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martedì 24 maggio 2022

Una tranquilla giornata di scuola a St. Mary Mead

scale, scale, scale
Dopo tanto patire e piatire finalmente a scuola è ripresa un po' di vita, e ad Aprile i cancelli si sono aperti per far entrare come cani famelici tutte le attività tenute in stand by dall'inizio dell'anno per i circa seicentoventotto allarmi Covid che si sono succeduti con implacabile regolarità a partire da Settembre. 
Così la fine dell'anno scolastico, che è sempre e comunque un periodo travagliato e fitto dei più vari impegni, si è trasformata in una specie di gioco a incastro da cui disperiamo di uscire vivi e che sta frastornando i poveri alunni - che per la verità, per quanto frastornati, sembrano piuttosto soddisfatti, al contrario di noi insegnanti che invece siamo frastornati e basta, e dopo due anni di stasi abbiamo financo dimenticato come si organizza uno straccio di uscita.
Stamani le Prime erano in Gita, ovvero impegnate in un modesto trekking in una zona relativamente vicino che gli è stato spacciato come Gita Scolastica; così le mie tre ore di Italiano e Storia si sono trasformate in altrettante sostituzioni.
Le prime due ore sostituisco Fisica (che accompagna i primini in gita) nella Terza tuttora un po' Asserpentata. Prima ancora che potessi pensare a come gestire queste due ore supplementari che piovevano come una vera manna è arrivato appunto Fisica.
"Murasaki, ho visto che mi sostituisci in Terza. Allora puoi portarli al corso di nuoto".
"Oh? Ehm, sì, certo, sarò lieta di portarli al corso di nuoto".
La mattinata è dunque iniziata salendo in Terza - che da qualche giorno sta al piano superiore per uno scambio di classe (anche le attività sportive infatti sono ripartite alla grande, e da qualche settimana ogni due per tre qualche ragazzo si azzoppa. Arrivati al terzo zoppino nella Terza Tremenda è stato deciso di portare tutti al piano terra, onde semplificare la vita ai poveri stampellati) dove ho fatto l'appello e poscia   con detta Terza mi sono recata nel livello sotterraneo che dà sull'uscita e da lì abbiamo raggiunto la piscina comunale, che ho visto per la prima volta: dalla notte dei tempi infatti le medie di St. Mary Mead organizzano corsi di nuoto in primavera, ma ovviamente la cosa non mi aveva mai riguardato.
La piscina di St. Mary Mead è un locale tranquillo, con una serie di spogliatoi organizzati in un dedalo del tutto incomprensibile. Comunque mi sono seduta in un angolino, mentre i ragazzi si cambiavano, e ho letto il mio bravo romanzo di Trollope mentre i pesciolini nuotavano soddisfatti. 
Siccome la Terza è tuttora un po' Asserpentata, mentre si rivestivano ho sentito preoccupanti segnali di litigio. Mi sono affacciata negli intricati spogliatoi e ho scoperto che Qualcuno aveva trovato il modo di far arrabbiare il più umorale e suscettibile dei Serpentelli, che negli ultimi tempi quando si arrabbia mostra reazioni piuttosto imprevedibili. 
Ho rampognato il Qualcuno e controllato che il Serpentello Suscettibile non si fosse troppo irritato, mangiando nel contempo per colazione un altro Serpentello che trovava da ridire sul tempo impiegato dalle ragazze per rivestirsi; infine abbiamo risalito i tre livelli di scale per tornare in classe.
Scodellati i Serpentelli ho raggiunto la Seconda Capricciosa per una ulteriore ora di sostituzione. Com'è molto prevedibile vista la calda giornata assolata, la Seconda Capricciosa chiede di scendere in cortile per l'intervallo.
Mentre i ragazzi giocano a palla mi raggiunge una custode: ha chiamato la Coordinatrice della classe per avvisare che quel giorno inizia il corso di danza ma di fatto non è ancora venuto l'apposito operatore.
I ragazzi sostengono che il corso è fissato per Giovedì - e comunque l'operatore non c'è. Assicuro la custode che, qualora arrivasse anche solo l'ombra di un operatore, noi siamo lì in cortile a intervallare e poi in classe a disposizione di chiunque per danzare.
L'operatore non si vede e dunque torniamo in classe dove ascolto interrogazioni sul programma nucleare francese e le centrali atomiche in Italia, poi l'ora finisce e torno giù in Sala Insegnanti dove mi aspetta una nuova, mirabile impresa: inserire i libri adottati per l'anno prossimo.
Da quando c'è stato il lockdown questa complessa operazione non si fa più a mano su moduli forniti dalla Segreteria bensì intervenendo direttamente su una sorta di piattaforma nazionale: dalla scuola ci danno le password per identificarci ed entrare e poi dobbiamo andare nelle nostre future classi e infilare i nuovi libri che l'anno prossimo in quella classe dovrebbero esserci. Tutto ciò è complesso per vari motivi, il primo dei quali, almeno nel mio caso, è stato che mi sono dimenticata che l'anno prossimo la mia Prima passerà a Seconda (peraltro in blocco: non si è nemmeno parlato di lontano di fermare alcuno, né avremmo avuto motivo di parlarne) e dunque non sarà più una Prima. Ciò rientra nel corso naturale delle cose, stante che tutto cresce e si trasforma con lo scorrere degli anni, ma talvolta capita di essere distratti o di avere uno di quei cervellini che stan larghi in una scatola di fiammiferi e insomma ho serenamente inserito tutti i libri della futura seconda afferenti alla cattedra di Lettere e dopo, da brava donna di casa coscienziosa, ho fatto pulizia togliendo il ciarpame dell'anno prima, per poi accorgermi con orrore, proprio mentre la piattaforma mi informava allegramente che "i libri selezionati sono stati eliminati con successo!" che quei libri non andavano affatto eliminati perché, appunto, ero in Prima e non in Seconda.
Quindi la prima parte dell'ora buca se n'è andata a fare un lavoro non solo inutile ma pure dannoso, nonché per strisciare come un verme (quale sono) davanti alla collega che si occuperà della Futura Prima, narrarle l'increscioso avvenimento e chiederle i titoli da re-inserire.
Nelle ultime due ore dovrei fare Storia con la Seconda Capricciosa, ma non prima che i Capricciosi abbiano usufruito del loro legittimo intervallo. Così scendiamo nuovamente in cortile, mentre cerco di fare il conto di quante scale abbia fatto quel giorno; ma mi perdo intorno al duecentesimo gradino e mi consolo ricordandomi che fare le scale fa bene alla circolazione e, dicono, anche al cuore quando le scale sono in discesa. Spero proprio che sia vero, perché quel giorno ne ho salite e discese davvero parecchie.
E, come in un grazioso deja vu, di nuovo mi raggiunge la Custode per informarmi che, all'insaputa di tutti, quel giorno per i ragazzi era stata fissata un'ora supplementare di Laboratorio di Teatro - stavolta però deve essere vero, mi assicura la Custode, perché l'Operatore è arrivato e aspetta scalpitando.
"Naturalmente gli ho detto che adesso i ragazzi stanno facendo l'intervallo, però dopo li deve portare nell'apposita sala".
Saluto in cuor mio la complessa lezione sul Risorgimento che avevo programmato e a fine intervallo salgo per l'ennesima volta le scale per portare i Capricciosi nell'apposita sala, dove i Capricciosi svolgono il laboratorio di teatro da par loro, tanto che una parte della seconda e ultima ora di Storia se ne va per una ruvida spazzolata sul tema "Il laboratorio di Teatro va preso sul serio perché non solo è utile e salutare, ma vi ha pure risparmiato un'ora di lezione di Storia, che non è esattamente la vostra materia preferita" e nella stesura di quattro infuocati rapporti per i quattro che si sono comportati particolarmente male.
Resta a malapena un po' di spazio per una piccola introduzione al 1848. No, naturalmente non conoscono il modo di dire "E' successo un 48", ma ho notato che, al contrario della battaglia di Waterloo, il 48 è uscito dalle frasi fatte delle nuove generazioni e dunque non è così grave.
Alle due sono finalmente libera e posso tornare a casa - ma non prima di aver sistemato il pasticcio con i libri fatto con la Prima, che fra ricerche e controlli vari mi richiede una buona quarantina di minuti supplementari.
Mancano ancora quasi quattro settimane, e come ogni anno mi domando ( ci domandiamo) se riuscirò (riusciremo / riusciremmo) a sopravvivere anche stavolta.

domenica 22 maggio 2022

Waterloo (di cose che non vorresti mai leggere)

Prima di Waterloo, ci fu la disfatta della Beresina
Il programma di Storia con la Seconda Capricciosa prosegue, con entusiasmo assai moderato da parte degli alunni. Ho fatto la rivoluzione francese, spiegandola con gran cura e infliggendo due interrogazioni programmate ai due alunni che sapevo abbastanza diligenti da studiarla, e morta lì.
A Napoleone ho dedicato più cura, ritenendolo argomento più palatabile per una classe che della storia se ne frega alla grande: c'è l'invenzione dell'Italia, l'invenzione dell'egittologia, l'invenzione dello stato moderno e della moderna legislazione, ma soprattutto c'è la Grandiosa Sconfitta in Russia, che anni fa  una classe ben più partecipe e interessata sintetitzzò mirabilmente con la formula "è quando Napoleone va in Russia e si frega".
Con un pizzico di cattiveria e molta speranza ho fatto un compito in classe dove dovevano riassumere sia la Rivoluzione che Napoleone in due cronologie di dieci date ciascuna, libro alla mano, dopo avere accortamente diviso la classe in gruppetti. 
Mi aspettavo dei gran pasticci con la rivoluzione, dove scegliere solo dieci date è, oggettivamente, impresa complessa, ma anche qualche soddisfazione da Napoleone, dove se non altro due delle date (nascita e morte) erano già occupate e gli eventi da cui estrarre le altre otto risultavano ben sgranati.
A sorpresa, più di un gruppo ha sbarcato la rivoluzione abbastanza bene, ma le cronologie di Napoleone han rappresentato ottimamente il concetto di "Waterloo dell'insegnante".
Nella maggior parte dei casi Napoleone se l'è cavata così-così  (spesso saltando a piè pari  il colpo di stato di Brumaio) fino all'incoronazione, cui quasi tutti han fatto seguire il secondo matrimonio e la nascita dell'erede. Quest'ultimo particolare, ovvero la nascita dell'erede, è stato ricordato quasi da tutti nonostante il manuale nemmeno lo citasse: gliene avevo parlato io, raccontandogli  la breve e grama esistenza del povero Napoleone II, e per qualche misterioso motivo la cosa gli è  rimasta impressa. Ma a quel punto, ahimé, le date stavano finendo e così diversi gruppi sono passati dalla nascita dell'erede direttamente alla morte di Napoleone nel 1821.
Campagna di Russia non pervenuta.
E nemmeno Waterloo.
D'accordo, gli ho parlato anche di Napoleone II. Ma non è che mi sono dimenticata di dirgli che ancora oggi la parola Waterloo è sinonimo di sconfitta disastrosa e senza appello. Gli ho persino spiegato che si tratta di una piccola cittadina il cui nome si può pronunciare in almeno tre modi diversi: Vàterlo all'italiana, Vaterlò alla fracese e Uoterlu all'inglese, insomma una volta tanto era davvero impossibile sbagliare la pronuncia.
"E passi per la campagna di Russia, che comunque è forse la disfatta più famosa di tutti i tempi. Ma come si fa a fare una cronologia di Napoleone senza mettere nemmeno Waterloo?" ululo restituendo i compiti "Waterloo è la battaglia più famosa della storia. Ancora oggi è ricordata come la disfatta per eccellenza!".
Mi guardano bonariamente perplessi. Si sa, la prof. Murasaki è così: ogni tanto dà di fuori di matto, assolutamente senza un perché.
"Lo sapete qual è la canzone più famosa uscita dall'Eurofestival?" ululo vieppiù.
Non lo sanno. Sembrano financo ignorare l'esistenza dell'Eurofestival, che pure è improvvisamente diventato di gran moda proprio in questi anni.
"Waterloo è una battaglia talmente famosa che centosessanta anni dopo un celebre gruppo pop le ha dedicato una canzone che ha spopolato in tutta Europa e che non parlava affatto della battaglia, ma usava il suo nome come metafora!".
E niente, carico a tutto volume il video della canzone degli ABBA in cui una fanciulla racconta allegramente di come, nonostante la sua ferma determinazione a non farsi imbrigliare, ha infine ceduto all'amore conoscendo così la sua Waterloo e tutto il corridoio ne risuona. La classe ascolta con una certa indifferenza ma gradisce l'intermezzo in cui, se non altro, me ne sto zitta.


Poi attacco il Risorgimento - mi figuro con che risultati, ma ormai è tempo di unificare l'Italia, e una volta di più medito su come la Seconda Capricciosa ci è stata mandata per punire noi insegnanti dei nostri peccati (moltissimi, e molto gravi, a quel che sembra). 

mercoledì 11 maggio 2022

La nuova, innovativissima didattica DADA - 5 - I leggendari armadietti

I nostri armadietti sono più o meno così (ma senza chiavi)
La prima cosa che vedemmo arrivare per la nuova, innovativissima didattica DADA furono gli armadietti: sbarcarono nella scuola qualche giorno prima del lockdown, ben imballati e in colori sgargianti.
Sarebbero serviti ai nostri ragazzi per conservare libri e zaini e piumini e...
"Comunque le cartelline di Arte e Tecnologia non ci stanno" osservò qualcuno. E in effetti non ci sarebbero stati nemmeno i piumini, se non pressandoli molto. Ma metti che qualcuno avesse la pretesa di indossare un cappotto?
All'inizio di quest'anno, quando ufficialmente è partita la didattica DADA, gli armadietti sono stati disposti lungo i corridoi delle classi sostituendo i più piccoli e dimessi armadietti verde scuro che c'erano sempre stati. Non che venissero usati moltissimo, ma ogni classe aveva il suo paio di alunni che li usavano per far fare meno su-e-giù ai libri di scuola. I genitori firmavano il contratto di comodato d'uso e ricevevano in cambio una piccola chiave di tipo ordinario che di solito gli alunni portavano al collo appesa a un lungo nastro.
I nuovi e sfolgoranti armadietti comunque fungevano solo da decorazione, dando in effetti un bel tocco di colore ai corridoi un po' menci.
Sin dalle prime settimane, ogni due-tre giorni qualche ragazzo della Prima Sfigata alzava la mano per chiedere "Mi scusi, ma quando cominciamo a usare gli armadietti?".
Dopo aver dichiarato più volte la mia totale e completa ignoranza sulla questione decisi di informarmi.
"Ma quegli armadietti li teniamo solo per decorazione? D'accordo che sono anche carini, ma ormai che ci sono potremmo pure usarli".
"Sono lì per la didattica DADA" mi spiegò la VicePreside.
"Ma abbiamo sempre avuto degli armadietti da dare ai ragazzi, anche quando non facevamo nessuna didattica DADA. E visto che ai ragazzi piacciono...".
La VicePreside provò a informarsi ma ne ebbe una confusa risposta sul fatto che in tempo di pandemia gli armadietti andavano evitati per il problema degli assembramenti. Considerando che non tutti i ragazzi avrebbero usato l'armadietto e soprattutto non avrebbero dovuto usarlo ad ogni ora mi sembrava una preoccupazione un po' del menga, ma in tempo di Covid mi sono risolutamente allineata al principio che le misure decise dall'alto per la pandemia non si discutono, si eseguono come che siano e insomma lasciai perdere.
"Chi vuole lasciare dei libri a scuola può usare l'armadio di classe" suggerì la VicePreside. Così feci, meditando in cuor mio che era più facile assembrarsi intorno ad un unico armadio che a un gruppo di armadietti; in ogni modo si trattava di assembramenti davvero modesti, e dunque amen.
Sotto Natale avvenne a scuola la Solenne Inaugurazione della nuova, innovativissima didattica DADA, alla presenza di svariati genitori e di un paio di giornalisti, e due giorni dopo Pentasilea arrivò con un lucchetto.
"La Preside ha detto che possiamo usare gli armadietti e dobbiamo portarci un lucchetto per chiudere il nostro. Dunque vorrei il mio armadietto" mi disse con bel garbo.
Le spiegai che il problema era che la Preside non aveva detto niente del genere a noi, e le chiesi di informarsi da sua madre se ci fosse una circolare o roba del genere. Conoscendo lo stato della nostra Segreteria, non era affatto impossibile che la circolare esistesse ma che si fossero dimenticati di girarcela.
La madre però mandò a dire che la circolare non c'era: semplicemente la Preside aveva spiegato che con l'arrivo della didattica DADA i ragazzi avrebbero avuto l'armadietto. E lo aveva già spiegato anche all'inizio dell'anno scolastico, all'assemblea dei genitori.
Tutto ciò, se non altro, spiegava perché i ragazzi si fossero così fissati su quegli armadietti.
Pensai molte cose in cuor mio su questo continuo promettere armadietti per poi non darli, ma dissi a Pentasilea di conservare con cura il suo lucchetto: sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe avuto l'armadietto, ma c'era ancora da aspettare.

Un paio di settimane dopo la nuova insegnante di Sostegno mi disse che voleva chiedere l'armadietto per il suo alunno, che aveva problemi fisici e con lo zaino faticava abbastanza. Approvai l'idea pensando che almeno quei cazzi di armadietti sarebbero serviti a qualcuno prima di cadere a pezzi consunti dalla ruggine, ma la mail della Preside andò ben oltre le mie più rosee aspettative: infatti non solo autorizzava l'uso dell'armadietto per l'Alunno Debilitato, ma chiudeva con una fumosa frase sul fatto che questa assegnazione poteva diventare una testa di ponte per consentire l'uso degli armadietti agli alunni più fragili (giuro, parlò proprio di "testa di ponte").
Una volta letta la mail constatai con soddisfazione che gli alunni fragili nella Prima Sfigata abbondavano: a parte l'alunno debilitato e oggetto del Sostegno contavamo ben 9 PDP con le più varie motivazioni, più un'alunna che aveva risolto il problema della Scuola Senza Zaino comprando due serie di libri di testo, una da tenere a scuola e una da tenere a casa, senza contare due alunni che dall'inizio dell'anno avevano manifestato fragilità di altro tipo. I tre gatti che restavano... beh, poverini, sarebbe stato discriminante escludere proprio loro dagli armadietti, e dunque annuncia solennemente alla classe che chi voleva portasse pure i lucchetti e gli armadietti entravano in uso.
Nel far questo contavo su due fattori: il primo è il Principio di Inerzia che nelle scuole consente alle più assurde situazioni di prolungarsi nel tempo in base al principio che "per ora facciamo così, più avanti vedremo di organizzarci meglio"; e sul fatto che altri colleghi avrebbero colto la palla al balzo e consentito di soppiatto ai loro alunni di usare gli armadietti perché "se lo fanno nella Prima Sfigata, possiamo farlo anche noi". Dopotutto, che ne avrebbe mai saputo la Preside, che nel nostro plesso viene una volta al mese quando viene spesso, e nei corridoi delle classi non passa mai?
I fatti dimostrarono che avevo torto. Come previsto i ragazzi delle altre classi assistettero con grande invidia alla presa di possesso dei mitici armadietti e corsero dai loro insegnanti per chiedere se anche loro potevano fare come la Prima Sfigata; ma i miei amati colleghi stavolta delusero ampiamente le mie aspettative perché invece di lanciare i loro alunni come cani sull'osso colorato andarono dalla Preside a lamentarsi che la Prima Sfigata usava gli armadietti.
La VicePreside mi contattò per avvisarmi che gli armadietti andavano assegnati solo previa contratto di comodato firmato dai genitori.
"Ma non mi risulta che il mio Alunno Debilitato abbia firmato contratti di alcun tipo" provai a ribattere.
La VicePreside mi disse che tuttavia lo stato delle cose era che l'Alunno Debilitato poteva usare il suo armadietto anche senza contratto di comodato, e gli altri no. Convenne con me che si trattava di una forma di discriminazione e anche che tutto l'insieme era decisamente cretino, tuttavia le cose stavano così.

Meditai sul da farsi. Da una parte, considerando vari fattori, era probabile che facendo finta di nulla la cosa potesse comodamente trascinarsi per mesi per quanto i Colleghi Rompiballe potessero andare a lamentarsi. Tuttavia St. Mary Mead è un paese piccolo, dove la gente mormora, e non mi piaceva che i miei amati alunni scoprissero che disobbedivo all'ordine  (quasi) esplicito di un superiore, perché non mi sembrava un messaggio valido sul piano educativo; inoltre, io ormai la mia bella figura con loro ormai l'avevo fatta e quel punto la Cattiva era la Preside.
Dunque la mattina dopo avvisai la Prima Sfigata che gli armadietti andavano sgomberati e così fu fatto nonostante un certo comprensibile disappunto dei ragazzi. Tutti gli armadietti furono svuotati e i lucchetti tornarono a casa, mentre l'armadio di classe veniva di nuovo stipato di libri.

Ci fu però un seguito, non so se causato da un provvido attacco di buon senso da parte della Preside, magari addivenuto in seguito ad un paziente lavorio ai fianchi della VicePreside: due settimane dopo, al Collegio Docenti, la Preside riferì che "si era creato un disguido e insomma, nella Prima Sfigata di St. Mary Mead ormai gli armadietti erano in uso". Volevo insorgere per spiegare che l'equivoco era nato esclusivamente a causa della sua storditaggine e che ormai da tempo la Prima Sfigata non adoperava più un bel niente visto che mi era stato dato l'ordine di far sgombrare quei cazzo di armadietti; ma i collegi on line han questo di bello, che se vuoi intervenire devi appoggiare il ferro da stiro o smettere di pulire la cucina e avvicinarti al computer per alzare la mano e intanto hai tutto il tempo per riflettere se, per citare un vecchio trattato di netiquette davvero il tuo intervento è indispensabile al benessere dell'umanità - e insomma non ne feci di niente perché decisi di aspettare la fine del discorso. 
E la fine del discorso era che la Preside aveva infine deciso che gli armadietti sarebbero entrati in funzione.
E così, due settimane dopo, proprio l'ultimo giorno prima delle vacanze di Pasqua, appena tornata a casa trovai la circolare che trasmetteva il Contratto di Comodato, da far firmare ai genitori, e nel giro di cinque minuti avvisai la classe della lieta novella.
Adesso gli armadietti stanno entrando in funzione, con grande soddisfazione della classe.
E insomma, le vie della Scuola sono infinite.

domenica 1 maggio 2022

Dopo il viburno ucraino, arriva il corbezzolo italiano (un altro post di alta erudizione)

ed ecco a voi il simbolo dell'Italia: il corbezzolo (bellissimo albero, in effetti)

Mentre in Sala Professori stavo pensosamente meditando se la Russia fosse effettivamente da considerarsi una Grande Potenza e non piuttosto uno stato provvisto di una classe governante singolarmente incapace, nella mia fertile mente si è stagliata una Luminosa Idea. E visto che accanto a me sedeva la prof. Ghirlandai, Referente di Educazione Civica le ho chiesto "Ma secondo te, se gli do come compito di mettere quattro stati a confronto sul piano istituzionale ed economico in una tabella, lo posso spacciare anche per una prova di Educazione Civica? Stavo pensando a Russia, Cina, Stati Uniti e poi l'Italia, così quando lo leggono in classe ci chiacchieriamo un po' su".
"Mi sembra davvero in tutto e per tutto una prova di Educazione Civica, e anche molto interessante" mi ha rassicurato lei.
Detto fatto ho buttato giù una tabella molto mista: nome del paese, data di nascita, estensione, numero di abitanti, posizione dell'esercito in graduatoria, reddito pro capite, forma istituzionale, import/export, fonti energetiche, se hanno centrali nucleari e armi atomiche eccetera... sul finire ho messo anche la pianta e l'animale simbolo e pure un qualche sceneggiato, film o simile che ha contribuito a formare la loro immagine di quel paese (quest'ultima voce per l'Italia non c'era).
Richiesti di un parere i ragazzi si sono detti molto interessati, così gli ho assegnato il compito e quando lo hanno riportato ci abbiamo fatto su una chiacchierata di un paio d'ore.
Tra le altre cose ho scoperto che, se il secondo esercito del mondo era considerato la Russia (ma credo che perderà qualche posizione, dopo la non brillantissima prova che ha dato di recente), la Cina avrebbe il terzo, anche se la credevo molto più indietro.
La vera sorpresa però è arrivata con gli animali e le piante. 
Per la Cina le piante sono ibisco rosa e peonia e non il bambù come ero convinta. Come animali nazionali ha non soltanto il panda, ma anche il mio amatissimo drago.
Gli USA hanno naturalmente aquila e quercia.
La Russia ha l'inevitabile orso e la slanciata betulla, albero della taiga per eccellenza.
E l'Italia è simboleggiata dal lupo (o meglio dalla lupa, possibilmente in fase di allattamento) e...
Olivo e quercia, che decorano monete e francobolli?
Nossignori, il corbezzolo.
"Il corbezzolo?!?" ho chiesto indignata "Ma quando mai?".
La classe insorge: proprio il corbezzolo. Andassi pure a vedere, se non ci credevo!
Sono andata infatti a guardare, digitando albero simbolo Italia, e Google mi ha scodellato la pagina sul corbezzolo, simbolo patrio; con occhi grandi come tazze da tè ho letto.
Ivi si racconta di come, nel corso del Risorgimento, il corbezzole fosse salito agli onori patriottici grazie a un passo di Virgilio dove il giovane Pallante, morto in battaglia, viene adagiato su rami di corbezzolo per riportarlo al padre. Poi Pascoli ci mise del suo, dedicando una poesia al nobile albero e vedendolo come raffigurazione della bandiera nazionale: fiori bianchi, frutti (anche) rossi, foglie verdi.
Così, dopo aver scoperto che la bandiera greca si ispira allo scudo di Achille, adesso so anche che il corbezzolo è il nostro albero-simbolo.
Davvero mirabile la fantasia dei patrioti dell'Ottocento, ma ancor più mirabile è l'enorme quantità di cose che si imparano insegnando.