Sì, la morfina viene da questo bel fiore
Per quel che riguarda le droghe leggere si fa anche in fretta a raccontare: uno spinello e mezzo, nei bei giorni civili in cui lo spinello era depenalizzato. Scrivo "mezzo" ma forse dovrei scrivere "0,20" perché al secondo eravamo in gruppo, un tiro per uno.
A dirla tutta, l'esperienza mi lasciò piuttosto indifferente: assicura chi era presente che mi si dilatarono le pupille ma, siamo sinceri, non è che la gente fumi spinelli per dilatarsi le pupille, né per farsi venire fame (mi venne anche fame). Allargamento delle percezioni: poca roba davvero - niente che un bicchiere di pinot o anche semplicemente la vista dell'amato bene o l'ascolto di un paio di belle canzoni non potesse regalarmi. Insomma, fui contenta di aver provato lo spinello e parimenti contenta di lasciare tutto ciò a chi ne traeva un qualche frutto superiore al mio.
Del resto, si sa, la reazione alle droghe è strettamente individuale.
A meno che non si arrivi a quelle forti, dove i criteri si fanno più oggettivi.
Qualche anno fa in Italia è passata una legge sulla terapia del dolore, e la sanità toscana sembra averla recepita nel migliore dei modi. Sta di fatto che l'operazione subita mi ha dato sì qualche fastidio, ma nulla che somigliasse nemmeno lontanamente alla sofferenza, senza contare che almeno tre volte al giorno medici e infermieri si informavano se soffrissi o avessi sofferto e ogni sera e ogni mattina si premuravano di somministrarmi antidolorifici, ma raccomandandosi che ne chiedessi ancora se non mi bastavano.
Passati i primi quattro giorni erano, appunto, antidolorifici. Ma sul finire del quarto giorno dopo l'operazione il medico passò, mi esaminò e disse "Direi che possiamo toglierle la morfina, tanto ormai le restano solo tre fiale". Così dicendo sganciò dai miei numerosi pendagli una bottiglietta di plastica trasparente che conteneva al suo interno non già tre fiale ma una specie di stella a lobi.
Così la morfina uscì dalla mia vita, o almeno credevo.
In realtà ci misi un altra settimana buona ad espellerla completamente, e solo a quel punto realizzai che buona parte dei dialoghi cui avevo partecipato in quei primi giorni e gli argomenti di cui avevo parlato si riferivano a scene e immagini che nascevano dalla mia mente.
E che scene: conversazioni di etica tra dame francesi del XIV secolo, progetti sulla conoscenza delle risorse idriche della regione strutturati su tre livelli di scuola, riunioni di sovversivi anarchici russi di inizio secolo, film mai girati da alcun regista, dialoghi con gli infermieri in realtà mai avvenuti ma che gli infermieri in questione si guardavano bene dallo smentire quando vi facevo riferimento - immagino in virtù dell'esperienza e di quella gran cosa che è la compassione umana.
La graduale scoperta che per non meno di undici giorni avevo vissuto in un universo parallelo, con tanto di salti spaziotemporali, mi ha lasciato piuttosto scossa. Ho sempre avuto una fervida immaginazione, ma mi pregiavo di distinguere sempre, senza particolari esitazioni, ciò che era effettivamente successo da ciò che mi divertivo a sognare.
Stavolta invece ero completamente priva di filtri critici che mi permettessero di separare la conversazione mattutina col medico dalla conversazione con il circolo di dame di corte francesi di sette secoli. La droga mi aveva tolto il senso critico, una buona fetta di raziocinio e il controllo su quel che dicevo e percepivo.
Se mi han dato la morfina, e in dosi che immagino abbastanza alte stando alle conseguenze, di sicuro c'erano ottimi motivi - e naturalmente non sono in grado di dire se sono risultata particolarmente sensibile agli oppiacei. Questo lo sanno i medici.
Ma, avendo infine avuto esperienza di entrambe le categorie di stupefacenti, mi sento di affermare che chiunque proclami con gran sicurezza che tra le une e le altre non c'è una vera differenza, farnetica proprio come se avesse assunto dosi abbondanti di droghe tutt'altro che leggere.