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domenica 9 maggio 2010

Desossiribonucleico (Danza Nell'Anima)


Il 4 Maggio è arrivato finalmente il nuovo disco di Max Gazzé.
Si chiama Quindi?, ci ha dodici canzoni tra cui la bella e zuccherina Mentre dormi e, come tutti i dischi di Max Gazzé, è bellissimo e un po' sconcertante.
Intendiamoci: rispetto a Tra l'aratro e la radio di due anni fa è quasi domestico, si manda giù senza nemmeno accorgersene e a tratti si ha quasi l'impressione di un disco normale - ma insomma anche questo va un po' sbucciato e lasciato decantare, e non tenuto in sottofondo mentre si correggono le verifiche di analisi logica.
Comunque, fra draghi innamorati e di animo altruista, lucertole che si tagliano la coda per riscatto e analisi varie sul ruolo dell'artista e dell'essere umano, considerazioni sull'universo che vibra intorno a noi e su quel fenomeno solenne e inquietante che è l'amore assoluto, il mio cuore è entrato in sintonia particolarmente con due canzoni: Io dov'ero (Atmos 5), una delle più affascinanti e gravide nevicate della storia della canzone, degna di stare a confronto con quella dei Red Hot Chili Peppers, e uno splendido inno alla madre di tutte le spirali, ovvero DNA (desossiribonucleico). All'apparenza desossiribonucleico, non sembrerebbe proprio la parola più cantabile di tutto l'italico vocabolario, ma Max e il suo eccellente paroliere Gimmi Santucci ne fanno una canzone scatenata e terribilmente vitale, piena di spirali e di gioia di vivere, dove l'irrefrenabile danza dei genomi si sviluppa in tutto il suo abbagliante splendore.

Un profondo e sincero ringraziamento ad autore, parolieri e musicisti che mi hanno elargito sì bel regalo nel periodo che per un'insegnante è il più faticoso dell'anno.


Nell'imminente cambio cosmico
un dubbio tra l'epigone e l'archetipo
corti circuiti di intrecci la coscienza
corti circuiti di intrecci nell'essenza dell’eugenico
cambio di cellule spasmodico
spirale di prodigi trasformati in codice
informazioni sequenziali senza l'indice
persa nel fremito ciclonico
desossiribonucleico
desossiri bo nucleico

Dona Nuovo Amore
Disegna Naturali Anomalie
Diventa Nettare Armonico
Danza Nell'Anima
la vita ha sete di vita
si disseta e si avvita
una spirale infinita
in un vortice che soffia e mischia sangue e cristallo
la scintilla
l’abbaglio
un salto dentro il buio
un taglio dell'incognito
dell'evolvere genetico
desossiribonucleico

trasformazioni imprevedibili
della matrice incomprensibile alla mente
campi di morfogenetica
semenza
solchi di flussi magnetici
valenza per commettere
e per cercare di riflettere
sul proteico uomo laico
desossiribonucleico
perso nel fremito ciclonico
desossiribonucleico
desossiri-bo-nucleico

Dona Nuovo Amore
Disegna Naturali Anomalie
Diventa Nettare Armonico
Danza Nell'Anima
la vita ha sete di vita
si disseta e si avvita un'aspirale infinita
in un vortice che soffia e mischia sangue e cristallo
la scintilla l’abbaglio un salto dentro il buio
un taglio dell'incognito
dell'evolvere genetico
desossiribonucleico
dell'evolvere genetico
del proteico uomo laico

desossiribonucleico
campi di morfogenetica
desossiribonucleico
solchi di flussi magnetici
corti circuiti
corti circuiti
desossiribonucleico
corti circuiti
corti circuiti
sul proteico uomo laico

venerdì 2 aprile 2010

Tre canzoni



Sono uscite nelle ultime settimane e in questo periodo le ascolto a ripetizione. Altro in comune non hanno, a parte la bravura dei loro autori.

La prima è Senza colore dei Bastard Sons of Dioniso. Non è proprio recentissima, perché fa parte dell'album In Stasi Perpetua uscito a fine Ottobre (gran bel disco, peraltro, della cui esistenza siamo a conoscenza in relativamente pochi eletti perché la Sony è un fulmine di guerra a far firmare contratti a chiunque si ritrovi a portata di mano, ma di qui a promuoverlo...). Ufficialmente sarebbe il secondo singolo estratto dall'album, ma anche questa è una notizia per circoli ristretti, perché in radio non la passano praticamente mai.
E' una bella canzone a struttura tripartita, una volta tanto senza cori ma con una strofa per uno; una volta tanto Jacopo canta e non urla, e scopriamo così che ha un timbro piuttosto particolare.
Testo ai limiti dell'incomprensibile ma assai sinestetico: "spargo il colore per sentirne l’odore / spargo l’odore per vederne altre varietà". Dalla prima volta che l'ho sentita mi ha fatto tornare in mente La Signora delle Tempeste di Marion Zimmer Bradley. Non ci credo nemmeno se me lo giurano loro che il testo è preso dal romanzo, ma il verso


si adatta come meglio non si potrebbe alla sventurata Dorilys, che alla fine della storia va in corto circuito, sopraffatta dalla forza del suo laran, e rimane, appunto, in stasi perpetua. La Bradley non ha mai più ripreso la storia e quindi non sappiamo cosa ne è stato della ragazza; io però me lo sono domandata spesso. La canzone non risponde alla domanda ma descrive la sua "esistenza".
Il brano ha un arrangiamento molto originale, un po' fine anni 70, con tanto di moog che le conferisce un tono epico. Del resto, Signora delle Tempeste o meno, parla effettivamente di questioni grandiose...

La seconda è La sera di Morgan e, ahimé, ha una storia particolare quanto dolorosa (per me): doveva essere il brano che Morgan avrebbe portato a Sanremo. Un paio di settimane prima dell'inizio del Festival però Morgan rilasciò un'intervista dove esponeva alcune considerazioni personali sulla droga e il suo uso. L'intervista suscitò uno scandalo infinito e venne poi smentita da Morgan che negò le considerazioni ma ammise una dipendenza dalla cocaina da cui stava cercando di curarsi.
In un gran volar di beccate e di piume la RAI decise che Morgan si presentava come figura pericolosa per i giovani dai quali rischiava di essere preso a modello e dunque decretò... la sua esclusione da Sanremo (ma non dalla quarta edizione di X Factor)*.
La sera è una bella canzone, che richiede forse tre-quattro ascolti per sdipanarsi con la doverosa chiarezza alle orecchie dell'ascoltatore e con un testo che celebra la sera non tanto come porto e riparo dopo le tempeste della vita, ma come la parte più importante e soprattutto più vera di tutto la giornata, il momento più ricco e creativo, dove la confusione del giorno acquista un suo senso.
La canzone è racchiusa in un arrangiamento sontuoso e curatissimo - che comprende tra l'altro anche carillon e teremin - al quale l'orchestra di Sanremo avrebbe saputo fare adeguata giustizia (e infatti credo i poveretti aspettassero l'esecuzione della canzone di Morgan come il loro giusto compenso dopo una sfibrante serie di marchette) e che al di fuori del disco sarà difficile replicare perché richiede uno spiegamento di forze piuttosto proibitivo per una band che suona dal vivo (in breve: costerebbe troppo). E dunque il Festival si è tolto la soddisfazione di tagliar fuori a causa delle opinioni espresse dall'autore l'unica canzone effettivamente scritta e preparata in funzione dell'apparato festivaliero, preferendo mantenere in gara e mandare sul podio (posizione mediana, tanto per non scendere nei dettagli) con manovre tutt'altro che trasparenti, canzoni che davano motivo ad ogni buon cittadino italiano di vergognarsi profondamente del suo retaggio culturale e pure sociale nonché politico e storico.

La terza canzone è la più recente e per radio può capitare di sentirla: Mentre dormi di Max Gazzé, che fa parte della colonna sonora del film Basilicata Coast to Coast; testo di Gazzé e Gimmi Santucci, con un altro Santucci, Francesco detto Cicci (che non c'entra nulla col paroliere) che suona la tromba.
Come tutte le canzoni di Gazzé, dietro un'apparente semplicità nasconde una struttura piuttosto complessa ma il testo, per quanto raffinato (Gimmi Santucci è l'autore della mia amatissima Crisalide) è una classica ballata d'amore, del filone "canzone da cuscino, durante la prima notte", di quelle che aprono il cuore alla speranza, quando le nuvole sono di zucchero candito e le stelle spargono scie di coriandoli. La voce di Max si fonde con il tappeto degli strumenti - perché sì, anche qui c'è un arrangiamento particolarmente raffinato, di tipo jazzistico e l'assai stimato Cicci Santucci, che arpeggia e ricama con una tromba di velluto e seta, è un jazzista assai rinomato.

Sono tre canzoni diversissime tra loro, ma oltre alla bellezza le accomuna la cura e l'abilità con cui sono state costruite, con attenzione, passione e tanta tecnica. Ci ricordano l'importanza della cura dei particolari e della sostanza al di là dell'apparenza.

*pure, verrebbe malvagiamente da pensare che, dovendo preoccuparsi dell'influsso sui giovinetti, tale influsso possa essere più facilmente esercitato da una trasmissione dove notoriamente si chiacchiera parecchio piuttosto che da una competizione canora dove arrivi sul palco, ti fanno cantare e poco più. Sarà che per X Factor Morgan aveva già firmato il contratto e la Magnolia non intendeva mollarlo?

martedì 7 luglio 2009

Crisalide (questa volta è la canzone)



Crisalide è la canzone di Max Gazzé che preferisco e forse la mia canzone preferita in assoluto; di sicuro è il motivo per cui mi sono comprata Tra l'aratro e la radio prima, e tutti gli altri CD di Gazzé poi: quell'inizio spaziale, un po' ipnotico mi aveva affascinata. Mi trasmetteva l'immagine di qualcosa (Uovo cosmico? Seme di stelle?) sospeso a un filo invisibile che ruotava su se stesso prima di schiudersi.
La nascita dell'universo? La nascita di una parte dell'universo? La partenza di quello che noi chiamiamo "creazione"?
Passai qualche settimana catturata dalla musica prima di prendere in considerazione anche il testo; il quale testo, a parte la frase centrale "del non essere ancora e dovere diventare" sembrava parlare di tutt'altro che di crisalidi; in effetti...

Di questi lacerti antropici 
Sgretolati irreparabili 
Di queste scaglie non più corporee 
Arricciate come coriandoli 
Stracciati per dispetto 
Per essere un calcolo un fluido 
Un sistema perfetto 
Incompleto e provvisorio 
Resterà un sogno? Un ricordo? 

Di queste scorie di cellule umori e passioni 
Dell'ansimare tra coscienza e istinto tra sublime e minuto? 
Di questo odore di pane caldo 
In questa notte d'estate cosi piena di stelle? 
Di questo spasimo incontenibile chiamato amore? 

Per l'ultimo umano esercizio del paragone 
Per declinare il conforto di ciò che è stato 
Comunque sia stato 
Per vidimare il terrore dell'ignoto 
Del non essere più e dovere ancora diventare 

Se questo ignoto stadio dell'essere 
(se è) 
Se questa forma di vita non informata 
Sparisce con l'intuizione 
Estranea e superiore 
Della dialettica del cosmo 
Del segreto del divenire 
Quotidiano 

Resterà un segno? Il mio ricordo? 

Di queste scorie di cellule umori e passioni 
Dell'ansimare tra coscienza e istinto, tra sublime e minuto? 
Di questo odore di pane caldo 
In questa notte d'estate cosi piena di stelle? 
Di questo spasimo incontenibile chiamato amore? 

Solo chi non ha visto ci crede davvero 
Perché chi c'era 
Ancora si chiede se era 
(G. Santucci – M. Gazzè) 

...in effetti, qui nasce poco. A dirla tutta, più che nascere si muore.
Sì, certo, ogni morte è una nuova nascita etc. etc. Ma qui la Grande Domanda che occupa tutta la canzone è, per l'appunto "di tutto quello che ho provato e vissuto, mi resterà qualcosa?": ed è una domanda senza risposta. Davanti al terrore dell'ignoto, al momento del Passaggio, siamo soli e senza appigli.

D'accordo, e allora che caspita c'entra la crisalide? SE questa forma di vita non informata svanisce con l'intuizione, allora la nostra morte non ha niente di crisalideo - anche perché le crisalidi mica muoiono. Almeno,  così credevo.

Dunque Crisalide per me era una canzone sull'incognito dopo la morte. Tema senz'altro interessante, almeno ai miei occhi, e al quale non avevo mai pensato;  per chi è vivo è difficile immaginare che, da morto, tutto quel che è stato non conti più nulla per lui stesso medesimo. Che possa non contare niente per gli altri si mette in conto, in fondo quasi tutti quelli che sono venuti prima di noi sono stati completamente dimenticati, col tempo. Tutti quei bravi villanoviani e celti e iperborei e cavernicoli, magari amati teneramente da amici e parenti, di cui non serbiamo più l'ombra di un ricordo... 

Poi qualcuno (mi sembra sul penultimo forum del sito ufficiale di Gazzé,  forum ormai defunto per i soliti disguidi informatici e rinato, lui, senza traccia dei post precedenti) aveva scritto di avere sempre inteso Crisalide come una canzone sulla nascita - che, visto il titolo, aveva anche un senso. Mi ero messa da parte quel discorso in un cantuccio della mente e ogni tanto ci ripensavo, ma senza venirne a capo. Finché, un bel giorno...

Stavo leggendo un libro di fantasy, nemmeno entusiasmante: l'ultimo volume della Guerra degli Elfi di Brennan - la solita saga iniziata bene ma che si perde per strada. B Brennan non scrive male, ma dà l'impressione di non essere convinto lui per primo che la sua storia stia in piedi (e non ha tutti i torti). 
Comunque a un certo punto un personaggio (che sta per morire) fa questa tirata:

"Durante le sue prime due settimane di vita, un mese al massimo, il bruco non fa che ingozzarsi di foglie, fino a diventare quasi trentamila volte più grosso di quando è nato. Un bell'animaletto robusto. Gli spuntano occhi e papille gustative e antenne per annusare. Ha mascelle robuste. Usa le zampe anteriori per afferrare il cibo. E dentro ha intestini e organi di ogni genere. Finché un giorno il bruco... che, ricorda bene, in vita sua non ha mai fatto altro che mangiare... comincia a filare la seta. Questa creatura che ha trascorso la vita evitando uccelli e vespe, che fino ad allora si è preoccupato solo di sopravvivere, tesse la seta e se l'avvolge attorno come un sudario finché non riesce più a respirare. Si suicida. Come altro vorresti metterla? Il bruco si suicida. E poi resta a marcire dentro il bozzolo che ha tessuto e lasciato appeso a una foglia, o a un ramo o dove ti pare. Non resta più niente di lui. Niente mascelle, niente occhi, niente intestino... niente. Non resta niente di quel bruco! Così questo sacchetto di liquido putrefatto resta lì appeso. Finché, di punto in bianco, diventa trasparente, si spacca e ne esce... una farfalla! Una creatura con ali, cuore, sangue, sistema nervoso, ovaie o testicoli, e perfino un organo speciale che le permette di mantenere l'equilibrio mentre vola. Dal bozzolo esce una creatura che più diversa dal bruco non si può. E nessuno sull'intero pianeta ha la minima idea di come sia possibile una cosa del genere!"

Il bruco della crisalide non si trasforma, come avevo sempre creduto. Il bruco della crisalide muore e rinasce e non è più lui, ma tutt'altra cosa. Quel che c'era prima non c'è più, definitivamente. E solo chi non ha visto ci crede davvero, perché chi l'ha visto non è mai riuscito a convincersi davvero di aver visto giusto.

La farfalla conserva i ricordi del bruco?
Ci dicono di sì ma ignoro come abbiano fatto a scoprirlo. Forse con un buon trattamento psicanalitico?

(Last but not least: quando Santucci e Gazzé elaboravano questo testo invero piuttosto singolare, Brennan doveva ancora pubblicare il suo libro, e forse nemmeno l'aveva scritto. In tutti i casi, non ci credo nemmeno se me lo giurano loro che fossero, non dico in contatto, ma almeno vagamente a conoscenza l'uno degli altri)

giovedì 9 aprile 2009

Casi Ciclici (così in cielo, così in terra)



Il 6 Aprile il tour teatrale di Max Gazzé "Casi ciclici" è approdato a Firenze, con mia grande gioia. La descrizione ufficiale parlava di "uno spettacolo audiovisivo dove le canzoni seguono un ordine preciso e sono accompagnate da immagini che rendono parole e musica visibili, ne dilatano il contenuto, le interpretano e le estendono. Un film sonoro in cui Max coinvolgerà il pubblico nel suo modo eclettico e originale", insomma una di quelle presentazioni che lasciano molto, molto perplessi gli spettatori che, come me, sono convinti che il musicista ha da suonare e basta - anche se poi il mio musicista preferito, Wagner, era quello che teorizzava l'Opera d'Arte Totale.
Comunque sia, l'anno scorso ai primi di Settembre ero stata deprivata all'ultimo momento del mio legittimo Concerto Convenzionale, per motivi mai ben chiariti, e poi in teatro sarebbe stato possibile eseguire certe canzoni dell'ultimo album che in un normale concerto erano piuttosto difficili da proporre (ad esempio la mia adorata Crisalide). Insomma ho preso il biglietto e sono andata, al termine di una giornata decisamente faticosa. Mentre viaggiavo verso la Grande Città mi sentivo assai desiderosa di un bel letto morbido e mi domandavo seriamente se, arrivata in teatro, avrei fatto la per me insolita esperienza di dormire durante uno spettacolo.

No, non mi sono addormentata; al contrario, ho avuto notevoli difficoltà a dormire una volta tornata a casa e l'adrenalina rimasta in circolo è stata tale da garantirmi un pronto risveglio alle prime luci dell'alba del giorno dopo e a mantenermi agevolmente sveglia durante la giornata decisamente complessa che è seguita. E' stato tutto assolutamente splendido, ho goduto fino in fondo ogni singola nota e parola e per le trenta ore successive sono rimasta immersa in una beata nuvola musicale che mi avvolgeva e circondava e attraversava ogni mia fibra. Si sa, una musica può fare.

Sulla scena, oltre a Gazzé al basso c'erano Megahertz (teremin e sintetizzatori) Sergio Carnevale (batteria), Silvia Catasta (flauto traverso e ottavino) e il Quartetto d'Archi EdoDea. L'insieme poteva magari sembrare un po' eterogeneo ma funzionava a meraviglia, e riascoltare una di quelle macchine anni 70 che fanno tutto compreso distorcere la voce (sì, il teremin) è stato un vero piacere per chi, come me, ha tanto amato i Kraftwerk. Però che proprio una canzone dei Kraftwerk (Computer World, che nemmeno conoscevo) potesse infilarsi così agevolmente in uno spettacolo di Gazzé, musicista caldo per eccellenza, e dare l'impressione che quello fosse il contesto a lei più adeguato, no, quello non era previsto. Allo stesso modo quegli strumenti elettronici si sono infilati alla perfezione nelle canzoni più viscerali dando loro una profondità più calda. Mi sono piaciute tutte, ma ho goduto in modo particolare Il mistero della polvere, in un'interpretazione particolarmente...ctonia, quasi misterica, e Camminando piano, brano che rimane ai miei occhi assolutamente misterioso (ma non sono mai stata tra quelli che vogliono chiarire tutti gli enigmi a tutti i costi). L'ultimo cielo ha avuto la sua brava interpretazione sognante (l'unica volta che l'ho sentita dal vivo, al Moontale, dovevano aver sbagliato qualcosa al mixer perché ricordava un volo di bombardieri carichi su una città, che non è esattamente l'impressione che vuol dare). Una musica può fare aveva una volta di più un'arrangiamento tutto nuovo, e non ne ho ancora sentito uno che non mi piacesse - e, a sorpresa, Il solito sesso non solo si inseriva perfettamente in mezzo a tutte quelle canzoni sui massimi sistemi, ma anzi aveva un'arrangiamento che funzionava perfino meglio di quello sanremese. Senza variazioni di apparente rilievo (almeno per quel che ricordo) Raduni ovali e l'Origine del mondo, che si sono incastrate nel migliore dei modi nel tappeto sonoro.

A futura memoria questa era la scaletta (non in quest'ordine):
Il mistero della polvere; L'origine del mondo; Vuoti a rendere; Camminando piano; Il solito sesso; L'ultimo cielo; Raduni ovali; Annina; Una musica può fare; Non era previsto; Favola di Adamo ed Eva; Vento d'estate; Il Timido ubriaco; Cara Valentina; L'uomo più furbo; Computer World (Kraftwerk).

"Mi farà un gran bene un giorno ricordarmene"

mercoledì 24 settembre 2008

La mente dell'uomo

Dopo l'ultimo Collegio dei Docenti, veramente, la canzone che mi tornava in mente (sempre degli stessi autori) diceva "Ognuno fa quello che gli pare / e mangia i frutti dell'esperienza".



Ma dopo le ultime notizie sulla legge Gelmini-Tremonti sento il desiderio di qualcosa di più rassicurante. Perché, sostengono gli autori della canzone, anche se pensiamo poco e piano potremmo fare qualcosa di più, con le nostre potenzialità.
Potremmo. Forse. Chissà. Magari provandoci.




Confluisce l'energia 
ma forse è ancora troppo presto 
quando la superficie dell'uomo 
è come una scorza 
e in fondo non penetra altro 
che un'illusione di conoscenza 
che appare 
sotto lo sforzo della lampadina
Pensiamo poco e piano 
siamo tarli nella mente 
persi sotto un Dio prudente 
che spaventa da lontano  
L'inevitabile duello 
tra girare la vite dolcemente 
o battere il chiodo con il martello 
Minatori dei ricordi 
immersi in un vociare cauto 
la mente dell'uomo  
Pensiamo poco e piano 
siamo tarli nella mente 
persi sotto un Dio prudente 
che spaventa da lontano 
I miei passi senza impronta 
non calpestano il sentiero 
sognando in bianco e nero 
tutto il resto qui non conta 
La mente dell'uomo

giovedì 28 agosto 2008

Sulla soggettazione


Esistono problemi che vengono avvertiti come tali da poche decine di persone sparse nel globo. Uno di questi è senza dubbio l'incapacità della gente di piazzare soggetti, tag, etichette o come si preferisce chiamarli, adeguati e pertinenti. Se fosse avvertita come un problema, infatti, si cercherebbe di rimediare fornendo le necessarie istruzioni alla collettività - perché è una di quelle abilità alla portata di tutti, tipo aprire le scatolette di tonno o scartare i cioccolatini.
Per esempio: la gentile creatura che posta su YouTube un video musicale dovrebbe mettere: musicista (o musicisti), autore, titolo del brano, disco da cui il brano è tratto oppure luogo dove il video è stato registrato, e data. Il tutto è senz'altro più semplice da fare di quanto non sia masterizzare e poi postare il video in questione.
In realtà la combinazione che ho descritto si verifica assai raramente, non so perché, e quello che viene più spesso ignorato è il fattore tempo, che pure ha la sua importanza, dal momento che Pavarotti non cantava certo nello stesso modo nel 1970, nel 1990 e nel 2000, o che il Barbiere di Rossini è abbastanza cambiato dopo l'edizione critica dei primi anni 70.

Anche con i titoli ci sono diversi problemi. Mi rendo conto che con le opere sono quasi irrisolvibili, a cominciare dalla lingua: Oro del Reno o Rheingold? Se quel guerrier io fossi o Celeste Aida? Oppure Prima aria di Radames, o Aida, atto I?
Con le canzoni però è più semplice: se posto La marcia degli incazzati di Benigni, basta che metta Benigni e Marcia degli incazzati. No?

E dunque vengo alla mia personale pietra dello scandalo: nel Luglio scorso Max Gazzè ha fatto un (eccellente) concerto all'Auditorium di Roma, e diverse gentili creature han postato qualche video - perlopiù inascoltabili, oltre che inguardabili ma vabbé, vi ringraziamo lo stesso per aver voluto condividere con noi il piacere che indubbiamente avete provato.
Un'anima ancor più gentile e benemerita invece ha postato ben cinque eccellenti video dove si vedeva ben poco, ma in compenso si sentiva proprio bene. Inoltre si trattava di cinque canzoni non eccessivamente presenti in rete, e tre presenti solo in versione discografica.
E questo benemerito che tag decide di mettere?
Max Gazze, auditorium.
Rendendo così virtualmente impossibile raggiungere le cinque canzoni; anche perché video di Gazzè dal vivo ce ne sono circa 300 e la maggior parte lascia veramente il tempo che trova (per tacere del mal d'orecchie) e qualsiasi navigante apre i primi e poi si stufa. Inoltre, messi così in fila, senza nessun segno distintivo, non sai mai quale canzone stai aprendo.

Siccome io (che li ho scoperti per puro caso) questi cinque video li ho carissimi, ho deciso di segnarmeli nel blog, così potrò ascoltarli ogni volta che desidero senza perder tempo con ricerche non sempre fruttuose, e in più mi esercito a mettere i link, che è una cosa che non ho mai fatto.

Questa è la bellissima Eclissi di periferia, che dal vivo viene molto meglio ma che anche su disco è un capolavoro

Questa è l'eccellente L'evo dopo il medio

Questa è l'ottima Mostri, cui l'esecuzione dal vivo rende pienamente giustizia

Questa è la meravigliosa Poeta minore, che meravigliosa rimane in qualsiasi versione

Last but not least, questa è Vento d'estate, cantata senza Niccolò Fabi.

E adesso ne metto un'altra il titolo della canzone compare nel link, visto che nel frattempo ho imparato come si fa:

Il titolo del video è Carmen Consoli e Max Gazzè vengono insieme sul palco, che giustamente evidenzia chi è che canta (Max Gazzé e Carmen Consoli) e anche che in coda alla canzone c'è una graziosa performance extra; dicono anche quando e dove è stata registrata... ma dimenticano di dire che canzone è. Che è grave perché al momento su YouTube si trova solo e soltanto questa versione de Il motore degli eventi.

Mi domando se non sia il caso di infliggere una lezione in merito alla mia futura terza... perché il problema delle banche dati è sempre quello di riuscire a trovare i dati che hanno dentro.