Il mio blog preferito

martedì 31 dicembre 2024

Notte di san Silvestro (protettore dei gatti)

 

E' andata com'è andata,

andrà come andrà

ma intanto AUGURI a tutti

e che lo champagne scorra a fiumi!

lunedì 30 dicembre 2024

Murasaki va al ristorante giapponese

La bella Lamù in versione natalizia

Quel che segue è il fedele resoconto del mio primo incontro col ristorante giapponese di Lungacque, specializzato in sushi ma che prepara anche accettabili piatti di cucina cinese.
Quando iniziò la mia vera convalescenza, nel 2019, capitava spesso che uscissi la mattina per andare a passeggio per le strade del paese: guardavo le vetrine, mi fermavo sulle panchine sotto gli alberi ad ammirare il paesaggio e gli scorci pittoreschi e non avevo altri impegni che quello di rientrare a casa dove avrei passato il pomeriggio a leggere e ricevere telefonate di amici e congiunti in cerca di buone notizie.
In uno di questi giretti intravidi una bella mattina di primavera l'insegna del ristorante giapponese che aveva aperto da poco. Per il pranzo apriva a mezzogiorno, guarda caso era giusto mezzogiorno e qualche minuto e così entrai.
In quei tempi felici andavano ancora di moda i menù su carta. Siccome c'era la formula all you can eat mi spiegarono che dovevo compilare il modulo con le richieste e io lo compilai con somma attenzione:a quei tempi non potevo ancora mangiare proprio tutto ma godevo già di una certa libertà. Evitai quindi i fritti, ci andai molto cauta con il curry ma (avevo avuto cura di informarmi dal plotone di nutrizionisti che mi seguiva all'epoca) mi affidai con fiducia al wasabi e allo zenzero, che avevano una certa forza disinfettante, e abbondai col riso, il pesce crudo e anche gli spaghettini di riso e di soia - cioè, abbondai è una parola grossa: diciamo che presi un buon numero di assaggi. Del resto, il menù avvisava che il cibo non andava sprecato e quindi ciò che il cliente non fosse riuscito a mangiare sarebbe stato fatto pagare a prezzo pieno - una regola piuttosto consueta nei ristoranti orientali che fanno l'all you can eat e che ho sempre trovato molto ragionevole. Però sapevo anche che le porzioni dei ristoranti giapponesi erano piccole, per consentire al cliente di provare molte cose, e appunto molte cose volevo gustare.
Passarono a ritirare il modulo; poco dopo arrivò un cameriere che mi spiegò che secondo lui avevo ordinato troppa roba.
In quel periodo ero afflitta da una fame cosmica: il mio organismo scalpitava per recuperare almeno un po' dei chili perduti e soprattutto per ricevere cibi saporiti, dopo due anni di patate al vapore e bracioline di manzo cotte male. Addirittura, i nutrizionisti si raccomandavano che per carità mi guardassi bene dall'andare sotto le razioni che mi avevano prescritto. E io mangiavo, naturalmente. Tutti si raccomandavano che mangiassi, ero incline a mangiare, perché mai avrei dovuto rifiutarmi di contentare tante brave persone preoccupate del mio benessere e stufe di contarmi gli ossicini?

Guardai serenamente il cameriere, cercando di non sganasciarmi dal ridere: dopotutto si preoccupava del mio benessere e di non sprecare cibo, ed entrambe  erano cause molto rispettabili; poi va pur ammesso che, con le mie clavicole sporgenti e le braccine rinsecchite, non avevo certo l'aria di una buona forchetta. Non era giusto dileggiarlo per questo. E quindi, con una certa fatica, riuscii a non ridergli in faccia.
"Credo che riuscirò a mangiare quel che ho ordinato" provai a rassicurarlo col mio tono più garbato.
Il cameriere scosse la testa "Non è questione di credere" disse, assolutamente convinto che fossi una perfetta imbecille. E del resto, che ne sapeva della mia storia clinica e dei miei mesi di quasi digiuno?
Alla fine mi propose di andare a scaglioni: mi avrebbero portato una parte di quel che avevo ordinato, e dopo avrei deciso se confermare qualcosa di altro o no. Accettai con un luminoso sorriso, continuando in cuor mio a ridere come una pazza e pregustando il piacere di far ridere anche amici e parenti con quel delizioso racconto.
Spolverai serenamente la prima serie di portate, e naturalmente anche la seconda. Sui piatti non rimase né un seme sì sesamo né un chicco di riso né alcuna traccia delle foglie di insalata e prezzemolo né dei riccioli di carota che vengono talvolta usati per le guarnizioni.
Evitai però di ordinare altro cibo, un po' per non traumatizzarli troppo ma soprattutto perché mi era stato suggerito di procedere a piccoli pasti. Quello non si poteva certo definire un piccolo pasto, ma conservavo comunque qualche angolino da riempire. L'avrei riempito più avanti nel pomeriggio, magari con del gelato o della frutta.
Da allora nessun cameriere in quel ristorante ha mai osato suggerirmi una riduzione del numero delle portate. E tuttavia, tornando indietro con la memoria, credo di non avere mai più fatto una ordinazione così massiccia. Ma quello è stato un periodo davvero particolare.

La scena, già mentre la vivevo, mi ha sempre richiamato uno dei migliori episodi di Lamù di Rumiko Takahashi, dove si racconta una sorta di sfida che un ristorante organizza e dove se il cliente riesce a mangiare tutto quel che gli portano non paga il pranzo. A vincere è la bella Sakura, che non solo mangia assolutamente tutto quel che le portano

ma che alla fine dell'immane pasto ha ancora una pancia assolutamente piatta.
Nel manga è la puntata 45 "Diet Wars" (si trova nel volume 8 del mensile Young intitolato Sapore di sale nell'edizione Star Comics, che sospetto sia ancora l'unica) e nell'anime è l'episodio 13 Avventura alle Hawaii che si trova facilmente su YouTube.

domenica 29 dicembre 2024

Natale a St. Mary Mead 2 - "La risposta è no ma chiedi pure"

Gli aiutanti di Babbo Natale, in cerca dei migliori modelli di pigiama da regalare ai bambini buoni
L'orario su cinque giorni a settimana che usiamo da qualche anno alla scuola media di St. Mary Mead presenta alcuni inconvenienti, tra cui quello di ridurre i giorni-jolly  di vacanza da utilizzare a nostro piacimento nel corso dell'anno. Quest'anno poi avevamo anche il santo patrono che cadeva con rara opportunità a metà settimana invece che di Sabato o Domenica come si era sentito obbligato a fare negli anni scorsi, e insomma la nostra disponibilità si riduceva a due magri giorni che sembrava quasi obbligatorio usare nei ponti di primavera. Tutta questa introduzione per spiegare come, per la prima volta da quando insegno, le vacanze di Natale quest'anno sono iniziate proprio il 23 Dicembre, proprio come quando a scuola ci andavo da alunna.
A questo punto occorre anche aggiungere che quest'anno il 23 Dicembre si ritrova in una posizione piuttosto infelice: di Lunedì, nientemeno. Un'intera scolaresca ormai profondamente immersa nel clima natalizio, reduce dall'ultimo fine settimana prima di Natale ricolmo di vetrine illuminate, progetti vacanziferi, luminarie per ogni dove si ritrova dunque in classe in balia di un'orda di insegnanti reduci dall'ultimo fine settimana prima di Natale eccetera eccetera, e che per giunta ha in gran parte passato quei due giorni non già a riposarsi o ad andar per compere, che già di per sé è un lavoro non dei più leggeri, ma a combattere con l'organizzazione del cenone della Vigilia o del pranzone di Natale con tutti i suoi annessi e connessi. 
Già così suona abbastanza male come prospettiva, ma c'è di più, e arrossisco a dirlo: il 23 Dicembre per noi non sarebbe stata una lectio brevis, santa abitudine che ha salvato la pelle a tanti di noi, bensì una normale giornata di normali sei ore - che già sull'idea che una normale giornata di scuola possa essere di sei ore filate con due pause quasi invisibili a occhio nudo ho tutta una serie di teorie personali, figurarsi se la giornata in questione è nientemeno che il 23 Dicembre.
Come mai la scuola media  di St. Mary Mead si è ritrovata in questo pasticcio?
La risposta, molto semplicemente, è "Perché la gente è scema". La lectio brevis, infatti, per quanto sia uso e costume saldamente insediato negli orari di scuola in certe ricorrenze, rappresenta pur sempre una variazione rispetto all'orario normale, e quindi per esistere va votata dal Consiglio di Istituto.
Ora, penso che saremo tutto d'accordo che il consiglio di Istituto può votare solo quel che qualcuno gli propone. Se nessuna delle rappresentanze chiede una lezione breve per il 23 Dicembre, il Consiglio non può cavarsela dalla testa - almeno, così mi risulta.
Sta di fatto che nessuno si è posto il problema e una bella mattina il corpo docente della scuola media di St. Mary Mead si è trovato ad affrontare l'amara verità: Lunedì 23 Dicembre ci sarebbero state 6 ore 6 di scuola - e di conseguenza anche 6 ore 6 di lezione.
Nei normali giorni prevacanze che durano tre ore di solito la mattinata si sbanca consentendo con fare di degnazione il permesso agli alunni di fare piccole festicciole di classe. Tutto si risolve in un gran volare di zucchero a velo e frammenti di patatine che le pazienti custodi spazzeranno dopo l'agognato suono della campanella, le porte delle aule si aprono e frotte di alunni vanno e vengono per i corridoi componendo trenini, cantando canzoncine natalizie, tirandosi innocui proiettili e simili, mentre in alcune classi si gioca a tombola e in altre a dama o a carte ( ari tipi di carte, anche fantasy). Il tutto molto presto sfugge al nostro controllo in un immane confusione, ma va bene così e tutti siamo assai di buon umore, in trepida attesa di Santa Campanella (e tu non domandare per chi suona la campanella, perché essa suona anche per te).
Niente di tutto questo è nemmeno lontanamente possibile con una mattinata di sei ore, e l'unica alternativa decorosa era fare lezione, con fpgrande pazienza e determinazione perché, strano ma vero, in quel tipo di giornate la scolaresca non è mai particolarmente ricettiva (e dargli torto).
Così Venerdì 20 quando un alunno della Prima Smemorina ha alzato la mano e ha detto con bel garbo che mi voleva fare una richiesta a nome della classe per l'ultimo giorno di scuola ho dato per scontato che volessero chiedermi la tradizionale festicciola e ho detto, come recita il titolo di questo post "La risposta è no, ma domanda pure".
"Volevamo chiederle se potevamo venire a scuola in pigiama"
"Oh? Ma certo che potete" rispondo, completamente spiazzat, spiazzandoli a mia volta.
Qualcuno prova a convincermi spiegando che la cosa è permessa in tutte le scuole della zona. Ribadisco che non ho niente in contrario e Lunedì, quando entro in classe e me li trovo davanti chiedo "Ma siete effettivamente in pigiama?" perché non riesco a notare una particolare differenza, e il cuore mi ritorna a una conversazione avuta qualche mese prima con l'ormai ex Terza Sfigata.
"Sapete, io non sono molto brava a vedere certe differenze. Magari riesco a riconoscere con certezza che dei jeans come quelli che indossa Rotari non sono parte di un pigiama...".
"È solo perché mia madre mi ha obbligato" precisa Rotari in tono amareggiato. Lo ripete un paio di volte, segno che la cosa lo ha irritato assai. Lo capisco perché avrebbe irritato molto anche me (che per il triennio del liceo sono venuta a scuola sventolando un mantello a mezza ruota di loden nero con tanto di cappuccio modello Darth Vader che non solo i miei non si sognarono nemmeno di impedirmi, ma che era stato confezionato dalle amorevoli mani di mia nonna).
"...oppure una tuta come la vostra" aggiungo indicando Beda e Colombano seduti  in prima fila.
"Sono dell'Adidas" spiegano pazienti i due.
"Sì, appunto, tute dell'Adidas" convengo con loro, pur meravigliandomi in cuor mio che insistano su un particolare così insignificante. Va bene l'amore per le marche, ma...
"Sono pigiami di marca Adidas" insistono i due.
Li guardo sconcertata, domandandomi per quale strano motivo la Adidas si è messa a fare pigiami identici alle tute. Ma alla fine quelli sono affari dell'Adidas e non miei, se lo fanno avranno senz'altro un qualche tipo di convenienza, così come affar mio è invece spiegar loro il Gran Mistero dei monosillabi accentati; e a quello decido di dedicarmi con grande intensità ma sempre più convinta che al giorno d'oggi il vestito è soprattutto uno stato d'animo.
Come, del resto, lo è anche il pigiama.

venerdì 27 dicembre 2024

Natale a St. Mary Mead 1 - Complottando con le custodi


Due anni fa, mentre ero in una di quelle lussuose erboristerie-profumerie e dispensatrici di aromi in cui si sono trasformate le un tempo scialbe farmacie, cercando un po' di regalini-toppa per amici e parenti, intravidi una graziosa confezioncella che conteneva tre raffinati tubetti di crema per mani impreziosite da tre raffinate profumazioni. Il pensiero mi corse alle Tre Custodi di St. Mary Mead.
Ci sono cose che quasi nessuno dice sulla scuola - per esempio che la qualità del servizio è strettamente legata alla qualità dei custodi, prima di tutto come esseri umani: ogni giorno anche nella più paciosa delle scuolette di provincia si producono non meno di trenta emergenze di misura ed entità del tutto imprevedibili, e i primi ad affrontarle sono appunto i custodi. La loro importanza è vieppiù testimoniata dalla banale constatazione che  pochi custodi che fanno sciopero riescono a bloccare facilmente una scuola semplicemente non andando ad aprire il portone.
A St. Mary Mead le custodi delle medie sono ormai da anni un terzetto mirabilmente assortito che moltiplica pani e pesci, divide le acque e le riunisce, striglia i funzionari del comune non di rado conseguendo lusinghieri risultati, placa gli inquieti, racconforta gli afflitti, soccorre i feriti, veste gli ignudi e insomma rientra nella celebre formula il possibile lo stiamo  già facendo, per l'impossibile c'è da aspettare un po' di tempo ma facciamo anche quello, e per miracoli ci stiamo attrezzando.
Insomma mi dissi  "e perché no?" mi feci confezionare un bel pacchettino sbrilluccicoso e l'ultimo giorno di scuola passai nel loro gabbiotto e lasciai il minuscolo regalino condito con qualche paroletta gentile. 
Fui ringraziata molto al di là di quel che il simbolico gesto richiedeva e per tutto l'anno scolastico fui oggetto di un trattamento davvero lusinghiero - ancora più lusinghiero del solito, intendo, perché sempre e comunque le tre signore erano caratterizzate da una notevole gentilezza a chiunque si rivolgessero, preside, insegnante o alunno che fosse (un po' meno con i funzionari del Comune,specie alla quinta chiamata che non aveva portato frutti).
L'anno scorso quindi mi attrezzai meglio e alla Profumeria Inglese provvidi tre pacchetti separati e un pochino più impegnativi, ma davvero niente di che. Dimostrarono vieppiù sorpresa e perfino una certa dose di confusione dicendomi che però loro non mi avevano preparato nulla. Le rimbrottai con bel garbo spiegando che un regalino di quel tipo si fa per il piacere di farlo, non per averne in cambio qualcosa e in cuor mio cominciai a pensare che forse la faccenda si stava spingendo troppo in là, nemmeno le avessi omaggiate con bracciali d'oro e perle.
La faccenda, in effetti, non era affatto finita perché al ritorno a scuola dopo le vacanze di Natale fui omaggiata a mia volta di una mantellina molto leggera a scacchi bianchi e neri - un dono che si rivelò molto pratico, soprattutto quando in Aprile il riscaldamento fu spento e la pioggia imperversava: piumini e soprabiti sono ingombranti ma una mantellina leggera bianca e nera non crea intralcio alcuno e, va anche aggiunto, sta bene su qualsiasi colore.
Ma veniamo al terzo e ultimo atto: dieci giorni prima delle vacanze le custodi mi chiamano, che venga da loro in gran segreto durante una delle mie ore buche perché hanno una cosa da darmi ma non vogliono farlo davanti a tutti perché altrimenti le chiacchiere sarebbero arrivate fino in cielo. 
Naturalmente proprio appena sono scesa - nel momento che avevo accuratamente scelto come quello potenzialmente più tranquillo ovvero un buon quarto d'ora dopo la fine dell'intervallo, a lezioni ormai ben avviate - non meno di cinque o sei inderogabili questioni si sono affollate intorno alle malcapitate: alunni malandati che chiedevano di telefonare a casa o provarsi la febbre, fotocopie inderogabili eccetera. Alla fine siamo sgusciate con fare furtivo nel cosiddetto Ambulatorio, che contiene sì una barella e una vetrinetta per i medicinali ma anche un bel frigo e una dispensa oltre al secondo forno a microonde della scuola.
"Sentite, se mi avete portato fin qui per cercare di associarmi alll'attentato per far esplodere il ponte di St. Mary Mead, ci tengo ad avvisarmi che disapprovo per principio ogni forma di lotta armata" ho preferito avvisarle.
"Peccato, prof, ci speravamo tanto".
In realtà si sono limitata a consegnarmi una busta rossa precisando che "se non andava bene potevo cambiarlo, ma comunque era una cosa che andava consegnato un po' prima di Natale".
Il ragionamento era molto sensato: infatti un maglione rosso scarlatto con sopra una sagoma di pelo bianco a forma di gatto (con tanto di corna da renna di strass rosso) che sconfina in un albero di Natale con tanto di lucine colorate è senz'altro una roba che si può portare soltanto, a voler stare molto larghi, dal primo Dicembre al 7 Gennaio e dunque, consegnandomelo l'ultimo giorno di scuola, mi avrebbero tagliato fuori da una buona metà di questa ristretta forbice.
Molto commossa ho ringraziato e tosto ho infilato il regalo - che in verità si è rivelato molto utile stante che quella mattina a scuola faceva un gran freddo perché quasi tutti i termosifoni erano spenti, in spregio al fatto che le colline e dietro ancora i monti che circondavano la valle ove la nostra scuoletta fa bella mostra di sé erano innevate - evento decisamente insolito nel nostro microclima. 
Il maglione mi andava come un guanto ed era anche piuttosto caldo.
Sin dal primo giorno il maglione ha raccolto vasti consensi da chiunque lo vedesse, commessi del supermercato inclusi; del resto è molto natalizio, è allegro, ma soprattutto è assolutamente demenziale in ogni suo dettaglio: dove mai si è visto un gatto bianco a forma di albero di Natale con cornette rosse da renna e ornato di lumini colorati che dorme beatamente?
Da nessuna parte, si spera, e forse è meglio non indagare su cosa avevano fumato e bevuto gli stilisti di Piazza Italia che han confezionato quella roba del tutto priva di gusto che porto con tanta soddisfazione e che fa tanto squittire di entusiasmo chiunque lo veda.
E d'altra parte una roba simile, se non la regalavano a me, a chi avrebbero potuto darla? Mi sembra di vedere la scena "Sono qui a Piazza Italia, c'è una roba che secondo me sta chiamando a gran voce la prof. Murasaki. Vi mando la foto, ditemi cosa ne pensate" "Non c'è dubbio che questo è il regalo giusto, prendilo subito e domani ti daremo la nostra quota".
Caso mai qualcuno si stesse domandando se la spilla a forma di albero di Natale che sta tra le corna rosse di renna fosse inclusa nel pezzo no, quella è una mia aggiunta personale. Trovo che dia un tocco di classe a tutto l'insieme, e poi si intona bene con gli orecchini a forma di palline di Natale che uso in questi giorni.

mercoledì 25 dicembre 2024

Natale 2024


Dopo una dura notte di lavoro (da cui spero abbiate tratto i frutti più graditi) le renne si riposano sgranocchiando distrattamente fieno e biscotti alle spezie e sorseggiando tisane calde, al confortevole tepore della stalla riscaldata da una caldaia di classe energetica AAA***
Altrettanto stremati i cuochi infornano le ultime teglie, condiscono insalate e controllano arrosti e ravioli.
Gli ospiti, dopo un distratto "Posso fare qualcosa per aiutarti?" si godono l'aperitivo nei calici lunghi e spilluzzicano con malsimulata indifferenza tartine di salmone e crostini neri augurandosi che qualcuno si decida a buttare la pasta.
Alcuni di loro fanno gli auguri ai lettori, altri coccolano i gatti e i cani di casa oppure ammucchiano pacchetti sotto l'albero cercando di ottenere un insieme esteticamente gradevole.
Buone feste a tutti!

martedì 24 dicembre 2024

La notte dei desideri


 Visto che i due nuovi gatti rendono quantomeno arrischiata per me l'idea di imbastire un albero di Natale, quest'anno cerco di compensare immaginando una bella slitta gattata, con Santa Klaus in versione Freya (la dea dell'amore che viaggiava in un carro trainato da gatti, e come facesse a convincerli non è chiaro ma dopotutto era una dea di grande potenza, quindi chissà).
Buon Natale a tutti quelli che passano di qua, e anche a chi ha di meglio da fare. Possano le vostre calze essere riempite di doni fino a strabordare, e possa la nostra cena essere squisita come spetta ad una bella cena da Vigilia.
Auguri e felicità a tutti!

lunedì 23 dicembre 2024

Per quale misterioso motivo non scrivo più sul mio amato blog?

Questo bel micio natalizio è di Onur Arslan, credo

Prima di tutto una doverosa rassicurazione: no, non sono vittima di oscure e perfide malattie: al contrario la mia salute mantiene un livello piuttosto decoroso e l'unico permesso che ho preso dall'inizio dell'anno scolastico sono state due ore per farmi infilzare con l'ennesima dose di vaccino antiCovid; addirittura, se fosse stato possibile, mi sarei vaccinata di pomeriggio evitando di incomodare la scuola con quelle sue ore di sostituzione, ma gli strani protocolli medici non mi hanno permesso cotal sfoggio di zelo.
E dunque sto bene. Ma allora, per quale accidente di motivo ho completamente smesso di scrivere sul blog?

È una bella domanda, che non ho mancato di pormi a scadenze regolari in questi ultimi quattro mesi.
La scusa ufficiale è che "non ho tempo", che è una di quelle risposte che si adattò maravigliosamente a tutto. Di fatto, io sono fra quelli che il tempo per quel che gli interessa davvero lo trova sempre, in qualche modo, e comunque scrivere due post a settimana non dovrebbe richiedere poi questo dispendio incredibile di tempo. D'accordo, ci sono post che vanno ponderati, interiorizzati e tenuti a sobbollire a lungo come una pentola di stufato - resta il fatto che lo stufato prima o poi lo levi dal fuoco e lo servi in tavola.
O forse è la scuola che, annegata in una grigia routine non riesce più a fornirmi spunti e idee su cui scrivere?
Sì, d'accordo, la sola remota possibilità di associare la parola "routinette "a una classe di belvette nel fiore degli anni, prima ancora che ridicola è del tutto assurda.
Ma forse mi mancano gli argomenti di cui scrivere? Dopo tanti anni,e cose tendono a farsi ripetitive, tutto è già stato detto e fatto e i soliti programmi...
Per l'appunto il programma lo fa l'insegnante. Non c'è nessun motivo di impuntarsi a fare sempre le solite cose, e infatti io cambio spesso - con risultati alterni, ma cambio. È una cosa che mi viene spontanea perché ogni classe funziona a modo suo e chiama e cerca cose diverse.
Ah, ma c'è stata la morte delle mie due gatte. Ho sofferto molto, per la morte delle mie due amate gatte, e il mondo è diventato grigio e cupo e...
D'accordo, quattordici mesi fa le mie due amate gatte han varcato il ponte dell'arcobaleno. Ciò mi ha causato gran sofferenza ma da allora due nuovi gatti allietano la mia casa, riempiendola di vibrazioni positive. Certo, sintonizzarmi su due nuovi gatti ha richiesto gran dispendio di energie ma insomma il resto della mia vita continua, e forse ci sarebbe lo stesso lo spazio per scrivere ogni tanto un post, credo.
In nuovo orario è più pesante, e i pomeriggi quando esco da scuola alle due sono sempre così corti...
Sì, le mattine sono più lunghe e i pomeriggi sono più corti. D'altra parte i fine settimana sono più lunghi, e questo va pur riconosciuto. Tra l'altro il cambio di orario è avvenuto sette anni fa, e anche se in mezzo c'è stato il lockdown e pure la malattia, in qualche modo il blog ogni tanto lo aggiornavo.
Allora forse è cambiato qualcosa nell'atmosfera della scuola, e nell'alchimia che legava tutti noi e...
Vabbé, si spera bene che qualcosa cambi ogni tanto nella sottile alchimia di un gruppo di lavoro che non resta mai uguale. Gravidanze, pensionamenti, trasferimenti... perfino in una scuoletta di provincia come St.Mary Mead il cocktail umano cambia con una certa regolarità - per fortuna di tutti, tra l'altro.
Ma, in conclusione?
Probabilmente sono cambiata io. Capita, di cambiare. Tutto cambia, su questa terra, che cambi anch'io non dovrebbe avere nulla di insolito.E se è vero che io i cambiamenti li detesto, sempre e comunque, forse potrei rassegnarmi al fatto che qualche mutamento può sovvenire anche nella mia statica personcina.
Stabilito tutto questo e dopo aver elencato tutte le scuse più balorde che mi venivano in mente, è davvero tempo che il blog riapra i battenti in modo stabile.
Quale momento migliore di Natale, che è la festa di rinascita per eccellenza?
E poi, almeno i post di Natale e di Capodanno non posso bucarli: mi piace troppo farli.
Il solstizio d'inverno è arrivato, evviva il solstizio.