A fine lezione Lunastorta si avvicina alla cattedra.
"Professoressa, lei però l'altra volta non ha messo la nota a quelli che parlavano quando io ero interrogato". Mentre stavolta l'ho messa a lui.
Vero, l'altra volta non l'ho messa, ma soltanto minacciata. Anche perché le due fanciulle in causa, dopo la minaccia, si erano alquanto chetate. E va pur detto che Lunastorta non è in condizioni di rivedere le bucce a nessuno quanto a disciplina e, soprattutto, attenzione nel seguire le lezioni. Che abbia il coraggio di farlo è cosa che mi lascia sinceramente ammirata.
"Infatti. A loro non mi è sembrato il caso di metterla" convengo.
Sul momento mi reputo un prodigio di diplomazia, mitezza d'animo e disponibilità per non essergli saltata alla gola e non avergli nemmeno espresso, con poche e sentite parole, la mia compiuta opinione sul suo modo di comportarsi e trovare sempre da ridire su tutto e tutti.
Ma poi a casa, a freddo, rifletto e mi dico che forse si potrebbe provare a far capire alle creature che, prima di badare tanto al comportamento degli altri e di deprecare ingiustizie da parte dell'insegnante dovrebbero forse considerare con un po' più di attenzione quel che fanno.
Così il Lunedì arrivo con la parabola della trave e del fuscello. Prima gli spiego che l'insegnante vive la vita di classe con spirito professionale e in ogni cosa che fa deve tenere conto di un'infinità di fattori che agli alunni, che sono coinvolti in modo diverso, tendono a sfuggire. Che comunque la legge non è mai uguale per tutti perché si deve tenere conto di tanti discriminanti - come succede anche nel codice civile e penale - e infine che spesso si ha una percezione soggettiva del disturbo che si può creare nella classe molto diversa dalla percezione che può averne un esterno.
Indi passiamo alla parabola che viene letta, commentata e spiegata. Poi li lascio a scrivere le loro riflessioni. E tutti mi scrivono tante cose edificanti sull'importanza di non giudicare gli altri ("Maledetti ipocriti!" penso mentre correggo, anche se non si può escludere del tutto la possibilità che qualcuno sia in buona fede).
La mattina dopo Lunastorta arriva con la nota firmata... e un romanzo, sotto la nota, scritto da sua madre. Che mi dice sì, gentile professoressa, è vero che mio figlio chiacchierava e quindi lei giustamente gli ha messo la nota, però lui mi ha detto che anche altri chiacchieravano quando lui era interrogato e quindi mi sembrerebbe giusto che anche gli altri ricevessero la stessa sanzione. E mi saluta ringraziandomi per "la mia infinita pazienza" (senza, evidentemente, rendersi conto di quanto sta abusando della medesima).
Guardo incredula il quadernino, mentre la prima colazione mi va di traverso. Sono senza parole, ma alla fine riesco a dire "Grazie, lasciamelo che rispondo dopo con calma". Faccio finta di non essere in piena ebollizione e comincio la lezione (peraltro assai movimentata). In due ore ho tempo per cambiare idea almeno settanta volte sulla complessa questione "Rispondere, o non rispondere?".
A non rispondere so che il problema si ripresenterà a breve, magari con qualche altro collega.
La signora ha una granitica fede nei resoconti del figlio e niente di quel che gli insegnanti hanno detto, in singolo o in gruppo, è mai servito a scalfire cotale fede: costei continua a farci notare le ingiustizie e gli abusi di cui la sua creatura è oggetto, rimproverandoci tramite quadernino. Nel nostro primo colloquio cercò in vari modi di spingermi a dir male della Perfida Albione (e non la trovai un'operazione pulita, neanche un po'), poi passò a un lungo elenco delle malefatte dell'anno scorso di Sirius Black mentre io cercavo senza gran risultato, di spostare la conversazione sui molti Non Preparato di Lunastorta a storia e geografia.
Naturalmente è rappresentante di classe. Naturalmente è scontenta di esserlo, perché "gli altri genitori non la supportano". Naturalmente lei "non è di quelle che spalleggiano sempre il figlio".
Insomma, sarebbe meglio per tutti non lasciarle passare l'ennesimo "Siete stati cattivi con il mio bambino". D'altra parte l'unica risposta che mi viene in mente siul momento comincia con "Vaffanculo" e non sono sicura che sortirebbe l'effetto voluto.
Ben presto però la calma della Sala Professori produce il suo effetto. E scrivo.
"Gentile signora,
le sono sinceramente grata per la sua collaborazione nell'opera di gestione della classe. La prego però di considerare che per un ragazzo di tredici anni non sempre è facile valutare adeguatamente tutti i fattori di cui un insegnante deve tenere conto, anche perché il fatto di essere coinvolto in prima persona gli rende difficile una valutazione oggettiva.
Resto a sua disposizione, prof Murasaki".
Leggo ai colleghi. Lo trovano un eccellente Vaffanculo, stilato con molto garbo.
"Siamo sicuri che capisca tutto il discorso? E' un po' complicato".
"Se non altro capirà che la sto trattando dall'alto in basso".
Gli altri convengono.
Così salgo a restituire il quaderno al legittimo proprietario.
Non mi è arrivata controrisposta.
Sono comunque consapevole di avere solo pareggiato una battaglia. Di vincere la guerra, qua, non se ne parla nemmeno.