Il mio blog preferito

Visualizzazione post con etichetta laboratori. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta laboratori. Mostra tutti i post

venerdì 9 ottobre 2015

L'imperscrutabile arte del Cineforum

(spaventare i ragazzi con un film è più facile di quel che si crede)

Quando arrivai a St. Mary Mead tutte le nove classi erano a tempo prolungato e ogni settimana, per due ore, si aprivano per i Laboratori, laddove ogni studente andava nel laboratorio da lui più o meno liberamente scelto: Cineforum, Latino, Storia, Giochi Matematici, Teatro e altri, a seconda dell'annata e dei docenti disponibili.
Il Cineforum era assegnato d'ufficio ai nuovi arrivati e alla Cleptomane in base alla (discutibile) teoria per fare un Cineforum non servono competenze specifiche e che qualsiasi grullo è buono a far guardare un po' di film ai ragazzi  senza fare grossi danni; e fu così che al mio primo anno là dentro mi ritrovai a gestire il Cineforum per le classi prime.
Certo, c'era il piccolo inconveniente che al cinema ci andavo due volte l'anno quando ci andavo spesso, senza contare che non sapevo un accidente di come funzionavano i film né sui rapporti tra cinema e adolescenti (anche se, in quel caso specifico, le prime ospitavano soprattutto preadolescenti); ma non osai accennare a questi insignificanti dettagli, primo perché non volevo fare la parte della nuova arrivata che non le andava bene niente, e secondo perché l'alternativa era fare il laboratorio di teatro - di cui sapevo infinitamente meno che di cinema.

In realtà avevo una minima esperienza precedente perché, nella mia prima supplenza lunga, ero capitata nel bel mezzo di un cineforum femminista, gestito proprio dall'insegnante che sostituivo: le colleghe mi consegnarono la tessera di  un videonoleggio, i soldi per ritirare i due film ancora da far vedere (scelti a inizio anno dopo gran ponderazione) e il modello della relazione che gli alunni dovevano scodellare e io dovevo correggere; capitai insomma nel bel mezzo di un progetto accuratamente organizzato e feci la mia parte senza grandi difficoltà. 
Lì a St. Mary Mead, invece, di organizzato non c'era un bel nulla, anche perché eravamo a inizio anno e si dava per scontato che (GULP!) organizzassi io, guadagnandomi così la pagnotta che lo stato mi passava ad ogni fine mese.
Così cercai di capire come funzionava di solito il Cineforum da quelle parti, ma non venni a capo di niente: la Decana Amichevole, che l'aveva fatto diverse volte, mi assicurò che aveva tantissimo materiale e me lo promise; costei era una carissima e gentilissima persona che aveva sempre tantissimo materiale su tutto, ma era difficile se non impossibile mantenere con lei una conversazione per più di due minuti sullo stesso argomento senza finire inevitabilmente a
parlare dei Massimi Sistemi, e quand'anche fossi infine riuscita infine a mettere le mani su quel tantissimo materiale, esso materiale sarebbe risultato caotico e del tutto incomprensibile per me, visto che io e lei lavoravamo in modo molto diverso. Gli altri colleghi presenti quell'anno non si erano mai occupati del Cineforum, e quindi ancor meno potevano essermi di qualche aiuto.
Inoltre finii per scoprire che nessuno là dentro* riteneva che il laboratorio di cineforum richiedesse un qualche tipo specifico di organizzazione.
"Ma i film dove li prendo?" chiedevo.
Non certo dalla scuola, perché la scuola non aveva un film che fosse uno (pur gestendo tre cineforum di durata annuale ormai da un buon decennio).
La Decana Amichevole mi spiegò che i colleghi avevano tutti tantissimi film. Il che era vero fino ad un certo punto, e in ogni caso anche chi davvero aveva tantissimi film, strano ma vero, si era comprato i film che interessavano a lui/lei,  poco o nulla curandosi degli interessi cinematografici dei giovani virgulti.

Una delle VicePresidi, quando andai a chiedere lumi su eventuali convenzioni della scuola con videonoleggi o simili, si mostrò molto sorpresa di cotal mia balzana idea e lasciò capire che considerava mio precipuo dovere arrangiarmi con quel che il convento aveva a disposizione, perché la scuola non poteva comprare venti film in DVD solo per me. Quando provai a farle notare che c'era un sacco di roba che non era ancora stata riversata su DVD e che quindi si sarebbe dovuto fare un certo uso delle videocassette (del resto all'epoca avevamo ben due ottimi lettori di VHS, in ben due diverse postazioni contro un singolo computer che con i DVD aveva un rapporto decisamente capriccioso) mi guardò   schifata e disse che i film al giorno d'oggi si guardavano solo in DVD.
Stufa di perdere tempo la lasciai dire e mi rivolsi direttamente al Vecchio Preside.
Costui (oltre a fornirmi una bella copia rigorosamente piratata de La città incantata di Miyazaki) mi rassicurò che andassi pure dove credevo, la scuola avrebbe pagato la tessera e il noleggio di ciò che a me sarebbe sembrato opportuno. Preparassi la lista, cercassi i film e redigessi un preventivo, ché poi i soldi sarebbero arrivati. E così fu.

Lasciata dunque completamente a me stessa, decisi di darmi un tema e di fare una specie di rassegna ad argomento visto che, appunto, di cinema non sapevo niente e di tecnica cinematografica men che meno. Si trattava insomma di vedere un po' di film e poi parlarne, per poi fare compilare l'immancabile scheda. Un giorno si guardava il film, suggerì il preside, la settimana dopo se ne parlava.
Parlarne? Per un ora e quaranta? Con una raccolta di primini scelti tra i più irrequieti della scuola e nelle ultime ore del pomeriggio?
Ci pensai su e adottai una tecnica mista: breve introduzione, prima parte del film, la settimana dopo fine del film e scheda. Tra l'altro i laboratori erano di due ore, ma nel pomeriggio le ore erano di cinquanta minuti. Una volta sistemati i ragazzi e fatto partire il film (e non sempre tutto partiva subito alla prima, oh no tessoro, proprio no) restavano ottanta minuti scarsi, mentre i film normalmente andavano dai 90 minuti in su. Chiacchierare un po' su un film era un conto, impostare cento minuti di dibattito mi sembrava decisamente più azzardato.

Dunque ci voleva un tema, ma quella era la cosa più facile per me, di gran lunga. Decisi di dedicare il cineforum di quell'anno ai mostri. Non era necessario scomodare draghi e vampiri, chiunque di noi può facilmente diventare un mostro, ovvero una creatura insolita e degna di essere mostrata a dito, e anzi cercare mostri insoliti e imprevedibili fu l'aspetto più divertente della faccenda. Il mio capolavoro fu la scelta di Footloose, dove il ragazzo che arriva nella cittadina ultraconservatrice e pretende di ascoltare liberamente un po' di rock appare senz'altro un mostro al Consiglio dei Decani.
Per compilare la lista mi affidai ai consigli delle Brigate Takahashi, dove ero praticamente l'unica analfabeta cinematografica. Nel giro di pochi giorni e di animate discussioni riuscii a comporre una lista che sarebbe bastata per tre cineforum come minimo: mostri buoni e mostri cattivi, mostri dall'apparenza normale, mostri tradizionali, mostri gentili, mostri alieni... Scartati i film troppo paurosi e quelli troppo da adulti (per esempio i Mostri di Dino Risi, che richiedevano almeno una platea di terza) il campo rimaneva decisamente fornito. Evitai con cura film troppo recenti in base al principio che a scuola ci si va per imparare quel che non si sa, e non per rivedere quel che già si conosce benissimo; e purtroppo ne scartai alcuni perché proprio non si riusciva a trovarli da nessuna parte. Tra questi, orribile a dirsi, c'era anche Frankestein Junior; e tuttora mi vergogno assai di aver fatto un cineforum di otto mesi sui mostri senza quell'intramontabile capolavoro, ma ahimé, in quel momento era irreperibile e all'epoca scaricare film dalla rete era ancora arte piuttosto sconosciuta, almeno per noi. Riuscii invece a reperire Freaks, in una biblioteca all'altro capo di Firenze, e ne approfittai per vedere diverse cose che a suo tempo mi ero lasciata sfuggire, come Highlander e Edward Manidiforbice (che mi piacque immensamente). Non riuscii a trovare il cartone animato dello Hobbit né il film di Buffy, l'ammazzavampiri ma trovai facilmente Nighmare before Christmas che proiettai, appunto, l'ultimo pomeriggio prima delle vacanze di Natale con licenza speciale di sgranocchiare patatine, pop corn e altro cibo da cinema (io stessa mi munii di abbondanti snack). Purtroppo, fargli capire che si trattava di una piccola licenza prenatalizia e che non era mia intenzione trasformare il cineforum in una gigantesca Sagra della Patatina e della Tortilla si rivelò impresa piuttosto dura, ma sono inconvenienti che capitano.
Quanto alle schede di recienzione di film che trovai spulciando in giro, mi sembrarono assolutamente balorde, né più né meno delle schede per le recienzioni del Libro del Mese, e a mio avviso soltanto un navigatissimo lupo di cinema esperto di semiotica e strutturalismo sarebbe stato in grado di venirne a capo. Finii per impostare una specie di questionario di gradimento dove i ragazzi indicavano i personaggi, i passaggi e le frasi che più gli erano piaciuti, azzardavano una sintesi in cinque righe, individuavano le tematiche principali, esprimevano una valutazione su vari aspetti del fila, più un controllo a voce per assicurarmi che avessero capito la storia e chiacchiere in libertà per confrontare impressioni e teorie. 
La lista originale prevedeva una bella sezione dedicata a Dracula e Frankestein con tanto di studio sull'evoluzione del personaggio; sta di fatto che Nosferatu del 1922 passò senza colpo ferire, ma quando si arrivò al remake di Herzog, mentre io nel mio cantuccio cercavo di non addormentarmi e mi domandavo perché mai stessi imponendo un sì soporifero spettacolo ai miei amati alunni, essi alunni ammisero francamente di essere piuttosto spaventati e alcuni dichiararono di essersi già spaventati con l'originale del 1922, nonostante gli effetti speciali in cartongesso e la l'accelerazione che le vecchie pellicole subiscono col passare del tempo. Fu così che il cineforum si orientò in prevalenza sulle commedie a base di mostri e su mostri assolutamente light, mentre io mi immergevo in lunghe riflessioni sui giovanissimi d'oggi che all'apparenza pasteggiano a horror senza alcun problema ma, chissà... Del resto anch'io alla loro età ero piuttosto impressionabile, e tutto sommato lo sono ancora.
Invece Freaks, che a fine anno proposi con un certo batticuore, fu molto apprezzato nonostante un problema tecnico ci obbligasse a guardarlo in inglese con sottotitoli in italiano.
Naturalmente quindici dodicenni non fanno primavera e non bastano certo a fornire valutazioni generazionali, ma in cuor mio si insinuò il sospetto che per i ragazzi il problema non sia mai il mostro, che anzi è gradito e apprezzato e interessa molto, quanto la paura dell'eventuale mostro cattivo.

Oggi sarebbe tutto molto più facile, in virtù di due parole magiche: YouTube e Biblioteche. Molti film sono su YouTube, completi e legalissimamente visionabili da chiunque, e molti film sono in DVD nelle biblioteche pubbliche, a disposizione di tutti completamente aggratis e se spieghi che è per una scuola ti allungano pure il tempo del prestito. All'epoca nelle biblioteche pubbliche c'era molto meno e alla scuola di St. Mary Mead non esisteva internet, in alcuna sua forma - ma non era un gran danno perché comunque su YouTube i video duravano pochi minuti.

Da allora vado al cinema molto più spesso - a volte perfino sei volte all'anno - e cerco di tenermi informata. Così ho deciso di accodarmi come altri blogger al Lunedì film di Iome e di avviare una piccola rassegna di titoli più o meno adatti alle scuole medie, visto che con gli anni mi sono fatta una certa esperienza.

*Nessuno dei presenti, intendo; ma magari chi erta emigrato verso altre scuole a suo tempo lo aveva  organizzato eccome. Purtroppo però non era lì a parlarmene. 

giovedì 8 maggio 2014

Il gay sotto il letto - 1 - Di pompini e di montature giornalistiche, nonché di una guerra neanche troppo sotterranea in corso.

Oltre a parlare di pornografia, personalmente ritengo giusto anche 
mostrarla, con tanto di pelo

In questi giorni sta facendo gran scalpore il caso del Liceo Classico Giulio Cesare di Roma dove torme di genitori infuriati avrebbero denunciato gli insegnanti del biennio, rei di aver fatto leggere in classe una pagina di bassa pornografia dove veniva descritto in modo esplicito un pompino - o meglio, visto che siamo in un liceo classico, una fellatio - fatto da un maschio ad un altro maschio, il tutto nell'ambito di una lezione contro l'omofobia.

Se qualcuno ha voglia di leggersi il brano incriminato, condito da adeguati commenti orripilati e vibranti di somma indignazione può servirsi qui e qui, senza paura che gli sfugga l'oggetto del contendere, perché i punti più biasimati sono posti in neretto e ben ribaditi nel corso dell'articolo, caso mai il lettore rischiasse di non notarli.
Nell'eventuale caso poi che qualcuno desiderasse risalire effettivamente all'evento in una versione priva dei molti fronzoli di cui è stato ornato strada facendo, la Dirigente del Liceo ha ritenuto opportuno riassumerne i capi in una lettera sul sito della scuola dove si scoprono alcuni retroscena piuttosto interessanti: la denuncia non è ancora arrivata (forse perché non è stata fatta?), i ragazzi, più che dalla lettura incriminata si sono mostrati assai irritati dall'intervento dei media e dalle polemiche scatenate da cotale intervento, il libro non è stato letto in classe*.
Si è trattato, spiega la Dirigente, di un "percorso laboratoriale" (come usa chiamarlo in didattichese) "con l'obiettivo di sviluppare il piacere di leggere, le capacità critico-letterarie e la riflessione tematica"; per farla breve, a partire dalla quarta ginnasio le creature leggono narrativa di vario tipo a casa loro e poi ci fanno su relazioni e discussioni nella loro classe e a classi aperte (ovvero più classi insieme). In qualche caso questi libri li hanno suggeriti loro.
"Ah, ma potevano utilizzare quel tempo leggendo ben altri capolavori!" è il lamento che si è alzato da più parti "Con tanta nobile letteratura che illumina di sé il mondo, niente di meglio di una scalcagnata Melania Mazzucco?". E qui si potrebbe rispondere che occorre la tenebra perché il sole possa brillare, o che la letteratura contemporanea ha spesso un suo perché, in iniziative del genere, che la vita non è sempre una scala di cristallo e tante altre nobili considerazioni più o meno banali - tra cui il fatto che il libro avesse per protagonista una ragazza di dodici anni poteva magari rendere la lettura più agevole ai liceali, oppure che Boccaccio è senz'altro un grande scrittore, ma sul tema dell'inquinamento la sua opera non contiene pagine imperdibili - e insomma, su certi temi i contemporanei sono irrinunciabili. Peraltro la garbata ma perfida Dirigente ricorda che il laboratorio ha previsto anche letture di opere di Aristofane e Plauto - ottimi autori, senza dubbio, ma non sempre dal contenuto castissimo, come chiunque abbia avuto il piacere di fare un Liceo Classico (o di leggerseli per proprio personale diporto al di fuori della scuola) ha avuto modo di constatare. D'altra parte, se vogliamo dirla tutta, il brano esposto al pubblico ludibrio mi è sembrato chiaro, esplicito, non fraintendibile ma piuttosto sintetico. Voglio dire, un pompino si fa così, e garantisco che si può essere mooolto più descrittivi e dilungarsi assai più dettagliatamente sulla questione.

Il problema, insomma, sembra di capire che sia proprio il tema di cui il libro parlava, ovvero la storia di una ragazzina cresciuta da due uomini legati da vincolo amoroso - un tema ancora non sviluppatissimo nella narrativa contemporanea, e che non ha lasciato grandi tracce nella letteratura classica, medievale e moderna per vari e numerosi motivi.
E' opportuno trattare un simile tema a scuola? Se l'utenza mostra di gradirlo, non si vede perché no. Ogni insegnante delle medie (e delle superiori) affronta pazientemente temi non sempre gradevolissimi al suo palato: genocidi, carestie, internamenti, deportazioni di massa, lavoro minorile, uso dei gas nervini in guerra e via dicendo, e non sempre i ragazzi, pur partecipando emotivamente a cotali tematiche, si divertono granché. Pure, il mondo è anche questo.
Svariate associazioni di genitori piuttosto oltranzisti sostengono però che i campi di deportazione vanno bene, i genocidi pure, i bombardamenti anche, ma il solo pensiero che possano esistere persone dello stesso sesso che si vogliono bene o che siano carnalmente legate è cosa troppo brutale da imporre a un povero fanciulletto nell'età del primo sviluppo. E tuttavia i fanciulletti in questione, se stanno in un liceo, hanno l'età per averlo legalmente, un rapporto omosessuale (e qualcuno, immagino, di questo diritto usufruisce anche); non si tratta insomma di qualcosa cui sono completamente estranei, al contrario di una deportazione di massa o di un genocidio (almeno, si spera, finché stanno in Italia e vige la legislazione attuale).
Cotali associazioni di genitori hanno avviato da qualche tempo (ovvero dal 30 Aprile 2013, quando è stata pubblicata la "Strategia Nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere" che coinvolge, o almeno dovrebbe coinvolgere anche la scuola) una campagna di aperta ostilità contro qualsiasi intervento scolastico in merito, e i segni di queste ostilità possono colpire improvvisamente qualsiasi scuola e qualsiasi insegnante purché minimamente coinvolti nella più scialba e banale attività nel corso della quale ci si ritrovi costretti a convenire, in presenza dei giovani alunni, che sì, può essere, pare, corre voce che, sembra, non saremmo del tutto in grado di escludere che i gay esistano, ahinoi.

Non si spiega altrimenti perché, dopo due anni che il laboratorio andava avanti tranquillamente per i fatti suoi, improvvisamente, a causa di qualche riga che, stando al Comitato dei Genitori del Liceo Classico Giulio Cesare, non ha sconvolto nessuno, sia balzato agli onori delle cronache.

*per i link, ringrazio sentitamente Oglaroon, il blog di LGO, che a questa deplorevole vicenda ha dedicato un post.

venerdì 12 dicembre 2008

Colloqui con i genitori (l'usata seccatura, i soliti sospiri)



E venne il giorno del Gran Ricevimento. A St. Mary Mead ogni anno la Dirigenza trova qualche sistema cretino per complicarlo (quest'anno una nuova complessa regola su come e quando segnarsi) senza mai farsi sfiorare dal sospetto che, forse, chissà, può anche essere che i tanto esecrati genitori - senza i quali, ricordiamolo, saremmo tutti a fare qualche altro lavoro per carenza di materia prima - magari potrebbero averci qualcosa da fare durante il pomeriggio.

Ho una classe composta di ragazzi equilibrati e di buon senso; guarda caso, anche la maggior parte dei loro genitori sono equilibrati e di buon senso, e la maggioranza provvede a tenere in riga i pochi che dirazzerebbero (più o meno come avviene in classe).
Non tutti i miei colleghi godono della stessa notevole fortuna: per quanto si cerchi di fare le classi con criterio, c'è sempre almeno una Classe Esasperante ogni anno.
I miei colloqui si snodano tranquilli: i ragazzi si impegnano (abbastanza), migliorano (abbastanza), vanno in crisi (abbastanza); parliamo della scelta delle superiori, della paura e del desiderio di lasciare il paesello natio, delle apprensioni materne e paterne e via dicendo. Mi sembra che nel complesso genitori e figli abbiano le idee chiare e abbiano fatto una scelta ponderata e di buon accordo.
Poi arrivano i genitori della Cerbiatta. In due. E si svolge una lunga disamina sul non nuovissimo tema "Pole la nostra figliola sostenere lo gran trauma e la difficultade di un Liceo Classico?".
Siccome è quarta variante sul tema che affronto con loro nel giro di un anno, senza contare le tre che ho sostenuto con la Cerbiatta in persona e in aggiunta a quella che ha sostenuto la mia collega a "Le scuole si presentano", gli estremi per invocare le palle rosse e gialle dell'inno goliardico ci sarebbero tutti. Invece con un bel sorriso liscio, rassicuro, sviolino, ungo...
Dopo un'eternità e mezza se ne vanno (spero non ad iscriverla al paritario). Ignoro se sono davvero riuscita a rassicurarli, perché ci sono imprese davanti alle quali si può solo tentare, con umiltà e perseveranza.
Ed entra una madre sconosciuta, che si presenta dandomi un nome ancor più sconosciuto della sua faccia. Alla fine risulta che la figlia partecipa al mio laboratorio di cineforum.
A volte i genitori vanno anche dagli insegnanti che gli fanno i laboratori. A St. Mary Mead succede piuttosto di rado, ma a volte succede. In quei casi si fanno due parole in croce e la cosa finisce lì - di solito è soprattutto un modo indiretto che il ragazzo usa per segnalare all'insegnante che il laboratorio gli piace: il genitore fa un po' di sviolinate su quanto è bello il laboratorio, l'insegnante fa un po' di sviolinate su quanto è bravo e interessato il ragazzo, poi un bel sorriso e basta così.
Questo è un caso diverso: la madre è lì per restare, e non intende fare prigionieri. Nel corso di una lunga chiacchierata mi informa:
1) che alle elementari sua figlia andava tanto bene, poi improvvisamente alle medie è passata al sufficiente, massimo sufficiente più. Mistero (e lì mi guarda fisso. Io la guardo fissa senza ribattere, mentre mi domando dove vuole andare a parare. Possibile che davvero speri che mi metta a criticare i voti dei colleghi su una ragazza che ho visto sedici ore in vita mia? Ma sì che è possibile. Non c'è limite né confine alle speranze dissennate che può nutrire un genitore)
2) che sua figlia per fortuna era rimasta fuori dalle tempeste ormonali che avevano travolto le sue compagne di classe (del resto, le tempeste ormonali travolgono. Che altro possono mai fare? Mica ti vengono le mestruazioni, oggigiorno, sei travolta da una tempesta ormonale)
3) che parimenti la figlia è rimasta estranea a tutta quell'aggressività che c'è oggi tra i giovani (e meno male che almeno la figlia è estranea, con la madre che si ritrova)
4) che lei non l'ha cresciuta con la morale dell'avere ma dell'essere
5) che non le compra capi firmati. Lei, le firme, non le paga!
6) che non manda sua figlia a passeggio con le compagne senza meta per il paese, perché non le piace che perda tempo.
"Non è mai tempo perso a quell'età" intervengo, commossa all'idea di quella povera ragazza che non può nemmeno andare a fare due passi per St. Mary Mead se non ha una meta (chissà se anche la madre non va mai a passeggio senza meta? In effetti è in vistoso sovrappeso).
Nossignori, insiste la madre, devono avere una meta.
Dunque la signora critica la cultura dell'avere ma dà grande importanza alle firme (rifiutandole) e ritiene che qualunque cosa vada fatta solo se c'è uno scopo ben preciso. Quale sia però lo scopo ben preciso con cui è venuta da me non è chiaro.
La signora continua a chiacchierare (con una bella fila di genitori della mia legittima terza fuori ad aspettare che abbia finito di spiegarmi che buona educatrice ella è) e io sono ormai chiusa in un dignitoso silenzio sperando che si levi infine dai piedi.
Lei però, prima di farlo, mi propone Antarctica per il cineforum. Incautamente ne chiedo la trama. Me la racconta, decantandomi la grande bontà del cane che non cerca di vendicarsi dell'uomo che lo ha abbandonato. L'indignazione mi toglie la parola.
Sul serio si aspetta che utilizzi il tempo del mio prezioso cineforum per rifilare a quei poveri ragazzi la storia di quindici cani abbandonati incatenati tra loro da una spedizione polare e morti quasi tutti di stenti? Per giunta romanzata e ricreata da un soggettista sadico e recitata dal vero con quindici nuovi cani tormentati sotto l'occhio della telecamera?
Sì, credo che sul serio se lo aspetti.
Scopro il giorno dopo che ha lasciato una lettera di protesta al Vicepreside per come era organizzato il ricevimento e ha raccontato di "aver denunciato il Preside al Provveditorato".

La figlia, al momento, sembra normale. Ma, certo, sta portando un bel peso.

mercoledì 24 settembre 2008

Iniziano i laboratori e non ho niente da mettermi


Come tutte le scuole medie anche noi ci abbiamo i nostri laboratori.
Gran bella parola, "laboratorio": evoca immagini di scintillanti file di provette e alambicchi ripieni di liquidi dai più vari colori, atelier di pittura o di falegnameria, acceleratori di particelle...

Da decenni i Laboratori sono entrati nella vita degli insegnanti delle medie. La Riforma Moratti li ha ufficializzati. "La scuola" pontificava il ministro "deve indirizzare l'alunno anche verso il 'saper fare' oltre che il 'sapere': è importante dare il giusto risalto alla parte operativa". Ci aveva pure ragione, ci aveva.

Che poi, siccome le attrezzature costano anche se non pretendi di allestire il tuo piccolo acceleratore di particelle per far vedere ai ragazzi com'è stato il Big Bang, si è andata affermando da sempre la consuetudine di rifilare il più dei laboratori all'insegnante di Lettere, anche perché una o due insegnanti di Lettere in più il CSA non li negava mai.
Il che toglieva molta manualità al "saper fare" perché l'insegnante di Lettere, povera anima, allestisce magari un Cineforum, qualcosa di collegato al Teatro, qualche avvincente laboratorio di Storia... e una valanga di laboratori di Lettura, Lettura Espressiva, Scrittura Creativa, Giochi Linguistici & Affini, oltre all'indispensabile Laboratorio di Latino che i Genitori (per motivi a me del tutto incomprensibili) si ostinano a richiedere. 
Tutta roba interessante e utilissima, per carità, ma non sempre improntata al massimo della manualità. Anche se poi la parte operativa ci deve sempre essere, ti spiegano, con un Prodotto Finale da far vedere ai Genitori.
"Che cavolo di Prodotto Finale vuoi che ci sia in un laboratorio di latino?" chiede l'insegnante un po' perplesso.
"Fate un cartellone".
"Ma i cartelloni si fanno anche nelle ore curricolari. Quelli che ci sono in classe non li abbiamo mica fatti nei laboratori!".
"Scusa, che altro Prodotto Finale vuoi fare, in un laboratorio di latino?".
"Ah beh, sì beh..." (chitarra e Enzo Iannacci in sottofondo).

Anche a St. Mary Mead abbiamo i nostri laboratori, si capisce. C'è il Laboratorio di Scienze, quello di Arti Applicate, quello di Informatica, quello Linguistico. Ecco, magari le attrezzature non sono numerosissime né modernissime, se si rompe qualcosa riaverlo è un vero problema; però i Laboratori ci sono. Un po' scheggiati, un po' malridotti - perché le attrezzature, usandole, si logorano (ma guarda un po'); anche se gli insegnanti sono bravi, anche se i ragazzi ci stanno attenti. Basterebbe qualche soldo in più e avremmo dei Veri e Scintillanti Laboratori; ma lassù nelle Alte Sfere del Ministero,  dove si puote ciò che si vuole, è stato stabilito che il Laboratorio è soprattutto uno stato d'animo interiore, che non necessita di particolari finanziamenti.
E' risaputo che i ragazzi godono come tinche frequentando laboratori di ceramica, carpenteria, pasticceria, sbalzo su rame. Ma un laboratorio di Lettura Espressiva costa talmente meno...

Altro particolare di cui, nelle Alte Sfere, sembrano fregarsi alla grande è che il Laboratorio va amorevolmente preparato, coltivato e studiato e non si improvvisa da una settimana all'altra (salvo, forse, quelli di Lettura Espressiva). Le scuole medie attualmente traboccano di precari, che un anno ci sono e l'anno dopo chissà dove andranno. Quasi tutti i laboratori, dunque, vengono improvvisati dall'inizio di Settembre se non dai primi giorni dell'anno scolastico - ed è risaputo a chiunque ci si sia cimentato, che in queste condizioni cominci a capire bene come gestire un dato laboratorio solo verso metà dell'anno.
Il Laboratorio più fragile, in queste condizioni, è Teatro. Grande invenzione, il Teatro alle scuole dell'obbligo. Utilissimo sul piano didattico. Qualche ora di teatro riesce a cementare una classe o un gruppo come niente al mondo riuscirà mai a fare. I ragazzi si sciolgono, acquistano fiducia in sé stessi e si divertono come pazzi. Solo che Teatro (incredibile ma vero) va saputo fare, non è che ti basta avere una laurea in lettere per venirne a capo automaticamente. Richiede una formazione specifica, che magari qualche insegnante (non necessariamente di Lettere) possiede, ma non puoi darla per scontata. 
Certo, a fare teatro a scuola, come tutte le cose, si impara. Un buon corso di formazione potrebbe facilmente trasformare un insegnante anche imbranato in un coordinatore teatrale almeno accettabile. Ma ormai da tempo è stato stabilito che i corsi di formazione per insegnanti servono soprattutto a insegnargli a insegnare letteratura (cosa, in verità, non sempre difficilissima per una persona laureata in letteratura come spesso siamo noi di Lettere), e rappresentano soprattutto una fonte di guadagno per l'Università e non uno strumento formativo per l'insegnante medesimo... vabbe', questo è un discorso lungo e pure piuttosto doloroso.

Ad ogni modo, se mezza scuola è in mano ai supplenti annuali il laboratorio di teatro salta, triste ma vero. Con grande dispiacere dei ragazzi, ma salta.
E così quest'anno, a St. Mary Mead, niente teatro.