Il mio blog preferito
venerdì 31 ottobre 2014
Carmilla - Joseph Sheridan Le Fanu
Tanti e tanti anni fa in una libreria di remainder pescai una raccolta di racconti di fantasmi di Joseph Sheridan LaFanu (1814-1873), scrittore per me totalmente sconosciuto. Andavo spesso a tentativi, a quei tempi, fidandomi dell'istinto e dei riassunti dietro la copertina, che all'epoca avevano la stravagante tendenza a dare effettivamente un idea del contenuto.
Lessi i racconti con gran piacere (e molta paura), ma quello che mi colpì di più fu Carmilla, che è il più conosciuto e spesso è stato pubblicato anche da solo.
E' un racconto non troppo lungo, all'incirca ottanta pagine di lunghezza media - uno di quei bei racconti vittoriani con la cornice: un tale che racconta che ha il resoconto di una storia molto interessante e piena di mistero, poi attacca la protagonista e spiega che il racconto che sta per fare è interessante e pieno di mistero e parte da un suggestivo ricordo d'infanzia su una bella signora che una sera le venne vicino mentre da bambina dormiva nel suo letto...
Infine arriva la storia vera e propria: quando era giovane, la protagonista viveva in un castello isolato con suo padre; per una serie di circostanze si trovano a ospitare per un periodo una bella e distinta fanciulla, Carmilla.
Le due diventano subito grandi amiche e si amano di tenero amore. La bella ospite ha però alcuni tratti insoliti: dorme di un sonno assai profondo, si sveglia assai tardi la mattina, è pallida e assai languida ma anche molto affettuosa con la sua giovane ospite, di un affetto quasi morboso (quasi?). Per contro la giovane castellana, una ragazza robusta e di eccellente salute, comincia a sentirsi inspiegabilmente debole, finché si accorge di avere degli strani lividi sulla base del collo...
Alla fine la narratrice si salva - come sappiamo fin dall'inizio, visto che è lei che racconta la storia - ma non assisterà all'eliminazione della vampira (che avverrà con tecniche piuttosto cruente, come sempre accade con i vampiri). Al di là del suo legittimo e fermo desiderio di salvarsi la vita, rimangono l'ansia, il ricordo della paura e un fondo di nostalgia per questa bella fanciulla così ricca di fascino e così impenetrabile, che a modo suo (un modo piuttosto divorante, certo) l'ha amata con affetto quasi sincero e certamente intenso.
Il racconto è adattissimo a una giovinetta del tutto inesperta del mondo dei vampiri, com'ero all'epoca. Veniva spiegato come si diventava vampiri, come si "viveva" da vampiri, come si cambiava nome e identità alla caccia di nuove vittime, ma anche l'affetto che legava i vampiri alle loro vittime preferite. Carmilla è un personaggio davvero attraente: bella, di modi raffinati, aggraziatissima nel muoversi e nel parlare, con quel languore che ne fa una perfetta eroina romantica, mi conquistò subito.
Amavo i vampiri, bramavo leggere nuove storie di vampiri, ero ansiosa di addentrarmi nell'universo dei vampiri. In realtà, volevo soprattutto altri racconti come quello.
Chiesi un libro sui vampiri, per Natale. I miei genitori erano sempre disponibili ad assecondare le mie preferenze letterarie, ma stavolta non trovarono niente, salvo una vita del celebre conte Vlad, neanche fatta benissimo. E non trovarono niente perché niente c'era da trovare: all'epoca non era stato tradotto nemmeno Dracula di Bram Stoker* - assurdo, considerando che i film sui vampiri si trovavano in giro a un soldo la dozzina.
Così la mia passione per i vampiri morì quasi subito, crudelmente trafitta non già da un paletto di frassino, quanto dall'insulsa editoria italiana.
Carmilla però è rimasta tra le mie letture preferite, e non ho mai sostituito la vecchia edizione che si sfascicolò quasi subito (perché se l'avevano messa tra i remainders c'era ben il suo motivo).
Si legge in poche ore: in mezzo pomeriggio, meglio ancora in una buia serata di Novembre (ad esempio stanotte, che è la notte delle streghe). Ma, onestamente, mantiene la sua carica di paura insidiosa a qualsiasi ora e in qualsiasi stagione.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti un ottimo fine settimana e un eccellente sabba per stanotte. Possano le vostre scope volare saldamente dentro i peggiori uragani e depositarvi felicemente sotto il noce di Benevento, sul Monte Calvo o dovunque desideriate recarvi. Ma lasciate a casa i gatti neri, perché potrebbero rischiare spiacevoli incontri:
*che lessi, molti anni dopo, con paziente costanza e annoiandomi un po'. Ai miei occhi il romanzo non lega nemmeno le scarpe al bellissimo racconto di Le Fanu.
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giovedì 30 ottobre 2014
L'orrendevole e drammaticissima Saga del Registro Elettronico - 9 - Nel labirinto
L'immagine è di ZivCG e si trova a http://zivcg.deviantart.com/art/Labyrinth-59713145.
Pur dipinta presumibilmente per altri fini, raffigura assai bene gli insegnanti di St. Mary Mead che vagano dentro il Registro Elettronico
E dunque il Registro Elettronico esiste. Pare che in Segreteria si siano raccomandati con chiunque gli passasse a tiro che, per carità, nessuno lo usasse*. E' noto però il mio spirito avventuroso, sì come il mio sprezzo del pericolo; così me ne sono fregata delle raccomandazioni della Segreteria - anche perché mi sono arrivate quando ormai da tre giorni pasticciavo allegramente col giocattolino nuovo.
Del resto, in quella scuola, lo spirito d'avventura e lo sprezzo del pericolo sembrano merce a buon mercato.
Il primo è stato Jorge che, senza curarsi minimamente di avvisarci che alfine il Registro era arrivato, ha cominciato senz'altro a compilarlo. Forse io sono stata la seconda, ma già il giorno dopo anche Arte e la mia collega di Matematica si erano unite.
Nel giro di due giorni un buon terzo dei docenti della scuola aveva firmato, taluno perfino attentandosi a segnare assenti e presenti; molti altri avevano invece provato a firmare ma non erano riuscita a collegarsi al sito o a prendere la linea. Io e Jorge restavamo gli unici che avevano inserito anche qualche argomento delle lezioni e, a quel che mi risulta, io ero assolutamente l'unica ad avere inserito financo ben due serie di voti scritti (oltre a qualche interrogazione sparsa). A questa nobile impresa avevo anzi dedicato una congrua parte della Domenica (oltre ad aver corretto gli scritti in questione, che si era rivelata di gran lunga la faccenda più rapida).
Avevo così avuto occasione di notare che il nostro Bellissimo Registro Elettronico aveva una deplorevole quanto costante tendenza a piantarsi come un mulo, cosa che anche tutti gli altri intrepidi avventurieri o aspiranti tali della scuola media di St. Mary Mead avevano potuto constatare a loro volta.
Restava un gruppetto di Oscurantisti che, richiesto, dichiarava con fermezza che nel Registro Elettronico voleva impicciarsi il più tardi possibile, e se ne sarebbe occupato solo dopo precisa e formale richiesta della Dirigenza. Anche loro, tuttavia, ogni tanto accostavano la VicePreside che, saldamente accampata davanti all'unico computer della Sala Insegnanti, cercava di venire a capo della faccenda - anche lei incurante degli accorati quanto inspiegabili divieti della Segreteria.
E venne il Gran Giorno della Simulazione, Lunedì scorso, quando tutti gli insegnanti delle medie (inclusi quelli di Crifosso che, com'è noto, sono tutti molto ganzi oltre che assai informatizzati) si riunirono intorno al grande schermo della Sala Riunioni delle elementari, in devota attesa delle illuminanti istruzioni del prof. Jorge, che avrebbe spiegato come usare il Bellissimo Registro Elettronico.
Il primo quarto d'ora se n'è andato cercando di trovare la password per aprire il computer (alle elementari la cambiano spessissimo, e sospetto che abbiano cura in particolar modo di cambiarla cinque minuti che arriviamo noi delle medie). Quando alfine la password è arrivata e lo schermo si è sbloccato... è apparso il nostro amato dinosaurino a pixel, ormai noto a tutti noi nemmeno fosse un nostro fratello di latte. Dopo un bel po' sono arrivati sia la Nostra Preside che il collegamento.
La Nostra Preside ha osservato con un bel sorriso che il collegamento dà dei problemi un po' in tutta St. Mary Mead - ma non ci ha spiegato come mai, in cotali condizioni, sia stato deciso di avviare un registro elettronico che nessuna legge ci obbliga a tenere, né si sia pensato di ovviare ai problemi di collegamento mediante abbonamento telefonico satellitare.
E va pur detto che nessuno glielo ha chiesto, nemmeno io. Anzi, peggio ancora: non so gli altri, ma io non glielo ho chiesto perché sul momento non mi è neppure passato per la testa di domandarglielo o di domandarmelo.
Alfine il collegamento è arrivato e, nonostante molte e ripetute piantagioni (o piantaggini?) del programma Argo ScuolaNext, ci è stato spiegato nel più esauriente dei modi come firmare, come segnare le assenze e le giustificazioni eccetera eccetera. Assistita dal mio fido tablet, che continuava a piantarsi pure lui a fasi alterne, all'inizio ho seguito con gran devozione tutte le spiegazioni, poi ho lasciato perdere, ho rinfoderato il tablet e ho cominciato ad annoiarmi in dignitosa discrezione, mentre alcuni colleghi prendevano intensamente appunti, altri seguivano su tablet grazie alle varie reti wireless**, con aria dignitosamente annoiata e altri ancora facevano domande di vario genere e pertinenza.
Il Martedì - giornata lunga per il Tempo Prolungato - anche gli insegnanti più scettici e miscredenti si sono dedicati con grande zelo a saltellare su e giù per i meandri del Bellissimo Registro Elettronico col computer di Sala Insegnanti, rendendomi del tutto impossibile accedere al computer in questione per certe faccende che desideravo svolgere per la biblioteca. Non ho preso nemmeno lontanamente in considerazione la possibilità di disturbarli o interromperli, tanto più che parevano quasi averci preso gusto.
L'inizio ufficiale del Gran Cimento è tra una decina di giorni.
Perché nel frattempo una nuova tempesta si è abbattuta sulla piccola ma solerte scuola media di St. Mary Mead: il Cambio degli Infissi.
*non ho la benché minima idea del perché.
**è noto che la scuola, pur avendo infiniti problemi di collegamento, dispone di non meno di cinque reti wireless tra elementari, medie e segreteria - che talvolta arrivano ai nostri tablet e a volte no, ma non risulta riescano ad arrivare ai computer.
Del resto, in quella scuola, lo spirito d'avventura e lo sprezzo del pericolo sembrano merce a buon mercato.
Il primo è stato Jorge che, senza curarsi minimamente di avvisarci che alfine il Registro era arrivato, ha cominciato senz'altro a compilarlo. Forse io sono stata la seconda, ma già il giorno dopo anche Arte e la mia collega di Matematica si erano unite.
Nel giro di due giorni un buon terzo dei docenti della scuola aveva firmato, taluno perfino attentandosi a segnare assenti e presenti; molti altri avevano invece provato a firmare ma non erano riuscita a collegarsi al sito o a prendere la linea. Io e Jorge restavamo gli unici che avevano inserito anche qualche argomento delle lezioni e, a quel che mi risulta, io ero assolutamente l'unica ad avere inserito financo ben due serie di voti scritti (oltre a qualche interrogazione sparsa). A questa nobile impresa avevo anzi dedicato una congrua parte della Domenica (oltre ad aver corretto gli scritti in questione, che si era rivelata di gran lunga la faccenda più rapida).
Avevo così avuto occasione di notare che il nostro Bellissimo Registro Elettronico aveva una deplorevole quanto costante tendenza a piantarsi come un mulo, cosa che anche tutti gli altri intrepidi avventurieri o aspiranti tali della scuola media di St. Mary Mead avevano potuto constatare a loro volta.
Restava un gruppetto di Oscurantisti che, richiesto, dichiarava con fermezza che nel Registro Elettronico voleva impicciarsi il più tardi possibile, e se ne sarebbe occupato solo dopo precisa e formale richiesta della Dirigenza. Anche loro, tuttavia, ogni tanto accostavano la VicePreside che, saldamente accampata davanti all'unico computer della Sala Insegnanti, cercava di venire a capo della faccenda - anche lei incurante degli accorati quanto inspiegabili divieti della Segreteria.
E venne il Gran Giorno della Simulazione, Lunedì scorso, quando tutti gli insegnanti delle medie (inclusi quelli di Crifosso che, com'è noto, sono tutti molto ganzi oltre che assai informatizzati) si riunirono intorno al grande schermo della Sala Riunioni delle elementari, in devota attesa delle illuminanti istruzioni del prof. Jorge, che avrebbe spiegato come usare il Bellissimo Registro Elettronico.
Il primo quarto d'ora se n'è andato cercando di trovare la password per aprire il computer (alle elementari la cambiano spessissimo, e sospetto che abbiano cura in particolar modo di cambiarla cinque minuti che arriviamo noi delle medie). Quando alfine la password è arrivata e lo schermo si è sbloccato... è apparso il nostro amato dinosaurino a pixel, ormai noto a tutti noi nemmeno fosse un nostro fratello di latte. Dopo un bel po' sono arrivati sia la Nostra Preside che il collegamento.
La Nostra Preside ha osservato con un bel sorriso che il collegamento dà dei problemi un po' in tutta St. Mary Mead - ma non ci ha spiegato come mai, in cotali condizioni, sia stato deciso di avviare un registro elettronico che nessuna legge ci obbliga a tenere, né si sia pensato di ovviare ai problemi di collegamento mediante abbonamento telefonico satellitare.
E va pur detto che nessuno glielo ha chiesto, nemmeno io. Anzi, peggio ancora: non so gli altri, ma io non glielo ho chiesto perché sul momento non mi è neppure passato per la testa di domandarglielo o di domandarmelo.
Alfine il collegamento è arrivato e, nonostante molte e ripetute piantagioni (o piantaggini?) del programma Argo ScuolaNext, ci è stato spiegato nel più esauriente dei modi come firmare, come segnare le assenze e le giustificazioni eccetera eccetera. Assistita dal mio fido tablet, che continuava a piantarsi pure lui a fasi alterne, all'inizio ho seguito con gran devozione tutte le spiegazioni, poi ho lasciato perdere, ho rinfoderato il tablet e ho cominciato ad annoiarmi in dignitosa discrezione, mentre alcuni colleghi prendevano intensamente appunti, altri seguivano su tablet grazie alle varie reti wireless**, con aria dignitosamente annoiata e altri ancora facevano domande di vario genere e pertinenza.
Il Martedì - giornata lunga per il Tempo Prolungato - anche gli insegnanti più scettici e miscredenti si sono dedicati con grande zelo a saltellare su e giù per i meandri del Bellissimo Registro Elettronico col computer di Sala Insegnanti, rendendomi del tutto impossibile accedere al computer in questione per certe faccende che desideravo svolgere per la biblioteca. Non ho preso nemmeno lontanamente in considerazione la possibilità di disturbarli o interromperli, tanto più che parevano quasi averci preso gusto.
L'inizio ufficiale del Gran Cimento è tra una decina di giorni.
Perché nel frattempo una nuova tempesta si è abbattuta sulla piccola ma solerte scuola media di St. Mary Mead: il Cambio degli Infissi.
*non ho la benché minima idea del perché.
**è noto che la scuola, pur avendo infiniti problemi di collegamento, dispone di non meno di cinque reti wireless tra elementari, medie e segreteria - che talvolta arrivano ai nostri tablet e a volte no, ma non risulta riescano ad arrivare ai computer.
venerdì 24 ottobre 2014
Come NON vedere un film (unplugged)
Una bella ciotola di popcorn è un piacevole accompagnamento a un film.
(Se c'è un film da vedere, naturalmente)
Poniamo il caso (non del tutto infrequente, in effetti) di un qualsivoglia insegnante della scuola media di St. Mary Mead che abbia l'incauta idea di far vedere un film ai suoi alunni, vuoi in appoggio al programma di storia o di geografia, vuoi per introdurre una qualche tematica sociale o culturale, o anche solo per festeggiare un qualche evento o ricorrenza.
Per fare ciò costei (costui, in qualche raro caso) dispone di una vasta gamma di possibilità virtuali.
Prima di tutto c'è l'Aula Magna, detta anche Aula Multimediale, munita di tende nere, dove un proiettore ormai logorato dal tempo proietta pallide immagini di scarse dimensioni. Cotali immagini sono accompagnate da un sonoro assai discutibile, vuoi perché l'aula ha un acustica decisamente pessima, vuoi anche perché le casse sono posizionate in modo più che strampalato perché hanno i cavi corti.
La cosa si può in qualche modo ovviare mettendo i sottotitoli al film (che però non sempre corrispondono esattamente al dialogo) ma la parte musicale resta inevitabilmente penalizzata. Anche la parte visiva, in effetti: ho visto film che avevano ricevuto l'Oscar per la fotografia trasformati in pallide larve.
Non essendoci più lettori né per le videocassette né per i DVD, viene usato un computer; che, come tutti i computer della scuola di St. Mary Mead è diversamente funzionante.
Com'è noto, in tutti i computer appena decorosi basta inserire il DVD del film nell'apposita fessura, aspettare che il DVD compaia sullo schermo e cliccarci sopra e il film partirà, facendoti vedere il menù.
Qui invece il computer ti chiede con che programma desideri vedere il film, perché ce ne sono almeno due, con due diversi sistemi di avvio, e ogni volta devi pregare per ricordarti qual è il programma giusto, perché non tutti leggono tutto, anche quando si usano DVD legalissimi e legittimi, acquistati in negozi forniti di regolari licenze e in possesso di tutti i bollini SIAE necessari. Un vero strazio.
In compenso entrambi i programmi si incaponiscono a chiederti con grande insistenza se "vuoi copiare il film?". Copiare il film, per quanto ho capito, è molto più facile che limitarsi a vederlo, per quanto nessuno sia mai riuscito a spiegarsi questa ansia da parte del computer di copiarli.
Esiste poi una postazione per i film nell'aula di sostegno, dove un grosso televisore semipiatto di un paio di generazioni fa permette di vedere e sentire piuttosto bene. Non ci sono molte sedie, ma gli alunni possono portarsi dietro quelle della loro classe.
Non ci sono nemmeno le tende nere, perciò va montato il catafalco, ovvero un grosso pannello di tela nera che oscura parzialmente le finestre.
Tutto bene, dunque? No, perché non c'è telecomando. Nel caso che il DVD sia un po' capriccioso e decida di partire con una lingua a noi straniera (alcuni lo fanno) non c'è modo di convincerlo a passare a un banalissimo ITALIANO.
Abbiamo poi la postazione in biblioteca: schermo piatto di medie dimensioni, tende doppie, sotto bianche e sopra nere, lettore per VHS e DVD.
Peccato che il lettore DVD, oltre ad avere un telecomando decisamente lunatico, abbia anche seri problemi per la riproduzione del suono. Quando va bene si sente parlare piuttosto piano, mentre la musica va fortissimo. Quando va peggio si sente benissimo la musica ma nessuno parla.
La prof. Quadrella ha provato a rimediare portando un suo vecchio lettore per DVD, ma è risultato che quel lettore è, appunto, vecchio: perciò legge senza problemi film di qualche anno fa, ma con i nuovi ha parecchi problemi e si pianta spesso e volentieri.
Abbiamo infine tre LIM, in tre classi diverse.
Per vedere un film in una classe, se non ci assiste una nebbia eccezionalmente fitta o almeno un cielo assai nuvoloso, è del tutto indispensabile montare il catafalco - operazione complessa in una classe piena di banchi e con tre radiatori posizionati proprio sotto le finestre.
Dopo aver fatto sloggiare la legittima classe con blandizie varie e accordi sottobanco con i professori di quell'ora, dopo aver perigliosamente montato il catafalco, dopo che tutti gli studenti si sono sistemati in modo da vedere bene...
A quel punto possiamo, a scelta:
- scoprire che il computer della LIM quel giorno è di malumore e non vuole avviarsi
- avviare il computer che parte tranquillo, per poi scoprire che le casse non funzionano
- scoprire che la LIM in quei giorni è molto lunatica e non vuole funzionare a dovere.
Questo è il motivo per cui, con la Seconda cui faccio Approfondimento, e a cui dovrei far vedere una scelta di film e documentari in appoggio al programma di Storia (la Seconda in questione, infatti, è molto appassionata di storia e ha gradito molto l'idea di vedere film e documentari storici. Ed è bene che abbia gradito l'idea, perché per il momento ci siamo appunto limitati all'idea) non è ancora riuscita, in cinque ore di Approfondimento, a vedere Braveheart. Che d'accordo, è un film bello lungo, ma se riesci ad avviarlo in tre ore finisce.
Noi per ora abbiamo a malapena doppiato il capo delle prime due ore.
Sono in corso manovre sotterranee per l'acquisto di soppiatto di un lettore di DVD con alcuni avanzi di soldi raccolti per le uscite dell'anno scorso.
Magari per Natale ci riusciamo e riuscirò a far vedere alla mia Terza Nightmare Before Christmas?
Tutto può essere.
Nel frattempo il mio stato Beech negativo non accenna a migliorare, e la Seconda appassionata di storia, nonostante abbia gradito assai i frammenti di Braveheart che è riuscita ad intravedere e intrasentire, si sente un po' perseguitata dalla sorte.
Prima di tutto c'è l'Aula Magna, detta anche Aula Multimediale, munita di tende nere, dove un proiettore ormai logorato dal tempo proietta pallide immagini di scarse dimensioni. Cotali immagini sono accompagnate da un sonoro assai discutibile, vuoi perché l'aula ha un acustica decisamente pessima, vuoi anche perché le casse sono posizionate in modo più che strampalato perché hanno i cavi corti.
La cosa si può in qualche modo ovviare mettendo i sottotitoli al film (che però non sempre corrispondono esattamente al dialogo) ma la parte musicale resta inevitabilmente penalizzata. Anche la parte visiva, in effetti: ho visto film che avevano ricevuto l'Oscar per la fotografia trasformati in pallide larve.
Non essendoci più lettori né per le videocassette né per i DVD, viene usato un computer; che, come tutti i computer della scuola di St. Mary Mead è diversamente funzionante.
Com'è noto, in tutti i computer appena decorosi basta inserire il DVD del film nell'apposita fessura, aspettare che il DVD compaia sullo schermo e cliccarci sopra e il film partirà, facendoti vedere il menù.
Qui invece il computer ti chiede con che programma desideri vedere il film, perché ce ne sono almeno due, con due diversi sistemi di avvio, e ogni volta devi pregare per ricordarti qual è il programma giusto, perché non tutti leggono tutto, anche quando si usano DVD legalissimi e legittimi, acquistati in negozi forniti di regolari licenze e in possesso di tutti i bollini SIAE necessari. Un vero strazio.
In compenso entrambi i programmi si incaponiscono a chiederti con grande insistenza se "vuoi copiare il film?". Copiare il film, per quanto ho capito, è molto più facile che limitarsi a vederlo, per quanto nessuno sia mai riuscito a spiegarsi questa ansia da parte del computer di copiarli.
Esiste poi una postazione per i film nell'aula di sostegno, dove un grosso televisore semipiatto di un paio di generazioni fa permette di vedere e sentire piuttosto bene. Non ci sono molte sedie, ma gli alunni possono portarsi dietro quelle della loro classe.
Non ci sono nemmeno le tende nere, perciò va montato il catafalco, ovvero un grosso pannello di tela nera che oscura parzialmente le finestre.
Tutto bene, dunque? No, perché non c'è telecomando. Nel caso che il DVD sia un po' capriccioso e decida di partire con una lingua a noi straniera (alcuni lo fanno) non c'è modo di convincerlo a passare a un banalissimo ITALIANO.
Abbiamo poi la postazione in biblioteca: schermo piatto di medie dimensioni, tende doppie, sotto bianche e sopra nere, lettore per VHS e DVD.
Peccato che il lettore DVD, oltre ad avere un telecomando decisamente lunatico, abbia anche seri problemi per la riproduzione del suono. Quando va bene si sente parlare piuttosto piano, mentre la musica va fortissimo. Quando va peggio si sente benissimo la musica ma nessuno parla.
La prof. Quadrella ha provato a rimediare portando un suo vecchio lettore per DVD, ma è risultato che quel lettore è, appunto, vecchio: perciò legge senza problemi film di qualche anno fa, ma con i nuovi ha parecchi problemi e si pianta spesso e volentieri.
Abbiamo infine tre LIM, in tre classi diverse.
Per vedere un film in una classe, se non ci assiste una nebbia eccezionalmente fitta o almeno un cielo assai nuvoloso, è del tutto indispensabile montare il catafalco - operazione complessa in una classe piena di banchi e con tre radiatori posizionati proprio sotto le finestre.
Dopo aver fatto sloggiare la legittima classe con blandizie varie e accordi sottobanco con i professori di quell'ora, dopo aver perigliosamente montato il catafalco, dopo che tutti gli studenti si sono sistemati in modo da vedere bene...
A quel punto possiamo, a scelta:
- scoprire che il computer della LIM quel giorno è di malumore e non vuole avviarsi
- avviare il computer che parte tranquillo, per poi scoprire che le casse non funzionano
- scoprire che la LIM in quei giorni è molto lunatica e non vuole funzionare a dovere.
Questo è il motivo per cui, con la Seconda cui faccio Approfondimento, e a cui dovrei far vedere una scelta di film e documentari in appoggio al programma di Storia (la Seconda in questione, infatti, è molto appassionata di storia e ha gradito molto l'idea di vedere film e documentari storici. Ed è bene che abbia gradito l'idea, perché per il momento ci siamo appunto limitati all'idea) non è ancora riuscita, in cinque ore di Approfondimento, a vedere Braveheart. Che d'accordo, è un film bello lungo, ma se riesci ad avviarlo in tre ore finisce.
Noi per ora abbiamo a malapena doppiato il capo delle prime due ore.
Sono in corso manovre sotterranee per l'acquisto di soppiatto di un lettore di DVD con alcuni avanzi di soldi raccolti per le uscite dell'anno scorso.
Magari per Natale ci riusciamo e riuscirò a far vedere alla mia Terza Nightmare Before Christmas?
Tutto può essere.
Nel frattempo il mio stato Beech negativo non accenna a migliorare, e la Seconda appassionata di storia, nonostante abbia gradito assai i frammenti di Braveheart che è riuscita ad intravedere e intrasentire, si sente un po' perseguitata dalla sorte.
mercoledì 22 ottobre 2014
L'orrendevole e drammaticissima Saga del Registro Elettronico - 8 - E' arrivato il Registro (Precious! Precious! Tesssoro!)
I giorni passano, uno dopo l'altro.
La voce che il registro c'è ma manca un pezzo per questioni finanziarie viene confermata.
Quasi contemporaneamente il registro arriva. Dicono. Forse.
Quella sera stessa, poco dopo mezzanotte, prima di spengere il tablet faccio un tentativo.
Stavolta non mi dice che non sono abilitata. Mi dice... che causa l'ora il registro non funziona.
Uso una vasta serie di espressioni del tutto inadeguate al contesto scolastico, poi spengo il tablet e chiudo la luce per dormire, avvolta in una nerissima nuvola di indignazione.
Chi sono, quelli dell'Argo, per darmi un orario?
A che cazzo serve un registro elettronico se non per connettermi quando stracazzo mi pare?
Come si permettono di darmi un orario?
Cosa pensano di essere, i miei genitori? E credono che abbia dodici anni, per stabilire quando devo dormire?
Il giorno dopo entro alla terza ora. Sono sempre puntuale. Cosa gliene frega all'Argo se dopo mezzanotte sono ancora sveglia e disponibile a lavorare al loro registro di merda?
Perché non se ne vanno a impiccarsi con i cavi elettrici da qualche parte, se non son buoni a fare un registro che funziona ventiquattro ore su ventiquattro?
Cosa credono sia? Cenerentola, che dopo mezzanotte si vede trasformare il registro in zucca?
Espongo queste ed altre non molto pacate considerazioni la mattina dopo in Sala Insegnanti, in tono assai vibrante di sdegno.
La VicePreside mi spiega che, a quanto ha capito, il problema non è tanto l'ora quanto il fatto che al momento nel Bellissimo Registro Elettronico finalmente funzionante non ci sono né gli orari né le classi né gli insegnanti.
Qualcuno osserva che, essendo il programma Argo già in uso da un annetto per gli scrutini, le classi e gli insegnanti ci dovrebbero essere - salvo le classi prime, che comunque andranno inserite entro Gennaio se vogliono farci fare gli scrutini informatizzati.
Ad ogni modo nessuno può verificare un bel niente, da scuola, perché il collegamento in rete non c'è. Dopo cinque settimane in cui Internet ha funzionato nel migliore dei modi, da un paio di giorni ogni tentativo di entrare in rete sorte come unico effetto il piccolo dinosauro a pixel che Chrome usa per avvisare che non c'è collegamento - e di ciò avevo avuto contezza quando, il giorno prima, in uno slancio di ottimismo avevo provato a collegarmi con il sito del Quirinale per proiettare su una LIM il testo dell'Inno d'Italia con relative note.
Stasera decido di fare un nuovo tentativo.
E il registro elettronico si apre. Con tanto di classi e orari e professori.
Ho firmato un paio di ore e scritto l'argomento di due lezioni - le uniche che mi ricordavo sul momento. Perché ciò che al momento per me funge da "registro scolastico", ovvero i fogli protocollo con gli appunti su quanto fatto in classe dal 15 Settembre in poi sono dove dovrebbero essere, cioè nel mio cassetto alla scuola di St. Mary Mead.
Domani porterò a scuola il tablet e proverò a inserire quel che posso.
Scrivo "quel che posso" non già perché il registro elettronico si sia rivelato particolarmente difficile da usare - anzi, al momento sembra piuttosto amichevole.
E nemmeno mi preoccupa la mancanza di collegamento - perché, grazie alla sua scheda telefonica, il tablet non dovrebbe avere problemi di collegamento. Almeno, finora non ne ha mai avuti.
C'è però un altro piccolo, insignificante problema: sembra che il registro accetti dati solo per la settimana corrente.
"E le altre CINQUE SETTIMANE?" chiedo interdetta.
Sembra che ci abbiano consigliato di utilizzare il programma "Note".
Insomma, all'attuale stato dell'arte abbiamo cinque settimane di voti, interrogazioni, note, assenze, presenze, compiti e annessi e connessi che risulteranno solo dal campo note.
Difficile trovare parole per commentare, per cui non ci provo nemmeno.
lunedì 20 ottobre 2014
Il paese è piccolo, la gente mormora e io mi sento in uno stato beech ESTREMAMENTE negativo
Beech, ovvero il buon vecchio faggio europeo.
In questo momento è una pianta che sento molto vicina.
E non sono l'unica, a quel che sembra.
Di solito, a St. Mary Mead, i pettegolezzi che hanno per oggetto le scolare della scuola media fioriscono in primavera, come le primule e le violette. Quest'anno però, forse per gli scompensi climatici (siamo ancora tutti in maniche corte, e le piante da fiori ci devono avere un gran mal di testa), forse perché spesso la gente non sa che cazzo fare, siamo in netto anticipo e già ai primi di Ottobre sono sbocciati.
Solitamente cotali pettegolezzi fioriscono dal parrucchiere, che è un po' il salotto del paese. Il fatto che la più scodata tra le pettegole del paese sia una delle insegnanti del luogo che dal parrucchiere sembra viverci non è forse del tutto estraneo a questa frequente fioritura. Tra l'altro, per quel che ho potuto vedere, a queste grandi fioriture segue nel giro di un paio di settimane una clamorosa smentita.
Ad ogni modo l'ultima chiacchiera che circola in libertà è che una delle ragazze di terza sia incinta. Siccome, caso abbastanza insolito, è noto il fatto ma è ignota la potenziale gestante, a scuola si sono aperte le scommesse sulla presunta identità della presunta futura madre. Per quanto io abbia risolutamente rifiutato di interessarmi della questione fino all'improbabile momento in cui l'evento mi venga riferito da persone in qualche modo coinvolte nella questione, anche a colarmi la cera nelle orecchie non c'è verso di scansare i frequenti capannelli delle colleghe intente a stabilire di chi possa trattarsi, o a deprecare che "queste ragazze si comportino in modo tale che qualcuno possa pensare questo di loro".
Intendiamoci: che qualcuna di queste ragazze abbia già saltato il fosso è ben possibile, anche se a nessuna di loro per il momento è venuto in mente di aggiornarmi nel dettaglio sulla questione. Tuttavia, alla faccia degli infiniti obiettori di coscienza di cui pullula l'italica penisola, vivo in una zona dove per una giovinetta (e financo per un giovinetto) non è del tutto impossibile tenere separati certi fatti da certe conseguenze. Inoltre, nella mia scarsa esperienza in materia, ho notato che di solito la notizia di cotali conseguenze arrivano alle orecchie della collettività quando le cose sono ormai abbastanza avanti e la notizia non è che "forse X, o Y, o magari Z, è incinta" ma che "Z è al quarto mese, ha fatto tutti gli esami e sono regolari. Vi chiediamo di parlare della situazione con i suoi compagni di classe".
D'accordo, il paese è piccolo e non possiamo impedirgli di mormorare - e del resto la libertà di parola è sancita dalla nostra Costituzione. Tuttavia mi sembra che un gruppo di insegnanti maggiorenni e vaccinate potrebbe magari mostrare un certo riserbo e un minimo di contegno, evitando ad esempio di parlarne alla stazione, a portata di orecchio di non meno di tre indigeni, ed evitando di dare come certa quella che al momento è, al massimo, una voce di quarta mano dove la prima delle mani non sembra essere né della diretta interessata né della sua famiglia. E potrebbero, forse - ma qui mi rendo conto di chiedere l'impossibile - evitare di parlarne con quell'aria assai compunta&preoccupata, quasi che cambiare i pannolini dell'improbabile nascituro dovesse toccare a noi.
Inutile dire che il mio blando suggerimento di rimandare la questione a quando ne sapremo qualcosa di più, detto e non concesso che il qualcosa di più arrivi, è caduto totalmente nel vuoto. Del resto, perché sprecare una ghiotta occasione per lamentarsi delle famiglie che trascurano queste ragazze (anche se, a dire il vero, le famiglie di alcune di queste potenziali madri non mi sembrano particolarmente trascurate) nonché dei Giovani d'Oggi che non hanno il Senso Dei Valori, quasi che la presente generazione di adolescenti sia la prima a interessarsi del sesso?
Prima o poi morderò qualcuno, lo sento.
domenica 5 ottobre 2014
L'orrendevole e drammaticissima Saga del Registro Elettronico - 7 - Senza un poco d'or non si fa niente
I giorni si sgranano e ormai sono passate tre settimane piene dall'inizio della scuola, senza che del registro elettronico si sia vista neanche l'ombra furtiva, o al limite un demo.
Si narra, e la voce è quasi ufficiale, che sia una questione di soldi. Infatti l'ingegnere della Argo ci avrebbe sì presentato il nuovo, bellissimo registro elettronico, ma in realtà il registro elettronico che vende è un altro, leggermente diverso - il che coinciderebbe con certe voci che mi sono arrivate da insegnanti che, effettivamente, il registro Argo lo hanno visto, e addirittura, o fortunate creature, lo usano. Per avere questa nuova e aggiornatissima versione la scuola dovrebbe versare dei soldi alla Argo che non erano stati inizialmente preventivati. Per dirla in breve "manca un pezzo".
Si dice che la colpa sia della Nostra Preside, che non avrebbe aperto (lei che avrebbe potuto) il non-ancora-nostro Bellissimo Registro Elettronico onde controllare se era lo stesso che ci era stato presentato. Io comunque sono abbastanza convinta che, come al nostro Bellissimo quanto Fantomatico Registro Elettronico manca un pezzo, allo stesso modo manchi un pezzo a questa storia: sì, certo, magari per curiosità in qualità di Dirigente Scolastico lo puoi anche aprire, il Nuovo Bellissimo Registro Elettronico, e così constatare che è diverso da quel che credevi; ma insomma esiste una cosa che si chiama fiducia, nelle transazioni commerciali, e se vado a comprare un chilo di arance ritengo di potermi legittimamente aspettare che mi venga dato un chilo di arance e non di mele anche se mentre l'ortolano mi insacca la merce io sto guardando da un altra parte, magari per vedere se ha delle belle zucchine. Insomma, era stato stipulato uno straccetto di protocollo di acquisto? E cosa diceva quel protocollo? Al momento l'unica cosa di cui disponiamo è una finestra che ci dice che noi utenti non siamo abilitati all'uso dell'applicativo, e non credo che alcun protocollo di acquisto preveda cotal congiuntura, raggiungibile peraltro da chiunque in qualsiasi momento senza acquistare alcunché.
A quanto si vocifera, basterebbe pagare e tutto andrebbe a posto. Peccato che per pagare occorra qualcosa di cui attualmente le scuole risultano cronicamente sprovviste, ovvero soldi.
Senza un poco d'or non si fa niente spiegava Figaro al conte di Almaviva (che però di oro era assai provvisto, e infatti lo tirò fuori senza farsi pregare); ma noi insegnanti non possiamo permetterci di non far niente, perché la scuola è iniziata da tre settimane e ormai le prime valutazioni, note, interrogazioni, compiti in classe le abbiamo fatte tutti. I rotoloni Regina stanno terminando e qualche appunto lo dobbiamo pur prendere, se vogliamo ricordarci cosa abbiamo fatto nelle varie classi.
E così gli operosi insegnanti si St. Mary Mead si stanno attrezzando, e molti hanno portato a scuola quaderni più o meno pisseri su cui hanno incollato fotocopie di vecchi registri - ed ecco un bel registro personale.
Non io. A casa ho due scaffali pieni di quaderni più o meno sdilinquosi e pisseri, con gattini, fiorellini, astronavi, Goldrake e quant'altro, ma non li dedicherò alla scuola; per puro puntiglio, sia chiaro, perché un quaderno pissero in meno non mi impedirebbe certo di dedicarmi alla diaristica, all'autobiografia e nemmeno alla narrativa fluviale. Ritengo però che la scuola, che ci ha messo in questo pasticcio, avrebbe il dovere di collaborare a tirarcene fuori fornendoci un registro cartaceo o, all'occorrenza, almeno un quaderno - non necessariamente pissero - da usare come registro personale.
Così ho frugato nei vasti e capaci armadi della scuola e ho trovato gran copia di fogli protocollo a righe e a quadretti timbrati per gli scorsi esami e poi non usati. Dopo essermene intascata una generosa percentuale da portare nella Terza, dove verranno usati per le prove scritte (c'è sempre qualcuno che dimentica il foglio protocollo, magari perché ho deciso sul momento di metterli a scrivere e quindi non li ho avvisati di portarsene uno) ne ho presi un paio dove ogni giorno scrivo le ore che faccio e gli argomenti delle lezioni. E li lascio a scuola, nel cassetto, perché il registro deve stare a scuola.
Frugando, comunque, ho trovato anche una ventina di registri cartacei di qualche anno fa, vuoti. Li ho portati in Sala Insegnanti, dove pian piano stanno sparendo (ieri ne erano rimasti cinque): alla fine un buon vecchio ordinario e banale registro di carta non morde.
venerdì 3 ottobre 2014
A scuola con Sun Tzu. Arte della guerra per studenti - Anonimo (del quarto anno)
Per quel che ci racconta di sé, l'autore è uno studente che, dopo aver pasticciato malamente con la scuola per diversi anni, si è imbattuto nel trattato strategico L'arte della guerra di Sun Tzu, ne è rimasto folgorato e ha provato con successo ad applicarne i principi nella vita scolastica. Il sottotitolo di copertina infatti recita La scuola è una guerra, se vuoi sopravvivere impara l'arte.
Entrare nell'ottica che "la scuola è una guerra" non vuol dire porsi in atteggiamento ostile verso quel che la scuola può dare, al contrario: il manuale anzi è inteso come guida per trarre dalla scuola tutto quel che può offrirci e anche di più. La scuola può dare una preparazione per il lavoro, o comunque un metodo per studiare ma anche per affrontare il lavoro e la vita. Riuscire bene è importante, imparare quel che viene richiesto di imparare anche. Questo intende l'autore per vincere la guerra: non si tratta di apparire più forti o più ganzi o sbarcare occasionalmente questo o quel compito o interrogazione, si tratta di imparare a studiare bene ottimizzando i tempi, venire a capo delle materie "difficili" concentrando gli sforzi nella giusta direzione invece di piangersi addosso, uscire dal vittimismo spicciolo che tanta parte ha nella vita quotidiana di ogni studente e applicarsi verso soluzioni concrete, evitando di prendersi in giro e risparmiandosi quelle tirate di fine anno sul filo della bocciatura che, anche quando non si rivelano inutili, sono comunque esperienze spiacevolissime.Intelligenza è la parola chiave del libro: uno studente che impara ad usare il cervello, esaminando il terreno dello scontro (le verifiche), osservando con attenzione e accortezza i suoi avversari (non solo l'insegnante e il suo metodo di lavoro, ma anche il libro di testo, e la materia di turno), lavorando con accortezza su di sé riesce a vincere la guerra... e, aggiungo, si esercita assai utilmente per quella grande guerra* che è tutta l'esistenza.
Con una piccola ma significativa rivoluzione copernicana rispetto alla mentalità corrente nazionale si parla sì di astuzia e di stratagemmi, ma mai intesi come trucchi o espedienti: non si tratta di prendere in giro nessuno, si tratta di vincere, in modo durevole e continuativo, che è ben altra cosa.
Molta attenzione viene dedicata ai nemici interni: vittimismo, rassegnazione, pigrizia psicologica, paura di mettersi in gioco e tanti altri. Sedersi in un angolo piagnucolando che "tanto le cose sono così e saranno sempre così" è inutile e inconcludente: il cambiamento è sempre possibile e i cambiamenti minimi, se ben coltivati, aprono la porta a quelli grandi.
Molti capitoli vengono dedicati al rapporto con gli insegnanti, spiegando come osservarli e capirli per individuare il modo migliore per approcciarli e... all'occorrenza costringerli a diventare dei buoni insegnanti - un idea, questa, che ho trovato molto interessante.
L'insegnante inadeguato è quello che non conosce la materia che insegna, quello che la conosce ma non la sa insegnare, quello che la sa insegnare ma non ne ha voglia, e quello che ha problemi personali che lo rendono inefficace nell'insegnare.
Questa limpida definizione racchiude tutti i casi dabili. Ma cosa deve fare lo studente che incappa (e prima o poi incapparci è quasi inevitabile) in uno o più insegnanti incapaci? Si può non reagire affatto, oppure reagire in modo scomposto e inadeguato. L'Anonimo invece suggerisce un attacco mirato condotto dalla classe con accortezza per cambiare le condizioni di lavoro in aula, e per rivolgersi ai superiori seguendo le procedure previste dai regolamenti e dalle leggi. Non lo scontro frontale, dove è inevitabile perdere, ma un lavoro ben meditato ai fianchi, per costringere l'insegnante a fare il suo lavoro e/o per rendergli il clima di lavoro più confortevole. Può funzionare, se ben applicato. Anzi, se ben applicato funzionerà sicuramente: chiunque lavori nella scuola sa che "certe classi sono più facili" e in altre "lavorare è impossibile". Chiunque lavori nella scuola sa che, per amore di sopravvivenza, qualsiasi insegnante può mettersi a lavorare o decidere di tagliare la corda e andarsene.
Sulla conoscenza di leggi e regolamenti l'Anonimo insiste molto: il buon stratega esamina con cura il terreno dello scontro e impara ad utilizzarlo in suo favore, usa i punti deboli del nemico per far leva, evita di farsi sorprendere in condizioni sfavorevoli, soprattutto sa che a volte il modo migliore per vincere è evitare lo scontro. Le classi "dove si lavora meglio" sono, appunto, quelle che hanno imparato ad evitare lo scontro o hanno impedito che lo scontro avvenisse su questioni minori che distraggono dal vero obbiettivo. Muovere un intera classe in modo razionale e proficuo è molto difficile, ma con un accorto lavoro di strategia e di osservazione delle forze in campo si può fare.
Imparare a conoscere il terreno di battaglia, cioè ad usare in modo consapevole e proficuo leggi e regolamenti, è un abilità che servirà per tutta la vita e fa la differenza tra un buon cittadino e una persona inconcludente.
Il libro è senz'altro utile ad ogni studente a partire dalla scuola media, ma anche ad ogni genitore di studente; è inoltre più che raccomandabile anche per gli insegnanti perché li aiuta a porsi in modo costruttivo nella loro guerra personale di ogni giorno - una guerra che è essenziale vincere ma dove è opportuno evitare quanto più possibile lo scontro: perché il bravo stratega, ci ricorda il manuale, è quello che riporta il trionfo senza spargere sangue e non quello che vince tutte le battaglie con gran numero di morti e feriti. Sun Tzu predica prima di tutto l'arte della flessibilità mentale, della soluzione imprevista, che riesca a spiazzare il nemico - e il nemico numero uno degli insegnanti, da sempre, è proprio quello della rigidità mentale, effetto collaterale spesso apparentemente inevitabile del nostro lavoro.
Ho incrociato questo testo per puro caso alla Mostra del libro organizzata dalla scuola. Ne ho presa una copia per la biblioteca, e una per me. Da buon manuale è breve, scorrevole, molto denso e può essere riletto più volte anche a spizzichi, o semplicemente aprendolo a caso.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro felici letture e un bel fine settimana a tutti, lettori e non lettori.
*è noto che Sun-Tzu adopera il termine guerra in un accezione molto vasta.
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mercoledì 1 ottobre 2014
Manuale del Perfetto Insegnante - Una ghirlanda di fiori di Bach
Occorre innanzitutto precisare che con l'espressione "Fiori di Bach" non si fa qui riferimento a quei fiori che Johann Sebastian Bach o altro musical componente della sua illustre famiglia tenevano o coltivavano nel loro proprio giardino: detti fiori possono venire anch'essi definiti come "fiori di Bach", e di fatto lo sono, tuttavia il Bach più celebre per i suoi fiori è tal Edward Bach, medico inglese che nel corso della sua vita selezionò 38 fiori corrispondenti ad altrettanti stati d'animo. Tali stati d'animo potevano essere negativi o armonizzati. Laddove erano negativi, le vibrazioni energetiche dei fiori potevano armonizzarli.
Esiste altresì una teoria che sostiene che Bach, oltre ad isolare questi fiori, se ne fosse anche fumati alquanti, e appunto a seguito di questo avesse elaborato le sue teorie, ma a tutt'oggi non esistono testimonianze valide in questo senso.
Il metodo di preparazione dei fiori di Bach è abbastanza inusuale: i fiori vanno amorevolmente raccolti e messi in una ciotola piena d'acqua di fonte. La ciotola va poi appoggiata in un punto illuminato dal sole.
Nel giro di qualche ora le vibrazioni energetiche passano dai fiori all'acqua. In seguito l'acqua viene filtrata e usata, dopo essere stata diluita, per preparare le boccette di essenza floreale, con l'aiuto di un po' di brandy (rimpiazzabile con cognac, grappa o acquavite). La boccetta per il singolo paziente si prepara con acqua, una piccolissima dose di brandy e quattro gocce di essenza per ogni fiore che serve.
Non è questa la sede per discutere se tali preparati a base di vibrazioni energetiche siano o meno efficaci. Ci limiteremo qui a parlare di alcuni di questi fiori, e di come gli stati d'animo ad essi associati siano pertinenti al lavoro dell'insegnante.
Iniziamo naturalmente con Impatiens, in italiano nota anche come Balsamina e Non-mi-toccare.
Questo graziosissimo fiorellino è legato alle qualità spirituali della pazienza e della dolcezza d'animo. Nello stato negativo invece la persona è esasperata dall'incapacità e lentezza mentale di chi gli sta intorno e a causa di questa insofferenza finisce per prendere decisioni affrettate e improvvide.
Si tratta indubbiamente di un fiore in cui qualsiasi insegnante dovrebbe fare il bagno almeno tre volte al giorno (ottenendo così, se non altro, una perfetta igiene personale) ma è anche indicatissimo per l'assoluta totalità degli studenti, dalla scuola materna in poi, di cui può lenire l'irrequietezza e l'esasperazione dovuta all'assoluta legnosità degli insegnanti con cui ogni giorno i poverelli sono costretti a confrontarsi.
Proseguiamo con Beech, che in Italia è conosciuto come Faggio Rosso, nobile albero dove qualsiasi insegnante assai spesso desidererebbe arrampicarsi per sfuggire all'umano consorzio e deprecare in pace la gran disgrazia di essere nato, e soprattutto di vivere circondato da sì soverchiante quantità di idioti:
Questo splendido albero è collegato alle qualità spirituali della comprensione e della tolleranza. Nello stato negativo porta a intolleranza, pregiudizi e generica insofferenza verso tutto e tutti.
Un insegnante in stato Beech negativo è una vera iattura per chi gli lavora vicino, in quanto in lui scorre un perenne fiume di critiche verso colleghi, custodi, dirigenza (non parliamo della segreteria) e soprattutto verso gli alunni, perenne fonte di insoddisfazione in quanto pigri, viziati, vanesi, testardi, arroganti, incapaci e via dicendo. Oltretutto partendo dagli alunni è facile risalire alle Grandi Colpe dei Genitori e della Società, dei politici e, da qualche anno, anche di Facebook, responsabile di ogni nefandezza umana per il semplice fatto di esistere.
Dal momento che ogni insegnante attraversa una fase altamente Beech almeno una volta al giorno, anche questo fiore è caldamente raccomandato e dovrebbe, anzi, essere passato d'ufficio dalla mutua.
Chicory (sì, proprio la cicoria) è un simpatico fiorellino azzurro legato al potenziale spirituale della maternità e dell'amore altruista. Nella versione armonizzata, certo.
Quando non è ben armonizzato il tipo Chicory è estremamente attivo, invadente e manipolatore "per il bene degli altri". Gli insegnanti Chicory sono comuni come le margherite a primavera. Lavorano moltissimo, spesso svolgendo anche un sacco di mansioni che nessuno li obbliga a fare; preoccupatissimi del bene della scuola e degli alunni non lesinano sforzi né sacrifici per avviare le cose nella giusta ed esatta direzione da loro stabilita, né per formare e plasmare i ragazzi nel modo in cui devono diventare secondo le loro illuminate decisioni. Per meglio chiarire il concetto, tale insegnante non manca di far notare ripetutamente i numerosi sacrifici cui si sottopone per il bene degli altri, reclamando apertamente la dovuta riconoscenza e deprecando senza ritegno l'umana ingratitudine di chi lascia capire che tanti sacrifici non sempre sono graditi. In verità, anche chi esprime riconoscenza (non sempre del tutto spontanea) risulta comunque non esprimerne in quantità bastevole, per quanto ci provi, e infatti il lamento sull'ingratitudine umana e su come gli alunni non apprezzino in modo adeguato il prezioso impegno profuso per loro sono una caratteristica perenne quanto esasperante dell'insegnante Chicory.
Purtroppo, armonizzare un insegnante Chicory richiede interi fiumi di acqua imbevuta di vibrazioni energetiche. Ben più utile e risolutivo risulterebbe probabilmente un piccolo tentativo di sincera autoanalisi - ma è un po' come pretendere che una piramide diventi tonda di sua spontanea volontà.
In realtà questo tipo di insegnante avrebbe ed ha degli aspetti positivi, se non altro per la notevole dedizione al suo lavoro, ma è difficile trovarlo davvero simpatico e apprezzarlo dal profondo del cuore, anche per i ragazzi più disponibili e affettuosi. Più semplice sarebbe, forse, se il Chicory concedesse un po' di autonomia alle sue vittime e gli consentisse di intromettersi, anche in modo marginale, nelle scelte che li riguardano.
Assai comune tra gli insegnanti è pure il tipo Heather (erica) che non manca nemmeno tra gli alunni. Il principio positivo di questa pianta tanto bella quanto comune (soprattutto in Inghilterra)
è legato all'empatia e alla capacità di soccorrere. In fase disarmonica Heather è una creatura disperatamente accentrata su sé stessa che sommerge chiunque gli capiti a tiro con dettagliatissimi resoconti di ogni sua vicenda, anche la più minimale, senza lasciare il benché minimo spiraglio per gli altri, chiunque siano, onde avviare un minimo di dialogo o di scambio.
Se l'insegnante Chicory spesso dà sui nervi ma ha comunque dei lati validi, l'insegnante Heather è esasperante e basta: costui o costei stordiranno chiunque capiti loro a tiro con le loro più private vicende e narreranno nei più intimi particolari la loro vita, le loro frustrazioni e le loro (infinite) difficoltà, e saranno troppo occupati in ciò per potersi permettere di perdere tempo con sciocchezze quali mandare avanti il programma e simili. In compenso lo sventurato collega che si trova preso nel vortice di un Heather in fase di esternazione incontrerà serissime difficoltà ad occuparsi di alcunché di concreto: impossibile correggere compiti, aggiornare registri, decidere un attività, preparare una lezione o anche solo compilare un modulo di richiesta ferie in presenza di un collega Heather.
Tuttavia nessuno come un Heather riesce a tenere a bada i genitori: semplicemente non li fa parlare - a meno che anche il genitore sia Heather, nel qual caso conviene munirsi di un grosso sacchetto di pop corn e godersi lo spettacolo, ché risulterà assai simile a uno scontro fra titani.
Meno letale si presenta Honeysuckle, ovvero il bel caprifoglio, che pure è abbastanza comune nella scuola:
Il principio di Honeysuckle è la capacità di trasformazione e rinnovamento. In fase disarmonica si tratta di una cozza tenacemente attaccata a un culto del passato inteso come Età Dell'Oro Ahimè Ormai Irreparabilmente Trascorsa: Honeysuckle vive in un perenne scontento, rimpiangendo amaramente la scuola dei bei tempi andati, quando i mulini erano bianchi, gli scolari rispettosi e pieni di umiltà, i genitori del tutto sottomessi e arrendevoli, gli insegnanti bravi e ben pagati e il mondo nel complesso era un posto assai migliore.
Si tratta di una persona un po' esasperante; tuttavia, ma purché si faccia attenzione a non esprimere mai in sua presenza il benché minimo apprezzamento per una qualsivoglia novità che in qualche modo si colleghi alla scuola (ma chi l'ha incautamente fatto una prima volta avrà gran cura di non ripetere il fatale errore) ci si può convivere senza troppi problemi. Sia come collega che come docente risulta magari un po' lugubre, ma spesso fa assai onorevolmente il suo lavoro e, purché si abbia la pazienza di sobbarcarsi qualche lamentela, può risultare un partner di lavoro perfettamente affidabile - anche se, per avviare progetti didattici particolarmente arditi e innovativi, sarà forse meglio cercare qualcun altro.
Ed eccoci a Hornbeam, ovvero il carpine, una pianta il cui principio è la vivacità interiore e la freschezza spirituale.
Lo stato negativo Hornbeam è presente in ogni alunno che si trovi davanti il quindicesimo esercizio sul complemento predicativo dell'oggetto e in ogni docente che sia convocato per una nuova riunione che abbia lo scopo di definire gli obbiettivi di apprendimento per il curriculum della sua materia in rapporto alle ennesime indicazioni ministeriali: è un attacco di noia profonda associato all'insofferenza davanti a qualcosa di già fatto e rifatto, l'allergia alla routine, la stufaggine del "ossignoredinuovomaccheppalle". Ogni essere umano lo vive, ogni tanto o ogni poco, soprattutto sul posto di lavoro. Di solito ci si convive dignitosamente, ma un po' di fiorellini potrebbero essere d'aiuto - o anche solo un pomeriggio sotto il carpine in un bel giardino, magari con una compagnia simpatica (ad esempio un buon libro o l'amato bene).
Mimolus (pare che la traduzione sia "mimmolo") è il fiore degli insegnanti alle prime armi.
Il principio positivo è legato al coraggio, alla fiducia e a una serena accettazione di sé. Nel principio negativo Mimolus è il povero coniglietto terrorizzato in mezzo a un branco di lupi famelici. Tutti quei colleghi minacciosi, quegli alunni crudelissimi, con la bocca stillante sangue, l'inflessibile Dirigente Scolastico, quei genitori implacabili, quanto ci metteranno a divorarlo vivo pezzo per pezzo?
E in verità non sempre si tratta di paure destituite da ogni fondamento, perché spesso Dirigenti Scolastici, colleghi, alunni e genitori degli alunni sentono l'odore del sangue e soprattutto trovano semplice, conveniente e senza rischi banchettare a spese del povero nuovo arrivato. Mimolus andrebbe conservato nelle infermerie delle scuole in dosi industriali, e ogni nuovo arrivato dovrebbe assumerne regolarmente almeno un bicchiere ogni ora. In sua assenza, un sorriso e qualche parola gentile potrebbero sostituirlo almeno in parte. E' noto d'altronde che si trovano tavolta anche scolari di buon cuore, disposti a prendersi in carico il novellino e ad incoraggiarlo. In tutti i casi un po' di Mimolus prima di affrontare una nuova classe o una nuova scuola non faranno certo male.
Mustard è il fiore del burnout, malattia professionale degli insegnanti e non solo.
Il principio armonizzato è la serenità e la chiarezza luminosa. Nella forma disarmonica è una cupa malinconia che toglie la gioia di vivere. Molti insegnanti giungono per gradi a questo triste punto d'arrivo, e a quel punto probabilmente, oltre a prendere Mustard e magari anche Gorse e Gentian (la triade della depressione) risulterebbe utile anche un anno sabbatico, ove possibile, e ancor di più un bel cambio di lavoro.
Tutto ciò sarebbe comunque più agevole se l'insegnante stesso si rendesse conto del suo triste stato. Disgraziatamente, chi è in stato Mustard negativo non sempre realizza la drammatica condizione in cui si trova, e soprattutto non dispone della lucidità necessaria per studiare una via d'uscita da quella deplorevole situazione.
Altro fiore tipico per gli insegnanti è Pine, ovvero il buon vecchio pino:
E' il fiore del pentimento e del perdono; lo stato negativo invece è legato ad un continuo crogiolarsi nel senso di colpa per i propri errori e financo per gli errori degli altri (che è sempre possibile attribuirsi con un po' di buona volontà e una certa megalomania tipica del mestiere dell'insegnante).
Il motto del Vero Insegnante infatti è "non ho fatto abbastanza". Siccome non c'è dubbio che, per quanto uno faccia, assai raramente riuscirà a fare "abbastanza", soprattutto quando una situazione è grave e legata a decine di cause e concause, qualsiasi insegnante può senz'altro attribuirsi facilmente le decine e decine di esiti negativi che attraversano inevitabilmente la vita dei suoi allievi ed ex allievi (soggetti anche loro, come tutti, ai tristi accidenti del caso) e rivangarli per anni e anni. Del resto è altresì noto che la scuola in generale vive oberata sotto infinite accuse di "non fare abbastanza" riguardo ai rami più vari dell'esistenza - ad esempio dovrebbe "inculcare veri valori" (qualsiasi cosa essi siano) e "formare i giovani", il tutto "rispettandone la personalità" - e già solo con questa terna la possibilità di "fare abbastanza" è persa per sempre.
Probabilmente è questo il motivo per cui moltissimi giardini di scuola contengono diversi alberi di pino: in tal modo sarà più facile preparare cospicue damigiane di tintura madre di Pine con cui alleviare il senso di colpa del personale scolastico al gran completo senza prosciugare le riserve del Centro Bach, dove vengono prodotte la maggior parte delle boccette di fiori di Bach oggi in commercio.
Tuttavia in alternativa, o in aggiunta, alla terapia floreale, sarebbe forse opportuno che gli insegnanti cercassero di venire a patti con la loro mancanza di onnipotenza - un aspetto del loro carattere, questo, che la maggior parte dei docenti tende a rimuovere.
Rock Water non è un fiore, semplicemente, come dice il suo nome, acqua sorgiva.
Il principio Rock Water è la libertà interiore e la flessibilità mentale. Nello stato negativo predominano la rigidità mentale e l'attaccamento a principi inderogabili.
Pochi lavori si basano quanto l'insegnamento sulla necessità di un enorme flessibilità mentale; e pochi lavori quanto l'insegnamento amano ingabbiarsi in regole maniacali e scorie rugginose.
Ogni scuola dovrebbe dunque disporre di non meno di due sorgenti di purissima acqua sorgiva (che tra l'altro contribuirebbero assai al benessere fisico delle giovani scolaresche che le frequentano). In mancanza di queste, tuttavia, l'insegnante - oltre a tenere piccoli acquedotti personali che gli consentano un adeguato uso delle immense quantità di acqua di sorgente necessarie a ben svolgere il suo lavoro - potrebbe tentare di ricordare il più spesso possibile che non esiste problema che abbia meno di diciotto soluzioni, così come non esiste regola che non sia un piacere infrangere spesso e volentieri; qualora l'insegnante stesso non provveda in tal senso, tuttavia, saranno le giovani scolaresche di cui sopra che provvederanno con atti, pensieri e parole ad avviarlo su questa linea di pensiero.
Vine è la vite. Proprio quella che dà l'uva (nonché il vino, previa trattamento dei frutti).
Non vi è dubbio che, per mantenere adeguata sanità mentale con cui svolgere al meglio il suo delicato e complesso lavoro, ogni insegnante dovrebbe innanzitutto assumere copiose quantità di vino, possibilmente pregiato, anche se magari non prima delle lezioni, bensì dopo, allo scopo di meglio rimettersi dalle lezioni suddette; tuttavia, per una lunga serie di motivi, è forse opportuno che le scuole non si dotino di apposite e ben fornite cantine, e anzi è meglio che codesto aspetto venga gestito discretamente dal docente nella sua vita privata.
In floriterapia Vine si collega all'autorità e capacità di imporsi, entrambe doti assai utili ad un insegnante. Tuttavia, come chiunque sa, un insegnante in aspetto Vine negativo è un vero disastro: autoritario, rabbioso, permaloso, suscettibile, arbitrario, rigido, irragionevole, nonché convinto di essere sempre e perennemente nel giusto, costui o costei riuscirebbero a risvegliare l'istinto alla ribellione financo nei più mansueti frati francescani, e figurarsi in una pur paziente classe di fanciulletti nell'età dello sviluppo. Son questi i casi in cui, oltre a una buona dose di Vine al docente, sarebbe opportuno somministrare anche ingenti quantità di Impatiens agli sventurati alunni di turno nonché al Dirigente Scolastico che, almeno due volte a settimana, si ritrova impelagato in un potenziale inizio di guerra civile.
Disgraziatamente per un insegnante lo stato negativo Vine è tra i più difficile da sdipanare, con o senza fiori di Bach.
Il più importante fiore degli insegnanti tuttavia è senza dubbio Water Violet, una violetta d'acqua che non è molto viola e più che timida appare sfuggente e ritrosa.
Nello stato armonico è l'insegnante che tutti sognano, perché oltre alle doti sopra elencate si dimostra comunicativo, saggio e adeguatamente umile. Praticamente un gioiello.
Qualsiasi Dirigente Scolastico provvisto di un barlume di buon senso spenderebbe volentieri tutto il Fondo d'Istituto per procurarsene uno e qualsiasi scolaresca si adatterebbe di buon grado a portarsi la carta igienica da casa e a pulire personalmente la scuola pur di averne uno.
Il problema è che sono rari. Molto rari.
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