Mi sono sempre ritenuta una persona non dico al passo coi tempi, ma comunque decorosamente aggiornata sul piano informatico - fermo restando che le operazioni che mi interessa fare sono poche e semplici: gestire il blog, con tutto il suo corredo di link e di illustrazioncine, qualche foto alle gatte ogni tanto, un po' di chiacchiere e qualche drago su Facebook, il registro elettronico, qualche libro sul tablet, un po' di navigazione a caccia di notizie varie, un po' di videoscrittura, qualche mail... la grafica e Photoshop li lascio a persone più competenti e più interessate di me. Vanto inoltre una dimestichezza con i computer ormai trentennale, che parte con una tesi scritta su quello che ormai è un pregiato pezzo da museo che aveva ben due floppy drive e nessun disco fisso*
Quando si tratta di telefonia invece piombo di colpo nella preistoria. Quando, dopo essermi messa in salvo da un branco di dinosauri affamati, riesco infine a rifugiarmi nella mia bella caverna con acqua corrente** e mi infilo sotto le coperte di pelliccia tutto quello su cui posso fare affidamento è un telefono fisso (sissignori, ne esiste ancora qualcuno. In realtà lo trovo comodo soprattutto per la connessione a internet) e un minuscolo cellulare color nero a forma di mattoncino, progettato in prossimità della fine del millennio scorso, capace solo di spedire e ricevere modesti SMS di testo e fare telefonate. L'ho comprato undici anni fa alla Coop con una offerta speciale per soci e costava 25 euro, ma cinque te li restituivano subito sotto forma di ricarica. Lo tengo quasi sempre spento a dormire in borsa*** e me lo porto dietro solo per poterlo usare in casi di emergenza, per esempio se mi casca un albero in testa***. Il numero ce l'hanno pochi amici fidati.
E gli altri?
Chiamano sul fisso, o mi mandano due righe di mail. Non è che raggiungermi sia impossibile, solo che quando sono fuori casa (il che non avviene poi così spesso, viste le mie abitudini casalinghe) non mi va di stare a chiacchierare al telefono, soprattutto se sono in giro con altre persone e magari sto parlando con loro.
No, non ho mai trovato molto educato tenere il cellulare sulla tovaglia del ristorante e passare il tempo a telefonare o ricevere telefonate - a meno che uno non sia primario d'ospedale, ministro o cose del genere. Ma sono opinioni personali, del tutto individuali, e me le tengo per me.
Questa abitudine di vivere dietro al paravento, dettata più dalla mia natura che da una precisa scelta esistenziale, si è rivelata estremamente utile nel momento in cui nel mondo virtuale si è affacciata una nuova, diabolica creatura: Whatsapp.
Non sono di quelli avversi per principio alle novità, non ho niente contro i social e non credo che abbiano distrutto la capacità degli individui di comunicare. Ma Whatsapp mi ha sempre inquietato parecchio, probabilmente perché non ti permette di usufruire dell'utilissima possibilità di far finta di non esserci. Puoi far finta di non aver ricevuto una mail, di non aver letto un messaggio, di non aver visto una provocazione. Puoi sparire dalla rete per due o tre giorni e poi spiegare che hai avuto problemi di linea, e a quel punto la polemica di quattro giorni fa sarà morta, sepolta e dimenticata da tempo immemorabile*****.
Ma non con Whatsapp, che ti inchioda al malefico meccanismo delle spunte e sa quando sei e quando non sei connesso. Inoltre lavora soprattutto su piccoli gruppi, ed è difficile sfuggire al controllo, in particolare se l'argomento della discussione ti riguarda da vicino.
Ma mi accorgo che sto divagando e rischio da un momento all'altro di finire nei Trattati sui Massimi Sistemi. Passerò quindi a svelare qual è il vero motivo per cui Whatsapp mi inquieta.
Nella mia amata scuola abbiamo il gruppo degli insegnanti (che comprende tutti gli insegnanti tranne me che, a causa del mio telefono di antiquariato, non posso installarlo)... e il gruppo degli Insegnanti di Lettere (che comprende tutti gli insegnanti di Lettere tranne me che a causa del mio telefono ecc. ecc.).
In apparenza può non sembrare una cosa negativa, certo. A chi non insegna nella piccola scuola di un piccolo paesello, intendo. Un sacco di gente si trova benissimo con i gruppi di Whatsapp, li trova di una comodità estrema, li usa con serenità e non gliene è mai venuto niente di male - e di tutto questo io mi rallegro sinceramente. Ma la categoria degli insegnanti - come quella dei genitori, e se qualcuno che legge fa o ha fatto parte di un gruppo di classe o di catechismo o di calcio, pallavolo e simili capirà di cosa sto parlando - è molto emotiva e portata a drammatizzare. I topolini trasformati in elefanti per molti di noi sono la norma, e gli incidenti diplomatici si susseguono a una velocità incredibile****** lasciando spesso molte più scorie tossiche dei normali diverbi che avvengono a voce, e ancor più di frequente creando attriti laddove di solito non si creava alcun tipo di diverbio - sì, insomma, perché c'è una fetta di umanità che in queste faccende si crogiola senza darsi pace finché tutti, volenti o nolenti, non hanno preso una ben precisa posizione schierandosi da una parte o dall'altra. Inoltre, per qualche misteriosa ma inevitabile alchimia, chiunque cerchi di riportare pace ed equilibrio tra gli elementi più polemici riesce inevitabilmente ad acuire vieppiù il conflitto in corso e, con un po' di fortuna, a diventarne parte integrante a tutti gli effetti.
In conclusione: al momento continuo a trattare con la massima considerazione il mio amato cellulare nero d'antiquariato e a tenerlo il più possibile spento da quando sono tornata a casa; e, casomai dovessi comprarmi un Telefono Elegante, mi guarderei bene dal portarlo a scuola o dal farne parola con i colleghi.
Nel frattempo, visto che ho ancora un sacco di tempo libero (che passo per lo più a cucinare e a mangiare a otto palmenti), medito sulla stranezza del fenomeno che trasforma un gruppo di persone dall'apparenza equilibrata in una manica di piantagrane.
*sissignori, i primi HD arrivarono appena un po' più tardi, e bastava qualche foto per riempirli - insomma, oggi farebbero più pena che altro.
**Sì, nel senso che corre giù dalla volta di roccia. Perfetta per farsi la doccia nelle mattine d'estate o per tenere in fresco la birra nelle sere d'inverno - peccato che la birra non l'abbiano ancora inventata
***Se non sono all'ospedale, si capisce.
**** Come faccio a telefonare se mi è cascato un albero in testa? Non lo so, non mi ci sono ancora trovata. Se mi capita e dovessi sopravvivere vi farò sapere.
*****In rete il tempo è ancor più strano che nella cosiddetta Real Life. Accade così che quattro giorni bastino e avanzino per datare un diverbio, anche molto animato, a svariate migliaia di anni fa facendogli così perdere completamente di valore.
******Come faccio a saperlo se non ho Whatsapp? Ma che domande, me lo raccontano, spesso facendomi anche leggere i messaggi incriminati. Perché il problema di quel che è scritto è che, essendo appunto scritto, rimane in memoria e si può anche far leggere a chi per sua buona sorte era rimasto del tutto estraneo allo scazzo, magari chiedendogli un parere - che assai facilmente non sarà tale da rendere onore al senno di chi l'ha pronunciato proprio perché la questione di partenza è spesso di una sorprendente minimalità.