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martedì 6 settembre 2016

Commissione Curriculum (quando l'insegnante si dà malato o si nasconde sotto il tavolo)

Pinturicchio - Penelope (che ogni giorno fa e disfa la tela) e i corteggiatori

Ogni pochi anni, pensando forse che non abbiamo nulla con cui passare il tempo, il MIUR manda a tutte le scuole del regno la richiesta di aggiornare i suoi curriculum per materie. 
Chiamasi curriculum o curricolo un insulso documento in cui si indicano per ogni materia gli obbiettivi formativi e le modalità con cui si conseguono i suddetti, e forse anche qualche altra roba; e siccome c'è quella strana bestia che si chiama "autonomia della scuola" ogni scuola deve indicare i suoi propri personali obbiettivi e le sue proprie modalità, nel caso decidesse, poniamo, di insegnare inglese analizzando a fondo la grammatica turca o di fare geografia con particolare riferimento al calcolo integrale.
Tutto ciò è sommamente noioso e, almeno per elementari e medie, anche parecchio inutile in quanto ogni scuola ha grosso modo le stesse pretese delle altre scuole, e quand'anche ne avesse di diverse il curriculese è lingua talmente vaga ed eterea da non consentire prese di posizione particolari - senza contare che, se pur è vero che ogni insegnante lavora a modo suo, ogni scuola cambia e ricambia gli insegnanti a getto continuo e dunque nessun docente si sognerebbe di impastoiare con troppi dettagli l'autonomia didattica di chi verrà dopo di lui - senza contare che le direttive del Ministero sono le stesse per tutti, e anch'esse molto vaghe.
Così la scuola nomina una Commissione Curriculum ove si imbucano i rarissimi docenti che nutrono un sia pur minimo e larvato interesse alla questione e nessun presta il benché minimo interesse a quel che fanno fin quando non producono un qualche documento per il quale il Dirigente Scolastico li ringrazia pubblicamente in Collegio, e tutti i colleghi riconoscenti si associano al ringraziamento.
Ma un anno, a Hogsmeade, la Preside decise che tutte noi di Lettere, volenti o nolenti, eravamo parte della Commissione Curriculum. 
Vivaddio era già stato fatto quello di Italiano e restavano solo Storia e Geografia.
Eravamo cinque insegnanti molto diverse per età, formazione, interessi, indole, metodo di lavoro e visione della vita; in verità le uniche cose che ci accomunavano erano una certa cortesia formale e una ferma determinazione a fare il nostro lavoro al meglio delle nostre capacità - oltre a un totale e profondissimo disinteresse verso la compilazione di qualsivoglia curriculum, orizzontale, verticale o trasversale che fosse. 
La nostra prima preoccupazione fu scovare un modello di curriculum fatto da qualcun altro, e a questo scopo la prof. Caramella frugò in rete, dopo di che considerò completata la sua parte e nessuna di noi pretese da lei nient'altro.
Io mi offrii come dattilografa. Scrivevo veloce, assicurai - e quando mi videro all'opera tutte convennero che ero quella che scriveva più veloce nel gruppo. 
La Decana non aveva un gran rapporto con il computer, e si offrì di dettare. Un altra, più esperta in giochetti grafici, preparò le colonne e gli ovali del testo in cui scrivere. La quinta sfogliò ripetutamente le indicazioni del Ministero e trovò qualcosa da copiare.
Nel corso di questo avvincente lavoro ci capitò di trovare qualcosina che andava semplificato o corretto, e furono fatti alcuni minimi aggiustamenti, ma non esito a dire che si trattava di un lavoro alquanto scialbo. In un ultimo fuggevole guizzo di vitalità salvammo il tutto sulla chiavetta e lo consegnammo alla Preside.
Più avanti costei ci rimproverò dicendo che il nostro curriculum non metteva bene in rilievo i nuclei fondanti della materia.

In effetti non credo che mettesse in evidenza alcunché, ma non sono mai riuscita a capire cosa cavolo potesse essere il nucleo fondante di una materia scolastica - un concetto che la Preside amava moltissimo, tanto da tirarlo in ballo appena possibile, credo anche a sproposito. 
La parola fondante però nella mia mente si associava indelebilmente alla parola fondente, che a sua volta mi riportava alla mente le caramelle fondenti - quei deliziosi zuccherini insaporiti con due gocce di sciroppo di frutta che sia io che i miei dentisti abbiamo tanto amato - e mentre la Preside straparlava di nuclei fondanti la mia mente contemplava sognante l'immagine degli zuccherini bianchi che saltellavano da un capo all'altro della griglia del curriculum.
Per nostra buona sorte, le ore della commissione a quel punto erano esaurite per quell'anno. 
Riprenderete il lavoro l'anno prossimo, ci disse la Preside. Certamente, rispondemmo tutte - ma tutte poi l'anno dopo scegliemmo altre sedi, salvo la Decana che andò direttamente in pensione per limiti di età.

A St. Mary Mead per ben due anni non si parlò di curricoli, ma dopo la nostra metamorfosi in Istituto Comprensivo essi tornarono fuori, come conigli malefici da un cilindro stregato, e alle prime riunioni dell'anno scolastico eccoci lì, dieci insegnanti di Lettere di St. Mary Mead e di Crifosso, rinchiusi in una stanza e obbligati a fare il curricolo di italiano per la scuola media - e non è che le riunioni di Lettere, nella mia scuola, siano mai state molto produttive.
Che dire? Al confronto le bolge infernali sono luoghi tranquilli dove ci si può intrattenere in lieti e ameni conversari.
Il primo anno, dopo una riunione di quattro ore in cui più volte fu sfiorato l'omicidio plurimo, partorimmo un curricolum sinteticissimo di cui eravamo molto soddisfatti, che non piacque alla Nostra Preside perché era troppo sintetico. Contemporaneamente, i colleghi di Matematica videro disprezzare, perché troppo lungo, il curriculum di cui erano a loro volta molto soddisfatti (e che probabilmente avevano realizzato in ragionevole e composta armonia).
L'anno scorso dunque a badare ai curricola c'erano un gruppo di offesissimi insegnanti di Matematica e un gruppo di sfavatissimi insegnanti di Lettere, e tanto per cambiare il primo giorno non compicciammo alcunché.
Il secondo giorno però la rappresentante di Crifosso delle RSU ci spiegò che non dovevamo fare il curriculum per materie e la DS, per legge, non poteva chiedercelo - poteva chiederci solo un curriculum verticale da fare con gli altri ordini di scuola del Comprensivo. Con entusiasmo le credemmo sulla fiducia e passammo a occuparci di altro, ovvero delle malefiche competenze.

Quest'anno abbiamo la Preside Reggente, che ci ha chiesto di fare appunto il curriculum verticale. Con la morte nel cuore abbiamo acconsentito, non potendo fare diversamente, e già ponevamo mano alla scatola degli analgesici che ci sarebbe stata di aiuto per curare l'inevitabile mal di testa che presto ci avrebbe tormentati quando la Preside Reggente ci ha spiegato come si sarebbero svolti i lavori: i dieci micidiali insegnanti di Lettere sarebbero stati diluiti in ben quattro gruppi (italiano, storia, geografia e educazione civica) e sapientemente mescolati con gli insegnanti di elementari e materne.
Ne sono risultati quattro gruppi efficienti e produttivi che nel giro di due riunioni di tre ore l'una han prodotto i curricoli richiesti, e tutto ciò mi ha edificato e commosso - anche perché nel mio cuore alberga la speranza che dopo, almeno per qualche anno, di curriculi non si parlerà più.
Inoltre ho imparato una serie di coserelle interessanti - ad esempio che alle elementari per grammatica non fanno necessariamente tutte le parti del discorso, e accennano solamente all'esistenza dei pronomi, degli avverbi... e del passivo e del riflessivo nei verbi perché i ragazzi non sono ancora capaci.
Sono stata fortemente tentata di avviare una discussione in merito, soprattutto per i pronomi, ma ho poi deciso di tacermi perché ignoro se questa curiosa abitudine è diffusa nelle scuole elementari o è una mattana specifica della nostra scuola e se le indicazioni ministeriali per le elementari effettivamente autorizzano una roba del genere, che a me sembra un emerita cazzata; ma penso che prima o poi mi informerò e cercherò di esaminare meglio la questione. 
Se non altro però, ora che lo so, mi spiego meglio tutta una serie di difficoltà che le prime medie che mi sono passate tra le mani da quando sono a St. Mary Mead incontrano regolarmente sin dal primo testo che gli chiedo di scrivere.

Resta da capire perché la Nostra Preside ha diretto per quattro anni un Istituto Comprensivo tenendo rigorosamente separate le commissioni tra i vari ordini di scuola e ci sia voluta una Reggente che viene dalle scuole superiori e che si occupa di noi nei ritagli di tempo, per partorire la geniale idea di mescolarci per fare i documenti relativi alla scuola. 
Immagino che sia per la la solita questione che qualcuno usa il cervello e qualcuno, essendone piuttosto sprovvisto, non lo fa. O almeno, non mi vengono in mente altri motivi.

martedì 15 aprile 2014

Il Vero Insegnante non teme il ridicolo - 3 - L'importanza delle dovute forme



Una mattina, entrando in una Terza assai seria e studiosa per l'Approfondimento, trovai una dolce sorpresa: gli allievi avevano deciso di festeggiare il compleanno della loro insegnante di Matematica (che aveva giusto allora terminato la sua ora) e allo scopo avevano portato un paio di squisite torte fatte da due abili nonne, qualche salatino e un po' di bevande gassate. Mi unii di buon grado ai festeggiamenti, mi strafogai con le enormi torte e mi congratulai con le nonne. Finito che ebbi di nutricarmi avviammo un po' di esercizi di analisi del periodo, quand'ecco che una delle più studiose e serie tra le fanciulle si alza e mi domanda "Prof, posso prendere la coca?".
"Assolutamente no!" proclamai fieramente "Non puoi pensare che ti autorizzi a fare una cosa del genere davanti a me!".
Scambio di sguardi perplessi. Non sono mai stata famosa come Implacabile Fustigatrice di Costumi, e fino a poco prima avevo bagordato allegramente con loro...
"Prova a chiedermelo in forma più appropriata, cara" suggerii.
"Per favore, prof, posso prendere la coca?"
"No".
"Prof, potrei prendere la coca?"
"Non se ne parla nemmeno".
"Prof, le dispiace se prendo la coca?"
"Certo che sì".
Andammo avanti per un bel po', mentre la Terza tentava tutti i condizionali e le formule di cortesia possibili e immaginabili. Finalmente qualcuna ebbe un lampo di ispirazione.
"Prof, posso prendere la cocacola?"
"Ma certo, cara, non importa nemmeno chiederlo".
E tra una cocacola e una fanta finimmo sia gli esercizi che l'ora di Approfondimento.
"Vedete" spiegai sul finire "Non c'è niente di male se un insegnante partecipa ad un innocente festicciola di classe a base di dolci e bibite analcoliche, ma non potete pensare che un docente nel pieno delle sue funzioni autorizzi, in sua presenza e durante l'orario scolastico, il consumo di droghe il cui uso è severamente vietato dalla legge".
"Certamente no" convennero i ragazzi contriti.

Perché il nostro è un lavoro delicato, e occorre sempre stare attenti a non dare il cattivo esempio né incoraggiare la licenza.

martedì 22 gennaio 2013

Le delizie della scuola di paese (CHOMP!)

Un'immagine della SalaDocenti della scuola media di Hogsmeade: grande, luminosa, e con un  lungo tavolo dove sedere tutti assieme

Nei due anni passati a Hogsmeade mi sentivo vagamente in esilio. Era un paesello proprio in mezzo alla conca, quindi piuttosto chiuso e un po' spaventato dal mondo esterno. Tutto lì aveva un'aria alquanto rustica ai miei occhi cittadini, tuttavia c'erano anche alcuni lati positivi che adesso ricordo con nostalgia.
I custodi, per esempio. Entrambi cacciatori, scambiavano commenti e consigli con il professore di Tecnologia su come allevare e curare cani da caccia, sui tipi di fucili migliori, sulla stagione e l'ora più opportuna per meglio prendere questo e quello; uno di loro aveva anche una piccola marroneta, e quando era tempo di raccolta c'era un piccolo mercato di reti di marroni di tre chili l'una; aveva anche qualche oca, e una volta tornai a casa con un bell'uovo: mi aveva spiegato che era ottimo per fare la pasta fatta in casa, ma davanti al mio sguardo affascinato me l'aveva ceduto perché l'uovo di papero è buono anche fatto in qualsiasi altro modo - ed è vero, un uovo di papero all'occhio di bue è un'ottima pietanza, ma assai difficile da procurarsi in un normale supermercato. Ringraziai per mezz'ora, si capisce.
L'ultimo giorno prima delle vacanze di Natale c'erano sempre regali per tutti: le insegnanti del luogo arrivavano portando candeline a forma di farfalla, poesie di Tagore e citazioni squisitamente New Age sull'importanza della collaborazione, saluti poetici, bottigliette da 200 ml. di purissimo olio d'oliva extravergine del loro personale oliveto, dolcetti fatti in casa - entrambi gli anni sono tornata col mio sacchetto di regali, ben farcita di panettone e cioccolatini e di un vago senso di colpa per non aver portato niente salvo il consueto augurio "Buone feste".
Ai consigli di classe o alle riunioni per materia qualche anima buona arrivava sempre con un vassoio: torta di mele, castagnaccio casalingo (e il buon castagnaccio è solo e soltanto casalingo), biscottini con l'uvetta, schiacciata alla fiorentina farcita. Tutto fatto dalle loro abili mani, e tutto squisito.
Ma non c'era solo il dolce: una volta Tecnologia arrivò con un trancio di soprassata di cinghiale e maiale fatta da lui. Uno dei due impareggiabili custodi uscì a procurarsi una squisita schiacciata in un forno lì vicino;quando scesi  nell'ora di buco trovai due vassoi di schiacciata-con-soprassata assolutamente sublimi e invece di aggiornare il registro e correggere gli esercizi di grammatica mi strafogai senza ritegno con i colleghi. Fu difficile trovar parole per ringraziare, anche perché noi insegnanti beneducati non parliamo mai a bocca piena, ché non sarebbe distinto.
Cenci fatti in casa. Insalata di riso per il giorno del collegio. Frittelle di riso e pure di mele. Non dico che ci fosse da sbafare tutti i giorni, ma erano intermezzi frequenti.
L'atmosfera era contagiosa, tanto che un giorno una collega meridionale arrivò con una torta farcita di marmellata di spinaci e mandorle - un dolce assai elaborato da preparare, scoprimmo, e che mandava in iperglicemia sin dal terzo boccone, ma assolutamente fantastico.

Naturalmente non tutti avevano l'orto, il maiale, i paperi e la marroneta. Qualcuno di noi anzi nemmeno sapeva farli, i dolci. Niente però impediva di supplire con prodotti confezionati da qualche buon pasticciere locale. Così facevo anch'io, per non sentirmi troppo in debito, provvedendo fra l'altro di piccole mousse gelate uno scrutinio particolarmente torrido. Qualcun altro aveva provveduto con gelati mignon confezionati, ma nessuno protestò per l'eccessivo carico e, da persone squisite qual erano, per non far torto a nessuno i colleghi mangiarono tutto.
Come sempre, del resto. 

domenica 1 luglio 2012

Proteo, ovvero l'Esame di Terza Media (coming out)

Un coordinatore si ingegna per far uscire dall'esame con un voto congruo un suo alunno

Fino a cinque anni fa gli esami di licenza media seguivano una routine pluridecennale in cui gli ultimi arrivati si inserivano senza difficoltà. Ci si poteva scannare sulla singola valutazione finale, ma la procedura scorreva via senza intoppi.
Poi arrivò la Maristella, che con pochi e abili interventi trasformò cotali esami in una palude infida costellata di insidie, sabbie mobili e mostri acquatici e ogni scuola si arrangia a modo suo, avendo come unica stella direttrice il buonsenso del Dirigente Scolastico di turno - che non sempre, ahimé, ne è provvisto in dose sovrabbondante.
Non contento di questo, il MIUR ogni anno ci mette del suo a fine Maggio con una qualche circolare riepilogativa sull'esame che avrebbe, dice, lo scopo di chiarirci le idee e sgombrare le nostre menti dal dubbio, ma in pratica finisce di confondere il malcapitato che ha l'infelice idea di leggersela.

Ogni scuola, dunque, si arrangia come può per intuire la giusta via, e del pari ogni scuola e ogni commissione si arrangiano come possono perché alla fine ne risultino dei voti adeguati per i vari alunni. Ed è un gran patire dall'inizio alla fine. 


Prima di tutto c'è il voto di ammissione che, dice la circolare del 31 Maggio 2012, andrebbe calcolato tenendo conto del "percorso scolastico complessivo" del triennio. E infatti qualche scuola fa la media dei voti anno per anno, altre invece considerano solo i voti dell'ultimo anno (o meglio, per dirla tutta, quelli del secondo quadrimestre).

Gli alunni, per essere ammessi, devono avere almeno sei in tutte le discipline, ma alcuni di questi sei sono "voti di Consiglio", cioè vengono portati a sei per permettere alla creatura di fare l'esame. Per calcolare il voto di ammissione in alcune scuole si fa la media dei voti alzati, in altre la media dei voti così come erano prima di alzarli.
A volte nei verbali viene scritto quali voti sono stati alzati, a volte no. Spesso la decisione viene lasciata al verbalizzatore, ma a volte il Dirigente dà disposizioni dettagliate. Spesso i voti che sono stati alzati vengono segnalati sulla scheda e viene redatta una nota apposita per le famiglie; spesso, ma non sempre.
A volte il voto di condotta fa media, a volte no - perché la legge specifica che la condotta fa media per l'ammissione alla maturità ma non si degna di specificare cosa va fatto per l'esame di terza media, pardon, del primo ciclo.
Il voto di ammissione concorre a formare il voto dell'esame (per un settimo o per un terzo, a seconda dell'interpretazione data alla legge); perciò in certe scuole è uso alzare il più possibile i voti delle ammissioni per "non avere sorprese" - il che a volte finisce per alzare anche il voto di esame al di là delle previsioni (detto per inciso, in questi casi a volte si cerca di rimediare abbassando il voto del colloquio orale, ma è un sistema che si presta a diversi inconvenienti).
Certe scuole cercano di tarare le griglie della correzione degli scritti molto in alto, sempre per "non avere sorprese" - e a volte, per non avere sorprese di un tipo, ne hanno di tipo diverso e ci si ritrova a passare con il sette alunni assai miracolati che si disperava financo di riuscire ad ammettere all'esame.
In quasi tutte le scuole usa scrivere i voti degli scritti a lapis per poi poterli aggiustare - perché c'è l'incognita della prova Invalsi, il cui voto NON è aggiustabile, e quindi se l'Invalsi presenta qualche problema gli va aggiustato intorno tutto il resto.
Qualche scuola arriva al punto di scrivere il voto a penna soltanto al momento degli scrutini. Peccato che, in teoria, i voti degli scritti andrebbero comunicati alla prova orale. In questi casi la disposizione del Dirigente di turno è "dite i voti all'incirca, senza scendere nei dettagli" (così al primo ricorso vi spazzano via come foglie al vento).
Qualche scuola è convinta che, per legge, una volta ammessi gli alunni non possano bocciare "visto che gli abbiamo dato la sufficienza in tutto", ed è vero che giunte a questo punto tutte le circolari riepilogative degli ultimi anni assumono un tono vagamente minaccioso. La maggior parte delle scuole, comunque, una volta ammesso qualcuno cerca di farlo uscire dall'esame vivo nonché licenziato.
In buona parte delle scuole il voto del colloquio orale viene aggiustato, anche molto pesantemente, per permettere di arrivare al voto voluto dalla Commissione.

Per il calcolo del voto finale, la maggior parte delle scuole si affida con fiducia alla calcolatrice.


Quasi tutti gli insegnanti, dopo aver pasticciato e calcolato e aggiustato per giorni e giorni, alla fine degli esami hanno un po' di nausea - e non tutti sono incinti.


Nel complesso, la legge continua a permetterci di dare il voto che vogliamo, esattamente come prima; ma mentre prima dell'avvento della Maristella quel voto era ricavato alla luce del sole mediante una serie di procedimenti piuttosto trasparenti, adesso è il risultato di complessi aggiustamenti numerici da fare spesso sottobanco. 

La mia delicata coscienza, devo dire, ne soffre molto. Vorrei tornare a lavorare alla luce del sole. Non mi sento la stoffa del congiurato - e comunque, se di mestiere avessi voluto fare il congiurato o il regolo calcolatore, non mi sarei presa una laurea in Lettere. Avrei seguito altre strade.

lunedì 30 aprile 2012

La nebbia ai dolci colli / non sempre se ne sale


Tipico paesaggio collinare intorno a Hogsmeade e a St. Mary Mead

In questi due anni ho avuto la LIM in classe e l'ho trovata utilissima. Tuttavia entrambi gli anni ho dovuto combattere col problema delle tende.
Si parte da una contraddizione di base: le le aule scolastiche moderne sono costruite in modo da garantire l’accesso della massima quantità di luce solare possibile per limitare il ricorso alla luce artificiale, che oltre ad avere un suo costo stanca gli occhi. Per lo stesso  motivo le tende a scuola sono in tessuti leggeri e chiari. Viceversa la LIM, che è prima di tutto un grande schermo, richiederebbe almeno un po’ di penombra per permettere una visione chiara delle immagini e delle scritte. Sarebbe quindi opportuno, per le aule dotate di LIM, disporre di un ulteriore tendaggio scuro che permetta all’aula un momentaneo oscuramento. 
A Hogsmeade le tende erano di un delicato celeste pastello, di un tessuto assai fragile che si andava sbriciolando già dopo il primo anno di vita. Provai a chiedere un qualche tipo di drappeggio scuro che parasse la luce ma la Preside non sembrò mai realizzare l'effettiva entità del problema, anche se giurava di avere chiesto tende al Comune.
D'altra parte era anche la stessa Preside che teneva il proiettore in una grande aula completamente a vetri e raccontava che c'era un grandioso (e, immagino, costosissimo)  progetto per dotare l'aula in questione di pareti a vetro fumé, con il risultato che in tutta la scuola media di Hogsmeade non c'era una stanza dove farsi una proiezione decente. Insistei fino all'esasperazione (sua) spiegando che era assurdo tenere un oggetto costoso come la LIM se poi non c'erano le premesse per utilizzarlo ma non addivenni ad alcunché. Non era nemmeno possibile arrangiarsi con una colletta per le tende nuove perché le tende in un'aula devono rispondere a requisiti speciali e sono piuttosto costose, inoltre spettavano al Comune - che, come tutti i Comuni in questi anni, non aveva soverchia copia di fondi a disposizione e, fornendoci in abbondanza di carta da fotocopie e carta igienica, faceva già del suo meglio.
Per fortuna fu un anno molto, molto piovoso: spesso il tempo era grigio e nelle prime ore della mattinata ci assisteva quasi sempre una benefica nebbia che creava condizioni piuttosto adeguate: in sostanza il problema si limitò a una manciata di ultime ore di Giovedì quando facevo geografia e il sole batteva dalla nostra parte.

A St. Mary Mead ci sono delle orribili tende a pannello di una tela pesante e bianca, arrotolabili. Le tende arrotolabili sono da sempre una fissazione di St. Mary Mead, che però si ostina a sceglierle di un tipo che si arrotola male, si incastra volentieri e spesso finisce per rompersi, il tutto anche senza calcolare Cristaccecami che cercava di tirarle giù attaccandocisi (riportando talvolta anche un parziale successo). Inoltre l'aula della mia classe si distingueva per una posizione assai favorevole, da dove il sole poteva baciarla appassionatamente sin dal primo istante di lezione. Verso la fine della mattinata il sole girava e le cose miglioravano, ma per l'appunto io avevo quasi soltanto prime ore.
La Nostra Preside mi assicurò che le tende erano state richieste, con lo stesso esatto tono con cui me l'aveva garantito la Preside di Hogsmeade. Piuttosto sconfortata salii nella Stanza dei Fantasmi, uno stanzone al terzo piano ricolmo di relitti del passato, in cerca di una qualche ispirazione: perché le nostre finestre erano talmente grandi e luminose da farmi dubitare che perfino la tradizionale nebbia di St. Mary Mead bastasse ad assisterci. 
E quasi subito trovai, non dico la soluzione, ma una miserabile toppa per sbarcare quelle prime settimane di piena estate: il Catafalco.
Costui era un grande e lungo pannello di tela nera, probabile ricordo di una scenografia degli anni passati, montato su legno leggero e dall'aspetto assai lugubre. Gli efficienti custodi provvidero prontamente a portarlo in aula dove tre scolari di buona volontà fecero numerosi tentativi e alla fine scoprirono che, sistemandolo in una data e precaria posizione dove rischiava continuamente di cascare in testa a chi stava nei banchi accanto alle finestre sì, effettivamente oscurava una buona parte della luce. Altra cosa che risultò subito chiara era che, in presenza di Cristaccecami, il pannello andava gestito con grande cautela.
Si inaugurò così una scomoda routine in cui il Catafalco era conservato in Segreteria (che di solito era chiusa a chiave, onde salvare la fotocopiatrice dalle incursioni di Cristaccecami) e portato in classe quando serviva. Non era un oggetto maneggevole né di scarso ingombro, non era facile da collocare nella posizione giusta ma a modo suo funzionava, e frasi come  “Prof, andiamo a prendere il catafalco?” e “Prof, possiamo riportare a posto il catafalco?” sono entrate nel nostro linguaggio comune. Non solo, anche il Catafalco è entrato nell'uso comune della scuola e più volte lo si è visto muoversi da una classe all'altra per consentire la visione di video o film.
E "meno male che il Catafalco c'è" dovremmo cantare tutti in coro perché quest'anno, a causa di una curiosa combinazione metereologica, St. Mary Mead si è ritrovata quasi completamente sguarnita dalla sua celebre e onnipresente nebbia, e uno scintillante sole ha infelicitato quasi ogni giorno delle nostre attività didattiche. Le poche comparsate della nebbia, ho notato, riguardavano soprattutto momenti in cui non vi era alcuna necessità di usare la LIM e anzi erano state programmate attività in cui la LIM era del tutto inutile.

giovedì 8 marzo 2012

Differenze in genere


Alcune classi sono a conduzione maschile, altre a conduzione femminile. 
Ci sono anche classi che non hanno una conduzione particolare ma sono semplicemente un gruppo ben armonizzato dove maschi e femmine convivono gioiosamente - i Baronetti Inglesi di St.Mary Mead erano così, e insegnarci era molto rilassante. E ci sono classi dove ogni singolo individuo passa il suo tempo ad azzuffarsi con gli altri e a dirne male, in totale e assoluta parità di genere, e insegnarci è molto stressante - ma  per fortuna sono relativamente rare.


La classe dei Tordi di Hogsmeade era a forte conduzione maschile o, per meglio dire, c'erano solo i maschi. Le femmine (nient'affatto inferiori per numero) praticamente non esistevano, se non come oggetti squisitamente ornamentali - funzione cui potevano adempiere senza problemi, essendo per lo più molto belle. Era implicito che tutti dovevano studiare il meno possibile, ma per le ragazze era addirittura un imperativo categorico. C'erano due sole eccezioni: la Sognatrice, che quando ne aveva voglia (il che avveniva abbastanza di rado) studiava a fondo, arrivando qualche volta a lambire l'otto; va detto però che  era abbastanza estranea alla classe e piuttosto incline a fare quel che voleva, indipendentemente dagli usi e tradizioni locali. L'altra eccezione era Leprotta, ragazza studiosa e diligente che riusciva sempre a mantenersi esattamente sul sette, né più né meno. Dico "riusciva" perché era chiaro che, consapevole o meno che ne fosse, si fermava arrivata al sette: infatti le poche volte in cui si trovò davanti a qualcosa che non era possibile risolvere solo con un onesto e diligente studio, affrontò la difficoltà e la superò brillantemente, mostrando una pericolosa capacità di avventurarsi fino all'otto e oltre (capacità che era sua cura smorzare non appena l'emergenza era passata). Insomma, evitava in tutti i modi di farsi notare.
I maschi (altrettanto belli delle ragazze) si azzuffavano tra loro per il dominio del branco, ma era sottinteso che le femmine dovevano sottostare alla loro superiorità - o almeno, le femmine sembravano assolutamente convinte che vigesse questa regola non scritta.
In Terza, sistemate a dovere tutte le questioni gerarchiche, venne implicitamente stabilito che, in onore dell'esame, era lecito studiare a fondo per i maschi che lo desideravano, e infatti il gruppo dei maschi fiorì come un cespuglio di rose con brillanti risultati, mentre le femmine rimasero tenacemente attaccate ai loro cinque e mezzo-sei con qualche sporadico sette.
Siccome a Hogsmeade ho insegnato in tutte le classi, posso aggiungere che altrove non mancavano ragazze brave e anche bravissime, determinate e ambiziose. Ma tra i Tordi non ve n'era traccia. Era, diciamo, una scelta di classe.


La classe di Cristaccecami è a totale e completa conduzione femminile. Le femmine sono un bel gruppo compatto e diligente, studiano sempre, hanno un comportamento quasi impeccabile, approfondiscono volentieri, chiedono quel che non hanno capito, si interessano seriamente a questioni tipo la differenza tra marxisno e marxismo-leninismo o tra nazismo e fascismo, si preoccupano di riuscire sempre e comunque a riconoscere una proposizione dichiarativa, mi segnalano le contraddizioni dei libri, mi chiedono consigli sulle letture. Prendono appunti. Prendono una marea di appunti, in modo del tutto spontaneo, e i loro libri sono una selva di post-it. Sono la contraddizione vivente del vecchio principio "la sottolineatura del libri è inversamente proporzionale alla comprensione del testo": sottolineano ed evidenziano in una selva di colori e di segnali, ma capiscono e sanno ripetere sia quel che c'è sul libro che le mie aggiunte. Mi domandano come possono rimediare a un misero sette e mezzo e non fanno misteri di volere voti alti. Sono totalmente immuni a ogni tentativo di sarcasmo da parte dei maschi, che guardano vistosamente dall'alto in basso, e mostrano ben scarsa inclinazione alla frivolezza a scuola. Le loro bacheche su Facebook sono sobrie ed eleganti. Hanno seguito il corso sulla riproduzione umana con interesse ed estrema compostezza, laddove i ragazzi si sono ammutoliti nella più vasta gamma di sfumature dell'imbarazzo che mai sia stato dato vedere all'insegnante di Scienze e nella consueta sfilata di risatine più o meno inconcludenti.


I maschi sono otto, esattamente come le femmine, ma con loro si entra in un pianeta diverso. Le ragazze sembrano appartenere ad un buon corso delle superiori, i ragazzi...
Esaminiamoli nel dettaglio. C'è Cristaccecami, che è un caso a parte. Poi abbiamo, nell'ordine: un certificato all'acqua di rose, di quelli che seguono quasi la programmazione normale, almeno in certe materie (vistosamente isolato dal gruppo); due dislessici all'acqua di rose, uno dei quali vistosamente isolato dal gruppo e l'altro solo moderatamente isolato. Poi c'è IntelligenzaPratica, un Disturbo dell'Apprendimento non meglio definito, vistosamente isolato dal gruppo. E l'orsetto Kumagoro, tutt'altro che stupido ma fermamente deciso a non studiare e a fare la minor quantità di lavoro possibile, il tutto in modo squisitamente cortese - vistosamente isolato dal gruppo. Viene poi Zelig, una creatura che senza dubbio dispone di una personalità ma che sembra un trasparente concentrato di luoghi comuni, e infine Oyster, misterioso, elusivo e bravissimo quasi suo malgrado. Le madri di Zelig e Oyster assicurano di non capire i loro figli e ci chiedono di farlo al posto loro - e assai volentieri noi insegnanti le accontenteremmo, se i due soggetti in questione non fossero così ben avvolti nelle loro barriere  immobili, infrangibili e invisibili.

I rapporti tra le due fazioni sono ridotti al minimo. Maschi e femmine formano due schieramenti compatti a mensa e negli intervalli; o meglio, le femmine formano un gruppo compatto, i maschi si dividono in due gruppi a loro volta tutt'altro che compatti.
Non sono una classe, questo è certo. Ho ruotato i posti più volte, mescolando le carte con varie combinazioni, insomma ci ho provato come potevo, ma non sono scoccate particolari scintille - se non nel gruppo delle femmine che si è vieppiù rinsaldato. Eppure in terza media la scintilla del Folle Amore per la Propria Classe scocca quasi sempre.
"Quasi", appunto.
E' facile dare la colpa a Cristaccecami - quando passi buona parte del tuo tempo-scuola a scansare squadre, bottigliette piene d'acqua e sputi può succedere che non ti rimanga molto margine per legare con i compagni; d'altra parte quest'anno Cristaccecami era quasi costantemente fuori classe con un Sostegno e l'ardua operazione di scanso delle squadre e degli sputi ha occupato molto meno tempo rispetto agli anni precedenti.

Comunque sia, passare un'ora col solo gruppo femminile (qualche rara volta è successo, soprattutto nell'ora di compresenza) è una di quelle cose che riconcilia un insegnante con la vita.

martedì 3 gennaio 2012

Meno strepito fan di due femmine quando sono rivali in amor


"Come? Come? A me, pettegola?!"
"Cospetto, cospetto, a me, civetta?!"
"Sei tu sola, la pettegola!" "Sei tu sola, la civetta!"
"Frasca!" "Sciocca!" "Impertinente!"

Il primo atto del Turco in Italia di Rossini si chiude con un'accesa zuffa tra le due protagoniste (Zaida e Fiorilla) che si pigliano a schiaffi e unghiate appunto per avere l'esclusiva sui favori del turco Selim. Il Coro, dopo aver invano tentato di intervenire, le lascia azzuffare cantando in tono epico:

Quando il vento improvviso sbuffando
Scuote i boschi, e gli spoglia di fronde,
Quando il mare in tempesta mugghiando
Spuma, bolle, flagella le sponde,
Meno strepito fan di due femmine
Quando sono rivali in amor.

a riprova del fatto che il fenomeno è vecchio di almeno due secoli e non recentissimo come pretendono taluni. E tuttavia...

La storia che mi accingo a narrare risale a circa un anno fa.
Incrocio Tecnica a fine mattinata. "Cos'è quel rapporto che hai segnato sul registro della Terza dei Tordi?". "E' andata proprio come ho scritto: a metà lezione Gentilina, Distratta, Marinaretta e la Straniera si sono messe a litigare a gran voce e manca poco si picchiavano".
Il motivo della rissa non è stato spiegato, naturalmente: in questi casi gli scolari si trasformano in ostriche perfette salvo il buon vecchio adagio "Non sono stato io a cominciare".

Così il giorno dopo. in qualità di Coordinatore, chiamo le quattro fuori dalla classe per la predica di rigore e le rampogno aspramente: non so perché han fatto quel che hanno fatto, esordisco, non è mia intenzione chiedere il motivo, ma non c'è ragione al mondo che giustifichi un simile disturbo della lezione: la vita personale si gestisce al di fuori della scuola, e quando c'è lezione si segue la lezione o almeno non si impedisce al resto della classe di seguirla.
Con queste premesse, è ovvio che a spiegarmi il motivo ci provano e dopo qualche apparente resistenza le lascio anche fare, perché sono sempre a caccia di informazioni. All'inizio il racconto è un po' confuso. Viene fuori che la Straniera è stata definita "albanese di merda" e ha risposto definendo Gentilina "italiana di merda", ma naturalmente il litigio non è cominciato così (la Straniera e Gentilina vengono dalla stessa classe e non risultava che avessero mai avuto da ridire una sull'altra, pur essendo anche l'anno precedente l'una albanese e l'altra italiana).
Mi spiegano poi che c'è "Qualcuna che non si fa mai gli affari suoi" e Qualcuna che "è stata giustamente lasciata dal ragazzo", ma nessuna di queste due Qualcuna fa parte del gruppo litigante, né della Classe dei Tordi.
Alla fine riesco a sdipanare un po' la matassa (sedando nel contempo un nuovo inizio di rissa e un ulteriore scambio di apprezzamenti sulle rispettive terre di provenienza delle contendenti): Qualcuna, dunque, è stata lasciata dal ragazzo; sempre questa Qualcuna, a suo tempo, aveva cercato di rubare il ragazzo a Qualcunaltra, e questa Qualcunaltra si era mostrata lieta che la Qualcuna fosse stata lasciata. Naturalmente Qualcuna, trovandosi nel ruolo di becca e bastonata, non aveva gradito tali commenti e aveva reagito con un certo vigore.
Cose che succedono, si sa, e capita in queste circostanze di perdere il lume degli occhi - non dovrebbe capitare, ma insomma sappiamo tutti che a volte capita.
C'è però un piccolo dettaglio: nessuna delle quattro protagoniste dell'azzuffatina è Qualcuna o Qualcunaltra. Costoro sono in altre classi; le mie quattro Torde però fanno parte della cordata di Qualcuna (due di loro) e di Qualcunaltra (le altre due). In pratica, stavano litigando per interposta persona. L'unico Tordo coinvolto direttamente in questa vicenda è Arslan, che ha lasciato Qualcuna, ma che non è stato minimamente chiamato in causa nell'azzuffatina in classe. Quanto a Marinaretta, ha semplicemente cercato di calmare le altre, prendendosi come unico compenso un tot di insulti: la poveretta infatti è legata a entrambe le cordate e le dispiaceva vederle litigare.
Le rampogno vieppiù, insistendo sul fatto che, se fuori dalla scuola hanno diritto di gestirsi la loro vita personale come meglio credono, varcato il portone devono mantenere un comportamento decoroso e, soprattutto, non disturbare le lezioni. Le ragazze mi ascoltano disciplinate, e provano pure a scusarsi.
Le rimando in classe piuttosto perplessa. La mia personale politica è sempre stata quella di non ingerire nella vita personale degli alunni, a patto che la loro vita personale non ingerisca nella gestione della classe - del resto, si sa che a intervnire in questi casi di solito non si cava un ragno dal buco, e anzi come politica personale quando posso cerco di vedere il meno possibile; ma se oltre allo strepito delle due femmine rivali in amore dobbiamo sorbirci anche quelli delle cordate di appartenenza delle due femmine in questione, allora non solo l'insegnante può ma deve intervenire, perché infine non possiamo farci carico, tra una verifica e l'altra, anche dei problemi gerarchici e di schieramento dell'intera scolaresca.

Comunque le fanciulle non solo mi hanno ascoltato, ma si sono attenute rigorosamente a quanto ho detto loro: e infatti il giorno dopo alcuni colleghi mi hanno riferito di un'epica rissa avvenuta poco fuori dai cancelli della scuola, dopo l'uscita, che comprendeva anche alcune alunne di classe mia.
Ho avuto cura di non indagare, ma a quel che ho visto, la frattura tra le mie alunne non si è più ricomposta e, ahimé, alla fine Marinaretta ha dovuto prendere posizione per una delle due cordate, abbandonando l'altra.
A Hogsmeade erano piuttosto manichei, ho notato: chi pretendeva di essere amico un po' di tutti aveva le sue brave difficoltà.

mercoledì 26 ottobre 2011

Dislessia, dislessia, per piccina che tu sia...

La classe che ho quest'anno è una terza di 16 alunni. Pochi ma notevoli, ognuno a modo suo. Una Terza Variegata.
Prima di tutto c'è Cristaccecami. Di solito sta con l'insegnante di sostegno (a forza di insistere nel corso di tre anni son riusciti ad ottenere 18 ore di sostegno più qualcuna con l'educatore. Appena possibile gli insegnanti scappano senza lasciare recapito e perfino l'educatore, che è un fulmine di guerra, ogni tanto mostra qualche traccia di cedimento, ma insomma quest'anno si riesce a sopravvivere quasi sempre).
Ufficialmente Cristaccecami fa parte della classe, ma in realtà la classe riesce ad esistere solo se lui è fuori dall'aula oppure dorme - nel qual caso tutti abbassano la voce ed evitano rumori inutili.
In assenza di Cristaccecami abbiamo ancora:
- un secondo Certificato, che è un ragazzo calmo, equilibrato, insicuro ma ragionevolmente studioso, che lavora piuttosto benino; e meno male che è così perché il suo proprio e legittimo insegnante di sostegno spesso è occupato a potare fuori dalla classe Cristaccecami onde permetterci di fare lezione
-un DA, ovvero Disturbo generico di Apprendimento, che non si sa bene cosa sia ma da quando gliel'hanno individuato il ragazzo lavora molto meglio anche perché è seguito da un'addetto ai lavori.
-ben due dislessici, ovverso DSA, il secondo dei quali individuato ad anno ormai iniziato e senza che gli insegnanti ne sapessero nulla, né della visita per stabilire se lo era né, e soprattutto, dell'esito positivo della visita in questione.
Siccome in quella classe tutto è un po' particolare, lo sono anche i nostri due dislessici che, tanto per cominciare, leggono bene, in particolare Mimolus, il dislessico a tutto campo (l'altro, Riccio, ci han spiegato che è dislessico solo per la matematica, mentre per lettura e scrittura ha compensato da solo).
Mimolus, quello che legge particolarmente bene, fa anche una barcata di errori di ortografia, di quelli semicanonici da disgrafici, ma non è disgrafico bensì dislessico, così almeno ci hanno assicurato. Comunque studia con profitto sui libri, in particolare storia che gli piace molto, ma si interessa anche alla letteratura e simili. Perde un po' di colpi in grammatica, va detto. E ha una scrittura... come dire... non sempre facilissima da decifrare - ma in realtà ho visto ben di peggio, nei miei undici anni di pratica.
Riccio, quello che sarebbe dislessico solo per la matematica, legge decorosamente, scrive piuttosto correttamente, non si ammazza sui libri ma quando studia (e di solito un po' studia) se la cava rispettabilmente.
"Puoi usare la calcolatrice" gli ha spiegato Matematica.
"Perché? Ho sempre fatto i calcoli a mente, mi riescono". E in effetti gli riescono e a tutt'oggi non usa calcolatrice.
Quello che, unico in tutta la classe, legge male è il DA; e legge male, ci ha spiegato la dottoressa che lo segue, perché se legge ad alta voce non capisce quel che legge. In effetti ha un pessimo rapporto con i testi scritti e gran difficoltà a studiarli se non glieli leggono. Insomma, sembrerebbe un dislessico da manuale. Ma non è dislessico, ci han spiegato. Tra l'altro scrive piuttosto bene.

Io non capisco ma mi adeguo, in fondo l'importante non è come li chiamano ma che trovino un buon modus convivendi con la scuola e dalla scuola suddetta cavino il massimo dell'utile, loro come gli altri.
Ad ogni modo per la prima volta mi sono letta da capo a piè la legge sulla dislessia e pure il protocollo della regione Toscana. Ho così scoperto che alcune delle facilitazioni cui i dislessici hanno diritto vengono da sempre da me consentite a tutti, senza distinzioni.
Dice di autorizzarli a scrivere in stampatello? E io da sempre faccio scrivere in stampatello chiunque lo desideri: la mia teoria è che l'ortografia è una forma di espressione, e se un alunno si sente più rilassato può concentrare la sua attenzione su quel che scrive e, soprattutto, su come lo scrive. E' vero? Onestamente non lo so.
Tra l'altro Riccio scrive in corsivo, ed è anche un corsivo molto chiaro da leggere.
Dice anche che vanno autorizzati a usare il computer col correttore per fare i compiti a casa, ma io ho sempre autorizzato chiunque lo desiderasse a fare i compiti a casa col computer. La Terza Variegata comunque non mi ha ancora scritto niente al computer, nonostante la mia formale autorizzazione. Facciano loro.
Inoltre ci raccomandano di consentire l'utilizzo di apposite tabelle da consultare per gli errori ortografici più comuni - e già l'anno scorso avevo imposto ad alcuni di tenere sul banco durante i compiti scritti cartelli decorati con fiori, farfalline e cuoricini* da utilizzare per alcuni errori cui erano singolarmente attaccati. L'idea mi venne solo verso la scorsa primavera, ma portò a risultati molto positivi, come constatai con piacere all'esame (dove il cartello non lo tenevano. Ma avevano, come sempre, il dizionario, di cui la tabella è solo una versione accorciata).

Quest'anno la tabella gliel'ho preparata io, a tre colonne, per i monosillabi da accentare e da non accentare (è una classe dove i sà, gli stò e i quì si sprecano). Mi sono raccomandata che se la guardino con grande attenzione in vista del prossimo dettato ortografico.
"Questo tipo di tabelle sono raccomandate per i dislessici, ma siccome sotto questo aspetto siete tutti un po' dislessici, tanto vale" ho spiegato.

Se non funziona più che bene, naturalmente, si proverà qualche altra cosa.

*così si sentivano un po' più pirla a sbagliare ancora certe parole in terza media, soprattutto i ragazzi

lunedì 12 settembre 2011

Taglio del Nastro 2011 - Back To the Native


Dopo due anni di esilio a Hogsmeade (uno dei quali pure volontario) St. Mary Mead si era trasformata ai miei occhi in una sorta di Terra Promessa, le cui cupole dorate scintillavano nei miei ricordi quando la sera sospiravo accanto al fuoco del bivacco, imbacuccata nel mio mantello da pellegrina.
Poi, chiaramente, uno ci ritorna e scopre che non sono proprio tutte rose e fiori. E' vero, la Cleptomane non c'è più, avendo chiesto il pensionamento anticipato dopo che il Preside in Transito ha mostrato l'assurda pretesa di vederla lavorare. Non c'è più nemmeno la Collega Urlante di Matematica - e ciò è davvero gradito, dal momento che sarebbe stata la mia collega di matematica. E non nego che entrare in un'aula a misura di essere umano, che ospita comodamente i suoi 16 alunni mi abbia assai racconfortato, e che avere sin dal primo giorno sia i registri di classe che quelli personali sia una gran comodità.
Tuttavia qualche inconveniente c'è.
Un orario demenziale, ad esempio. Passo quindici ore con la Terza... su quattro giorni, e senza nemmeno una prima ora. Ho una prima ora di Approfondimento, in compenso, che è utile quanto è utile una bicicletta per un pesce.
Si sono scusati. Mi hanno spiegato che è venuto un orario piuttosto buono per tutti tranne che per me. Ci hanno provato e riprovato in tutti i modi, ma il sistema non ne vuol sapere.
Evvabbè.
Poi c'è la LIM, la grandiosa LIM di prima classe, con collegamento a banda larga, bella, fascinosa e facile da usare, al cui confronto quella di Hogsmeade era un carretto.
E che stamani non si è accesa. O meglio, si è accesa ma non prendeva il segnale dal computer.
E naturalmente l'addetto non c'era.

Si sa, all'inizio dell'anno ci vuol pazienza.

mercoledì 10 agosto 2011

Lo scolaro sul tetto che scotta

Uno studente della Scuola Media di Hogsmeade se ne va per i fatti suoi tra la terza e la quarta ora. Tornerà? Ah, saperlo, saperlo...

Di solito durante l'intervallo me ne sto in classe a fare il registro e chiacchierare con chi sta intorno alla cattedra. Quella mattina però decido di fare una vasca nel corridoio, senza un motivo al mondo, e così esco dalla Seconda Domandiera.
In fondo al corridoio c'è una finestra che dà sul tetto, con sotto un tavolino - in realtà un banco - e un paio di sedie. Lì stanno piccoli gruppetti di studenti e/o studentesse desiderosi di farsi il filo, chiacchierare dei fatti propri, controllare chi sale dalle scale e simili. E infatti quel giorno due fanciulle della Terza parlavano piuttosto fitto; poi vedo la finestra, che evidentemente era stata soltanto accostata, aprirsi dall'esterno e Arslan rientrare dal tetto dov'era stato fino a quel momento.
La scena era così chiara che non era possibile equivocarla. Le due ragazze alzano gli occhi al cielo, come per dire "ecco il tordo che si è fatto beccare". Arslan resta un po' interdetto, ma l'unica cosa che può fare a quel punto è rientrare.
Gli faccio cenno di seguirmi, segno il fatto sul registro di classe, faccio la nota sul diario, lo mando dalla Vicepreside perché la suddetta prenda atto dell'accaduto (la Preside in quel momento è fuori). Poi chiedo ad Arslan cosa ci faceva sul tetto e se è la prima volta che ci va.
Arslan farfuglia che "era solo uscito un attimo" e prova anche a spiegarmi, con scarsa convinzione, che non era sul tetto e stava solo aprendo la finestra. Cosa ci faceva però non me lo spiega, e io francamente non so immaginarmelo.
La struttura della scuola non è delle più banali: uscendo dalle finestre del piano superiore si va su uno dei livelli del tetto, che è piatto, e ripensandoci può essere che da un tetto all'altro (la scuola è costruita su un colle) si arrivi a terra senza particolari rischi.
Segnalo l'avvenimento al professore che entra in Terza dopo l'intervallo (durante l'intervallo la Terza infatti è rimasta sola perché Musica ha la discutibile abitudine di far risalire le classi da sole - probabilmente ha dei buoni motivi logistici per farlo, e la Terza dei Tordi quest'anno è ritenuta una classe abbastanza tranquilla. Di custodi, al nostro piano, non se ne vedono quasi mai: ormai sono troppo pochi per star dietro a tutto).
Racconto l'episodio in Sala Professori, e lo racconto anche alla Preside quando riesco a vederla, la mattina dopo. Lei accenna a far bloccare la finestra, dice che passerà a controllare e chiude lì la questione. Non sembra trovare nulla di particolare nel fatto che un ragazzo vada in giro per i tetti come un gatto in esplorazione durante l'orario scolastico. A quanto ho capito, l'episodio le è entrato da un orecchio e uscito dall'altro, tanto che due settimane dopo non se lo ricorda più.
Arslan porta la nota firmata il giorno dopo, ma io non sono un perito calligrafo. A fine anno, parlando con i genitori, scopro che quella nota loro non l'avevano mai vista.

Due settimane dopo, i tetti della scuola tornano a scottare, quando riceviamo la chiamata di un vicino che ci avvisa che appunto sui tetti della scuola cammina un ragazzo. E' l'intervallo del rientro pomeridiano, quando alcuni scolari sono nel cortile e i molti che non restano a mensa sono per i fatti loro. Il gatto sui tetti non può essere Arslan, che quel giorno è assente. Mi spiegano che "sembra sia stato il Tale". Io non me la sento di far crociate, ma mi sembra proprio che il Tale sia sempre stato sotto i miei occhi, durante l'intervallo, né abbia mai provato ad allontanarsi. Non sono in grado di giurarlo, naturalmente.
La Preside fa un giro per le classi, dopo l'intervallo, ma le domande sono blande e tranquille, e si limita a dire che si preoccupa soprattutto dell'incolumità degli alunni. Nessuno confessa di essere stato il gatto di turno, il vicino chiaramente non ha riconosciuto di chi si trattava, e in effetti nessuno sembra preoccuparsi granché della questione, con mia grande meraviglia.

Io di solito sulla disciplina sono molto accomodante, però a questa storia degli studenti che vanno in giro sui tetti ammetto che avrei dato molto maggior peso: visto che si fanno tante storie per quegli alunni che passano da un piano all'altro servendosi delle scale interne, e che possono farlo solo se l'insegnante li autorizza con solenne investitura e carta da bollo, e anche così ogni tanto sia l'insegnante che gli alunni sono rampognati perché "i ragazzi non devono scendere né salire" né per le fotocopie né tantomeno per andare in altre classi, il fatto che qualcuno aggiri la questione passando dai tetti mi sembrerebbe meritevole di una certa qual attenzione. Dove vanno? Nelle altre classi, fuori a farsi i fatti loro o che altro? E poi, non credo che sia molto pericoloso, ma ugualmente non mi sembra uno sport da incentivare, soprattutto nelle ore di lezione.

Il mistero resta insoluto, come molti altri.
Come ho detto, quest'anno a Hogsmeade abbiamo avuto diversi problemi di disciplina, alcuni davvero consistenti. Ma la Preside li ha sempre affrontati in modo molto sportivo, al più lamentandosi che alcuni professori non sembravano essere entrati in empatia con alcuni alunni.
Non sorprenderà dunque sapere che questi problemi, iniziati un po' in sordina, si sono aggravati nel corso dell'anno fino a trasformare la scuola di paese di Hogsmeade in una sorta di Bronx dove i Carabinieri erano diventati praticamente di casa.
Durante il Collegio dedicato in buona parte a questi problemi, Musica* ha concluso dicendo che ormai per quest'anno era andata così, ma l'anno prossimo "dobbiamo fare un nuovo regolamento e farlo rispettare". Ed è stato in quel preciso momento che ho deciso che, l'anno prossimo, ad Hogsmeade non mi avrebbero vista nemmeno dipinta ad olio, a costo di finire a Casa del Diavolo con completamento cattedra a Monculi di Mezzo - perché ritengo che un barlume di buon senso dovrebbe comunque assistere il corpo docenti, e non parliamo della Dirigenza.

Per amore di cronaca preciso che il vecchio regolamento, quello in vigore quest'anno, non autorizzava a fumare in bagno, né a rubare piccoli oggetti al Planetario, né a camminare sui tetti della scuola, né ad appendersi ai cornicioni delle porte né a picchiarsi nei bagni o in corridoio né a fare molte altre cose su cui preferisco sorvolare e che vengono proibite anche dal codice penale vigente al momento.

*di solito una persona piuttosto sensata. Almeno, così avevo sempre pensato.

lunedì 4 luglio 2011

La scuola ai tempi di Facebook

Sin dallo scorso anno la Classe dei Tordi mi domandava a scadenze regolari se ero su Facebook. Sapevano che avevo una mia vita informatica e non si capacitavano che la vivessi altrove.
"Perché dovrei andarci?" avevo provato a chiedere "Cos'ha di tanto speciale Facebook?".
"Ci si diverte" avevano provato a spiegare "Poi puoi chattare con gli amici".
"Ho un programma di chat e una linea telefonica passabilmente funzionante. Cosa me ne faccio di Facebook?".
"Manda i messaggi".
"Ho varie caselle di posta elettronica perfettamente funzionanti".
"Possiamo diventare suoi amici, così chattiamo con lei".
"Mi vedete dieci ore alla settimana più intervalli, non direi che ci mancano le occasioni per scambiare due parole. E potete scrivermi tutte le mail che volete, prometto di rispondere".
Loro scuotevano la testa con compatimento e passavamo ad altro.
Non è che avessi qualcosa contro Facebook, ma non mi sembrava una roba adatta a me.
Poi, per tutta una serie di circostanze* su Facebook sono entrata, anche se sotto pseudonimo per scansare i vecchi compagni di liceo con cui avevo interrotto i contatti da trent'anni e le infinite persone con cui non volevo avere a che fare. Così, all'ennesima domanda dei Tordi, un bel giorno ho ammesso che adesso su Facebook c'ero anch'io.
Mi hanno chiesto se ero disposta a diventare loro amica.
Avevo avuto tutto il tempo per ponderare la questione. Ci sono svariate scuole di pensiero, in merito: qualche insegnante sostiene che con gli allievi mai, altri che con gli allievi a volte, specie dopo che hanno smesso di essere allievi. Sary ritiene che con gli allievi sì, eccome; e dal momento che non usavo il mio account per gestire traffici illegali o gruppi terroristici e che per la parte più personale della mia vita privata continuavo ad arrangiarmi col telefono, ho seguito la sua scuola di pensiero e promesso che avrei accordato la mia amicizia senza problemi a chiunque di loro me l'avesse chiesta; tra l'altro ero convinta che me la chiedessero soprattutto per far numero, perché nelle nuove generazioni il numero di amici su Facebook è un indice di stato sociale.
Le prime ad arrivare sono state le ragazze, prima alla spicciolata e poi a gruppo. I ragazzi sono arrivati dopo, più lentamente e non tutti. Alla fine mi sono ritrovata due terzi della classe più l'Assenteista, unico della Seconda Domandiera (dove si sono sempre disinteressati della mia vita informatica), ma del resto lui era una specie di membro esterno della classe dei Tordi che solo per un susseguirsi di sfortunate circostanze non era più con loro.
Ancor più a sorpresa è arrivata anche una fanciulla che alla fine dell'anno scorso ci aveva lasciato per trasferirsi con la famiglia all'altro capo dell'Italia e che non aveva mai mostrato grande entusiasmo nei miei confronti, ma che mi ha fatto una gran bella sviolinata via chat (della serie "non abbiamo la minima idea di quel che passa per la testa di quei figllioli"). Mi ha chiesto l'amicizia anche qualcuno dei ragazzi che avevo avuto l'anno scorso per l'Approfondimento, e lì mi sono regolata a mio esclusivo capriccio.
Aggiungo che in quel di Maggio qualcuno ha avuto la brillante idea di aprire un gruppo dedicato alla classe, ammettendo anche me e Matematica e mettendoci così in contatto con tutti (esclusi i due che su Facebook non ci sono mai entrati).
Ho così scoperto (beh, l'avevo già intuito da circa 700.000 indizi grossi come case seminati in temi e diari) che buona parte di quella classe su Facebook ci viveva, letteralmente. Come me ne sono accorta? Beh, perché ad un certo punto è scattata in me una folle dipendenza da un demenziale giochino di caccia al tesoro per fare il quale andavo su Facebook tre, quattro e pure cinque volte al giorno. Dalla fine di Maggio poi ho lasciato aperta la finestra su Facebook ogni volta che stavo al computer per i fatti miei (e, sinceramente, caccia al tesoro a parte, ci sto abbastanza).
La cosa è stata molto interessante, e anche molto utile. Prima di tutto, scorrendo le varie bacheche, sono venuta a conoscenza di tutta una serie di vicende che ignoravo o avevo solo intuito a grandi linee - e in cui naturalmente ho evitato con ogni cura di intervenire.
Poi, soprattutto negli ultimi mesi, mi sono ritrovata a gestire una sorta di help desk sulle più varie questioni scolastiche. Visto che in classe non avevamo mai molto tempo per parlare - erano ventisette - abbiamo avuto diversi chiarimenti sulle tesine, i percorsi d'esame e simili. C'è stata anche una modesta terapia di sostegno - ogni tanto qualcuno, soprattutto tra le ragazze, andava in crisi mistica e allora una piccola chat era l'ideale per racconfortare la creatura di turno con buone parole e lievi frustatine.
Naturalmente (era pur sempre la classe dei Tordi) c'era anche qualche anima candida che chiedeva "Ma domani mi interroga?" a cui seguiva una garbata risposta del tipo "Caro/a, quel che stai facendo non è molto corretto, lo sai?".
Ho fustigato, cardato e racconsolato più volte l'Assenteista che, ho scoperto, in chat era molto, molto più disponibile e sottomesso di quanto non fosse in territorio scolastico, soprattutto quando nelle ultime settimane temeva di essere nuovamente segato (il che non è avvenuto, vivaddio). Ho elargito consigli su come trovare carte geografiche in rete (basta dare la stringa di ricerca in inglese), ho rassicurato sulla possibilità di portare percorsi informatici (si sa con quali risultati), ho dato consigli di redazione e impaginazione e perfino scodellato all'impronta le cause e concause delle rivoluzioni industriali, mentre in contemporanea un'amica mi aggiornava sulle sue aggrovigliate vicende sentimentali. Nell'area del gruppo ho elargito consigli, auguri, complimenti per l'esame e gran copia di messaggini di buon auspicio (soprattutto a base di lupi). E tutto questo è stato molto bello e ha senz'altro aiutato a saldare il gruppo & la coscienza di classe di tutti noi e la sintonia tra me e Matematica.
Non sono state solo rose e fiori, naturalmente: proprio su Facebook mi sono arrivati, ai primi di Luglio, i messaggi stizziti di Lunastorta che chiedeva "senza polemiche" come mai gli avevamo dato solo sei, rovinandogli così l'ingresso al liceo (artistico), mentre lui agli scritti aveva preso cinque solo a francese e matematica - e non ho potuto nemmeno rispondergli come meritava, perché nel frattempo il ragazzo si era rotto una gamba ed era in trazione sui un letto di dolore.
Ma tanto anche se non ero su Facebook mi avrebbe scritto una mail.
Ho avuto anche occasione di riflettere su alcuni particolari.
Primo, quelli che studiavano meno non erano necessariamente quelli che passavano più tempo su Facebook, bensì quelli che ci stavano ancora dopo mezzanotte. Per la cronaca, l'orario in cui il computer si trasformava in zucca andava intorno alle undici di sera. Lì sparivano tutti... cioè quasi tutti. E quando vedevo il segnale che l'Assenteista era on line, sapevo che la mattina dopo non lo avrei trovato in classe.
Non mi sembrava corretto intromettermi e quindi mi sono risparmiata le prediche; ma è chiaro che se entri a scuola alle otto devi svegliarti almeno intorno alle sette, o anche prima, se hai il pullmino da prendere, e a quattordici anni sei ore di sonno non bastano. In questi casi, e non ci son santi, è la famiglia che deve provvedere, se l'alunno da solo non è assistito da bastevole buon senso, e nel caso dei due nottambuli è chiaro che la famiglia non era granché presente.
Secondo, gli album di foto: quei bellissimi e interminabili album di foto dedicati alle gite scolastiche, alle uscite, al gemellaggio, al viaggio agli ex campi di concentramento... e alla tua classe.
Cosa c'è di più bello di un bell'album di ottanta foto dedicato alla tua amata classe e condito di vari "Non vi dimenticherò mai" e "Siamo i + ganzi"? Vabbe', un sacco di cose, comunque si capisce che a loro possano piacere.
Senonché, scorrendo le molte foto, risulta evidente che le suddette erano state fatte in gran parte... in classe. Certo, alcune durante l'intervallo. In teoria nella scuola di Hogsmeade l'uso del cellulare è vietato, durante l'intervallo, ma io sono del parere che non si debba essere troppo fiscali, anche se non li ho mai incoraggiati. Altre sono state fatte durante il cambio dell'ora, perché la cattedra risulta vuota. E stando al regolamento non si dovrebbe usare il cellulare durante il cambio dell'ora, ma infine se lo si fa non mi sembra che si arrechi danno a nessuno.
Però ci sono anche le foto fatte durante le lezioni. Le riconosci dall'insegnante in cattedra, dai primi piani di studenti che seguono più o meno attentamente, dalla presenza dei libri sul banco, dal fatto che tutta la classe è seduta... insomma, le riconosci.
No, io non sono mai inquadrata, e dunque posso illudermi che durante le mie ore nessuno abbia fatto foto con il cellulare (e come no). Buona parte degli altri colleghi però c'è.
Non ho detto niente nemmeno in questo caso, perché ho scorso quegli album in un pomeriggio ai primi di Giugno, quando ormai ero assai prossima a non essere più una loro insegnante; ma non ho potuto fare a meno di pensare che alcuni di questi ragazzi sono davvero un po' troppo fiduciosi nel loro approccio al mondo: quanto a me, al posto loro, se avessi qualche insegnante tra gli amici, terrei una bacheca pulita e scintillante e mi guarderei bene dal far postare qualcosa che lasci supporre che non sono la più diligente degli alunni possibili, e farei anche attenzione a quel che posto in giro; perché, a seconda del grado di sicurezza che scegli, la tua bacheca può essere vista non solo dagli amici, ma anche dagli amici degli amici - e i commenti che lasci in giro e le foto che mandi agli altri "per condividere" possono essere visti praticamente da chiunque, perché compaiono in bacheche che possono essere meno protette della tua o alla quale accedono amici, magari recenti, che non hai considerato.
Buona parte dei ragazzi questo lo sa d'istinto o per riflessione; ma i più sprovveduti sono per l'appunto quelli che scrivono le cose meno accorte o seminano in giro le foto più compromettenti.
Forse sarebbe ora di avvisare questi fanciulli, destinati a convivere con la Grande Rete per tutta la vita, che i rischi di internet non sono solo improbabili maniaci che ti chiedono il numero di cellulare per appostarsi sotto casa tua e violentarti, come sembrerebbe dai video che la polizia postale proietta nelle scuole: la Fuga di Notizie Riservate è un inconveniente molto più comune, e può portare gran copia di rogne.

*le circostanze sono che Sary mi ha fatto il lavaggio del cervello finchè non mi sono arresa a discrezione.