano accolti con gran feste, dove i papi chiacchieravano nelle udienze soprattutto di conoscenze comuni ed erano preoccupatissimi che non venisse dimenticato l'indispensabile rito di saluto del bacio al piede, dove ogni staterello aveva le sue leggi e tradizioni teatrali, dove si cambiava più volte mestiere nella vita - come il padre di Goldoni che, a seguito di un rovescio finanziario e grazie all'accorto intervento di un parente, si fece medico in quattro anni e, in virtù di buone presentazioni e di una naturale simpatia,  diventò rapidamente il dottore più alla moda di Perugia; e come lo stesso Goldoni che, già avviato sulla strada del teatro, capitò quasi per caso a Pisa e ci rimase diversi anni lavorando come avvocato per poi tornare ad occuparsi di teatro. Persino Venezia, che pure sembra di gran lunga lo stato più aperto e culturalmente vivace, sembra ridotta alle dimensioni di un grande salotto. Parigi, decisamente, si rivelerà un altra cosa.
L'ultima parte delle Memorie è appunto dedicata alla Francia prerivoluzionaria - e Goldoni non mostra di avere la benché minima idea del temporale che sta per scatenarsi pur intrattenendosi in piacevoli conversari e corrispondenze con i famosissimi Voltaire e Rousseau; grazie a lui sappiamo molte cose sui divertimenti di Parigi, alla portata di tutte le tasche e di tutti gli interessi, sui bellissimi parchi parigini e qualcosina anche sulla vita di corte, cui partecipò in qualche misura - ma niente di niente di niente sui vari problemi dello stato francese. Qualcosa non vide, immagino, qualcosa non volle vedere e qualcosa era al di fuori della sua portata, delle sue frequentazioni e dei suoi interessi.

Un libro decisamente interessante e molto gradevole. Molto lungo, anche, ed è consigliabile gustarselo lentamente per non perdersi nulla nella fretta di vedere come andrà a finire - tanto, veri colpi di scena non ce ne sono, e anche quando ci sono sono ben mascherati.
Un ottima lettura per le lunghe serate autunnali o invernali - ma garantisco che va bene anche in piena estate - consigliato soprattutto  chi ha interessi storici oltre che letterari e a chi ama il settore "la vita quotidiana ai tempi di"; tra l'altro c'è anche una bellissima descrizione di Firenze.

Con questo post partecipo ai Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti buone e lunghe letture, magari avvolti in un bello scialle - perché per il caminetto acceso c'è ancora tempo.

domenica 20 settembre 2015

La sganascevole e ridicolissima farsa del Registro Elettronico - 1

Per il settore informatico, è indispensabile che la nostra scuola si doti al più presto di uno stregone.
O almeno di un esorcista.

E così, anche a St. Mary Mead l'anno scolastico è iniziato.
Le classi si sono presentate, quasi tutti i libri sono arrivati, ogni aula ha le sue tre carte geografiche del mondo, dell'Europa e dell'Italia, tutti gli insegnanti sono presenti  tranne uno spezzone di Matematica, sulle cattedre biancheggiano le fotocopie del registro di classe...

"Fotocopie del registro di classe?!?" 
"Dice che per qualche settimana ancora non si parte col registro elettronico" mi spiega la custode con la rassegnata imperturbabilità che da sempre è uno dei suoi ferri del mestiere.
Spiegazioni ce ne sono tante, ma non sembrano molto  attendibili.
"Non hanno la password per quelli nuovi".
Quelli nuovi sono ben due insegnanti. E mi rendo ben conto che fornire due password a due insegnanti è gran procedura e assai complicata, soprattutto del tutto imprevedibile in una scuola, dove l'arrivo di nuovi insegnanti è evento davvero rarissimo.
"Devono dare le password nuove a tutti, dice che si fa così".
Si farà anche così, ma l'anno scorso tutti (tranne i nuovi arrivati) hanno usato la solita password degli scrutini.
"Ci sono le nuove classi da inserire". 
Omammamia, ben tre classi da inserire, per un totale di sessantacinque alunni! Per giunta tre classi che sono state formate già a Giugno.
Un lavoro davvero lungo, in effetti.
"L'addetta al registro elettronico è andata via, e devono nominare qualcuno con le convocazioni".
"E quando lo nominano?"
"E' arrivato due giorni fa. Però va formato".
"Perché, avevamo una sola persona in grado di gestire 'sto cazzo di registro dalla segreteria?".
Pare che, sì, ce ne fosse una sola; e l'uso del turpiloquio non basterà a risolvere la situazione. 
"Dice che non possono far partire il registro perché non hanno ancora il nome dell'insegnante di Matematica ancora da nominare".
"Ma se non l'hanno ancora nominata non lavora, e la sostituiamo noi. Mi sembra di ricordare che le sostituzioni sono previste, in quel cavolo di registro. Io stessa ne ho fatte un paio, l'anno scorso".
"Ma ci si deve scrivere chi viene sostituito".
"Non possono limitarsi a scrivere "Matematica"?

Tutte domande senza risposta. Non c'è una circolare, né una nota o un bigliettino informale. Al Collegio l'argomento non è stato nemmeno sfiorato. E nessuno ha la benché minima idea di quando partirà il registro elettronico - compresa la Preside, viene da pensare.


"Sono arrivati i registri personali, per chi vuole prenderli" annuncia la custode "Li manda la segreteria".
Visto che le fotocopie del registro di classe sono state fatte per ben quattro settimane (ma quanto ci vorrà ad addestrare un addetto di segreteria alla gestione di un registro elettronico? Non è mica un acceleratore di particelle) mi sembra di intuire che non sarà un problema di pochi giorni. Dopo breve e inconcludente meditazione prendo tutti i registri personali di cui necessito, sempre più perplessa, e li compilo pazientemente.

Non sono una fanatica del registro elettronico e nemmeno ho niente contro il registro elettronico. Quel che non riesco a capire è come mai solo e soltanto la scuola media statale di St. Mary Mead debba fare ogni anno questo immane casino con il registro elettronico, e ancor meno comprendo perché la Nostra Preside, se le interessa tanto il registro elettronico, si rifiuti sistematicamente di organizzarsi in funzione del registro elettronico (ad esempio formando per tempo un numero adeguato di persone in segreteria per gestire il registro elettronico) invece di esporre ogni anno la nostra rispettabile e operosa scuola alle più ignobili figure davanti all'utenza.
In tante scuole usano il registro elettronico, e in tante non lo usano. Ma la nostra è l'unica scuola dove abbiamo contemporaneamente gli inconvenienti del registro elettronico e di quello su carta.

Qualcuno sostiene che la Nostra Preside abbia voluto a tutti i costi il registro elettronico per questioni di immagine.
Se davvero è così, forse dovremmo quotarci e regalarle un buon manuale sulla cura dell'immagine, perché mi sembra che abbia le idee abbastanza confuse in materia.
Soprattutto, non ha mai sentito i frizzi e lazzi che alunni e famiglie dedicano e hanno dedicato al nostro Grandioso Registro Elettronico.

mercoledì 16 settembre 2015

La banalità dell'insegnante (ovvero quando ti sembra che i tuoi colleghi andrebbero impiccati al primo ramo)

L'intelligentissimo e bellissimo Sam Gamgee di Eva guarda con bonaria ma indiscutibile superiorità il mondo intero. Del resto è un GATTO, e dunque ne ha ben donde.

Ho una zia che ha insegnato per molto tempo ma che a un certo punto della sua vita ha cominciato ad addentrarsi nei meandri della psicologia. Qualche esamino, qualche corsetto, scuole sempre più di frontiera, gruppi di sostegno per adolescenti... insomma, alla fine ha dirazzato completamente e si è messa a fare la psicoterapeuta a tempo pieno. Quando ci incontriamo, un po' di conversazione sulla scuola la facciamo sempre, non senza qualche profitto da parte mia.
Un giorno che mi esibivo nel consueto lamento "Guarda, stare con i ragazzi mi piace ma i colleghi proprio non li reggo" sorrise e mi disse che non ero l'unica. Anzi, mi spiegò, apposita inchiesta aveva stabilito tempo prima che la gran parte degli insegnanti dichiarava che la parte più pesante del suo lavoro era avere a che fare con i colleghi.
"Sì, lo dicono in tanti" concluse divertita "E gli sembra anche di dire una cosa originale".
Tacqui, profondamente offesa per essere accomunata, sia pure nelle lamentele, alla media degli insegnanti. Io? Ma davvero?

Eh sì. Proprio io.

Ma se gran parte degli insegnanti si lamentano dei colleghi, ne consegue che chi si lamenta è a sua volta lamentato da altri ed è per loro gran causa di stress e nervosismo.
Inoltre - chissà, forse, potrebbe essere? Potrebbe magari darsi il caso che? - costui/costei giudica i colleghi e compagni di avventura e di sventura con una certa superficialità e tende comunque a lamentarsi. 
Dobbiamo altresì convenire che la gran parte degli insegnanti si lamenta sempre e comunque di tutto: degli alunni, dei genitori, della scuola, della dirigenza, dei custodi, degli arredi scolastici, del clima, dei libri di testo adottati (sia di quelli scelti da altri che di quelli scelti da sé stesso medesimo) e non sempre si lamenta  a torto; dunque perché non dovrebbe lamentarsi a gran voce anche dei suoi colleghi insegnanti?

Dopo quella breve ma feconda conversazione, risoluta a staccarmi dalla media plebea degli insegnanti fosse pure  a prezzo dei più inumani sacrifici, mi sono sforzata di guardare con occhi più lungimiranti coloro cui era toccato in sorte di insegnare al mio fianco e di frenare in cuor mio le lamentele più spicciole, valutandoli in modo più ponderato.
In  fondo, anche se mi sembra incredibile a dirsi, forse il fatto che qualcuno mi stia un po' sull'anima per come parla, mangia, vive, si veste, pensa, opina, tiene il registro, incasina il cassetto, fa male le fotocopie, parla di politica e scienze sociali eccetera eccetera, non ne fa necessariamente un rifiuto dell'umanità. 
Forse.

E dunque, stabilito che ognuno di noi è la croce di qualche collega, può essere comprensibile e forse anche giusto che a sua volta il collega sia lui stesso la nostra personale croce di un popolatissimo cimitero.
Ma non per questo smetterò di lamentarmi, visto che sono e resto una banale esponente del genere "insegnans communis".


Buon anno scolastico e auguri a tutti coloro che lavorano nel disastratissimo ma sempre vitale comparto della scuola.

venerdì 11 settembre 2015

Il richiamo del cuculo - Robert Galbraith (aka J. K. Rowling)


Come ormai sanno anche i sassi, Robert Galbraith è in realtà J.K. Rowling sotto mentite sembianze.

Nei libri di Harry Potter l'autrice aveva mostrato una buona capacità di gestire il mistery del tipo più classico e il lettore era stato regolarmente sviato e ingannato da apparenze mendaci e avvenimenti che finivano per rivelare significati assai diversi da quello apparente. In particolare Harry Potter e il prigioniero di Azkaban era costruito come un tipico giallo di Agatha Christie, con gli indizi seminati con cura nel corso del libro ma ben mascherati. Si parla di animagus fin dall'inizio, sì. Si parla dei Quattro Malandrini, sì. E lo stato di terrore in cui vive lo spelacchiato topo della famiglia Weasley è molto ben descritto, ma con un gatto intorno nessuno se ne meraviglia - e del resto, se ci chiamano babbani e non brillanti astuti ci sarà pure un motivo. Sta di fatto che per tutto il libro siamo troppo preoccupati da tutti quei Dissennatori che girano in libertà per il parco di Hogwarts e troppo intenti a ricostruire la storia della morte dei signori Potter (che ci viene fatta scivolare in gola un bocconcino dopo l'altro ma sempre interrotta sul più bello) per accorgerci che la storia ci viene raccontata a rovescio.
Stavolta però siamo nel mondo babbano e tutto si svolge in una Londra rigorosamente contemporanea.

Il romanzo presenta un alto tasso di ornitologia: il protagonista si chiama Cormoran (no, non "Cormorano", nonostante le apparenze. Pare che nel prossimo libro ci spiegheranno che è il nome di un eroe irlandese, ahimé abbastanza sconosciuto in Italia) mentre la protagonista si chiama Robin, che in inglese è - credo - un diminutivo di Roberta, ma significa anche pettirosso. Infine abbiamo la vittima, che di nome faceva Lula ma era chiamata Cuckoo, ovvero Cuculo, dagli amici. Posso anche aggiungere che il riferimento ai cuculi non si limita a questo e il titolo ha il suo perché.
Di cuculi, infine,  si parla anche nella struggente poesia di Christina Rossetti che fa da apertura al romanzo e che è talmente bella e suggestiva da valere da sola il prezzo del libro.

Comunque, il Cormorano e la Pettirosso si incontrano in un giorno per entrambi memorabile. Per lei è il primo giorno del suo fidanzamento ed è assolutamente felice e spumeggiante dopo la meravigliosa serata in cui il suo amatissimo Matthew, con cui ormai convive stabilmente, le ha chiesto di sposarla. I lavoretti a breve scadenza che fa con l'agenzia interinale le servono solo nell'attesa dei colloqui di lavoro più seri, che ormai sono alle porte. La coppia non naviga nell'oro ma vive quel tanto che basta al di sopra della stretta sopravvivenza per costituire un livello di benessere più che accettabile per due giovani che non sono ossessionati dai soldi. 
Per il Cormorano invece è un giorno orrendo che segue una notte ancora più orrenda: un litigio di quelli senza ritorno ha posto infine termine alla sua ormai quindicennale  e tempestosa relazione con Charlotte e lo ha costretto a lasciare definitivamente la casa di lei. La sua situazione finanziaria è abominevole: scopertissimo in banca, indebitato e la sua agenzia investigativa è praticamente fallita. E improvvisamente si vede capitare tra capo e collo questa segretaria interinale mandata dall'agenzia con cui credeva di aver disdetto il contratto, e che non ha idea di come pagare.

Il grosso e arruffato cormorano e la linda e allisciatissima pettirossa si incontrano in modo assai tumultuoso. Ma Robin è una ragazza accorta e quando non capisce comunque si adegua con grande abilità. Inoltre, cinque minuti dopo il suo ingresso, nell'agenzia arriva anche un cliente, ricco e determinatissimo ad assumere Cormoran per un indagine assai simile a una caccia ai mulini a vento. Promette una paga sontuosa e lascia un acconto ancor più sontuoso, e alla fine Cormoran, preso per sfinimento, accetta nonostante la coscienza un po' gli rimorda.
L'indagine riguarda la defunta sorella del cliente, modella ricchissima, bellissima e famosissima che una sera, senza un perché, si è suicidata buttandosi dal balcone di casa. Il fratello però è sicuro che sia stata uccisa e vuole un supplemento di indagini. 
Nel corso delle indagini, che durano cinque settimane, Cormoran si rimette in sesto e si riorganizza la vita, mentre la Pettirosso dispiega preziose doti di organizzazione, iniziativa e prontezza di riflessi oltre a un enorme e infinito tatto che le permette di gestire nel migliore dei modi il rapporto col Cormoran. Risolto felicemente il caso, i due decidono di fare coppia fissa nel lavoro, nonostante una certa perplessità del fidanzato di lei e, probabilmente, un certo scontento da parte di Charlotte. Ma siccome il lettore se ne frega alla grande di entrambi, e in particolar modo di Charlotte, mentre simpatizza assai con i due investigatori, il finale gli va benissimo così.

Ma veniamo al giallo propriamente detto.
La storia della modella bellissima e infelice potrebbe magari far pensare male, ma l'autrice provvede con grande gentilezza a risparmiarci tutta la classica ricostruzione del mondo vuoto, pervertito e corrotto dell'alta moda e della fragilità della povera ragazza ricca. Lula detta Cuckoo ha effettivamente un passato complesso, ma quando alla fine le è stato diagnosticato un disturbo bipolare si è messa in cura con ottimi risultati: l'umore si è stabilizzato e, da giovane sbandata e intrattabile è diventata una modella di successo, non priva di amici né di una vita affettiva più che decente. I soldi non fanno la felicità, è noto, ma nemmeno costituiscono un ostacolo invalicabile verso la suddetta; in effetti, motivi per cui Lula avrebbe dovuto buttarsi dal balcone non se ne vedono.
Il lavoro preliminare lo ha già fatto la polizia. Cormoran si procura gli atti delle indagini e comincia a interrogare uno per uno tutti i protagonisti, come sempre si fa con i cold case. Quando arriva la verità, il lettore si rende conto di essere stato abilmente depistato e di avere abboccato come la più fiduciosa delle carpe interpretando a rovescio tutti gli indizi. E questo, in chi legge un giallo, è sempre motivo di grandissima soddisfazione ("E' riuscito a ingannare persino me! Quest'autore è un Grande!". Vabbé, ingannare me con un giallo è di una facilità disarmante, ma spulciando in giro ho visto che parecchi ammettono di avere abboccato come tante carpe).

Il libro è lungo ma scorrevole (e scritto a caratteri grandi). Richiede comunque un po' di tempo ed è meglio non frammentarne troppo la lettura perché altrimenti è difficile ricordarsi tutti gli indizi che da bravi lettori dobbiamo fraintendere nel migliore dei modi. Come sempre però J. K. Rowling riesce a gestire con apparente naturalezza una trama piuttosto ramificata e assai ricca di personaggi, tutti ben delineati. 
Il secondo volume sulle vicende di Cormoran e Robin è già uscito, anche in italiano, e mi ci dedicherò quanto prima.
Il libro è già stato recensito dalla povna un anno fa.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro felici  letture di fine estate a tutti. 

lunedì 7 settembre 2015

Nuovi e assai curiosi sviluppi della guerra all'ideologia gender



Sono fermamente convinta che questa foto è un fake, ovvero un immagine falsa e tendenziosa, né più né meno di questa:



Va però detto che né l'una né l'altra sono state smentite ufficialmente dagli organi di competenza, e dunque vai a sapere.

Durante l'estate la Grandiosa Guerra All'Ideologia Gender è proseguita senza sosta. Per mia buona sorte però le pagine che seguo su Facebook sono dedicate a questioni più serie e concrete - per esempio i draghi. 
Un bel mattino però sotto i miei occhi è passato un avviso che qualcuno aveva fatto rimbalzare da WhatsApp su Facebook:


Ne circola anche una versione più minacciosa, che reca l'aggiunta

Attenzione, vi diranno che non è vero, che non c’entra niente con il gender. Vi parleranno di cose buone come il rispetto , la lotta al bullismo, lotta alla violenza contro le donne e simili. PARITÀ DI GENERE, EDUCAZIONE ALL’ AFFETTIVITA’ PAROLE CHIAVE dietro le quali vogliono nascondere l’indottrinamento all’ ideologia gender dicedovi anche che questa non esiste. NON CASCATECI !!!! CON INGANNO VI FARANNO FIRMARE LA VOSTRA CONDANNA e non potrete più far niente perché avrete dato il vostro consenso. NON FIRMATE !!!!!

Tutto ciò è rimbalzato da un social all'altro per tutta l'estate approdando financo sui giornali e portandosi dietro una tale infinità di stupidaggini che, se qualcuno riuscisse a metterle in fila, potremmo farci comodamente il giro della galassia, e in tanti hanno discusso in lungo e in largo di ideologia gender come se questa esistesse davvero. Del resto, ormai probabilmente esiste davvero, almeno nella mente contorta di chi l'ha elaborata e la propaganda, e dubito che il pur vigoroso nuovo intervento del sottosegretario Faraone riesca a modificare questo dato di fatto o a sfatare la leggenda che tutta la legge sulla Buona Scuola è stata solo un abile manovra di Renzi per inserire il Terribile Gender nei programmi scolastici.

Naturalmente sono ricomparsi anche i fantomatici corsi di masturbazione in classe e a questo punto temo assai che, se non ci sbrighiamo a smontare al più presto questa voce, ci ritroveremo messi all'angolo non solo da torme di genitori infuriati che ci rimproverano di fare corsi di masturbazione agli alunni sin dalla più tenera età, ma anche e soprattutto da torme di scolari di ogni ordine e grado ancor più infuriati perché NON glieli facciamo e continuiamo invece a propinargli le solite, scialbe lezioni sul teorema di Euclide, la prima guerra mondiale, le varie forme di energia rinnovabili e non rinnovabili, il predicato verbale eccetera. 
Peggio che mai sarà con gli implumi scolari prepuberi che non sanno ancora cos'è la masturbazione ma che, davanti alla ferma risoluzione degli adulti ad impedirgli di seguire delle lezioni in tal senso, ne concluderanno che è una materia ganzissima e vorranno assolutamente studiarla, tormentandoci in tutti i modi perché ci decidiamo infine ad insegnargliela - dal che verrà a tutto il corpo docente grandissimo imbarazzo e difficoltà perché non disponiamo né di manuali né di linee guida ministeriali che ci possano soccorrere. 
E come facciamo con le valutazioni? E le verifiche? Dove accidente possiamo trovare una verifica a crocette sulla masturbazione? E come ci regoliamo con i dislessici? Come funzionano, per la masturbazione, gli strumenti compensativi? E come ce la caviamo per segnare i voti sul registro? A quale obbiettivo didattico li colleghiamo? E i lavori di gruppo?
E lasciamo stare, per carità, gli aspiranti insegnanti che stanno seguendo il tirocinio.
Insomma, sarebbe veramente un problema. Tra l'altro non abbiamo nemmeno la classe di concorso per la masturbazione!

Per fortuna nessuno ci chiede nulla di tutto ciò, nonostante le sempre più esose pretese che il Ministero avanza nei nostri confronti (vogliamo ricordare che da una vita il nostro contratto è scaduto?).

Ad ogni modo il minaccioso messaggio che circola tuttora sui telefonini dei genitori dimostra al di là di qualsiasi ragionevole dubbio alcune cose:
1) il livello di fiducia che le famiglie hanno nella scuola statale (e di conseguenza nello Stato) è veramente basso se non del tutto inesistente, e tanti di loro trovano perfettamente credibile l'idea che la scuola cerchi di fregarli e carpire la loro buona fede nemmeno fossimo tanti venditori di enciclopedie o di improbabili contratti telefonici o di energia elettrica incredibilmente convenienti che però producono regolarmente bollette altissime
2) la gran parte dei genitori non ha la minima idea di cos'è il Patto educativo di corresponsabilità e lo considera né più né meno uno dei tanti moduli da firmare che gli rifilano all'atto di iscrizione. Non me la sento di dargli torto perché la penso esattamente come loro
3) ben pochi genitori conoscono la differenza tra POF, alias Piano di Offerta Formativa (che è quello dove le scuole dovrebbero infilare un riferimento alle eventuali lezioni di masturbazione, caso mai ne venissero svolte) e Patto di Corresponsabilità (che è essenzialmente un modo molto prolisso e soporifero di ricordare alle famiglie che la scuola funziona solo se tutti fanno la loro parte).

A titolo del tutto personale ci aggiungo un paio di corollari:
-  il Patto di Corresponsabilità è il classico documento con il quale o senza il quale il mondo e la scuola restano tali e quali. Mai è servito e mai servirà a niente che non sia incomodare chi l'ha scritto e compilato e chi lo sottoscrive. Per la maggior parte dei genitori è inutile perché sempre hanno fatto quel che ragionevolmente gli veniva richiesto e sempre lo faranno, per gli altri genitori è inutile perché considerano la scuola un inutile stupidaggine o sono talmente assorbiti da altre cose che la scuola dei loro figli (e talvolta i loro figli stessi medesimi) sono l'ultima delle loro preoccupazioni
- sia il Patto di Corresponsabilità che il POF che tutta la documentazione scolastica guadagnerebbero davvero molto ad essere infine redatti in un italiano dignitoso e comprensibile, e ad avere dei nomi meno idioti.

giovedì 3 settembre 2015

Tra tutti i casi dabili...

Fred e Nebbia, i bellissimi gatti di Eva. Se avessero assistito alla nostra riunione per materie avrebbero avuto quest'aria, solo molto più annoiata. Per loro fortuna però non c'erano.

Riunione per materie, stamani a St. Mary Mead. 
Sono arrivata a scuola piuttosto preoccupata, perché la miscela tra gli insegnanti di Lettere di St. Mary Mead e quelli di Crifosso produce sempre esiti infausti e assai starnazzanti. Stamani però, favorita da una serie di circostanze insolite, sono riuscita a capire finalmente che uno dei problemi principali di queste riunioni è sempre stato Lui, ovvero un collega che per un suo qualche strano e perverso gusto non si dà pace fin quando non ha trasformato ogni argomento di cui dobbiamo occuparci in una complicatissima discussione su Dio, l'Universo, il Bene e il Male.
Avevamo due compiti: uno era darci un curriculum di Italiano, Storia e Geografia, l'altro era discutere il documento delle Competenze.
Per il primo punto, stabilito che l'anno scorso alla Nostra Preside non era andato bene il lavoro sinteticissimo che avevamo preparato al grido di "Basta col didattichese, chiamiamo le cose col loro nome!", né quello dettagliatissimo che il team di Matematica aveva preparato al grido di "Mettiamo le cose in chiaro una volta per tutte, in ogni minimo dettaglio!" la soluzione si è presentata spontanea ai nostri freschi cervelli: 
"Copiamone uno in rete, ce ne sono a centinaia e sono tutti uguali". 
Una collega ha detto che a casa ne aveva uno, di cui ci aveva portato la stampa, ma che non era riuscita a copiare il file.
"Va bene" ha suggerito qualcuno "Lo copieremo con tanta pazienza grazie al Copia&Incolla, un paio d'ore dovrebbero bastare". 
La collega però voleva fare un ultimo tentativo a casa. 
La questione curriculum è stata così aggiornata a domani.
A questo punto Lui ha proclamato che non voleva copiare quella vasca di acqua calda scritta per giunta in pessimo italiano.
"D'accordo" ho convenuto io "Scriviamo una breve e sintetica nota in cui avvisiamo la Nostra Preside che rifiutiamo di fare questo tipo di lavoro di bassa manovalanza e di nessunissima utilità, e che se proprio ci tiene ad avere un curriculum standard se lo vada a copiare dal sito del Ministero. La firmerò molto volentieri perché sono davvero stufa dei curriculum per materia".
E' risultato che tutti i colleghi condividevano questo mio non originalissimo punto di vista, e tutti erano disposti a firmare la letterina in questione. Ma non Lui. Lui voleva fare un Vero Curriculum di Italiano, di quelli che richiedono un ora di aspre discussione per ogni riga (e che, alla fine, sarebbe risultato uguale in tutto e per tutto ai curriculum standard del Ministero).
"Va bene, puoi farlo" gli è stato detto "Poi te lo sottoscriviamo senza nemmeno leggerlo".
No, così non gli andava bene. 
Immagino che il vero problema fosse che non poteva discutere animatamente con sé stesso. Ma dopo l'esperienza dell'anno scorso, in cui avevamo cercato di discuterne e ad ogni riga Lui ci aveva condotto sulla spiaggia delle Seghe Mentali e nella valle del Riscriviamo Ogni Frase Cambiandola Tre Volte Per Poi Rimetterla Com'Era prima, eravamo ben decisi a non cascarci mai più.
"Ma a me così non va bene" ha detto Lui.
"Pazienza" ho detto io.
"Allora me ne vado e fate senza di me".
"D'accordo" ho detto io. 
Nessuno dei presenti ha cercato in alcun modo di ammorbidire la mia posizione, nemmeno con una sillaba.
Così Lui si è alzato per andarsene, poi si è rimesso a sedere ed è stato zitto per un po' (dieci minuti, a dir tanto).

Siamo dunque passati al documento delle Competenze. Abbiamo discusso animatamente su come interpretarne alcune, abbiamo discusso su come modificare il modulo, abbiamo discusso su come riformulare la descrizione di alcune competenze per renderle almeno vagamente comprensibili alle famiglie e addirittura abbiamo accolto  l'ardita sfida di formulare qualche frase in un italiano umano e  comprensibile; e tutto ciò è stato interessante e anche utile, nonostante il fiero sospetto (o meglio la certezza) che al MIUR cestineranno il documento che domani andremo a redigere senza degnarlo nemmeno di un fuggevole sguardo. E ci stavamo tutti dicendo che ormai mancava poco a mezzogiorno e potevamo senz'altro darci alla macchia quando Lui ha eseguito un geniale colpo di coda:

"Scusate, ma se, quando si arriva alla competenza di Italiano, gli altri non sono d'accordo col voto dell'insegnante di Lettere, è comunque l'insegnante di Lettere che decide?".
"Ma non c'entra nulla col documento delle competenze" osserva qualcuno timidamente.
"Però è comunque il parere dell'insegnante di Italiano che dovrebbe avere il peso maggiore, giusto?".
"No, perché i voti sono espressione del Consiglio" rispondo io, perplessa: in quindici anni che insegno non ho mai visto un insegnante mettere in discussione il voto di materia di un collega, figuriamoci una competenza*
"Ma non è giusto che gli altri abbiano diritto a intervenire sulla singola materia!".
Mi stringo nelle spalle "La legge dice comunque così".
"E allora se non siamo d'accordo che si fa?".
"Se non siamo d'accordo si vota, immagino".
A quel punto un paio di colleghi non hanno resistito davanti al drappo rosso agitatogli davanti con tanta insistenza e si è accesa una violenta discussione sul peso che può avere l'insegnante di materia nella discussione del voto nella sua materia. Sarebbe stato interessante capire di cosa discutevano e soprattutto perchè discutevano, stante che all'apparenza tutti e tre i discutenti sembravano sostenere lo stesso identico punto di vista, e cioè che solo l'insegnante di una materia dovrebbe decidere il voto di quella materia e il suo parere dovrebbe essere decisivo; almeno, così mi è sembrato, ma non ascoltavo con molta attenzione, e come gli altri presenti guardavo la zuffa con una sorta di annoiata fascinazione contando i minuti per scappare.
"Ma, scusate" mi sono intromessa approfittando di una pausa di silenzio di durata infinitesimale "Vi è mai capitato di vedere messo in discussione un vostro voto agli scrutini?".
"No, mai" hanno assicurato "E ci mancherebbe altro!".

Sarebbe forse interessante capire perché Lui, nelle riunioni per materie, desideri a tutti i costi discutere col coltello tra i denti, tanto da cavare di sottoterra le più improbabili eventualità.

O forse non sarebbe interessante affatto?
Comunque è chiaro che finché costui non va in pensione le nostre riunioni per materia sono destinate ad essere tutte come quella di oggi, a meno che non ci decidiamo a strozzare Lui con le sue medesime budella (come in effetti mi sembra di avere minacciato di fare).

*al contrario dei Presidi, che sono capacissimi di mettere in discussione qualsiasi numero sotto il sei senza alcun ritegno o riguardo per nessuno - ma questa è un altra storia e volendo ho un vecchio racconto che parla giusto di pressioni della Dirigenza per farmi cambiare una competenza.