Ascoltando la formazione sulla didattica DADA |
Passata la fase del "Cominceremo con la didattica DADA a Settembre 2020, anche se in forma un po' ridotta" abbiamo poi avuto, in ordine di successione "Cominceremo a Novembre" (con i lavori in corso e l'acqua corrente nelle aule), "Il DADA partirà dopo le vacanze di Natale", "Il DADA partirà in primavera" per poi giungere a "Il progetto DADA inizierà a Settembre 2021".
Nel frattempo ha smesso di piovere in classe, le muffe sono state rimbiancate e sono arrivate enormi quantità di coloratissimi armadietti e di cassettiere basse su rotelle, la disposizione delle aule è cambiata almeno tre volte (sulla carta); si è anche parlato di colori e scritte (nelle aule) ma i numeri del Covid, pur se tra alti e bassi, non sembrano promettere a tempi brevi vistosi miglioramenti. Non sappiamo quindi se effettivamente a metà Settembre partirà alcunché.
Ad ogni modo è partita la formazione per la didattica DADA e ben tre incontri-DADA ci sono piovuti addosso, con scarso entusiasmo da parte nostra.
Non so se in circostanze normali (ovvero in presenza) cotali incontri darebbero stati accolti con maggiore entusiasmo: la presenza porta in sé una sorta di magnetismo, e in certe circostanze stimola anche le virtù della pazienza e della sopportazione rassegnata, senza contare che puoi consolarti chiacchierando con qualche collega o trovare conforto nello scambio di occhiate significative con chi senti in consonanza col tuo pensiero e i tuoi sentimenti, mentre per contro in questi incontri telematici le parole si rivelano più forti (o più vuote, a seconda dei casi), ma lasciano anche un maggiore senso di solitudine dopo.
Una cosa comunque mi sento di dare per sicura: al termine di questi tre incontri sulla didattica DADA ne so esattamente quanto prima, cioè niente - anche se esperte addette ai lavori me ne hanno parlato per complessive sei ore, accompagnandosi con slide ricche di effetti speciali, citazioni di illustri spiriti e profonde riflessioni - e soprattutto tante, tante e ancora tante parole-chiave.
Il primo incontro, tenuto da una coach e counselor* di scuola gestaltica** si intitolava "Il modello DADA: l'innovazione dell'"Eppur si muove" con cenni di DADAlogica". La coach si è rivelata una donna di notevole bellezza con una bella voce suadente, e ci tengo a precisare che io amo le belle voci suadenti. Non abbastanza, a quanto pare.
Le 90 slide che corredavano l'incontro erano piene di immagini gradevoli e colorate.Parlavano della fragilità che abbiamo scoperto in noi durante la pandemia, dell'importanza della creatività, del coraggio delle scelte, dell'importanza dell'ascolto e del dialogo ed erano decorate con immagini di pesciolini in boccia, di ombrelli colorati, di cieli azzurri e tante altre cose, di quelle che si trovano assai facilmente nelle pagine introspettive di Facebook (molte infatti le ho riconosciute); inoltre la relatrice ci ha fatto partecipi di un nuovissimo concetto didattico altamente innovativo: le nozioni si fissano nel cervello insieme alle emozioni, e insomma si ricorda più volentieri qualcosa che si è imparato con piacere. Queste sì che son scoperte.
Dopo l'esposizione di cotanta scoperta ho chiuso la telecamera e mi sono dedicata a pulire la cucina, a dare il cencio per terra e infine a scuotere via l'origano da un grosso mazzetto, ma le slide le ho viste quasi tutte perché restavo sempre intorno al computer - non sia mai che all'improvviso la coach e counselor non si mettesse finalmente a parlare di qualcosa.
Così non è stato, ma alla fine della lezione ci ha spiegato attraverso l'esempio che è importante dare ai ragazzi dei piccoli intervalli di pausa di tre minuti per permettergli di cambiare posizione e mettersi comodi, e ci ha dato appunto tre minuti per rilassarci.
"Vedete com'è meglio essere rilassati?". Tutti ne abbiamo convenuto senza farci pregare. In sottofondo, la buonanima di Catalano ci ricordava che era meglio essere comodi in una situazione piacevole piuttosto che scomodi in una situazione sgradevole.
Alla fine l'abbiamo ringraziata molto e qualcuno si è spinto a dirle che quell'incontro ci aveva aperto nuove prospettive e rigenerato interiormente. Qualcuno, anzi, sembra che lo pensasse sul serio, perché poi l'ha ripetuto ai colleghi. Ma non alla media di St. Mary Mead, dove la mattina dopo, in Sala Insegnanti, il sarcasmo scorreva potente e in tanti facevano il conto di quante lavatrici avessero stirato (vincitrice la prof. Spini con quattro, ma secondo me mentiva).
Il secondo incontro si intitolava "Metodologie didattiche e competenze trasversali: soft skills e metodologie didattiche innovative". Evviva, finalmente si andava sul concreto! Dopotutto capita spesso che la prima puntata di un corso di formazione sia piuttosto vuota.
E infatti la relatrice si è presentata come una persona che da anni fa DADA e ci ha promesso di parlare nel dettaglio della questione nella sua concretezza.
Ha iniziato facendoci vedere un sacco di belle slide sulla scuola finlandese, con ampi spazi, grandi vetrate e alunni gioiosamente intenti ad un costruttivo lavoro di apprendimento: bei giardini, bellissimi campi sportivi, belle biblioteche...
Guardavo e pensavo agli spazi della scuola di St. Mary Mead. Poi la relatrice ci ha spiegato che uno dei principi essenziali della didattica DADA è il concetto di tempo che va oltrepassato e rielaborato. Si è dimenticata però di spiegarci come ciò possa avvenire in una scuola dove ogni insegnante fa diciotto ore in un tempo scuola di trenta, per tacere del fatto che quelle diciotto ore sono tutte incastrate tra loro.
Giratempo? Corridoi interdimensionali? Ristoranti al termine dell'universo?
A telecamera aperta, ho aperto un po' di finestre sullo schermo e mi sono messa a trascrivere voti sul registro elettronico, ripulire la casella della posta e preparare il materiale da mettere sulla Classroom per le prossime lezioni di storia. Nel frattempo la relatrice ci informava sull'importanza del dialogo, dell'ascolto e dell'interazione mentre io riflettevo su una slide piuttosto inquietante: un gruppo di ragazzi che si spostava lungo il corridoio cammellandosi dietro zaini, piumoni e cartelline.
"Uno dei problemi della Dada è che i ragazzi cambiano in fretta e ordinatamente di aula, ma quando arrivano scoprono spesso che hanno dimenticato qualcosa".
Beh, questo lo sa chiunque faccia lezione in un laboratorio o provi a portare la classe in Aula Magna, Biblioteca o quant'altro. Del resto, anch'io sono di quelli che non dimenticano le mani solo e soltanto perché le hanno attaccate ai polsi. Ma se poi a ogni ora pretendi di fargli fare il trasloco al gran completo, come dire...
"E infatti con la Dada è meglio fare le ore a coppie, così si riducono gli spostamenti".
E dunque il vantaggio della didattica Dada è che le classi si spostano, ma conviene farli spostare il meno possibile.
Non sono stata l'unica colpita dall'immagine dei ragazzi-cammelli, e infatti una delle colleghe addette all'organizzazione della didattica DADA ha scritto alla relatrice la sera stessa per chiedere il perché di tanto cammellamento.
La risposta è stata strana: è meglio se i ragazzi lasciano le cose a scuola, nelle singole classi. Sì, anche i libri. Tanto a casa possono studiare sulla versione digitale. E poi per la didattica DADA tutti comprano sempre tanti armadietti, ma gli armadietti non servono, servirebbero piuttosto gli attaccapanni.
Difficile non pensare agli innumerevoli armadietti per ragazzi che ingombrano da settimane i corridoi, ormai del tutto privi di attaccapanni.
"Gli attaccapanni non servono, di solito: i ragazzi portano le giacche in classe" mi spiega qualcuno.
Vero, ma al momento la classe non la cambiano a tutte l'ore.
Ma soprattutto: se l'idea di base della didattica DADA è permettere ai ragazzi di farsi una passeggiata piacevole nei corridoi ogni tanto (idea che mi trova in assoluta sintonia) quanto sarà piacevole questa passeggiata se si devono portar dietro armi e bagagli?
Alla terza lezione del corso abbiamo di nuovo la coach e counselor. Il titolo della lezione è "Principi generali, comunicazione efficace e ascolto attivo: l'incontro e l'accoglienza".
Rassegnata, monto l'asse da stiro e metto l'acqua nel ferro.
Per due ore sentiamo parlare dell'importanza del dialogo, dell'ascolto e dell'accoglienza. Una delle slide raffigura un arco, che non ricordo se rappresenta l'insegnante o il momento dell'incontro; la coach si premura di spiegarci l'arco dev'essere solido e ben basato - che è senz'altro un concetto valido, perché un arco che rischia di sbriciolartisi addosso è decisamente pericoloso.
Altre due ore della mia vita se ne vanno, mentre impilo ordinatamente lenzuola, asciugamani e strofinacci da cucina e le varie gatte perfezionano le operazioni di stiratura godendosi il tepore della biancheria scaldata dal ferro.
Nel frattempo, tra un arco e un paesaggio e una citazione colta, la coach ci spiega l'importanza del com-prendere (nel senso di prendere insieme) e della co-costruzione, ovvero la costruzione fatta con l'Altro.
Ci saranno ulteriori incontri, ma dubito che parlerò ancora di questo corso sul blog - a meno che, per un qualche miracolo, arrivi una qualche lezione con dentro un po' di didattica normale, ovvero che dia per scontato che l'insegnante sia almeno vagamente consapevole dell'opportunità di instaurare una relazione virtuosa con l'alunno - stante che di dialogo, ascolto, inclusione e simili le linee guida ministeriali ci parlano ormai da vent'anni, per quanto in termini un pelino più concreti e senza slide con gli ombrelli colorati e i pesciolini in boccia - insomma, che parli un po' di scuola.
Il che è teoricamente possibile, certo - ma in tutti noi alberga il fiero sospetto che la tanto decantata e innovativa didattica DADA si riassuma nel teorema Casini, ovvero una volta chiusa la porta della mia aula decorata e con i banchini componibili, mi par di capire che diano per scontato che faccia la solita lezione che faccio adesso". E dunque
After all is said and done / It was right for you to run
*giuro, si è presentata così. Sulla prima slide.
**pare che sia una scuola che si basa sulla percezione e l'esperienza. Quale scuola non lo fa, mi domando.