Murasaki in versione Turandot
per gentile e inconsapevole concessione di Kinuko Craft,
olio su tempera per la Washington Opera
Allo scopo di guadagnarmi onorevolmente lo stipendio sto cercando di instradare la Terza dei Tordi alla nobile arte delle interrogazioni. L'idea è che tutti loro devono imparare a gestire con scioltezza un'interrogazione anche quando non si siano sfiniti studiando tutto a memoria, stante che a fine anno ce ne sarà una bella lunga chiamata "colloquio d'esame".
Al momento sembra trattarsi di una pretesa assurda - un po' come aspettarsi che il Colosseo prenda le sue gambe e vada a farsi un giro sul Quirinale: ma sappiamo tutti che Roma non è stata fatta in un giorno, tanto per restare in ambito classico, e dunque ci sto provando. Con qualche resistenza, devo dire.
L'anno scorso interrogavo da posto.
Per dirla tutta, io ho sempre interrogato da posto. Mi hanno interrogato da posto per tutto il ginnasio e il liceo (con sporadiche eccezioni) e non per questo mi sentivo meno interrogata. Anzi, non ricordo di avere mai fatto una particolare distinzione tra interrogazioni da posto o alla cattedra.
Da insegnante realizzai subito che l'idea di avere accanto la creatura interrogata, in piedi mentre io ero seduta, mi metteva a disagio; così ho sempre interrogato da posto, di solito pure col libro aperto sul banco "perché potessero cercare il nome o la data che eventualmente gli mancava": nel mio personale concetto l'interrogazione è un discorso, anche una chiacchierata, su un dato argomento, e il nome e la data precisa si possono sempre cercare su un'atlante o una cronologia - e soprattutto, la storia non è un insieme di date mandate a memoria e geografia non è una sciarada di nomi. D'altra parte il libro aperto trasmette un senso di sicurezza che spesso cancella lo stress da interrogazione.
In breve: la questione di "insegnare a gestire un'interrogazione" per me non è mai esistito: ci si arrivava un po' per volta senza grossi traumi, e l'unica vera barriera era data dal tempo dedicato allo studio a casa. Di solito funzionava che chi non aveva studiato rifiutava di aprire bocca, e quindi non c'erano problemi a classificarlo: chi accettava di parlare, invece, era entrato nell'ordine di idee di sobbarcarsi il lavoro a casa.
Dal mio punto di vista, l'unico problema era che alcuni si rifiutavano di fare altro che memorizzare il testo - problema duplice perché, oltre al fatto che un apprendimento mnemonico non è esattamente quel che si prefigge la scuola dell'obbligo (o comunque quel che mi prefiggo io) c'era comunque il grosso inconveniente che, appena una parola saltava o un granellino di sabbia inceppava il meccanismo, l'interrogato piombava nella più nera confusione, non riusciva più a dire nemmeno il colore del cavallo bianco di Napoleone, e rimetterlo in carreggiata non era davvero affare da poco.
Aggiungo che questo succedeva solo con alunni che erano comunque in difficoltà nelle più varie materie e, soprattutto, quando i libri di testo facevano veramente schifo: in presenza di un libro ben scritto e ben strutturato, anche coloro che non sono dotati di sovrabbondante elasticità mentale e soverchia autostima riescono a impostare un bel discorsetto filato che riesce financo a tollerare una mezza domanda di approfondimento.
Insomma, con gli anni mi ero fatta l'idea che l'interrogazione è un frutto che si sbuccia piano piano, a velocità diverse a seconda dell'alunno, ma che non ha comunque scorza così dura da non poterne venire a capo.
La Seconda dei Tordi ha demolito ogni mia certezza in merito.
Cominciamo dalle basi: a Hogsmeade sono provincia, e ne sono molto più acutamente consapevoli che a St. Mary Mead. Hanno paura di parlare. Non di chiacchierare, naturalmente, ma di parlare in un'interrogazione. Per giunta molti degli insegnanti di Hogsmeade... hanno lasciato che continuassero a non parlare.
Non voglio parlare delle terze licenziate l'anno scorso, due delle quali all'inizio dell'anno sembravano mute: non è questo il posto opportuno per affrontare simili racconti dell'orrore. Ma so per certo che le due incaricate annuali che l'anno scorso hanno cercato di far parlare quelle due classi hanno vissuto un'esperienza didatticamente assai interessante. Voglio dire, davvero interessante.
Ma sto divagando.
Quando la mia seconda era ancora una prima aveva avuto un'insegnante di storia e geografia che non interrogava a storia (o interrogava sempre gli stessi, ho avuto più versioni) e non ha fatto geografia, oltre a un'insegnante di italiano che li ha fatti scrivere molto, e con buoni risultati: infatti solo pochissimi in quella classe riuscivano a fare un'interrogazione decorosa, ma parecchi erano in grado di farmi un buon testo scritto; sì, anche di storia, se l'avevano studiata (ho detto se).
E dunque io li ho fatti scrivere molto, ho messo una bella caterva di quattro alle interrogazioni mute, ho strigliato le famiglie e ho aspettato con fiducia i risultati.
Che sono arrivati, ma molto più lentamente del previsto, e quasi solo a Geografia. A storia qualcuno studiava a memoria, qualcuno studiava a morte per l'occasionale interrogazione, qualcuno non veniva a capo nemmeno di un'interrogazione programmata su due pagine, qualcuno era definitivamente chiuso in uno sdegnoso silenzio... e qualcuno trovò infine l'uovo di Colombo: leggere dal libro.
Il quale uovo di Colombo rivelò quasi subito i suoi limiti, perché misteriosamente l'insegnante se ne accorgeva subito (ma tu guarda i casi della vita); alcuni dei Tordi più sprovveduti continuarono però ad affidarcisi con incrollabile ottimismo nonostante i risultati non proprio ottimali.
Non sapevo che fare: fargli chiudere il libro non osavo, perché alcuni lo usavano come coperta di Linus ed era chiaro che senza si sarebbero persi. Arrivati al Settecento però una soluzione si imponeva. Così passai a dettare uno schema sull'Illuminismo, su cui interrogai tutti a tappeto.
Poi ci furono uno schema sulla rivoluzione industriale e uno sulla rivoluzione americana; lì per fortuna l'anno si chiuse, prima che finissi definitivamente alla neurodeliri.
Nel frattempo qualche anima buona aveva finalmente calibrato a dovere la LIM, dove non risultavano più pallidi ectoplasmi ma vere immagini, provviste di colori.
Quest'anno ho deciso di fare una terapia a scalare. Prima ho interrogato a storia sulle mappe mentali del libro (fatte anche piuttosto benino). Come coperta di Linus funzionavano anche quelle, e in quel modo il libro era aperto solo su una determinata pagina.
Poi ho acceso la LIM.
E lì vi è stato pianto e stridor di denti.
A Geografia occorre lavorare sulle carte, giusto? Dunque bastava proiettare una bella carta geografica sulla LIM e chiamare la creatura. Addirittura, le prime interrogazioni sono state fatte sulla grande carta geografica dell'Asia appesa alla parete. Ho comprato una bella bacchetta di legno lunga e gli ho chiesto di espormi l'Asia fisica.
C'è voluto del bello e del buono per convincerli che la bacchetta dovevano usarla per indicarmi i vari fiumi e monti, e non solo per tenerla in mano. Ma alla fine ci sono riuscita: in fondo la carta era in fondo all'aula, i compagni vicini suggerivano, il libro aperto stava sul banco e con qualche contorsione si poteva vedere. Certo, leggere stava diventando difficile, ma hanno continuato a provarci.
Poi siamo passati alla Turchia.
Hanno provato a convincermi che volevano essere interrogati alla carta geografica, ma gli ho spiegato che lì la Turchia era piccola e gli ho proiettato sulla LIM una bella cartona turca. No, da posto non interrogavo più. Eravamo in terza, in terza si chiedono cose diverse rispetto alla seconda. No, da posto non interrogavo più. No. C'era il colloquio a fine anno, dovevano abituarsi a parlare senza scialuppe di salvataggio. No, da posto non interrogavo più.
Ora, io sono perfettamente consapevole che se non hai studiato la Turchia avrai dei problemi a ripeterla. Ma se l'hai studiata?
La prima tragedia avvenne verso la metà di Ottobre. Ben tre fanciulle (due delle quali piuttosto studiose) davanti alla carta proiettata sulla LIM sono andate nel panico più completo e totale, tanto da non riuscire a dirmi nemmeno i confini della Turchia - che, se vogliamo, è un'impresa alla portata anche di chi non si è consumato gli occhi a studiare la Turchia per giorni e giorni di fila.
Immobili, terrorizzate, mute, mi guardavano come il coniglio guarda il serpente che sta per inghiottirlo. La buona e brava e adattabile e comprensiva prof. Murasaki era improvvisamente diventata un crudele drago assetato di sangue. Con l'unico filo di voce di cui disponevano imploravano di andare a posto e di parlare lì, perché "da posto la sapevano". Compagni e compagne giuravano che la sapevano davvero. Ed è vero che dal posto sapevano: molti infatti, tornati al loro amato banco, erano in grado di parlare. La classe si stava facendo studiosa. Ma non riusciva a parlare senza coperta di Linus.
L'unica cosa che mi era chiara era che non potevo tornare indietro, a nessun costo. Ho quindi dovuto sopprimere nel mio cuore ogni umano moto di pietà e compassione, resistere ai richiami che Amnesty International continuava a mandarmi e ignorare i più elementari diritti dell'uomo e del cittadino: ho proseguito nella mia crudelissima tortura, sfoderando una crudeltà di cui non mi sarei mai creduta capace.
Alla lezione successiva le creature sono tornate (per la più impaurita sono ricorsa senza remore alla promessa di un cambio di posto per una settimana accanto all'amica del cuore); piano piano, con il loro filino di voce che via via diventava più deciso, mi hanno spiegato le caratteristiche di quel non difficilissimo stato che è la Turchia. Col passare delle settimane il coraggio è aumentato e adesso anche le più timide e i meno loquaci fanno una lettura decente di una carta o discettano su deserti e monsoni.
Ma, per loro, Geografia è sempre stata la parte più facile. E se anche quella ha dato problemi, Storia si è rivelata un vero bagno di sangue.
Dopo la rivoluzione americana, si sa, arrivano la rivoluzione francese e Napoleone - argomenti tutt'altro che drammatici se si riesce a non sperdersi nella selva di date del 1789.
Così partorisco una delle mie molte idee geniali*: una piccola cronologia da proiettare alla lavagna. Con la cronologia davanti, nessuno avrà problemi ad infilare una perfetta rivoluzione francese, e tutti potranno così agevolmente esercitarsi nella nobile arte di infilare un discorso filato.
In un lampo di entusiasmo di cronologie ne preparo tre: una small, una medium e una comprensiva di Napoleone. E attacco fiduciosa a interrogare.
Non è andata proprio liscia come credevo, ecco; anzi, visto che siamo in tema napoleonico, un bel riferimento a Waterloo ci sta d'incanto. Tanto per cominciare, ci volle un sacco di tempo perché si decidessero a vederle, quelle date, non parliamo di ricamarci su. La semplice domanda "Chi era Napoleone?" riuscì a mandare in tilt un numero allarmante di persone.
"Scusa, hai appena detto che Napoleone fu mandato dalla Francia a combattere con l'Italia per dividere l'Austria**. Chi era Napoleone? Da che parte combatteva?".
"Dalla parte dell'Austria".
"E quindi era venuto a dividere l'Austria?".
"Ah no, cioè, era francese".
"Bene. E che lavoro faceva questo francese?".
A me sembrava che anche a occhio la risposta fosse piuttosto intuibile. Ma la sapevano solo da posto. Perché, notoriamente, quando uno è terrorizzato è terrorizzato, punto e basta. E se poi chiamavi la persona che da posto ti aveva risposto, non si ricordava più nemmeno il suo nome.
"Ragazzi, è una LIM, non è un Tyrannosaurus Rex. Non morde e non vi mangia" ho provato a dirgli.
"Ma è cattiva!"
"Ci guarda male!"
"Come fa a guardarvi male una LIM?"
"Prof, non ci riusciamo!"
Poi un giorno ho chiamato Leprotta - una brava e dolce e cara ragazza, molto diligente e che mi ha sempre fatto delle rispettabili interrogazioni da 7 senza farsi mai pregare. Lei mi guarda terrorizzata. Balbetta. Chiede di essere chiamata la volta prossima. Supplica di essere chiamata la volta prossima. Quasi mi abbraccia le ginocchia. Si dice sicura di non riuscire a parlare. Il suo sguardo è colmo di Addolorato Rimprovero. "Io sono sempre stata brava e corretta con te, non ho mai sgarrato e tu mi infliggi questo maltrattamento? Come potrò mai più avere fiducia in un professore, se anche tu mi tradisci così? Io mi fidavo di te!".
I rimorsi mi divorano. Rischio forse di traumatizzarla in modo irreversibile? Questa cosa può farle davvero del male?
Qualcosa, però, mi spinge a insistere. In un anno e passa non l'ho mai trovata impreparata e non mi ha mai consegnato i compiti in ritardo. Possibile che si sia presa un giorno di vacanza proprio ai tempi del Terrore? A ben guardare non ha detto che non ha studiato, ha detto che non sa ripeterla...
Tremante e rimproverosa come nemmeno le mie gatte se tardo a farle rientrare in casa quando piove, Leprotta arriva davanti alla perfida LIM.
"La prima data, quella del 1791, si riferisce alle elezioni. Di che si tratta?"
Con un pallido raggio di speranza noto l'eroica lotta dell'Istinto di Conservazione. Flebilmente Leprotta comincia a mormorare qualcosa sulla nuova costituzione, l'assemblea legislativa e le elezioni. Con voce più decisa parla dei tre schieramenti eletti e di come si distribuiscono in parlamento, per poi inanellarmi un'interrogazione come tutte le sue, né meglio né peggio, ma seguendo tutte le date e non nell'ordine preciso del libro.
E' stata la prima, sottile crepa nel muro. Un inizio, insomma.
Altri sono venuti. Qualcuno ha fatto meraviglie, qualcuno ha fatto decentemente.
Qualcuno è ancora piantato come un mulo, si capisce. Anche Parigi non è stata fatta in un sol giorno.
*della serie "pietà se ce n'è"
**sì, lo so: a qualche perfezionista potrà sembrare una decrizione non proprio perfetta della discesa di Napoleone in Italia. Anche a me faceva venire il voltastomaco, in effetti. Comunque c'è anche chi ha esordito in modo più sensato e pertinente.