Il mio blog preferito

domenica 31 gennaio 2010

Nessun uomo vivente può impedirmi nulla!



Eowyn, la fanciulla guerriera, bella eppure terribile, per me è arrivata prima di Camilla e di Bradamante e di Clorinda, prima di Angelica, la ribelle del Poitou, perfino prima di Brunilde.
La scena è di quelle che non si dimenticano, anche se dura solo un paio di pagine: elmo slacciato e capelli al vento, per difendere il corpo del re che ama come un padre, e che è caduto durante la carica dei Rohirrim, Eowyn si ritrova ad affrontare il nemico più terribile: il capo dei Nazgul, in pieno spolvero e assai baldanzoso per un'antica profezia di Glorfindel che lo dava immune ai colpi di qualsiasi uomo vivente.
"Io non sono un uomo vivente. Stai guardando una donna" lo informa Eowyn. E il re degli stregoni rimane perplesso. Ne ha ben donde perché la donna, aiutata dal mezzuomo Mariadoc, lo sistemerà in pochi colpi.

Eowyn ha dunque abbandonato il focolare domestico e il suo dovere di custode della casa per andare in battaglia - un vero colpo di testa, se mai se ne vide uno. Di questo però nessuno penserà a biasimarla nemmeno con una parola e anzi tutti loderanno senza risparmio il suo coraggio e il suo valore. Quanto a lei, scoprirà che la battaglia è la miglior cura per lo stress da casalinga e che finita la guerra si può piacevolmente anche fare l'amore.
Unico inconveniente: un braccio rotto. Ma glielo curano benissimo, dice. Roba da poche settimane di degenza.

mercoledì 27 gennaio 2010

Le mani del re sono mani di guaritore



Con grande pompa e solenne sfoggio di paramenti il re di Francia
tocca gli scrofolosi. Aragorn dimostra senz'altro maggior stile,
maggior semplicità (e assai maggiore efficacia)

Quando da ragazzina leggevo il Signore degli Anelli ero convinta che la leggenda dei re guaritori fosse assai nota e diffusa e che solo per un caso non me ne fosse mai giunta notizia. Perciò, quando all'esame di storia medievale all'università scoprii che tra i testi si poteva portare un librone intitolato "I re taumaturghi" di tale Marc Bloch mi precipitai in libreria senza por tempo in mezzo e sborsai senza esitazioni la colossale cifra che Einaudi richiedeva per cotale testo.
Fu una delusione completa: Bloch non sembrava minimamente interessato a svelare al lettore affamato di prodigi un eventuale filone di leggende magiche sui miracolosi poteri regali, bensì solo a ricostruire, attraverso un pidocchiosissimo esame di un'infinità di cronache, leggi, bandi e corrispondenza ufficiale, la storia dei re di Francia che fino al Settecento avevano la reputazione di guarire, grazie al loro tocco, una sola e pulciosissima malattia: la scrofola, che già dal nome non evoca certo eroici combattimenti contro il re degli stregoni di Angmar. Quanto ai re inglesi, nell'unica breve comparsa che facevano in quel librone, si limitavano a far benedire anellini d'oro la notte di Natale. Non era citato nemmeno un poema, neanche una singola chanson de geste, ma solo e sempre, sempre e sempre documenti su documenti, tutti ufficiali, che non si credesse che lui, Bloch, stava dietro alle leggende se non per smontarle pezzo a pezzo.
Ormai però il libro era stato pagato e l'esame concordato, così mi rassegnai e feci del mio meglio. Dall'introduzione e dalla chiacchierata che feci in sede d'esame col professore che mi interrogava mi resi conto che, in modo del tutto casuale, avevo trovato una perla di gran pregio: quel libro un po' soporifero, all'epoca della sua pubblicazione (1924) era stato uno dei primi frutti di un modo nuovo di vedere la storia; anzi era stato proprio con libri di quel tipo che Bloch e i suoi amici avevano aperto la strada alla storia come la conoscevo io, quella dove si studiano le tecniche di semina e l'andamento dei raccolti, la forgiatura delle armature e la fabbricazione del vasellame... e sì, anche l'evoluzione della figura sacrale del re.
La seconda guerra mondiale e i nazisti troncarono nel 1942 le ricerche di Bloch e di molti suoi colleghi - i nazisti, scoprii, avevano fatto fuori un immane numero di medievisti ebrei (anche di classicisti e modernisti, immagino. Io però studiavo il medioevo e facevo soprattutto caso a quelli del mio ramo). Non era nemmeno giovanissimo, ma si sa che gli storici rendono meglio dopo i cinquant'anni.

Molti anni sono passati da quel tempo, e da allora ho aperto e consultato molti libri di storia europea sulle più varie questioni e letto un'infinità di favole, miracoli e leggende. Gli unici re taumaturghi che ho trovato però continuano ad essere quelli di Bloch (e quelli di Tolkien).

domenica 24 gennaio 2010

Manuale del Perfetto Insegnante - I Genitori (4)



Com'è noto, il paese è piccolo e la gente mormora

(ma spesso la gente mormora anche quando il paese è una città di ragguardevoli dimensioni)


Ordunque, dopo aver parlato dei molti genitori equilibrati e ragionevoli che fanno maggioranza ma non tendenza, tanto che spesso ci si dimentica financo della loro esistenza, passiamo a descrivere gli altri - e so benissimo che non dirò niente di nuovo.
Pochi ma buoni, come si dice. E si notano molto, molto più facilmente degli altri, perché non perdono occasione per mettersi in bell'evidenza: ti insegnano il mestiere, ti riferiscono ogni voce e ogni sospetto che circola (a volte, viene da pensare, inventandoseli di sana pianta) e soprattutto si fanno un dovere di ampliare e gonfiare il più piccolo dei topolini da grano fino a trasformarlo in un elefante africano di taglia maxi per poi scatenarlo, accuratamente bendato, nel Museo delle Porcellane e dei Cristalli Antichi.
Costoro sono spesso rappresentanti di classe nonché genitori degli allievi più petulanti, rompiscatole, vittimisti e prepotenti (oltre che contaballe); inoltre, a quanto pare, dispongono di un'esorbitante quantità di tempo libero che gli permette di controllare se le tracce dei temi sono adeguate, se le correzioni di matematica sono valide, se i compiti di inglese sono troppi, se la lezione di storia è troppo lunga, se tecnica assegna troppe tavole da disegnare e francese interroga in modo congruo. Sanno anche, sempre, se l'insegnante fa preferenze, se è in pari col programma e se riesce a tenere la disciplina. Sovente sono anche in grado di criticare l'impostazione ideologica dei vari libri di testo (e di rado si lasciano sfuggire un'occasione per farlo). In effetti sembrano saperne ben più dell'intero Consiglio di Classe messo insieme. E attaccano sempre sul fronte più inatteso.
Chiunque abbia passato più di cinque minuti dietro una cattedra conosce benissimo questa tipologia genitoriale. Gli hanno detto di collaborare con la scuola? E loro collaborano, oh, se collaborano! Collaborano tanto che chiunque sarebbe tentato di dirgli "D'accordo, questo è il registro, queste le chiavi del cassetto, questi sono i libri, vada lei a fare il mio lavoro e buon divertimento".
Ma se già sono uno strazio quando vengono dagli insegnanti per lamentarsi, va ancora peggio quando passano direttamente al Dirigente Scolastico, perché il Dirigente in questione è spesso diretto discendente di Ponzio Pilato e non esita a scaricare la grana sull'incauto docente per levarsi di torno il prima possibile tutti quanti. L'insegnante si ritrova così stretto tra due fuochi, anche se spesso e volentieri né genitore nè Dirigente Scolastico hanno passato un solo minuto nella classe di angioletti oggetto del contendere o ha la benché minima idea di cosa sia successo in realtà. Così, da un giorno all'altro, capita spesso di vedere un rispettabile docente noto per la sua dolcezza di temperamento trasformarsi in una tigre con i denti a sciabola - oppure un docente di carattere vivace trasformato in una furia incontenibile.
Ogni scuola assiste tutte le settimane a tempeste del genere, e chiunque lavori nella scuola sa che lasciano spesso forti tracce di rancore tra le varie parti in causa ma non ne derivano quasi mai conseguenze dirette - perché alla fine il Dirigente Scolastico non può fare nulla a parte un'ammonizione a voce o, nei peggiori casi, scritta, e sa benissimo che l'ammonizione scritta si può portare dietro gravi strascichi anche giudiziari - e il Dirigente Scolastico non vuole grane, per definizione.
Dunque il Terribile Genitore Rompiscatole è essenzialmente una tigre di carta, sia che protesti per validi motivi sia che abbia deciso di lamentarsi perché il docente ha dato per casa un esercizio che a lui e al figlio è sembrato troppo lungo (ma che magari gran parte della classe ha svolto in mezz'ora senza problemi).

Arrabbiarsi non serve. Tuttavia è praticamente impossibile che, posto davanti a un insieme di rimostranze balorde del genitore e di luoghi comuni malamente raffazzonati dal Dirigente Scolastico, l'insegnante che conosce la situazione e la realtà dei fatti non si arrabbi - anche perché genitori e Dirigenti Scolastici hanno spesso la singolare capacità di colpire lo sventurato là dove gli pareva di avere meglio agito (e magari là dove ha effettivamente meglio agito).
Per quanto in collera però, l'insegnante accorto non deve fare niente a caldo, limitandosi a portare rancore in silenzio, senza sfogarsi con i colleghi, senza mettere troppo in discussione il suo metodo di lavoro, senza rimuginarci su ad alta voce mentre altri ascoltano. Può essere invece molto utile sfogarsi con ampia quantità di argomenti e lamentele con amici e colleghi che lavorano in altre scuole, meglio ancora in altre città.
Non fare niente porta con sé almeno tre effetti positivi:
1) la chiacchiera magari circola, magari cresce, ma non in tua presenza e con il tuo assenso. Se non dai una tua versione dell'accaduto spesso l'accaduto smette di esistere in tempi piuttosto brevi e passa nel dimenticatoio (ci passserà comunque in fretta, magari soppiantato da un'altra tempesta da bicchier d'acqua che spunterà di lì a due giorni)
2) il genitore, vedendo l'assenza di reazioni, magari si arrabbia ma comincia a sospettare che sia inutile bussare alla tua porta
3) altri genitori dedurranno dall'esperienza del primo che lamentarsi non porta grandi frutti, e desisteranno.
Insomma, non dare da mangiare al troll non funziona solo nella Grande Rete: anche il genitore più Terribilmente Determinato ad avere soddisfazione, nel giro di pochi giorni sarà quasi sempre costretto a desistere perché la vita ha le sue esigenze e altre incombenze bussano alla porta, così come anche il Dirigente Scolastico dovrà occuparsi ben presto d'altro. Del resto, la valutazione è insindacabile, la metodologia didattica quasi altrettanto. Ben presto le famiglie prenderanno atto che l'insegnante d'inglese dà troppi compiti e non sempre accetta giustificazioni, che quella di Lettere dà i compiti di punizione anche agli allievi più miti e tranquilli, che il docente di Tecnica mette quattro se per tre volte di fila non gli portano le tavole. E se ne faranno una ragione. Questionando moltissimo tra loro, lamentandosene, ma se ne faranno una ragione e magari ciò creerà un'utile reputazione di base per gli anni a venire al Crudele Docente ("Ah, ma con quello non c'è nulla da fare, ci abbiamo provato anche noi due anni fa, siamo perfino andati dal preside ma non è servito a nulla").

Non fare nulla è di estrema utilità anche nel disgraziatissimo e assai raro caso in cui il Genitore Intraprendente sia talmente intraprendente (e ostinato e sprovveduto e provvisto in soverchia copia di tempo libero e soldi da buttare via) da rivolgersi agli avvocati e avviare un qualche tipo di procedimento. Se l'insegnante non ha fatto e detto nulla non avrà peggiorato in niente la sua situazione, e tale situazione sarà più facile da esaminare (e risolvere a suo favore, come avviene nella gran maggioranza dei casi).

C'è infine un altro motivo per cui conviene chiudersi in un dignitoso silenzio, soprattutto nelle scuole di paese, là dove tutti, ma proprio tutti (genitori, insegnanti e allievi, bidelli, autisti dei pulmini, addetti alla mensa e vigili che regolano il traffico davanti all'entrata) si conoscono e si raccontano tutto: il colloquio con i professori può essere usato per lavorare ai fianchi il Consiglio di Classe usando la tecnica conosciuta come "dire a nuora perché suocera intenda" - insomma, ci si lamenta di Inglese ma si fa capire che anche Francese fa cose di inaudita crudeltà e Matematica è addirittura ai limiti del sadismo, lasciando velatamente intendere che tutti i genitori insieme stanno studiando un modo per reagire contro costoro, oppure si avviano processi ad altri alunni della classe che sarebbero i Veri Colpevoli svelando retroscena di vario tipo (che se non altro sono sempre interessanti da ascoltare ma sulla cui attendibilità non si può fare gran conto). Soprattutto in questi casi è opportuno non riferire niente ai colleghi, nemmeno per "prepararli al colpo" - perché il Perfido Genitore, convinto che il messaggio arriverà a destinazione, rimanda il colpo aspettando le reazioni al suo primo intervento "morbido" (e spesso si dimentica addirittura di assestarlo).
Applicando la tecnica della non-reazione l'insegnante prescelto come tramite otterrà l'eccellente risultato di diventare manipolatore di chi lo voleva manipolare, nonché di frustrare i propositi di chi lo voleva strumentalizzare, conseguendo così una vendetta del tipo più raffinato - e ottenendo l'unica, modestissima soddisfazione che può ricavare in tali deplorevoli frangenti.

domenica 17 gennaio 2010

Manuale del Perfetto Insegnante - I Genitori (3)


(a volte i genitori tendono ad essere un po' iperprotettivi)

Una legge di più di trent'anni fa (i cosiddetti Decreti Delegati) ha permesso ai genitori di interagire con la scuola.
La cosa ha avuto i suoi pro e i suoi contro: perché i genitori sono di aiuto per avere i finanziamenti dal quartiere e dal comune e anche da altre casse, e possono suggerire o collaborare a varie iniziative. Possono anche intromettersi, però; anzi, spesso considerano non tanto un diritto quanto un dovere vincolante l'intervenire sulle più varie questioni.
In realtà i genitori intervenivano anche prima della legge sui Decreti Delegati - chi ha avuto la ventura di insegnare in una scuola nei quartieri alti, dove i genitori erano ricchi e laureati e assai presi da questioni di prestigio sociale, sa che da sempre certe categorie rompono per definizione e c'è un'intera letteratura a testimoniarlo, dai signori Votini di Cuore a Lucius Malfoy (che se non altro però è un bell'uomo, il che non dovrebbe lasciare troppo dispiaciuto Albus Silente, che si ritrova assai spesso ad affrontare le sue infinite recriminazioni).
Negli ultimi decenni la categoria si è però estesa. Non esistono più quei bei genitori di una volta, che venivano al colloquio con il loro piccolo omaggio (lasciando per quel pomeriggio il pascolo o la stalla incustoditi), ascoltavano il resoconto dell'insegnante a testa bassa, dicevano sissignore e nossignore e al primo accenno di lamentela da parte dell'insegnante riempivano il figlio di ceffoni.
Dicevo, questa razza non c'è più e forse non era comunissima nemmeno un tempo. Sta di fatto che ormai praticamente tutti i genitori ci hanno la loro brava licenza media, sono stati a scuola (non sempre serbandone un buon ricordo), talvolta guadagnano molto più dell'insegnante pur avendo studiato molto meno e lo sanno, hanno pochi figli e verso quei pochi sono iperprotettivi, gelosi, apprensivi, adoranti, possessivi - insomma sono genitori.
Ad un certo punto si vedono strappare dalle braccia l'amato bene, che viene portato in una landa infida dove schiere di aguzzini lo torturano notte e giorno perché impari una serie di cose stranissime, dalla definizione di "retta" ai verbi irregolari inglesi fino ai predicativi del soggetto e dell'oggetto e alla vita e le opere di Michelangelo, sottoponendolo a severe sanzioni se il malcapitato non studia notte e giorno. Ovvio che cercano di reagire.
Certo, alcuni di loro sono in grado nonostante il genitoriale affetto di fare la tara ai racconti della prole, o magari ne ricevono di verosimili. Alcuni hanno troppo da fare per intervenire ad ogni stormir di fronda. Alcuni perfino ricordano ancora che studiare non sempre è una passeggiata. C'è una vasta e folta categoria di genitori che firma le note e incassa le insufficienze senza deprecarle altro che con il diretto responsabile, ce ne sono tantissimi che sanno prendere gli alti e bassi delle scolastiche vicende della prole senza drammatizzarle né minimizzarle e che preferiscono intervenire tre volte di meno piuttosto che una di più. Questi genitori esistono, sono tanti e vengono troppo spesso dimenticati dagli insegnanti esasperati che solo grazie a loro sopravvivono; ci si dimentica facilmente di loro perché non fanno nulla per farsi ricordare o mettersi in mostra, salvo, qualche volta, intervenire per dare una mano.
Poi ci sono gli altri...

Uomini morti non sono amici di uomini vivi e non danno regali




Nascosti nelle foreste di Gondor ci sono anche gli Uomini Selvaggi, discendenti dei primi abitanti umani della Terra di Mezzo. C'erano già prima dell'arrivo degli Elfi e dei Numenoreani e un tempo erano i re di quelle terre.

Ora vivono nascosti ma sanno benissimo quel che gli succede intorno. Si offrono di aiutare Theoden e i suoi a raggiungere la piana del Pelennor evitando un grosso esercito nemico che gli taglierebbe la strada. Non amano gli Orchetti (e chi li ama?) e non hanno armi lucenti per combattere, ma sanno che l'Ombra va fermata. Theoden promette loro grandi regali, ma il loro capo ricorda, con molto buon senso, che se non vincono non potranno ricompensarli. Se invece riescono a levargli dai piedi gli Orchetti, questa sarà una ricompensa più che sufficiente, purché dopo la vittoria li lascino campare in pace.
La loro è una cultura primitiva. Leggendo le poche pagine che gli vengono dedicate tornano in mente le tribù amazzoniche fotografate sul National Geographic. Gente decisamente strana, assai dignitosa e non particolarmente bella per i canoni occidentali. Sono primitivi, se ne trovano benissimo e intendono restarlo. Vogliono solo essere lasciati in pace, e sanno che gli Orchetti non lo faranno. Portano il loro aiuto inaspettato e spariscono nel nulla, lasciando i biondi cavalieri di Rohan a combattere.
Theoden con loro si mostra cortese. Eomer, che gli succederò sul trono, riferisce il loro intervento ad Aragorn Elessar, che una volta insediato sul trono li ricompenserà assegnando loro formalmente le terre che abitano dalla notte dei tempi. Invece di civilizzarli, il nuovo re li lascerà liberi di restare quel che vogliono essere.
Non male, per un inglese nato e cresciuto quando ancora l'Inghilterra aveva un impero ed era convinta di portare la civiltà financo a indiani e cinesi. In effetti in queste poche pagine Tolkien sembra molto avanti rispetto ai suoi tempi.

martedì 5 gennaio 2010

Sei una donna e il tuo compito è la casa


Quando Eowyn chiede, anzi scongiura Aragorn di prenderla con lei per percorrere i Sentieri dei Morti, l'eccellente Aragorn si districa assai malamente, o per meglio dire non si districa affatto.
Prova a parlare con la Voce della Ragione, ma Eowyn in quel momento è allergica anche al solo sentir nominare alcunché di ragionevole; allora prova con la Voce del Dovere, ma la ragazza dichiara fermamente che del dovere lei è stufa oltre ogni umana idea. Alla fine Aragorn è costretto a tirare fuori il più grande degli argomenti: "No perché no" e la abbandona in lacrime.
Il lettore, o almeno la lettrice, depreca fortemente. Il fatto che Eowyn sia stufa di fare la badante, custodire la casa e tessere la tela è, ai nostri femminili occhi, più che comprensibile.
In realtà, come scopriamo alle Case di Guarigione, Aragorn aveva compreso perfettamente lo stato di animo di Eowyn e le sue ragioni e anzi fa un'appassionata tirata in merito a Eomer - il quale, anima candida, si era solo accorto che la sorellina si era presa una sbandata per il futuro re di Gondor.
Dunque Aragorn non è un Bieco e Tirannico Conservatore dell'Ordine Costituito, bensì un Sovrano Giusto e Comprensivo. Ma avrebbe potuto prendere Eowyn con sé sul sentiero dei morti? Non c'era solo il problema che il Sentiero dei Morti era una strada con diverse incognite e i pochi compagni che Aragorn si porta dietro sono stati testati nelle più varie avventure e battaglie, mentre Eowyn è ancora da mettere alla prova (percorrere il Sentiero dei Morti non è una semplice questione di coraggio e di valore). Ma soprattutto, anche se Eowyn avesse superato la prova, c'era il problema di spiegarle che lui era fidanzato da qualche decennio...

Insomma, le buone intenzioni non sempre bastano. D'altra parte il rifiuto di Aragorn convince la fanciulla a fare finalmente il Grande Passo: disobbedire alle regole e decidere della sua vita senza aspettare il permesso di un uomo.
Che è una strada difficile, per una donna, ma spesso foriera di grandi soddisfazioni.

Orgoglioso e perspicace, uomo di assai alto lignaggio



Ed ecco Gandalf che va a Minas Tirith
(raramente ho visto un paesaggio più toscano di così).


Dopo più di 600 pagine che ne sentiamo parlare fino allo sfinimento, finalmente vediamo Minas Tirith. La bella città del Sole però non è nella sua veste migliore: ormai da tempo è praticamente una fortezza, ma adesso è una fortezza che aspetta un grande attacco. Via le donne e i bambini dunque, e tutti a fortificare mura e difese, con grande e legittimo timore che comunque non basti a fermare il Nemico.
A capo di questa fortezza bella e indomita c'è Denethor, il Sovrintendente, uomo di sangue numenoreano quasi puro e di rara antipatia che se la tira infinitamente. Gandalf insiste, presentandolo a Pipino, sulla sua perspicacia - e fa davvero bene a insisterci perché in presenza di Pipino (e del lettore) il nobile Denethor non fa niente di sensato ed è dunque opportuno spiegare come ha fatto Minas Tirith a restare in piedi nonostante il sovrano che si ritrovava.
Cupo, lunatico, enigmatico e sarcastico, l'uomo perspicace e di alto lignaggio passa il suo tempo seminando frasi tese ad esaltare la sua superiore conoscenza e intelligenza del nemico e a sottolineare la suprema stoltezza altrui; nei ritagli di tempo cencia attivamente il figlio rimastogli, l'ottimo Faramir. Nel giro di mezzo capitolo infatti:
- lo rimprovera di essere vivo mentre Boromir è morto
- lo rampogna aspramente perché non ha portato a casa l'Anello, che avrebbe fatto da talismano a Minas Tirith, dove nessuno lo avrebbe adoperato se non, si capisce, in caso di estrema necessità (seee...)
- lo spedisce a rotta di collo in un'impresa dichiaratamente impossibile e pure un tantinello inutile.
Dopo quest'ultima prodezza, perfino i sudditi cominciano a considerarlo con una certa perplessità. Ma il meglio deve ancora venire...

domenica 3 gennaio 2010

Di forma bella eppure orribile, come le forme dementi di un sogno inquieto



C'è Minas Tirith, la città del sole, testardamente abbarbicata alla sua libertà. Poi c'è Osgiliath, la cittadella delle stelle che proprio in quei giorni Gondor sta nuovamente perdendo. Infine c'è Minas Ithil, la città della luna, persa ormai molto, molto tempo fa.
E' ancora la città della luna: non la luna d'argento degli elfi ma la luna spettrale degli incantesimi malvagi, una luna-teschio deformata che sventola sul vessillo della fortezza e sulle divise degli orchetti, una luna malata senza speranza - la luna della pazzia, la luna decadente che nei racconti dell'orrore illumina cimiteri inquieti ricolmi di fantasmi maligni, la luna della febbre e del delirio.
Anche Minas Ithil è uno dei luoghi di cui vorrei sapere di più; ma gli hobbit si limitano a sfiorarla in una lunga scena d'orrore.
Passeranno in terra di Mordor attraverso il valico di Cirith Ungol, sorvegliato dal peggior ragnaccio della storia della letteratura (almeno, si spera che sia il peggiore). Che anche quella come pagina d'orrore non è male ma è, come dire, tutt'altro che spettrale - solo molto, molto malsana.
E infatti sarà proprio lì che Gollum li abbandonerà. Almeno per un po'.
(Ma la cosa non recherà alcun sollievo a Sam).

venerdì 1 gennaio 2010

Amici ignoti ed inattesi



Nell'Ithilien, una terra che solo da qualche tempo è diventata territorio di Mordor e che Gondor rifiuta di ammettere di aver perso, i due hobbit stanchi, smagriti e stressati incontrano Faramir, fratello di Boromir a lui piuttosto simile fisicamente.

All'inizio la somiglianza sembra estesa anche al carattere - chi siete, dove andate, perché non avete i documenti in regola, dove andava la vostra Compagnia, perché Boromir non la guidava, perché non stavate tutti andando a Minas Tirith, che notoriamente è l'unica destinazione concepibile per un essere umano che porta la spada?
Ma più avanti scopriamo che Faramir ha usato in realtà grande accortezza, concentrando le domande su Boromir (che a Gondor sembra oggetto di un culto collettivo) per deviarle dagli hobbit e dalla loro missione, che ha intuito a grandi linee lavorando per deduzione.
Quel poco che non ha capito glielo svelano Sam e Frodo. Avviene allora una scena assai simile a quella che aveva per protagonista Galadriel, una specie di "Cosa farei se prendessi l'Anello per me, ora che devo solo allungare la mano per averlo". Come Galadriel, anche Faramir medita sui possibili sviluppi e ne conclude che non ne verrebbe fuori niente di buono.
Come Galadriel, anche Faramir "passa il test": resterà all'Est, e farà il Sovrintendente per il nuovo re.
Ma per scegliere di non intervenire se non dando qualche aiuto materiale a Frodo, Faramir deve attingere a tutta la sua saggezza e a tutta la sua fiducia nel diritto di scelta altrui: niente infatti gli dà ragionevole motivo di pensare che Frodo riuscirà a concludere la sua missione, soprattutto portandosi dietro quella mina vagante a nome Gollum.
Dunque Faramir aiuta come può Frodo, non tanto perché spera che la sua missione vada  a buon fine, ma perché si rende conto che comunque l'Anello è troppo pericoloso per tenerlo tra loro e per usarlo.
Una scelta molto saggia al di là dell'apparente follia - ma vallo a spiegare all'intelligentissimo Denethor.

Il 2010 è arrivato...


...e da lui ci aspettiamo grandi cose

Ma prima di cominciare, Palmy suggerisce un piccolo riepilogo a scopo di inventario, di quelli che piacciono tanto a noi archivisti.
Si tratta di descrivere un po' del contenuto della bisaccia di quello che ci ha portato e lasciato il 2009.
E dunque ecco la mia:

1) il libro che ha lasciato il segno
"La forza del destino. Storia d'Italia dal 1796 ad oggi" di Christopher Duggan, che mi ha aiutato a riconciliarmi con le mie sfigate e italiche radici (oltre che ad aggiornare la mia assai polverosa preparazione sul Risorgimento)

2) la musica che ho conosciuto
(questo Palmy non ce l'ha messo, ma la mia bisaccia è destinata a contenere inevitabilmente un bel po' di musica)
i Bastard Sons Of Dioniso, gruppo dal gradevole impasto vocale e dall'anima multiforme e multisonora. Fanno un po' di tutto e lo fanno bene.
L'ultima cosa che han fatto è un gran bel disco: In stasi perpetua.
Dice che il loro meglio lo danno dal vivo, ma purtroppo non sono ancora riuscita a provare di persona. Probabile che nel 2010 potrò rimediare.
Per il momento, di loro dal vivo conosco solo le cover di X Factor (la mia preferita è Uomini col borsello, cantata con Elio e le Storie Tese nella serata finale) e i video di You Tube (ottimi e abbondanti).

3) il luogo che non dimenticherò
Hogsmeade, dove sto insegnando quest'anno. Paese molto carino, tra l'altro.

4)
la nuova ricetta che è diventata nostra
Da buona fiorentina la mia ricetta preferita da sempre è "prendere ingredienti di buona qualità e manipolarli il meno possibile".
(E per la cassata siciliana? E il pollo in galantina?
In quel caso l'ingrediente base è un buon pasticcere o pollaiolo...).
Poi ci sono tanti bravi e cari amici che si provano a fare da soli i tortelli per il brodo, le torte marengo e gli involtini primavera. A costoro va tutta la riconoscenza e l'ammirazione del mio ospitale stomaco, che è sempre disposto ad accogliere i loro tentativi, anche i primi, che non sempre possono riuscire perfetti...
D'altra parte anche l'Infinito non è mica stato scritto di getto, sapete.

5) un nuovo interesse che abbiamo coltivato
Vedere come fa l'industria discografica italiana a selezionare nuovi talenti e a sbagliarne sistematicamente il lancio usando la tecnica dell'ammazzare la gallina per perdere le uova d'oro. A modo suo è interessante.
D'altra parte anche l'industria editoriale lavora nello stesso modo.
(Non sarà che stiamo diventando un paese un tantinello provinciale? O magari che lo siamo diventati ancor di più di prima?)

6)
la frase che abbiamo aggiunto al repertorio delle citazioni preferite
E' il testo di una bella frottola degli inizi del Cinquecento di Marchetto Cara. La conoscevo da tempo ma quest'anno ho scoperto che i Bastard Sons of Dioniso l'hanno anche incisa con un arrangiamento un po' rocchettaro che le rende completa giustizia

ché gli è falsa mercancia,
a dar solo attendo via
quella poca che m’avanza.
Cara un tempo la comprai,
or la vendo a buon mercato
e consiglio ben che mai
non ne compri un sventurato
ma più presto nel suo stato
ne rimanga con costanza.
Vagamente leopardiana in apparenza, ma sospetto che l'autore in realtà intendesse esortare a lasciar perdere una storia d'amore che non stava portando grandi frutti.

7) i blog che ho trovato
Wolfghost - Alla ricerca dell'anima
ovvero questioni di varia spiritualità (con qualche gatto, naturalmente. Diffido per principio della spiritualità di chi non tiene almeno un gatto).
Laramanni's Weblog - Le prugne glorificano!
Riflessioni varie sulla scrittura, la scrittura di genere, il genere della scrittura... e molto Stephen King. Piuttosto personali, anche, perché la signora è una scrittrice.
Cosa c'entrino le prugne non l'ho mai capito.
Gamberi Fantasy - "Vi farà pescatori di gamberi"
Altro blog sulla scrittura, incentrato (guarda caso) sulla fantasy, tenuto dalla perfida, bravissima e preparatissima (quest'ultimo non guasta mai, in un campo dove abbondano luoghi comuni e pressappochismo) Gamberetta.
Anche qui, non so cosa c'entrano i gamberi ma sono usati per dare il voto alle opere recensite; d''altra parte se uno vuole chiamare in causa i gamberi o le aragoste nel suo blog, ha ben il diritto di farlo.