Copertina della prima edizione del Silmarillion - che naturalmente mi precipitai a comprare, in quel lontano 1979
La seconda considerazione che è andata prendendo forma nelle spaziose pareti eccetera eccetera (vedi post precedente) riguarda le vicende editoriali di Tolkien, che fin da ragazzo scrisse ampie e dettagliate storie delle Ere Antiche della Terra di Mezzo, partendo dalla sua creazione attraverso la musica e raccogliendole pazientemente nel Silmarillion, che non diede mai alle stampe.
Tolkien morì nel 1973, ovvero diciotto anni dopo la pubblicazione del Signore degli Anelli. Il romanzo gli portò in cassa qualche soldo e lui andò in pensione. Quali circostanze più favorevoli per riordinare infine la sua opera di una vita, quella cui in teoria aveva sempre lavorato? Ma così non avvenne: quando infine Il Silmarillion venne pubblicato ad opera del figlio Christopher, costui dovette pasticciare non poco per sistemare una materia che era ancora allo stato fluido. Non solo, ma molti dei testi che compongono Il Silmarillion esistevano in più versioni, talvolta lunghe e dettagliate e in contraddizione o in contrasto tra loro. Fino alla fine Tolkien aveva continuato a giocare col suo giocattolo preferito, evitando con cura di dargli una forma stabile che gli permettesse di andare in giro per il mondo incontro a un destino editoriale.
Insomma, la mia personale teoria è che, vivente Tolkien, Il Silmarillion non sia stato pubblicato perché al professore non importava, e voleva tenere aperto il laboratorio fino all'ultimo - oppure, a scelta, che a quel punto le storie del Silmarillion lo interessavano fino a un certo punto perché ormai sapeva come andava a finire la storia.
C'è un altro fattore da considerare: nel frattempo, nell'eroica Terra di Mezzo colma di gioielli magici e cupidi nani e nobilissimi e sanguinarissimi (e talvolta stupidissimi) elfi e uomini usciti di peso, loro sì, da saghe celtiche e germaniche di quelle dove il destino si comporta sempre in maniera scorretta, era entrato in scena un popolo anarchico e disciplinato, gaudente e resiliente, disinteressato a gioielli magici, alle spade incantate e spesso perfino agli spocchiosissimi elfi, che commerciava con i nani comprando soprattutto giocattoli e fuochi d'artificio... insomma, gli hobbit, con le loro doppie colazioni (una delle quali a base di bacon e uova), i loro pub, i loro campi ben arati, indifesi in modo patetico ma capaci di sbrogliarsela nelle situazioni più assurde.
In presenza degli hobbit le storie assumono un senso, e pretendono a gran voce di essere portate a una conclusione. Non ci sono hobbit nel Silmarillion, se non appiccicati con lo sputo nell'ultimissimo capitolo che in sintesi è solo un rapido riassunto per infilare il Signore degli Anelli in tutta la vicenda.
Non ci sono hobbit, ma soprattutto: come potrebbero esserci? Cosa potrebbero fare, in tutte quelle storie nobili ed eroiche e pure un po' convenzionali?
Beh, magari potrebbero farci molto, ma col loro intervento le storie avrebbero avuto una conclusione, un senso, una dimensione precisa: sarebbero insomma diventate vere storie. Oppure, più probabilmente, le storie si sarebbero snaturate perdendo sapore.
Resta il fatto che di tutte le storie della Terra di Mezzo Tolkien è riuscito a completarne e stamparne due (la prima delle quali non era nata per stare nel ciclo della Terra di Mezzo) ed erano quelle con gli hobbit. Guarda caso, sono anche quelle secondo me letterariamente più valide e con i personaggi più interessanti.
Coincidenze? Personalmente ne dubito.