Il mio blog preferito

Visualizzazione post con etichetta Manuale del Perfetto Insegnante. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Manuale del Perfetto Insegnante. Mostra tutti i post

martedì 25 gennaio 2022

Manuale del Perfetto Insegnante - Tecniche di sopravvivenza per Educazione Civica, ovvero Quando Ci Piace Vincere Facile

Non c'entra niente col post, ma è molto meglio della foto di un disastro ambientale! 
Cari colleghi,
siete stanchi&stressati, il carico di lavoro vi schiaccia, non riuscite a preparare in modo adeguato le vostre lezioni?
Ecco per voi una soluzione facile e molto pratica, che vi aiuterà per Geografia, Scienze, Tecnologia e in più vi fornirà qualche utilissimo voto per Educazione Civica, ché magari avete fatto un sacco di lezioni, magari sono pure state apprezzate, ma alla fine non avete in mano un voto che sia uno, perché siete stati tutto il tempo a discutere e approfondire ma niente interrogazioni vere.

Tutto iniziò in un grigio pomeriggio autunnale, mentre riflettevo sull'opportunità di preparare un approfondimento per la Terza sul disastro di Fukushima - e anche qualcosa sulle isole di plastica, visto che stavo per affrontare il tema degli Oceani.
Mentre vagavo pigramente per la rete mi accorsi che tutto quel che sapevo sulle isole di plastica negli oceani me lo avevano raccontato i miei alunni anno dopo anno - ed erano sempre assai documentati sulla questione, che ai loro occhi è di estremo interesse.
Io, lo confesso, delle isole di plastica nell'oceano un po' me ne frego. Certo, mi rendo conto che non è una bella cosa il fatto che ci siano, però non ci perdo il sonno. Loro invece...
Improvvisamente venni assalita da una Grande Illuminazione: visto che i ragazzi van matti per le questioni ambientali, perché non farle raccontare a loro?
In questo modo univo molti vantaggi:
1) Il mio lavoro si sarebbe limitato a scegliere da un vasto assortimento i disastri ambientali più appetibili e palatabili al giovane pubblico.
2) Il suono della mia voce, tanto bella quanto armoniosa* avrebbe riecheggiato un po' meno nell'aula. Un po' di varietà sonora, finalmente!
3) In Terza c'è l'esame, quindi lavorare su qualche piccola presentazione gli fa solo bene (e infatti gliene ho fatte fare diverse). Anche fare un po' di esercizio di esposizione in pubblico. Ancor più, un po' di esercizio di ricerca di materiale. Tra l'altro sulla ricerca autonoma del materiale in rete ci lavoriamo sin dall'inizio della pandemia, con risultati molto più lusinghieri di quelli conseguiti dalla Seconda Capricciosa, e assai maggior partecipazione emotiva da parte loro, che sono una classe normale con reazioni normali.
4) Non c'era da fare nessun controllo sulla reperibilità di materiale attendibile in italiano: ce n'era senz'altro da dare e da serbare e tutti i siti delle associazioni internazionali ecologiche ne fornivano a bizzeffe
5) Venti disastri diventava un po' stressante, forse; meglio dieci, da fare a coppie, col vantaggio supplementare di abituarli un po' a lavorare insieme - perché, siamo sinceri, in questi due anni lavoro di gruppo se n'è fatto pochino.

Dieci disastri dotati di un certo appeal si trovavano con uno schiocco di dita.
In un paio d'ore scarse di lavoro ho selezionato dieci Grandi Disastri causati dall'Intervento Umano sapientemente distribuiti su tutti i continenti extraeuropei: sbiancamento della barriera corallina in Australia, scioglimento dei poli, deforestazione nell'Amazzonia, Bhopal in India, isole di plastica nell'oceano, desertificazione del Sahel eccetera. E visto che il dibattito sull'utilizzo del nucleare sta riaffiorando ho messo anche Chernobyl (la Russia la faccio sempre in Terza, appunto per consentire a chi vuole di portarla all'esame e quest'anno, visto che eravamo rimasti indietro, si è aggiunto un rapidissimo sorvolo anche su Ucraina e Bielorussia)... 
Disastri ambientali, disastri ambientali ovunque.
Un altro quarto d'ora per preparare le coppie e assegnare gli argomenti.
"Siccome ci vorrà qualche lezione per esporre tutta questa roba, in questo modo nelle due settimane prima di Natale, quando tutti vi fanno fare mucchi e pacchi di verifiche scritte non dovrete lavorare per Geografia" ho spiegato con l'aria di chi porta in tavola un vino particolarmente pregiato.
Non ci sono state critiche né lamentele, e tutti han lavorato come castori. 

I risultati sono stati ottimi: per cinque lezioni mi sono limitata a piazzarmi lontano dalla LIM ed ascoltare e guardare pregevoli ricerche, regolarmente corredate, oltre che da foto impressionanti, anche da altrettanto impressionanti grafici e previsioni per il futuro, proiezioni economiche inquietanti eccetera, e ho imparato un sacco di cose - non necessariamente piacevoli da ascoltare, ma comunque interessanti. Dopo tutto, la vita non è solo un letto di rose.
Qualche volta sono anche intervenuta, con alcuni disastri che conoscevo meglio o che hanno origini più antiche e di cui ho narrato come sono stati vissuti dall'attenzione pubblica negli scorsi decenni. Ho anche fatto un accorato discorso sull'energia nucleare** con un ricco amarcord dei tempi di Chernobyl e successivi referendum.
Alla fine dell'ultima lezione, quella sulla foresta amazzonica, ho osservato blandamente "Direi che ho fatto un affare: ho imparato un sacco di cose, mi sono riposata e voi alla fine non vi siete annoiati più del solito a preparare queste cose".
Hanno ammesso senza remore che non si erano affatto annoiati.
E niente, a volte non c'è motivo di complicarsi la vita.

* è un complimento che mi è stato fatto più volte, anche da persone che non dovevano chiedermi favori né prestiti o altro.
** né pro né contro. Mi sono limitata a spiegare che sul nucleare tutti abbiamo la verità in tasca ma si tratta di un argomento decisamente complesso e quindi li ho esortati, prima di intascare la loro verità personale, di provare a informarsi con cura e da fonti attendibili, partendo dal concetto che non era un argomento facile da spiegare né da comprendere, anche per gli addetti ai lavori.

venerdì 18 settembre 2020

Manuale del Perfetto Insegnante - I Veri Problemi della Scuola

Dice che è pieno di gente che apprezza Cicerone - io comunque non ne conosco nessuno 

In occasione della presente pandemia in tanti avvertono l'inderogabile e assoluta necessità di far luce, una volta per tutte, sui Veri Problemi della Scuola, e su questo scrivono ogni giorno lunghissimi articoli e fan grande sfoggio di eloquenza per radio, in televisione e sui social.
Si tratta però quasi sempre di gente che la scuola la conosce solo per sentito dire e si diverte a friggere e rifriggere la solita lista di luoghi comuni e frasi fatte, dove purtuttavia, in mezzo a strabilianti quantità di ciarpame, frugando e rimestando con cura si riesce a trovare qualche barlume, qualche accenno, qualche seme di un pur minimo valore.
Ma io, che nella scuola ci lavoro da tanti anni, e che dunque la conosco bene, sì, proprio io, passerò ora ad elencare i veri problemi della scuola. Chi meglio di me può conoscerli?
E dunque eccomi pronta ad elencare una picciola lista che contenga i Veri e Reali Problemi della Scuola, primo tra tutti quello di essere composta e frequentata e assediata per ogni dove da una immane quantità di idioti scervellati e del tutto incapaci - non soltanto di capire i Veri Problemi della Scuola, ma incapaci punto e basta.
Mapperpiacere, è talmente chiaro! Se non ci arrivate siete davvero tonti.
Ma per vostra fortuna ci sono qua io, pronta a illuminarvi.

E andiamo ordunque a cominciare dalla desolante condizione degli edifici scolastici.

Edifici vetusti e cadenti, che disonorano un paese dove tutto, al di fuori delle scuole, è pulito, perfetto e scintillante.
Ciarpame, tutto ciarpame da radere al suolo e ricostruire con criteri ben più validi. Ampie vetrate, grandi saloni, parchi fronzuti e dilettevoli giardini dove gli studenti possano intrattenersi in lieti conversari durante gli intervalli; non più mense spartane ma eleganti sale di ristorazione dove gli alunni possano gustare i migliori prodotti della nostra produzione locale, con eleganti menu a base di cibo biologico cucinati con quel tocco creativo che è tipico dei grandi chef. Laboratori aggiornati (tanti, tanti laboratori. I laboratori sono essenziali per ogni materia) dove attrezzature e utensili di nuovissima concezione possano consentir loro di dedicarsi alla ricerca, alla sperimentazione e alla creatività. 

Ma insomma, è mai possibile che laddove tanti studenti nei paesi più poveri si ritengono fortunati ad avere carta e penna e qualche libriccino, i nostri alunni e insegnanti passino il loro tempo a lamentarsi perché non hanno il computer più aggiornato, lo smartphone di ultima generazione, le attrezzature più innovative? Ragazzi abituati ad avere sempre tutto, insegnanti che senza dispositivi informatizzati non san più lavorare perché non hanno più la capacità di parlare ai ragazzi e sanno solo nascondersi dietro a gadget e giochini. 
Cosa vorrebbero, le lezioni pronte e impacchettate? Comoda, quest'idea di accendere un qualsivoglia dispositivo digitale e lasciar fare a quello tutto il lavoro. Il Vero Insegnante sa incantare i suoi alunni anche con un fuscello per scrivere sulla sabbia! Socrate aveva forse i tablet? E verreste forse a dirmi che siccome non li aveva non era un vero insegnante? 
E poi, tutta quell'informatica deforma i cervelli dei ragazzi, che disimparano a pensare. Niente più ragionamento autonomo, solo tanti piccoli zombie abbrancati ai loro dispositivi elettronici, schiavi dei videogiochi, incapaci di lavorare altro che col copia&incolla. Poveri giovani disadattati, ed è tutta colpa nostra.
Davvero, come si può pensare di gestire una scuola senza tablet?
Davvero, come si può concepire una scuola in balìa dei tablet e di tutte quelle diavolerie digitali?

Classi piccole, finalmente! Basta con le classi di 37, 30, 25, 20, 18, 16, 15 allievi. Ecché, le nostre scuole non devono essere batterie per polli d'allevamento! Classi piccole, piccole, piccole. Massimo massimo dodici, meglio dieci alunni, ma forse meglio ancora sarebbero otto. Se avessimo avuto solo classi di otto alunni, il coronavirus non ci avrebbe obbligato a chiudere le scuole nemmeno per mezza giornata!

La scuola è troppo costosa. Troppo personale, prima di tutto. Prima che intervenisse la saggia riforma Gelmini-Tremonti, il rapporto docenti alunni in Italia era tra i più alti del mondo, finalmente adesso è ritornato nella norma, anche se gli insegnanti, ahimé, sono quello che sono e soprattutto fanno ben poco e quel poco lo fan davvero male, schiavi come sono della mentalità tipica degli statali che li spinge a lavorare il meno possibile e attaccarsi al sia pur minimo pretesto medico per restare a casa per settimane e mesi, e pronti ad andare in pensione il prima possibile.
Per la scuola spendiamo davvero troppo poco, abbiamo pochissimi insegnanti e quei pochi sono ignoranti, malformati e incapaci. Dobbiamo avviare un grandioso e rutilante programma di formazione pedagogica, psicologica, informatica e soprattutto dargli una formazione aggiornata nelle materie che insegnano. Basta sanatorie, graduatorie a scorrimento, abilitazioni ancora valide dopo vent'anni!
Sempre sui costi della scuola, abbiamo davvero troppi bidelli. Dopotutto, a cosa servono i bidelli? Chi mai ha sentito la necessità di un bidello, o ha mai visto un bidello fare alcunché di valido per la scuola? Appaltiamo le pulizie a ditte esterne, almeno risparmiamo!

Non ci sono più bidelli, i nostri bambini non sono sorvegliati e di conseguenza finiscono per essere costretti a fare l'intervallo in classe, in barba alla più elementare decenza didattica, ormai ci manca solo di legarli al banco. I bidelli  sono figure importanti per la crescita psicologica dei bambini, ma soprattutto sono utilissimi all'interno della scuola e fanno una vera infinità di cose senza le quali tutto diventa complicato. E poi, 'ste ditte di pulizia con gli appalti risicati all'osso, pieni di lavoratori sottopagati, sfruttati e vessati - e alla fine le scuole sono più sporche di un tempo. Rivogliamo i bidelli!

La scuola non trasmette più i valori. Gli insegnanti, barricati dietro i loro complementi predicativi del soggetto e la loro tavola periodica, abdicano al loro ruolo di Educatori e dimenticano di essere modelli ed esempi per i loro alunni, ignorando che han davanti dei ragazzi vivi, in cerca di una guida che li aiuti ad orizzontarsi in una società in continuo cambiamento e irrimediabilmente immersa in un rozzo materialismo dove l'unica cosa che conta sono i soldi e nessuno pensa più ai sentimenti e al rispetto degli altri. Non è questa l'Italia che i nostri nonni ci han lasciato, quando sono saliti sui monti a fare la Resistenza!

La scuola non trasmette più il Sapere. Gli insegnanti si gingillano con i principi cardine della costituzione, perdon tempo a fare l'educazione all'affettività, trascurano il programma per imbastire continui laboratori sulla tolleranza, il rispetto della diversità, l'apertura all'Altro, la gestione delle emozioni. E alla fine i ragazzi escono da scuola e non sanno niente, han passato gli anni a baloccarsi e a fare giochi di ruolo e si son fatti due palle così con questa lagna della Resistenza, che insomma ormai son passati settantacinque anni, è tutta roba morta e sepolta. E sono sempre a giro, agli Uffizi, all'acquedotto, al laboratorio geologico, al congresso di archeologia, a Malta, al Parlamento, a Bruxelles, in Botswana a fare il gemellaggio, in giro per le strade coi ragazzi del gemellaggio con il Botswana, ma quand'è che studiano? Niente di strano che quando escano dal liceo non sappiano nulla!

Perché sono ignoranti, ammettiamolo. Si vedono cose incredibili, gente che esce dal liceo scientifico e non ha mai manovrato un acceleratore di particelle, gente con diploma di Geometra che è incapace di progettare una centrale termonucleare, gente che esce dall'Informatico e non sa nemmeno fare una rete in 5G. E ogni anno diventano più ignoranti.

Gli insegnanti sono assolutamente inadeguati. Antiquati, polverosi, vecchi decrepiti e incartapecoriti, lavoratori fragili e pronti a cadere al primo stormir di fronda. Tra le loro peggiori colpe c'è il rifiuto di aggiornarsi e il loro disperante deficit digitale, è già un miracolo se rinunciano alla lastra di pietra e allo scalpello e si adattano a usare e far usare carta e penna. 
Insegnanti nemici della tecnologia, che vedono in ogni cellulare un nemico, in ogni computer un demonio e che se gli parti di bluetooth immagino che sia un treno azzurro che fa il segnale.
Insegnanti attaccati come ostriche a regole antiquate. Insegnanti che sciorinano contenuti che erano già superati al tempo dei dinosauri. 
Insegnanti che non fanno più i riassunti, le espressioni, le tabelline. Insegnanti che fanno solo i riassunti, le espressioni, le tabelline. Insegnanti che spiegano troppo o troppo poco, insegnanti che non interrogano mai e insegnanti che non fanno altro che interrogare, insegnanti che vanno troppo veloci, troppo lenti, a velocità troppo costante, a ritmo troppo irregolare. Insegnanti troppo noiosi, insegnanti troppo allegri, insegnanti troppo innovativi, insegnanti troppo materni. Insegnanti troppo giovani, anche. Insegnanti che, in ogni caso, non fanno mai niente se non danni.

Il latino, poi. Ma insomma, è possibile abbandonare così il nostro retaggio e le nostre radici? Si sa, il vero problema di base, la radice di ogni male, è stato abbandonare lo studio del latino alle medie, da allora è stato tutto un decadere. 

Che ne sarò di noi se dimentichiamo le radici del pensiero occidentale? O forse qualcuno pensa sul serio che si possa affrontare il mondo armati solo di un po' di modeste cognizioni su come si configura un cellulare?

La matematica poi è un disastro. Ma è mai possibile una cultura ancora così disperatamente avvinghiata solo e soltanto al mondo delle lettere? Le materie scientifiche sono neglette e trascurate, per forza i nostri ragazzi sono così indietro nelle classifiche internazionali. E come possono trovare un lavoro e farsi una carriera armati solo di un po' di latino?

I nostri ragazzi non sanno più fare un tema. Sissignori, un semplice tema. Fanno analisi del testo, descrizioni oggettive e soggettive, improvvisano testi narrativi ma gli manca la Base dello scrivere: il Tema.

Oh, il Tema: la maledizione della scuola italiana. La disperazione di vederli ancora fare i temi, sul foglio protocollo a colonne, a scrivere paginate su un argomento astratto di cui non gli importa un accidente. Ma è mai possibile, giunti ormai al terzo millennio, perdere ancora tempo col tema?

La verità è che la nostra scuola non è più selettiva ed esigente. Gli alunni escono dal loro lungo (troppo lungo: a cosa serve il quinto anno delle scuole superiori, qualcuno è in grado di spiegarmelo?) percorso di studio senza conoscere altro che minime nozioni. Ahimé, non studiano. E perché mai dovrebbero studiare? Tanto sanno benissimo che, comunque vada, saranno promossi. Com'è noto, è tutta colpa del '68 e del sei politico. I danni sono andati crescendo e ormai stiamo toccando il fondo dell'abisso e siamo circondati per ogni dove da ragazzi impreparatissimi, e per di più assolutamente presuntuosi e convinti di sapere tutto.

La scuola italiana ha un tasso di dispersione scolastica abominevole. Il meccanismo freddo e spietato della selezione lascia troppi ragazzi indietro. Non c'è inclusione se non a parole, e i più deboli vengono abbandonati al loro gramo destino con assoluto menefreghismo. Troppi, troppissimi ragazzi non arrivano nemmeno a prendere il diploma e le nostre percentuali di laureati sono ridicole. L'ascensore sociale è bloccato. La scuola serve ormai solo ai figli di papà.

La colpa, naturalmente, è soprattutto dei genitori. Genitori troppo protettivi, sempre pronti a insorgere in difesa dei loro pargoletti al primo arrivo di una insufficienza, del tutto intolleranti verso qualsiasi anche minima pretesa di vederli collaborare con la scuola, e assolutamente refrattari verso la disciplina. Del resto è noto che anche una semplice nota sul diario o un compito a casa un pelino più impegnativo ormai creano sommosse e tumulti. E purtroppo i presidi li appoggiano sempre, questi genitori sconsiderati che ormai da tempo hanno abdicato al loro ruolo educativo e non sanno imporre il benché minimo paletto, ma anzi si atteggiano a fare gli "amici" dei figli, dimenticando che la funzione dei genitori è tutt'altra.

Genitori freddi, intolleranti, preoccupati solo del voto e di confrontarlo con quello del compagno di banco. Genitori che non vengono nemmeno sfiorati dal pensiero che i loro figli non sono delle macchine per voti, genitori interessati solo allo svolgimento del programma, qualsiasi cosa succeda, sempre pronti a lamentarsi che l'insegnante perde tempo ed è troppo tollerante con gli alunni in presunta difficoltà e non sa invece valorizzare le eccellenze che ha davanti. Genitori schiavi della macchina del successo, dei falsi valori dei nostri tempi, che si interessano solo al voto senza cercare di capire i problemi e le difficoltà della creatura in crescita che hanno in famiglia. Genitori insensibili, egoisti, mai contenti, interessati solo ad avere macchine lussuose, andare dal parrucchiere, stare dietro al lavoro.

E dunque, una volta elencati i problemi - quelli veri, quelli reali - la soluzione si presenta spontaneamente agli occhi di chiunque e non vi è chi non la veda.
Dopotutto, è molto semplice.

lunedì 31 agosto 2020

Manuale del Perfetto Insegnante - Come presentarsi al Primo Giorno di Scuola in tempo di Coronavirus

L'abbigliamento del Perfetto Insegnante quest'anno dovrebbe essere più o meno così

Quest'anno le deplorevoli circostanze esterne impongono all'insegnante alcuni piccoli cambiamenti nel modo di presentarsi alla scolaresca. 
Prima di tutto è indispensabile munirsi di apposita mascherina. Non è ancora chiaro se e quando e quanto tale mascherina dovrà effettivamente essere indossata, ma è comunque opportuno averne almeno una (meglio due o tre, in base al celebre principio "Se ce l'hai, non ti servirà") nel cassetto in Sala Insegnanti, avendo cura di cambiarle e lavarle regolarmente, se in stoffa, e stirarle regolarmente col ferro a vapore per sanificarle.
La mascherina anticontagio è un accessorio dall'aria abbastanza deprimente nella sua forma più classica
ma ne esistono di moltissimi tipi e quelle in stoffa sono decorate con eleganti fantasie. Il Perfetto Insegnante potrà quindi scegliere la più adatta al suo consueto modo di presentarsi, senza rinunciare a un tocco di sobria eleganza. 
Per esempio, questa è per l'insegnante che ama i draghi
ricordando sempre però che è essenziale che la mascherina copra naso e bocca
Modelli di questo tipo
per quanto molto suggestivi e atti a suscitare una forte impressione nell'alunno sono da considerarsi inappropriate nelle attuali specifiche circostanze.
Naturalmente ci sono anche eleganti fantasie a gatti, decorate con disegni e foto

ma è essenziale ricordare che, parlando di "mascherine a gatti" non si intende che le mascherine vadano messe ai gatti, cosa che potrebbe indignarli assai


bensì che le deve mettere l'insegnante.
Ce ne sono con decorazioni ispirate a fumetti e cartoni animati
celebri quadri, simboli sportivi, prestigiosi marchi di abbigliamento, eleganti motivi floreali eccetera.
Purtroppo la mascherina vi impedirà di indossare l'accessorio più essenziale per un Perfetto Insegnante, il primo giorno come tutti gli altri, ovvero un bel sorriso amichevole. O meglio, potete pure indossarlo ma, ahimé, nessuno se ne accorgerà.
È inoltre essenziale ricordare che la mascherina filtra i virus (vostri o altrui, non si è ancora ben capito) ma non la vostra voce e dunque quando parlate dovete tenerla ben tesa davanti alla bocca e non abbassarla. Sì, vi sentiranno. Se non vi sentiranno è perché non han voglia di ascoltarvi, e in quel caso potrete anche strillare come aquile spennate ché non vi sentiranno comunque.

Il resto dell'abbigliamento deve rispondere a due regole: lasciare scoperta la minore quantità di pelle possibile e nello stesso tempo non essere troppo largo e svolazzante. Una bella tutina aderente come nella foto che apre il post sarebbe l'ideale, tuttavia si possono trovare facilmente anche combinazioni più sobrie e meno inquietanti:
Un cauto giro di shopping vi permetterò senz'altro di trovare la mise più adatta.

Ricordando sempre e comunque che il motto del Perfetto Insegnante è "Nel bene e nel male / la scuola deve continuare". Anche se, certo, a volte il concetto sarebbe da rivedere...


...forse.

lunedì 9 marzo 2020

Lezione frontale; chi sarebbe costei?

Sì, le lezioni frontali possono conciliare il sonno.
Che a volte è un pregio, giusto?
Su certe cose la didattica moderna non transige: la lezione frontale è il male assoluto, il demonio, l'anticristo dei canoni di apprendimento. 
Vade retro, Satana! Anathema sit!
E poi è una roba da antiquariato. Andava forse bene per Carducci, forse per i nostri bisnonni. Ma ai giovani d'oggi non vorrai mica rifilare la lezione frontale?
Come raccontava la povna tempo addietro in un commento su questo blog lo spiegarono anche a lei, in una compatta serie di lezioni frontali. E anche a me lo hanno spiegato, alla SSIS, in un paio di lezioni frontali.
Sempre alla SSIS, mi spiegarono anche che la didattica moderna si basava sui moduli - che sono, in pratica, un gruppo di lezioni frontali seguite da una verifica.
D'accordo, la SSIS non è una roba di cui far conto - almeno quella che ho fatto io, in Toscana. E posso anche essere d'accordo che in certi casi possa sembrare una roba un po' antiquata; ma forse sarebbe il caso di mettersi prima d'accordo su cosa si intende esattamente per lezione frontale.
La definizione più o meno ufficiale sarebbe esposizione continuata fino alla conclusione del discorso, con spazio finale riservato alle domande di chiarimento dei partecipanti.

In realtà una roba così non si vede spesso, in una scuola per ragazzi. Io stessa che scrivo, e che la scuola l'ho frequentata diversi decenni fa, prima dell'università l'ho vista solo ai tempi della prof. Picchia, che faceva la sua lezione e poi accettava domande; e alle Settimane di Studio sull'Alto Medioevo di Spoleto, anche, dove le conferenze infatti sono chiamate "lezioni" - nel senso, suppongo, di lectio magistralis.
Però anche sull'università, calma e intendiamoci: il mio primo seminario, quello su Francesco d'Assisi, è stato quasi tutto una gran chiacchierata, noi decina di allievi e le due insegnanti, mancava solo il tè con i pasticcini - e tutti a rivoltare Francesco come un guanto nemmeno ci avessimo giocato insieme da piccoli; ma anche alle altre lezioni chi aveva una domanda bastava che alzasse la manina e lo facevano subito parlare. L'unica differenza era che su Francesco d'Assisi tutti avevamo qualche idea avendolo già fatto a storia, a letteratura e magari avendo pure visto un film su di lui, mentre quando parlava l'insegnante di filologia romanza per spiegarci la spirantizzazione parlava soprattutto lui. Cosa mai avremmo potuto dire per intervenire sulla spirantizzazione, visto che eravamo lì appunto per farcela spiegare? (in realtà anche lì c'era qualcuno che interveniva, nemmeno a sproposito: quelli, appunto, che la spirantizzazione l'avevano giù studiata, magari per qualche altro esame, e portavano esempi da stranissimi testi di stranissimi autori altomedievali).
Quanto al liceo, alla prima lezione di letteratura italiana la prof. De Divinis ci dettò una poesia di Ungaretti e ci chiese di spiegargliela (mandandoci discretamente nel pallone, va detto, anche se poi ci abituammo). Non proprio una classica lezione frontale, ammettiamolo.
Non so come funziona con le lezioni di estimo - a occhio, immagino che parli soprattutto l'insegnante, almeno agli inizi del corso. Con la grammatica, di qualsiasi lingua, conviene giocarsela in altro modo se vogliamo che gli alunni imparino davvero ad applicare le varie regole. A grafica e a informatica puoi chiedergli di progettare una casa, un logo, una campagna pubblicitaria, un programma per gestire gli incassi di un bordello. A geografia si fanno facilmente e senza sforzo magnifiche lezioni interattive e laboratoriali e le idee zampillano senza nemmeno cercarle. Ma a storia cosa fai, gli chiedi di progettare una guerra dei Seicento o una eresia del Trecento? Se non sono a un livello abbastanza avanzato da consultarsi e gestirsi le fonti per conto loro non vedo come possano venirne a capo (per tacere del rischio abbastanza consistente di scatenare le ire delle famiglie, nel non improbabile caso che ti ritrovi dei figli di fondamentalisti in classe). E allora gli racconti la rivoluzione francese, poi gli fai studiare la rivoluzione francese, poi gli risenti la rivoluzione francese e al massimo gli fai leggere qualche documento e ascoltare la Marsigliese, mi sembra. E se sei alle medie e non gli fai più che bene la lezione frontale non è affatto detto che vengano a capo da soli del libro di storia, che ogni tanto anche quando è buono ha la deplorevole tendenza ad avvitarsi su sé stesso al grido di "Intendami chi può, che m'intend'io".

E dunque, adesso che ho difeso a spada tratta le lezioni frontali sostenendo che
1) non ci sono, non le fanno mai e anzi non sono mai esistite e
2) che esistono eccome, anzi a volte non è possibile far senza
dove sto cercando di andare a parare?

Alla grandissima frustrazione dei poveri insegnanti di tutta Italia che 
- non hanno alcun modo di fare lezione perché non dispongono di adeguate strutture, e perciò sono frustratissimi, oppure
- hanno tutte le attrezzature e si ritrovano a far lezione al vuoto e sono frustratissimi perché gli manca qualsiasi forma di ritorno oppure
- riescono a insegnare in videoconferenza e gli alunni scappano per ogni dove esattamente come quando erano a scuola e quindi i poveri docenti sono vieppiù frustratissimi oppure
- hanno le attrezzature, fanno la lezione in videoconferenza, la classe li segue con attenzione e viva partecipazione ma tutti quanti sono comunque frustratissimi perché "non è la stessa cosa".
A tutti loro va il mio più caldo saluto e la mia più completa solidarietà, specie considerando che le notizie si fanno sempre più lugubri ad ogni giorno che passa*.

*(sì, ovviamente io sono nella prima fascia, con un improbabile futura speranza di lavoro su GoogleSuite, sul quale al momento non punterei nemmeno il tradizionale centesimo bucato e pure falso).

sabato 29 dicembre 2018

Manuale del Perfetto Insegnante - DATEGLI DA MANGIARE!

Un "panino" non è necessariamente formato da due malinconiche fette di pane  di scarsa qualità farcite con una sottiletta  insipida, una fetta di prosciutto cotto di un improbabile rosa acceso e un diluvio di maionese insapore, senza ombra di verdura e in totale assenza di ingredienti appetitosi: può anzi essere una gustosa scatola di tesori che racchiude combinazioni originali, saporite e molto nutrienti
Ovvero: un alunno ben nutrito c'è speranza che ti ascolti, con un alunno affamato non è il caso di contarci troppo.

A scuola a St. Mary Mead facciamo educazione alimentare - o meglio la fanno gli insegnanti di scienze: e ivi è gran sfoggio di piramidi alimentari, di "dieta mediterranea" (detto e non concesso che qualcuno abbia capito cos'è esattamente), di sviolinate contro le merendine e le bevande zuccherate e in più il comune di Saint Mary Mead interviene con programmi alimentari del tipo "frutta a tavola" (a distanza di anni ricordo ancora il delizioso sfrutta la frutta dei sukki Mukki - dove Mukki è la stimabilissima centrale locale del latte).
Poi c'è il distributore di merendine e di acqua minerale il cui senso sfugge a tutti noi e che ogni anno il corpo docenti chiede in ginocchio che venga rimosso ma ogni anno il Consiglio di Istituto spiega che non è possibile nascondendosi dietro le più fumose motivazioni; di conseguenza durante gli intervalli l'Estathè e le più varie patatine e merendine dominano sovrani in spregio alla Coop, al bar, al forno e ai tre negozi di gastronomia che si trovano nel raggio di cinquanta metri e all'acqua dell'acquedotto (ottima) purificata con i più vari filtri al carbone attivo, passivo e deponente.
In teoria, che gli alunni si imbottiscano di patatine è affar loro; ma in pratica per un insegnante non è così. O meglio: quel che conta davvero è che non si imbottiscano soltanto di patatine e tè più o meno zuccherato. Con gli anni mi sono anzi convinta che il problema dell'alimentazione a scuola è uno dei più sottovalutati dell'istruzione, con assai deplorevoli conseguenze per le giovani generazioni.
Una torta di mele fatta in casa o in una valida pasticceria è senz'altro più buona e nutriente di qualsiasi dolcetto confezionato del distributore - ed è anche molto meno cara, in proporzione
Partiamo dalle basi: siamo in presenza di ragazzi cui è imposto un orario di sei ore sei consecutive con scarsi intervalli, spesso preceduto e seguito da un viaggio su pullmino, e che avranno a   disposizione un pomeriggio piuttosto corto per tirare il fiato, prepararsi alle sei ore sei di lezione del giorno successivo  e magari affrontare pure qualche allenamento sportivo - prezioso, utile e corroborante quanto si vuole ma che pure il suo tributo di tempo lo esige. Checché se ne dica, il corso di studio previsto alle medie è abbastanza pesante e solo una attenzione piuttosto costante durante le lezioni permette di ridurre i tempi dello studio e dell'approfondimento a casa. Occorre dunque che il cervello degliu alunni sia ben sveglio e la concentrazione ottimale - e specialmente in prima è molto difficile ottenere questo.
Quel che le famiglie dovrebbero ficcarsi in testa in questa situazione è che la creatura DEVE fare tre colazioni tre, proprio come se fosse un hobbit, e di contenuto ben studiato.
Quiche e torte salate nonché schiacciate ben farcite si possono confezionare in casa, ma anche comprare da un buon fornaio - ad esempio ai banchi da forno della tanto deprecata Grande Distribuzione se ne trovano di squisite e preparate con estrema cura
Cominciamo dalla prima, quella fatta verso le sette. Qualcuno a quell'ora proprio non manda giù niente e allora gli vanno date due colazioni rinforzate da portarsi dietro o qualcosa che possa magari mangiare in pullman o prima di entrare in classe. Personalmente se qualcuno mi chiede di mangiare durante la prima ora lo faccio uscire e mangiare, o mangiare direttamente al banco: l'uomo ha da nutrirsi, e la donna pure, in particolare quando sono in fase di crescita.
Qualcuno potrebbe volere la colazione salata. La cosa, in Italia, è tuttora vista come una pericolosa stravaganza ma non tutti vanno pazzi per il rituale tanto amato nelle pubblicità che prevede un bigonciolo di caffellatte dove tuffare i frollini o le brioscine della marca di turno; e conviene dedicare qualche indagine alla questione se la creatura si mostra inappetente e magari allestirgli qualcosa, appunto, di salato. Anche la frutta non è opzione da disprezzare. Di sicuro ci vogliono una buona dose di calorie piene, con dei carboidrati, dei grassi e possibilmente un po' di vitamine.
Ma l'attenzione maggiore va riservata alle due colazioni successive: non spuntini ma colazioni vere e proprie.
Non importa se la creatura è sovrappeso o convinto/a di esserlo. Non importa se ha deciso di fregarsene dei precetti islamici e di praticare il ramadan in barba alla saggia dispensa stabilita da Maometto in persona per i ragazzi in crescita. Non importa se voi genitori siete salutisti e convinti che una mela  e un pacchetto di cracker rappresentino due opzioni valide per nutrire bene al mattino la vostra creatura, o che il dietologo di turno vi abbia detto qualche scemenza in merito: chi fa sei ore di lezione la mattina deve nutrirsi, e nutrirsi con calorie piene. Lo zucchero dell'Estathè non conta, il singolo Flauto del Mulino Bianco è piccolo, la mela o l'arancia possono essere una simpatica aggiunta, le patatine fritte non levano la fame pur contenendo un sacco di calorie e non nutrono, il succo di frutta da solo non basta, la singola bustina di cracker è POCO.

Occorrono grosse fette di torta, robusti panini al prosciutto, formaggio, frittata, roastbeef o quel che vi pare da metterci come farcia, merendine doppie, qualcosa da mangiare con i cracker, dosi robuste di ciliegie, pesche, albicocche, dolcetti, biscotti e biscottini, consistenti tranci di pizza, brioche e budini di riso o di semolino. Il ramadan e la dieta la faranno nel pomeriggio, se così gli gira, ma le tre colazioni mattutine devono essere abbondanti  e nutrienti - poi, se vogliono o se sembra loro così indispensabile, i ragazzi ci possono aggiungere le patatine e il tè zuccherato, ma che sia chiaro che si  tratta di giunte, non del corpo principale della colazione. Insomma il Buon Genitore deve ponderare la questione e organizzarsi, in modo da non sbancarsi e da non perderci troppo tempo, ma sempre evitando di lavarsi la coscienza dando alla prole due euro da giocarsi al distributore delle patatine fritte e delle bevande gassate, che non levano nulla, per carità, al benessere fisico della creatura ma nemmeno sono molto utili a fornire un cervello sveglio, disponibile e ben zuccherato e oliato per dedicare adeguata attenzione alla duration form o alla rotazione dei trapezi anche alla sesta ora.

Basta questo a garantire alla prole un proficuo e indolore percorso di studio?
Naturalmente no, ma aiuta, e può semplificare la vita a tutti.

Fare la pizza in casa non è molto difficile, comunque ce ne sono anche di ottime, surgelate. 
Per taxwre del fornaio all'angolo, che la pizza la fa per mestiere.

Nota a posteriori: ieri sera, mentre riflettevo su questo post, mi sono accorta di un particolare che non avevo preso ancora in considerazione: non riguarda solo i miei alunni (che mi hanno sentito, loro e le famiglie, più volte, sviolinare su questo tema) ma ormai riguarda anche me:  considerando la mia ormai flebile forma fisica, i tempi in cui arrivavo a scuola alle otto con due uova, un  po' di spinaci e una fetta di pane nello stomaco per poi tirare diritta senza un attimo di pausa fino alle due o magari alle sei dopo la riunione sono finiti, forse per sempre; ed è opportuno che impari a ritagliarmi le mie pause per un caffè e qualche spuntino, leggero ma sostanzioso.
Sic transit...

domenica 6 agosto 2017

Manuale del Perfetto Insegnante - Sulla nobile arte della discrezione

Come risulta assai evidente alla luce del più elementare buonsenso, è assai più facile costruirsi una reputazione di persona pettegola e indiscreta piuttosto che di persona discreta e accorta nel custodire i segreti altrui.
Nel caso della persona pettegola infatti sono le circostanze stesse che permettono di  scoprirla in breve tempo: avete giusto ieri confidato a qualcuno in gran segreto che meditate di separarvi dal vostro attuale partner e il giorno dopo gente cui a malapena avete rivolto tre volte la parola nel corso della vostra vita vi domanda se per caso il partner in questione ha una relazione che avete appena scoperto? Avete raccontato, dietro giuramento di assoluta riservatezza, che siete assai preoccupati perché le analisi di vostra madre mostrano ombre sospette nei polmoni e poche ore dopo uno stormo di  conoscenti, con l'aria molto solidale, vi racconta la dolorosissima morte dei loro genitori, parenti e amici per orribili forme di tumore ai polmoni e ad altri organi vitali? Avete detto, in un momento di debolezza, che sospettate in cuor vostro che l'ultimo fidanzato di vostra figlia abbia frequentazioni troppo strette con pasticche stupefacenti ed ecco che il pomeriggio seguente avete davanti una fila di persone ansiose di spiegarvi come tutto il paese,  tutta la provincia, che dico, tutto il pianeta sa che il ragazzo in questione spaccia regolarmente tutti i Martedì sera sulla piazza principale del paese?
Inutile mentire: il sospetto di aver scelto male il confidente prima o poi arriva.
Oppure: siete al corrente di tutte le relazioni coniugali, vere o presunte, di X e di Y anche se non vi è mai passato per l'anticamera del cervello di informarvi sull'argomento? E' inevitabile che in voi sorga il sospetto che chi ve l'ha raccontate sia persona cui conviene a malapena confidare di avere due piedi o uno stomaco.
Tuttavia, se il vostro vicino di scrivania non vi ha mai intrattenuto con le tresche del capo reparto né vi ha mai spiegato che il figlio di Z è sospetto del grave reato di tendenze omosessuali, non per questo siete immediatamente portati a dare per scontato che costui sia persona cui confidare con fiducia il sospetto di avere più palchi di corna del padre di Bambi senza che la notizia faccia il giro della città in meno di mezz'ora - perché in effetti costui potrebbe non avervi raccontato mai i fatti degli altri semplicemente perché non ne è informato.
Certo, con l'andare del tempo si finisce per riflettere sul fatto che è strano che il vicino di scrivania in questione non sia mai informato di niente di niente, pur conducendo una normalissima vita sociale e anzi intrattenendo rapporti cordiali con tante persone; e magari con gli anni potreste persino prendere in considerazione la possibilità che costui o costei non spartisca facilmente col primo venuto quei fatti che gli sono stati narrati in confidenza. Ma ci vuole, appunto, molto tempo.
La persona che non spiattella in giro le confidenze degli altri non si contraddistingue infatti per il fatto di spiegarvi appena vi conosce che non le racconta (che anzi è un chiaro indicatore di gran tendenza al pettegolezzo) ma al contrario perché dà l'impressione di non avere mai niente di particolarmente succoso da raccontarvi. Avvolge la confidenza ricevuta in un morbido bozzolo di oscurità e scansa abilmente ogni domanda indiscreta, senza nemmeno lasciar intendere che ha capito cosa gli state chiedendo e guardandosi bene dal seminare indizi sul fatto che sì, lui sa, e volendo potrebbe dirvi un sacco di cose. Non ne parla e basta.

Esauriti questi indispensabili preliminari, è ora tempo di illustrare in che modo la questione della discrezione riguardi il complesso mestiere dell'insegnante.
Com'è noto, tra i doveri dell'insegnante delle medie c'è quello di farsi presentare i suoi futuri alunni dagli insegnanti delle elementari. In questa complessa cerimonia viene solitamente dedicato un po' di spazio al profitto generale degli alunni in questione, abbastanza spazio ad eventuali problemi di apprendimento e molto spazio alle sue brache personali, che finiscono inevitabilmente per coinvolgere anche quelle della sua famiglia. Il virgulto è stato adottato? Se sì, da molto o da poco tempo? Dov'è nato e soprattutto che esperienze ha avuto? I suoi genitori sono in buoni rapporti tra loro? Oppure sono notoriamente di fuori come balconi? Godono buona salute? Ci sono conflitti in famiglia?
Non si tratta di bieca tendenza al pettegolezzo, anche se talvolta, al momento di elargire i particolari più succosi di certe separazioni l'impressione (talvolta più che giustificata) è proprio quella: se il futuro alunno si è fatto il giro di sette orfanatrofi uno più disastrato dell'altro, se è stato raccattato per la strada da qualche associazione umanitaria, se la madre sta morendo di tumore, se i genitori lo usano come ostaggio per vendicare torti effettivi o presunti subiti nel corso di una relazione tutt'altro che positiva, se il padre soffre di depressione cronica o se la famiglia è in carico ai servizi sociali è molto, molto probabile che tutto ciò incida sullo stato psicologico (e talvolta anche fisico) della giovane creatura che presto sarà affidata alle vostre cure, ed è opportuno che almeno sappiate che è opportuno evitare certe domande o certi argomenti o non dare per scontato che i compiti a casa vengano sempre eseguiti nel migliore e più solerte dei modi. E qualche volta è opportuno anche scendere nei dettagli, a volte sentendosi terribilmente impiccioni - ma che parte ha il nonno in tutta la faccenda, chi si prende cura della bambina quando la madre è all'ospedale, con i cugini e le zie vanno d'accordo? E via indagando, neanche dovesse venire preparato un rapporto per i servizi segreti sulla questione, prendendo furiosamente appunti che verranno poi nascosti sotto il materasso o fra la biancheria intima e di cui non sarà mai scritta una parola in alcun documento salvo un eventuale in considerazione della delicata situazione attuale dell'alunno nella relazione finale per giustificare come mai l'alunno viene ammesso alla classe successiva all'unanimità anche se ha cinque insufficienze di cui due gravi.
Tutte queste faccende assai private verranno poi sciorinate al Consiglio di Classe dai fortunati che hanno partecipato all'incontro con i maestri, e magari integrati dalle chiacchiere di corridoio - perché gli altri insegnanti del Consiglio non è che vivono sulla Luna, spesso hanno avuto tra i loro allievi i fratelli minori o i cugini del virgulto in questione, o addirittura i genitori stessi medesimi e ricordano, sanno, comparano - magari raccontando che la madre o il nonno gli sono scoppiati in lacrime nel bel mezzo del colloquio raccontando nuove tragedie.
Tutto ciò, anche se all'apparenza può sembrare indiscreto, è professionalmente cosa buona e giusta ed è di grande aiuto nel delicato lavoro dell'insegnamento. Tuttavia occorre sempre ricordare che si tratta di materiale altamente riservato, che andrebbe maneggiato con lo stesso riguardo che si ha per le bombe inesplose, evitando rigorosamente di parlarne con chi non insegna nella stessa scuola e al di fuori delle quattro mura scolastiche se non ci si trova in luoghi isolati e - ovviamente - con colleghi, a rischio di sembrare o anche di essere paranoici - evitando con gran cura di fare nomi se per una qualche circostanza si desidera il consiglio o l'assistenza morale di qualcuno che non fa parte della scuola - e questo vale sia per la scuoletta del paesello come per la grande scuola a dodici sezioni della capitale. 
Una accorta riservatezza non causerà danno alcuno alla vita sociale dell'insegnante: mai nessun coniuge ha mai chiesto il divorzio perché non gli venivano raccontati i particolari più ghiotti di una separazione di cui in teoria non era tenuto a sapere niente, nessun parrucchiere ha mai rifiutato clienti che non lo intrattenevano con questioni dinastiche, nessun amico di lungo corso (o anche di breve) si è mai offeso perché non gli veniva spiegato per filo e per segno cosa hanno fatto le famiglie quando X è stato sospeso e certo nessun figlio di insegnanti si è mai lamentato perché non era a conoscenza degli affari di gente che non conosceva. L'insegnante troverà di sicuro alternative più che valide per intrattenere parenti e amici con la sua brillante conversazione*.

Altro aspetto assai delicato è quando di certe cose, anche tra colleghi, anche in sedi e luoghi opportuni e pertinenti, si parla troppo e troppo spesso. Questo avviene soprattutto sugli affari privati delle famiglie. D'accordo ricordare che Edwige è stata brutalmente traumatizzata dalla separazione dei suoi genitori che è avvenuta in questa e quest'altra circostanza (...dieci anni fa) o che i rapporti tra i vari padri dei vari figli di Berta dal Lungo Pié sono così e cosà e che questo rende la struttura della famiglia un po' complicata - per quanto, le circostanze della separazione non sono sempre del tutto pertinenti, e non sempre è necessario riferire tutta la storia di una stirpe partendo dal tempo in cui Adamo vagava tra i pruni dopo essere stato cacciato dal paradiso terrestre. Non è sempre necessario esternare la propria opinione su come si sono comportate male le famiglie né fare l'albero genealogico della dinastia dai tempi delle crociate: il consiglio di classe si occupa del percorso degli alunni, non di storiografia comparata, e quando una determinata storia viene narrata per la terza o quarta volta in pochi mesi conviene che qualcuno, a rischio di sembrare molto scortese, ricordi con fermezza che del gossip si occupano già i giornalisti, che certo sanno fare benissimo il loro lavoro anche senza l'aiuto dei docenti. Tale salutare pratica del darci un taglio è altamente raccomandabile non solo per limitare le perdite di tempo, ma anche e soprattutto per evitare che un Consiglio di Classe di gente che si conosce da tanti anni si trasformi in un gallinaio dove il livello qualitativo degli interventi risulti  deplorevolmente basso anche quando le brache degli alunni vengono accantonate per passare a temi più pertinenti al lavoro - perché c'è un certo tipo di pettegolezzi che sporca anche chi si limita ad ascoltare e rende tutto più meschino; senza contare l'assoluta necessità di non scandalizzare il supplente di turno, che già al terzo risvolto della prima saga familiare si domanda un po' schifato tra che razza di gente è andato a finire.

* sì, d'accordo, suona strano detto da me che da nove anni tengo un blog dove racconto i fatti degli altri e quasi niente dei miei; però sui fatti degli altri ho fatto qua e là un certo lavoro di editing e assolutamente nessuno delle scuole dove ho lavorato sa che tengo un blog - e se anche capitasse qui e capisse chi sono, ben difficilmente riconoscerebbe di chi sto parlando. Credo. Spero. Confido. Succede sempre così, vero?

mercoledì 19 luglio 2017

Manuale del Perfetto Insegnante - Come scegliere un perfetto libro di storia

Colgo l'occasione per un doveroso omaggio a un grande scrittore e attore che ci ha lasciato pochi giorni fa. Eva, spero che gradirai ^_^

Occorre primieramente ricordare che l'insegnante che cerca un Perfetto Libro di Storia è prima di tutto un insegnante di Lettere, con tutte le caratteristiche del caso - una premessa magari un tantinello ovvia, ma che può essere d'aiuto per meglio comprendere alcune sfumature della questione.

Il Perfetto Insegnante non ha grosse pretese, quando cerca un buon manuale di storia: per accontentarlo è sufficiente che il testo sia economico, robusto, non troppo pesante per lo zaino di un povero ragazzo ancora in crescita, accuratissimo sul piano storico, scritto in un linguaggio accurato ma scorrevole, molto chiaro, ben impostato graficamente, brillantemente illustrato, con ricchi box di approfondimento sulla vita quotidiana delle varie epoche, dotato di abbondanti e congrui congrui esercizi e coincidente in tutto e per tutto con la visione e le conoscenze storiche dell'insegnante. Purché il libro risponda a questi requisiti minimi, verrà senz'altro adottato.
Tuttavia la scadente editoria scolastica contemporanea sembra incapace di rispondere a queste poche ma basilari richieste, soprattutto quando si tratta di coincidere in tutto e per tutto con la visione storica del singolo docente, e dunque al momento di scegliere il manuale di storia, ivi è sempre pianto e stridor di denti e lamentele accoratissime e senza fine.
"Non c'è il genocidio armeno!
"Non c'è la piramide feudale!
"C'è anche qui la piramide feudale, e per di più ai tempi di Carlo Magno,!maledetti!"
"Ci sono troooppi concili

"Il passaggio da Comune e Signoria è fatto veramente col culo!
"C'è troppo poco Illuminismo
"Non si parla delle fucilazioni dopo Caporetto
"Ossignore no, le brioche di Maria Antonietta no!
"E questa sarebbe la Guerra dei Trent'Anni?
"Gli squadristi del fascio qui sembrano gentiluomini vestiti in frac!
"Il fascismo ha anche avuto aspetti positivi da non sottovalutare"
"Vabbé, se le foibe devono raccontarle in questo modo tanto vale non raccontarle affatto, non ci si capisce niente!
"E la Terza Internazionale? Se la sono mangiata, la Terza Internazionale?
"Ma due righe sulla questione balcanica non potrebbero mettercele? I ragazzi che ne sanno della questione balcanica se non gliela spieghi?
"L'Affaire Dreyfus qua semplicemente non esiste
"Come si fa a raccontare la Guerra dei Cent'Anni in due paginette scarse?" "Dieci righe sulla Magna Charta, ma si può?
e via lamentando, deprecando e criticando.
Il punto è che, quando c'è tutto - l'affaire Dreyfus e la Guerra dei Cent'Anni con annessi e connessi e la crisi dell'impero ottomano e l'assedio di Vienna e la differenza tra galera e caravella, la rivolta di Vandea e la Terza Internazionale e la Repubblica di Roma e le decimazioni dopo Caporetto, il libro risulta di una lunghezza improponibile.
"Sì, d'accordo, è un libro fatto bene, ma come si fa a fare tutto? Qua tocca tagliare,e parecchio"
"Sì, ma è tutto collegato, qua dentro, si taglia male. Tanto vale prendere questo che è più corto"
"Ma non c'è l'affare Dreyfus, e sulle squadracce non dice quasi niente!"
"E' vero, ma c'è la Terza Internazionale".
"E a guardare bene c'è anche il Codice Napoleonico, ben sette righe. Più tre quarti di pagina dedicati a Josephine Beauharnais. Cioè, cosa ci importa di Josephine Beauharnais?"
(Beh, non è escluso che, finito il libro, le brillanti vicende di Josephine Beauharnais siano quel che ai ragazzi restano più impresse di tutto quel tumultuoso periodo, e alcuni particolari sono davvero divertenti. Ma stiamo divagando).

Il problema non è solo la lunghezza del libro, ma i tempi tecnici necessari. Per fare il genocidio armeno e le foibe e la questione balcanica e la conquista dell'Impero non basta il tempo, semplicemente, nemmeno in quegli orari dove ci sono tre ore di storia a settimana.
"Ma non possono comprendere la rivoluzione francese con tutte le sue implicazioni se non hanno fatto bene l'Illuminismo!".
Probabile che dei ragazzi di tredici anni scarsi abbiano qualche difficoltà a comprendere a fondo tutte le complesse implicazioni della rivoluzione francese; anzi, molto probabile: a tutt'oggi, per molti storici la rivoluzione francese presenta tuttora numerosi aspetti oscuri, e non è certo l'unico argomento che li vede divisi, perplessi e dubbiosi. Tuttavia è opportuno tenere nel debito conto che la gran parte degli alunni si guarderà bene dal capire sia l'Illuminismo che la rivoluzione francese e che, quand'anche gli avvenisse di riuscirci, ben presto avrà cura di sgombrare dal suo cervello ogni traccia di nozioni su Illuminismo e rivoluzione francese per occupare quello spazio con qualcosa che gli interessa di più - perfino quelli che più avanti nel tempo diventeranno storici di professione.
D'altra parte è probabile anche che i fanciulletti, finito il corso di storia delle scuole medie, abbiano ancora davanti a sé una lunga esistenza (e se disgraziatamente così non fosse, il fatto che non abbiano conseguito una adeguata e completa preparazione storica non necessariamente sarà il primo dei rimpianti in chi li ha amati, insegnanti compresi) dove sia l'Illuminismo che la rivoluzione francese avranno, forse, ancora delle carte da giocare. 
Hanno un futuro, anche se il Perfetto Insegnante tende a dimenticarsene e talvolta ha l'impressione che, fuori dalle sue abili mani, la povera creatura sarà destinata a vagare in un deserto didattico popolato solo di incapaci e privo di quasivoglia possibilità di apprendere alcunché.

Nessun manuale di storia potrà mai parlare di tutto, soprattutto alle scuole medie, e quand'anche ci riuscisse nessuna classe potrà mai studiare tutto quel che c'è in quel libro e tenerlo a mente in modo adeguato. E' una verità amara, ma va coraggiosamente accettata.
E allora accorre che il Perfetto Insegnante si dia una calmata e provi a stabilire alcune priorità, che non devono necessariamente essere le stesse con ogni classe e in ogni periodo - anche perché la storia, di anno in anno, cambia: a seconda degli anniversari e degli avvenimenti contemporanei certi temi aumentano o calano di importanza. Sì, perfino la rivoluzione francese. Anniversari, congiunture politiche, congiunture internazionali e persino romanzi o telefilm di gran voga rendono improvvisamente attuali avvenimenti che era abitudine confinare nelle note a piè di pagina o riassumere in un paio di esercizi.
Fare un manuale di storia per le scuole medie è impresa davvero difficile, quasi al di sopra delle umane forze, tanto che alcuni editori rimediano prendendo qualche manuale più o meno di buon livello per le superiori e si limitano a sforbiciarlo. Il risultato è orripilante e si riconosce facilmente per il lessico troppo spocchioso e la comparsa di personaggi importanti solo se collegati a temi che di solito alle medie non si affrontano, tipo la buonanima di Ottone III di Sassonia.
Qualcuno invece rimastica manuali che trenta o quarant'anni fa avevano molti titoli di merito, e si possono riconoscere dalla mancanza di personaggi oggi tenuti in gran conto ma soprattutto da una schiacciante presenza di re e regine cui si contrappone una notevole carenza di comuni mortali e in particolar modo  di comuni mortali che non abitino in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra e Germania.
Alcuni manuali sono però di fattura recente, e costruiti con un impianto nuovo che allarga la visuale a tutta l'Europa arrivando addirittura a lambire un po' di Asia e di Africa e persino il continente americano. In modo superficiale, spesso, e del tutto slegato a quello che tuttora viene considerato il vero asse portante della storia: Italia, Francia eccetera eccetera. Comunque ci provano, e magari un giorno impareranno a farlo bene o il Perfetto Insegnante smetterà di considerare la storia cinese come un blocco unico che passa dai mandarini col codino ai comunisti senza che in mezzo ci sia nient'altro.
Tutti questi manuali, assolutamente tutti, hanno lacune, errori, travisamenti, interpretazioni non convincenti (specie per il singolo Perfetto Insegnante, che come già detto è dotato di una sua particolare e specifica visione storica da cui non transige) e un sacco di ciarpame. Alcuni però sono raccontati molto bene. Scorrono. Si lasciano leggere. Non infilano troppi nomi, troppe date, troppa dialettica tra i ceti dell'aristocrazia terriera e della borghesia mercantile, troppe considerazioni profonde, troppe seghe mentali. Costoro di solito seguono anche un filo narrativo che, pur tagliando qua e là con l'accetta, ha una sua coerenza interna, il che è di un certo conforto al povero alunno - e anche se non c'è il genocidio armeno, magari ci sono delle foibe ben spiegate o una Guerra dei Trent'Anni narrata in modo chiaro.
Alcuni di questi virtuosi manuali hanno perfino una bella linea del tempo o comunque una qualche cronologia che permetta al giovinetto implume di districarsi senza troppo affanno in un mondo che gli è quasi completamente ignoto (e non per colpa sua, visto che a scuola ci viene per imparare); e alcuni addirittura spingono il loro virtuosismo fino a chiudere il capitolo con un grosso close, che è poi un riassunto del capitolo con alcuni spazi da riempire con qualche parola che nel capitolo viene ripetuta fino a sfinimento - una categoria di esercizi non molto utile a Geografia, ma assai preziosa a Storia.

In conclusione: il Perfetto Insegnate di Storia deve sempre tenere presente che non tutti gli alunni sono Perfetti Alunni di Storia (nemmeno quelli che passano per le sue abili mani), e che alle medie il Perfetto Manuale di Storia deve adempiere soprattutto a due specifiche funzioni: farsi leggere e aiutare l'alunno (anche quello non particolarmente perfetto) a collocare alcuni fatti principali nel secolo giusto. 
E la Storia maestra di vita che ci aiuta a capire il presente? E il genocidio armeno? E la Terza Internazionale? E la rivolta dei decabristi?
Se ci sono, bene. E se proprio non si trova traccia del genocidio armeno il Perfetto Insegnante può sempre dedicargli una lezioncina a parte, magari allegandoci qualche agghiacciante brano da La masseria delle allodole in lettura.
Perché un Perfetto Insegnante di Storia dovrà ben fare sfoggio della sua perfezione, almeno ogni tanto.