Il mio blog preferito

venerdì 27 giugno 2014

Vango - Thimotée de Fombelle




Ho sentito parlare di Vango per la prima volta in un Venerdì del Libro dell'anno scorso, da Le librerie invisibili. Me lo appuntai ma poi persi il taccuino delle segnalazioni del Venerdì. Lo rincrociai per caso alla Mostra del Libro della mia scuola (Vango, non il taccuino) lo ponderai, lo esaminai...

Ala fine mi diedi una mossa e lo ordinai in biblioteca, procurandomi così più di ottocento pagine di ottima lettura divise in due volumi. Il primo ha come sottotitolo Tra cielo e terra, il secondo Un principe senza regno. Ufficialmente il libro rientra nel filone della letteratura per Giovani Adulti, ma si può leggere con gran piacere anche da adulti, nel corso della mezza età e pure durante la vecchiaia - insomma, dai 14 in su.


Non è letteratura fantasy né fantastica né favolistica, anche se al suo interno quest'opera racchiude più di un prodigio.
Il primo e il più vistoso è che, nel corso delle ottocento e passa pagine, nessuno dei molti protagonisti si spiaccichi come una frittella cadendo da quote più che considerevoli. Il titolo del primo volume non è messo lì tanto per fare e buona parte delle numerose avventure ivi narrate si svolge sui tetti, sulle impalcature di costruzioni di grattacieli, su dirigibile, su aerei... ma nessuno cade mai. E sì che qualche volta ci vanno davvero vicino.
Il secondo prodigio è che le copertine delle edizioni internazionali di questi volumi sono belle. Tutte. Compresa l'edizione italiana - e questo, da noi, in un libro per ragazzi si vede davvero raramente. Inoltre, prodigio ancora maggiore, tali copertine sono del tutto pertinenti alle vicende narrate nei libri. Onore alla San Paolo editore, e speriamo che abbia lanciato una nuova moda.

Il libro prende il nome dal protagonista, Vango, appunto. Forse in francese è un nome accettabile, in tutti i casi nessuno nelle ottocento e passa pagine domanda "Vango come Sarchio, Zappo, Aro e Semino?". Io però me lo sono domandata più di una volta.
Da notare che in teoria il protagonista è pure italiano: Vango Romano. Scopriremo poi che la questione è più complessa. Comunque tutti sembrano trovarlo un nome perfettamente normale, anche se ad un certo punto affiora la speranza che "Vango" sia un diminutivo di "Evangeliste".

La vicenda narrata va dal 1934, quando il protagonista ha diciannove anni, al 1942. C'è anche un breve epilogo post 1945 e numerosi flash back che partono dagli ultimi anni dell'Ottocento. La scena si svolge  in Russia, Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania, Italia. E' un romanzo storico e un romanzo d'azione, e senza dubbio è una lunga queste perché tutti sono sempre occupatissimi a cercare qualcosa e soprattutto qualcuno, e di solito questo qualcuno è Vango. Anche Vango cerca sé stesso perché non sa chi è, da dove proviene e soprattutto per qual motivo una quantità inverosimile di gente lo cerca per ammazzarlo, proprio lui che è un bravo ragazzo gentile e troppo occupato a scappare dai suoi inseguitori per rischiare seriamente di dare ombra a qualcuno.
Oltre a molti inseguitori, Vango ha anche diversi amici, tutti fedelissimi e agguerriti. Anche loro, all'occorrenza, lo inseguono - ma solo per aiutarlo; eppure, com'è inevitabile, anche con le migliori intenzioni rischiano più di una volta di metterlo in pericolo, e di sicuro lui mette in pericolo più di una volta loro. 
Insomma, non è un libro dove i protagonisti passano capitoli su capitoli a prendere il tè inanellando discussioni esistenziali. No.

Alla vicenda principale di Vango si intrecciano la dolorosa storia di una spia suo malgrado, di un terribile criminale tanto astuto quanto imprendibile ma implacabilmente cacciato da un testardissimo commissario francese, del proprietario di una ditta di dirigibili antinazista, di un tesoro scomparso,  di una ragazzina ebrea che prende coscienza del dramma di essere ebrea solo quando i nazisti invadono la Francia (successe a molte e a molti, non solo in Francia), amori impossibili che in qualche modo diventano possibilissimi, vendette inseguite per decenni, monasteri invisibili (no, niente incantesimi. Ho già detti che non è un fantasy). E tutto questo, in un modo o nell'altro, finisce per ricollegarsi a Vango, oppure Vango ci si ritrova immerso, che lo voglia o no.

Un pezzo per volta la vicenda finisce per chiarirsi. Il lettore però deve darsi un po' da fare a ricucire gli indizi perché manca volutamente il capitolo "adesso vi raccontiamo l'antefatto dall'inizio alla fine, sedetevi che passa il cameriere con le spremute d'arancia". Esiste, sì, la lettera dove la fedelissima governante di Vango gli racconta della sua nascita e prima infanzia e fuga con tutte le spiegazioni del caso. Questa lettera però viene fatta leggere a Vango ma non al lettore, che deve arrangiarsi da solo a rimettere insieme le tessere: comunque le tessere sono ritagliate con grande abilità e se anche in apparenza qualcosa non viene detta in realtà l'antefatto si segue molto bene.


Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro ottime vacanze (con eventuali lunghi pomeriggi assolati di letture) a tutti quanti.


giovedì 26 giugno 2014

Progetto Lenford, ovvero il Corso di Formazione che credevi di avere scelto

La più bella storia di tutti i tempi sugli stereotipi di genere è senz'altro Ranma 1/2 di Rumiko Takahashi. 
Per una bella sfilarata di luoghi comuni sull'argomento, invece, basta andare qua


Un anno fa la prof.  Therral, all'epoca responsabile della Legalità* mi chiamò per farmi vedere un avviso di progetto della Regione contro il bullismo omofobico.
"Visto che sei interessata a questi temi potresti farlo" mi disse.
Lo guardai e lo riguardai "Per essere interessata lo sono" garantii "Però non capisco di che si tratta".
"Nemmeno io l'ho capito bene" ammise la prof. Therral.
La prof. Therral non è una sciocca, e ha comunque conseguito una laurea in Lettere più  un abilitazione SSIS tramite corso biennale. Quanto a me, non mi ritengo certo fornita di senno sovrabbondante, ma ho anch'io la mia laurea in Lettere e ben due abilitazioni, con la SSIS e con il concorso. Due lauree e tre abilitazioni comunque non ci sono bastate per  venire a capo di quel paio di cartelle scritte in corpo 12. Chi è del ramo sa che la cosa è tutt'altro che insolita, quando si tratta di progetti presentati alla scuola.
Dopo una seconda e una terza rilettura ci convincemmo trattarsi di un corso per docenti "Loro ti formano, e così diventi il punto di riferimento per la scuola se ci sono episodi di bullismo omofobico o se decidiamo di trattare tematiche legate all'omosessualità".
"Perché no?" dissi io. A St. Mary Mead non c'era mai stato l'ombra di un episodio di bullismo omofobico ma mai dire mai, e poi l'argomento mi interessava "Se la Preside lo firma lo faccio volentieri". Sarebbe stato il mio primo corso di formazione, e non c'era dubbio che sull'argomento andassi formata perché ne sapevo ben poco.
La Preside firmò di buon grado e il modulo fu spedito. 
A Settembre poi mi telefonarono per sapere se confermavo la mia adesione. La confermai, e mi dissero che mi avrebbero contattato loro.
Poi l'anno scolastico cominciò e dimenticai il tutto, anche perché nessuno mi chiamò.

Passarono i mesi e la Seconda d'Ogni Grazia Adorna si rivelò improvvisamente d'Ogni Scheletro Ingombra: tra le ragazze si aprirono misteriose fratture, tre di loro formarono un Malefico Trio che era al centro di ogni pettegolezzo del paese e di molte insufficienze, e una mattina la madre di Cuorcontento (che da qualche tempo si mostrava assai poco contento e molto spento) mi spiegò che parte della classe aveva avviato la simpatica abitudine di chiamare "frocio" suo figlio, anche mediante coretti,  e che il ragazzo ne risentiva fortemente.

Un fulmine scoppiato due passi davanti a me mi avrebbe senz'altro fatto meno impressione.
La Seconda d'Ogni Grazia Adorna, nientemeno! La mia classe di bravi bambini, i cigni della scuola, la delizia del genere umano!
Una volta ingoiato il rospo informai i colleghi e avviai una serie di colloqui individuali per capire cosa diavolo stesse succedendo.
I colloqui si rivelarono altrettanto sconvolgenti della traumatica scoperta. Anni prima mi ero ritrovata ad affrontare uno strano racket di merendine, ma era stato tutto più semplice perché era un caso in cui il Torto e la Ragione si potevano facilmente separare con un bel taglio netto e la frattura si era saldata nel giro di poche settimane.
Stavolta la questione era più complessa, era coinvolta una metà della classe e non tutti ammisero il fatto. Alcuni genitori deprecarono l'accanimento crudele dei professori per una sciocchezza simile, mentre altri caddero con doloroso stupore dal pero assicurando che la loro prole, alle elementari, era stata a sua volta oggetto di bullismo e, visto quanto ne aveva sofferto, mai nemmeno nei loro incubi peggiori avrebbero mai immaginato che la creatura avrebbe mai bullato alcun essere vivente**; molti dei bullatori spiegarono che "era uno scherzo e lui non aveva mai detto che la cosa gli dava noia, per cui non pensavano che gli importasse" (in effetti era quasi tutta gente che si conosceva dalla nascita, che uno di loro potesse capire cosa passava per la testa di un altro era del tutto improbabile, certo)... insomma, mi vidi sfilare davanti il più colossale carico di  situazioni da manuale in cui mi sia mai ritrovata in quindici anni di onesto insegnamento, e non avevo la minima idea di come venirne a capo senza fare troppi danni.

Cuorcontento è effettivamente gay? Ecco, fermo restando che sono affari suoi e non deve renderne conto a nessuno, Cuorcontento sembrava ancora in quella fase in cui non ci si pone il problema ("né carne né pesce" lo definì efficacemente Inglese) e ogni tanto mi domandavo, per puro esercizio di masochismo, se una persecuzione del genere è più dolorosa se si è o non si è gay. Probabilmente messa così la questione non ha senso perché il vero problema per lui è stato che chi lo prendeva in giro era suo amico - o meglio, fino a poco prima si era mostrato tale.
La storia si chiuse formalmente con una settimana di intervallo fatto in classe e cinque esclusi dalla gita di fine anno - per noi di St. Mary Mead sono state punizioni davvero esemplari. E, per quel che mi è stato dato vedere, nonostante tutti alla fine si siano scusati, la crisi non è rientrata, e temo che fosse già insanabile quando Cuorcontento ha deciso di parlarne infine con sua madre. Se il Consiglio ha agito bene, male o così-così non saprei dire, eravamo tutti come pulcini nella stoppa e personalmente, a torto o a ragione, l'ho vissuta sin dall'inizio come una cosa senza rimedio: Cuorcontento nella Seconda d'Ogni Scheletro Ingombra non sarebbe stato a suo agio mai più. Ma forse la stessa Seconda d'Ogni Scheletro Ingombra non sarà mai più a suo agio con sé stessa.
Durante i vari colloqui in cui cercavo di sdipanare la matassa avevo colto diverse cose inquietanti. Per esempio alla domanda "Come vi è venuto in mente di chiamarlo così?" la prima risposta delle bulle era stata "Perché sta sempre con le femmine" e la seconda "Perché con lui si può parlare di tutto, come se fosse una ragazza".

Ad un certo punto mi ricordai del magnifico Corso di Formazione dove avrebbero dovuto insegnarmi a gestire cotali spinose situazioni, ripescai il numero di telefono che mi era stato lasciato a Settembre e chiamai. Che ne era del corso?
Venni così a sapere che ero stata dimenticata, ma si mostrarono ansiosi di rimediare e mi diedero un altro numero di telefono che chiamai prontamente.
Scoprii così che mi ero impelagata nientemeno che nel temutissimo Progetto Lenford sugli stereotipi di genere e le discriminazioni, che già tante (e surreali) polemiche aveva scatenato a Lungacque al suo apparire. Per giunta non ne avevo mai parlato ai genitori quando avevo presentato le attività in programmazione, convinta com'ero che si trattasse di un  corso per me. Ed eravamo ormai alla fine dell'anno (quest'anno eravamo a fine anno scolastico già a fine Aprile, tra ponti vari e scadenze elettorali) quando tutti difendono le loro ultime ore di lezione con la spada sguainata.
Che fare?

Si capisce che accettai con profonda riconoscenza quel dono insperato della sorte: ben otto ore con un tecnico esterno a parlare di stereotipi, per quella classe che negli stereotipi ci sguazzava e ci annegava, erano assolutamente irrinunciabili. E, visto che infine anch'io avevo una programmazione da completare, presi il piattino e andai senza ritegno a mendicare in giro, ottenendo due ore da Scienze e una da Musica e garantendomi così almeno di fare un tema, un compito di grammatica e una comprensione del testo di fine anno. Poi raccontai ai ragazzi com'erano andate le cose e dettai un avviso ai genitori sul fatto che a fine anno era comparso all'improvviso un nuovo Progetto Regionale contro la Discriminazione. A St. Mary Mead però le famiglie sono quasi tutte chiesine, ma non palmine - e ottenni quindi senza colpo ferire una bella serie completa di firme sgombre di qualsivoglia commento o perplessità. Del resto ce n'era ben donde, perché il percorso del progetto era calibrato in modo assai ragionevole.

Resta il fatto che l'unico corso di formazione da me volontariamente scelto per quest'anno non me l'hanno fatto, anche perché non era pensato per i docenti bensì per gli alunni - e che se quando presentano un progetto cercassero di farsi un po' capire, secondo me non sarebbe poi questo gran male.

*misteriosa funzione impostaci dalla Nostra Preside il cui senso e scopo non è mai stato chiaro ad alcuno di noi,  ma che riguardava soprattutto organizzazioni di uscite didattiche alla Prefettura e simili. Quest'anno è misericordiosamente scomparsa.
**in realtà il caso è relativamente comune ma per loro, che di figli ne avevano solo uno, non c'era proprio nulla di comune, in quella storia

domenica 22 giugno 2014

E se le corna dell'Invalsi fossero bandiere / sarebbe tutti i giorni festa nazionale...*

Un cornutissimo funzionario Invalsi si accinge (finalmente!) a darsi fuoco

Come ho ripetuto più volte, tutti coloro che lavorano all'Invalsi sono dei grandissimi cornuti; mi ritrovo tuttavia costretta ad ammettere che, fino al tardo pomeriggio del 19 Giugno 2014, nemmeno io ne avevo compreso l'immane vastità di cornutaggine. Ma andiamo a raccontare con ordine la tragica vicenda.

Quest'anno, per la prima volta, avrei corretto e inserito al computer le prove Invalsi dell'esame; e  siccome per svariati anni mi sono onestamente guadagnata il pane facendo la data entry la prospettiva non mi preoccupava più di tanto. Ma avevo torto.

Tutto era cominciato sotto i migliori auspici: le griglie di correzione erano apparse in rete all'ora dichiarata (miracolo!) il collegamento in rete funzionava (altro miracolo!) e, incredibile a dirsi, persino i computer della scuola di St. Mary Mead funzionavano (Miracolo! Miracolo! Miracolo!)
Forti di tutte queste circostanze favorevoli ci siamo tutti accinti prima di tutto... ad una correzione su carta. Lunga e laboriosa.
Infatti le numerose domande delle prove Invalsi sono state  frullate in cinque combinazioni differenti, al nobile scopo di impedire che gli alunni copino. Dunque, se ci sono cinque modalità di combinazione per ognuna delle due prove ci saranno anche cinque griglie di correzione diverse, per un totale di dieci griglie di correzione ognuna di cinque fogli l'una. 
In base a queste griglie l'insegnante deve svolgere diverse operazioni e cioè:
- verificare se le risposte chiuse sono giuste o no
- verificare se le risposte nelle varie sequenze "vero/falso" sono giuste o no, e poi contare quelle giuste, perché in qualche caso la risposta è considerata valida se sono giuste tutte le componenti della sequenza, in altre basta una percentuale - ad esempio cinque risposte giuste su sette, oppure quattro su cinque. Quindi si deve contare, e solo alla fine della conta possiamo mettere "sì" oppure "no" accanto alla domanda
- verificare se le risposte aperte sono giuste
- verificare se le risposte molto aperte (quelle con quattro righe dove scrivere, per intendersi) rientrano nella casistica che l'Invalsi ritiene valida, e qualche volta è affare complesso che ha richiesto al cornutissimo istituto più di mezza pagina: "se viene indicato questo la risposta è valida, ma anche se non viene indicato ma nel testo libero viene indicato un motivo che rientri nel seguente gruppo...". Due palle abbastanza notevoli, va detto.

Dopo un paio d'ore di lavoro certosino arriva finalmente il momento di inserire i dati, e una volta entrati nella maschera dell'Invalsi si fanno un buon numero di interessanti scoperte.
Prima di tutto: da qualche parte nella Grande Busta con cui sono arrivate le prove su carta c'è un Codice. Cerca la busta, ritrova la busta, ritrova la confezione di cellophane che sigillava il pacco, ecco, qua c'è il codice, ora te lo detto.
A quel punto, dopo vari codici di conferma, entriamo nella scuola e nella classe che ci siamo presi a carico. E andiamo a cominciare con la prima allieva, che è Brunilde di Turingia.
Brunilde è identificata da ben due codici di diversa tipologia: il primo è una domanda, da selezionarsi in un gruppo di ben cinque domande, che identifica l'appartenenza di Brunilde a uno dei cinque gruppi anti-copia. Solo se la domanda selezionata è giusta il programma accetta benignamente di inserire il codice individuale di Brunilde e apre la schermata con i suoi dati.
A questo punto dobbiamo ancora precisare se Brunilde è dislessica, se ha avuto del tempo aggiuntivo per la prova, se è certificata, se ha fatto una prova differenziata. In teoria la prima e la terza cosa il programma dovrebbe saperlo - se Brunilde fosse certificata lo Stato pagherebbe un insegnante di sostegno per lei, e la cosa dovrebbe pur risultare in qualche banca dati da fornire all'Invalsi; e se è dislessica e non è stata dichiarata tale dalla ASL giusto dieci giorni fa, ecco, anche quello dovrebbe risultare da qualche parte.
Ma poi arriva il meglio:
Brunilde è stata ammessa all'esame?
Ma no, certo che non è stata ammessa: le abbiamo fatto la prova Invalsi dell'esame per puro sadismo - e lei, d'altro canto, si è alzata alle prime luci dell'alba ed è venuta a fare una prova che non la riguardava affatto per puro masochismo.
Ma non basta:
Con che voto è stata ammessa Brunilde?
(Che ve ne frega? Ah, giusto: forse vogliono vedere se c'è rispondenza tra il voto di ammissione e quello delle prove. In effetti non sempre c'è, ed è un dato interessante da rilevare. Ma, scusate, non abbiamo fatto gli scrutini elettronici? Col celebre programma Argo, suggerito dal MIUR? Perché non glielo chiedono ad Argo, il voto di ammissione di Brunilde? A che cazzo serve informatizzare la scuola se poi stiamo lì a riscrivere all'infinito gli stessi dati come ai tempi dei dieci comandamenti, quando per scrivere c'erano solo pietra e scalpello?)
E che voto aveva Brunilde a italiano scritto e che voto a italiano orale?
(Scritto? Orale? Sono secoli che il voto della materia è soltanto uno, senza né scritto né orale. Comunque quel voto lo decide il programma dell'Invalsi, non so con quali criteri)
Brunilde ha svolto il tema?
Beh, fate voi, oggi è il 19 Giugno, gli orali li dovremo pur fare, prima o poi. Sì, ebbene sì, gli scritti li abbiamo già fatti. Anche quello di italiano. E li abbiamo pure corretti, visto che già sapevamo che oggi ci sarebbe stato da impazzire con la Prova Invalsi).

A questo punto il programma, ormai placato, ci autorizza a infilare finalmente le risposte di Brunilde.
Sorpresa! Due terzi del lavoro fatto su carta sono perfettamente inutili.
Il programma chiede di mettere la lettera alle risposte chiuse, poi le valuterà lui. E chiede di dirci le sequenze vero-falso, poi deciderà lui se e come valutarle. E allora perché ci mandano a dire che percentuale di risposte esatte deve avere l'alunno per considerare positiva la risposta?
Ma è chiaro che a quel punto nessuna di noi ha più voglia di farsi domande. La Spini detta e io scrivo, mentre la Ghirlandai si occupa di altre cose.
Già alla terza prova inserita la routine è avviata e l'inserimento va veloce. Fin quando...

In classe abbiamo due dislessici che, sì come vuole la legge, han fatto la prova con orari diversi e in una stanza separata. Le loro prove sono rimaste in fondo al pacco e, per qualche misterioso motivo, nessuna di noi le ha corrette.
"Andiamo avanti" stabiliamo concordi io e la Spini senza nemmeno pensarci su, passando i quattro fascicoli alla Ghirlandai "Quando le avrai corrette su carta inseriremo anche i due dislessici".
La Ghirlandai finisce quel che stava facendo, poi corregge i quattro fascicoli e ce li consegna. Infine dà il cambio alla Spini per dettare, e la Spini esce dalla stanza per andarsi a prendere un bel caffè.

Ritorna quasi subito, assai inquieta. Racconta che nella sezione della Palmina il programma si è piantato e hanno perso tutti i dati inseriti quando hanno cercato di inserire un alunno che avevano dimenticato - perché anche loro, come noi, avevano dimenticato un alunno...
"Gli sarà impazzito il computer per qualche problema di collegamento, vedrai che quando riaprono il programma ritrovano tutto" cerco di calmarla io. Ad ogni modo usciamo dalla maschera e andiamo a controllare. Ma non c'è problema: nomi e codici dei nostri alunni corrispondono tutti.
"Vedete" spiego alle altre due con fare materno "i dati sono agganciati attraverso i codici, non possono spostarsi da una scheda all'altra. Probabilmente anche nell'altra sezione sono ancora lì, il fatto che siano scomparsi è solo un apparenza temporanea".

La mia Autorevolezza Informatica prevale al momento sulle loro paure e il lavoro continua. Finiamo italiano, attacchiamo matematica. Dopo qualche alunno mi faccio dare il cambio dalla Ghirlandai e mi prendo una Meritata Pausa per fare un giretto per la scuola e vedere come procede. 
La sezione della Palmina sta dandosi alla più nera disperazione perché, a metà del secondo inserimento della prova di italiano, i dati sono nuovamente spariti e ormai tutti loro dubitano seriamente di venirne mai a capo. Personalmente non sono affatto convinta che sia una buona idea continuare a ripetere l'inserimento dati in un programma che soffre di crisi di identità così forti, ma chi sono io per andare a dare consigli alla Presidente della Commissione d'Esami (che sostiene che l'inserimento va completato entro quel giorno, a costo di farci le tre di notte, perché il giorno dopo cominciano gli orali) o alle colleghe? Non sono un esperta di informatica, le mie esperienze di  data-entry risalgono allo scorso millennio, dalla mia ho soltanto un po' più di abitudine della media a usare il computer. Però, devo dire, un casino così non l'ho visto fare nemmeno al leggendario programma "Anagrafe" per la schedatura di archivi**.
Dalla prof. Quadrella invece va tutto bene, a parte il fatto che sono un po' stanchi. Comprensibile, perché la giornata lavorativa è cominciata alle otto per qualcuno, alle sette e mezzo per qualcun altro e ormai sono passate le sette di sera.

Ritorno un po' perplessa alla mia postazione e trovo Spini e Ghirlandai sull'orlo dell'idrofobia: arrivati alla prova di matematica del primo dislessico è sparito TUTTO, compresi i dati della prova di italiano. E così hanno ricominciato a inserire, a partire da Brunilde di Turingia, che però è passata dal voto sei... al voto due. 
Dichiaro la mia perplessità: la prova di Brunilde non era in effetti memorabile, ma non sembrava certo tale da giustificare un due come voto. Le colleghe condividono la mia perplessità ma non sanno che dirmi.
Reinseriamo qualche alunno, poi, improvvisamente, verso il decimo alunno i dati ritornano. Cautamente li controlliamo uno per uno e torniamo a matematica. Alle nove e qualcosa abbiamo finito.
Ormai stremate facciamo un controllo finale, registriamo il tutto, consegniamo carte e cartacce alla Presidente e passiamo ad offrire un aiuto allo sventurato team della Palmina. Rifiutano, non so se per nobiltà d'animo, per paura, per masochismo o perché ormai completamente suonati. Si racconta che abbiano finito dopo le undici di sera.

Il giorno dopo però l'intrepida Ghirlandai riprende in mano la questione del due di Brunilde, e chiede a Jorge di esaminare meglio la situazione. Dall'esame di Jorge risulta che Brunilde è stata inserita con una domanda-chiave sbagliata. Com'è stato possibile, se codice-alunno, domanda-chiave e nome dell'alunno sono collegati tra loro? Nessuno se lo sa spiegare, ma inserendo la domanda-chiave giusta il due di Brunilde ritorna sei.
Nel mio cuore continua ad aleggiare il sospetto che nei dati delle prove Invalsi della nostra scuola ci sia un grande, grandissimo, immane casino; ma dal momento che i voti all'incirca corrispondono, sia pure con qualche sorpresa in negativo (che con l'Invalsi può capitare) anche se le prove quest'anno erano piuttosto domestiche e ragionevoli per entrambe le materie, mi taccio e prendo la vita come viene.
Ma l'anno prossimo farò l'esame come coordinatrice, e il pensiero dell'Invalsi, per la prima volta, mi inquieta. E non per paura che i ragazzi non siano in grado di farla bene.

*da cantarsi sull'aria di Quant'è bellu lu primm'ammore
**di cui venne detto, da persona informata dei fatti, che "non aveva un interfaccia, al massimo un interculo".

venerdì 20 giugno 2014

Insidie delle moderne tecnologie (...e di taluni genitori)

Le nuove tecnologie sono sempre più complesse, 
e anche le nuove generazioni faticano talvolta a dominarle appieno...


Ed eccoci al compito di matematica, da me sorvegliato insieme alla prof. Spini. Stavolta tutti gli alunni arrivano all'ora prevista, il pavimento è ancora fermo dov'era il giorno prima, il distributore di bibite è ben fornito di acqua sia naturale che gassata e la temperatura è scesa a livelli perfettamente vivibili.
Tutti depositano il loro cellulare nell'apposito cestino, poi viene fatto l'appello e vengono distribuito i fogli a quadretti. La prof. Spini legge il compito, ricordando con bel garbo che se un prisma a base rettangolare reca su di sé una piramide a base quadrata, ciò vuol dire che le basi dei due solidi non coincidono, mentre io scrivo alla lavagna gli orari della prova. Poi tutti cominciano a lavorare.
La prima ora scivola serena, alla seconda la Spini passa trai banchi per un rapido controllo, qualche parola di conforto e un paio di caute indicazioni, poi ritorna a posto abbastanza soddisfatta.
Suona un cellulare. Alta e limpida, la sua suoneria si staglia nel quasi-silenzio dell'aula. Tutti guardano un po' perplessi il cestino.
La Spini fruga, e finalmente tira fuori un cellulare non troppo smart con una custodia bianca e nera.
Rupert von Deutz lo riconosce prontamente come suo, ma assicura con grande serenità che non ha suonato, perché è spento.  Il brusio divertito di commenti anticipa l'ovvia constatazione della prof. Spini che, se ha suonato, è segno che forse tanto spento non era.
"Ma io l'ho spento!" ribatte Rupert offesissimo.
"E allora levagli la batteria, e vedrai che dopo non suona più!" lo esorta la Spini,  un po' esasperata, cercando nel contempo di chetare con apposite reprimende il resto della classe.
La batteria viene tolta e il cellulare così decerebrato è rimesso nella cesta. Rupert torna a posto borbottando qualcosa sul fatto che quel cellulare si riaccende sempre quando c'è un messaggio del gestore. La Spini evita di puntualizzare che un cellulare spento non può riaccendersi da solo, nemmeno se arriva un messaggio dall'imperatore.

Mezz'ora dopo uno strano ronzio di sottofondo turba l'aula. Cos'è, cosa può essere...
Ebbene sì, è un cellulare in modalità vibrazione.
Si alza Dhuoda, fanciulla usualmente tranquillissima e caratterizzata da un incarnato assai chiaro (che in quel momento spazia per tutte le sfumature del rosa acceso e del rosso);  guarda lo schermo del suo smartphone e mormora con un filo di voce "E' mia madre!".
Un po' schifata la Spini le fa un cenno con la mano. Dhuoda si affaccia sulla porta, dice un paio di parole all'improvvida genitrice spenge* l'infido oggettino,  lo riporta al cesto  e torna  a posto ormai pericolosamente vicino all'incandescenza.
La Spini infila un paio di parole sull'estrema distrazione di quella classe ma infine il compito riprende.

E così, commento con la Spini, la Terza Effervescente ha stabilito un altro primato; perché mai finora né io né lei avevamo sentito suonare un cellulare in corso d'esame.
Da notare che nessuno mette in dubbio la buona fede di entrambi i ragazzi: entrambi sono stati ammessi con un media del nove abbastanza vicina al dieci, e con dieci a matematica. Non esiste persona, tra le sei sezioni che stanno svolgendo quel compito,che abbia qualcosa da insegnargli su come svolgerlo nel migliore dei modi. Ma, soprattutto, difficilmente un ragazzo è così sventato da consegnare il cellulare con cui intende darsi a illecite manovre durante gli scritti d'esame.  Nemmeno la Classe dei Tordi lo avrebbe fatto (e infatti durante il loro esame non suonò l'ombra di un cellulare).
Chi consegna un cellulare acceso prima di una prova scritta d'esame?
Non chi vuole copiare con l'aiuto di quel cellulare, bensì un allievo molto, molto distratto.
E gli alunni della Terza Effervescente, tutti, sono invero caratterizzati da un indice di distrazione davvero elevato.
Non solo per colpa loro, si capisce: anche la genetica deve averci il suo peso. Infatti, cosa dobbiamo pensare dell'affettuosa madre che telefona alla figlia, tra tanti momenti a sua disposizione, proprio in piena prova di matematica dell'esame di Stato?

Perciò la Spini li ha di nuovo avvisati "Domani c'è la Prova Invalsi. Controllate bene prima di consegnare il vostro cellulare, caso mai toglietegli la batteria. Perché un telefono che suona durante la Prova Invalsi potrebbe portarvi a dei problemi piuttosto seri".

In God We Trust.

*...forse...

martedì 17 giugno 2014

Escono dalle fottute pareti! (ultimo giorno di scuola)

Non c'entra nulla con il post, ma adottare un gattino in questo periodo è un gesto nobile e patriottico 
(anche adottare un gatto adulto, si capisce)

Dando prova di un minimo di buon senso, quest'anno la Dirigenza ha messo la lectio brevis per l'ultimo giorno di scuola. "Brevis" per modo di dire, perché laddove ai miei tempi (quando la scuola era seria e rigorosa) l'ultimo giorno di scuola durava due ore, oggi che la scuola è lassista e permissiva ne dura ben quattro
Se poi si aggiunge che gli scrutini, in barba a quel che dice la legge, sono stati già fatti, tutti, il Grande Quesito Esistenziale "E che cazzo si fa in queste quattro ore, ché fa pure un caldo cane' si pone un po' per tutti noi docenti.
Con la Terza Effervescente a dire il vero le cose vanno assai lisce: parte della classe è al laboratorio di informatica a cercare di far quagliare le slide del Grande Progetto Interdisciplinare cui hanno lavorato per tutto l'anno e che il programma della LIM non  riesce a leggere*, parte resta con me a chiacchierare del più, del meno e soprattutto dell'esame.

Con la Seconda Tuttora d'Ogni Scheletro Ingombra invece le cose si presentano più complesse: tanto per cominciare con loro ho tre ore filate, senza contare che da sempre quella classe è convinta che i Gavettoni di Fine Anno siano un diritto costituzionale. 
E infatti appena entro i miei tutt'altro che infallibili occhi individuano gran copia di bottiglie di plastica già riempite all'uopo.
Naturalmente faccio finta di niente, in base al principio che "ciò che il docente non vede non può essere motivo di sanzione né di discussione". E prendo tempo. 

Inizio con una piccola predica sul fatto che il loro modo di studiare storia ancora proprio non va. Come compito per le vacanze, le due insufficienze conclamate hanno l'incarico di ristudiare la Rivoluzione Francese da capo a pié e ripeterla nel più chiaro dei modi ai compagni, che così si risparmieranno di ripassarla. In seguito prometto a Wasp degli esercizi molto personalizzati di analisi logica, e Wasp promette che li farà**. 
Poi distribuisco la lista con i consigli di lettura. Come l'anno scorso, per ogni titolo ci sono apposite lettere che indicano se il libro è disponibile in libreria, nella biblioteca del paese o nel circuito delle biblioteche comunali della provincia. Quest'anno però ci sono anche due nuove letterine: la B indica che il libro è disponibile nella biblioteca della scuola***, mentre la P indica che quel titolo riguarda il programma della Terza prossima ventura - e leggerli potrebbe essere un modo per ammorbidirsi un po' il lavoro. Tra i libri ornati dalla P spicca la trilogia di Hunger Games, in cui qualcuno ha già affondato i denti - e direi che la questione del Nord e del Sud del mondo è spiegata proprio benino, lì.
Come l'anno scorso, mi chiedono se possono fare i gavettoni, quando li porterò in cortile (perché è chiaro che prima o poi in cortile ce li dovrò portare).
Come l'anno scorso gli spiego che non ha senso chiedermi di autorizzare una pratica che la Dirigenza della scuola considera illecita, ma che non è impossibile che alla fine della mattinata tale pratica diventi improvvisamente accettata al di fuori delle mura scolastiche.
Arrivano le patatine e i dolcetti. I ragazzi mangiano e chiacchierano mentre io finisco di compilare i registri.
Mi sforzo di non notare che molte piccole bottiglie vengono riempite d'acqua - d'altronde, fa un caldo cane. E tuttavia, quando vedo un tubo di Pringles sigillato con la massima cura e un palloncino di un delicato color violetto ma che dà segno di essere assai pesante sono costretta a un garbato ma deciso sequestro. Temporaneo, assicuro. Prima della campana di fine lezione li restituirò.
Finito di mangiare, di bere (e di riempire le bottiglie che a suo tempo contenevano aranciata) chiedo che vadano a prendere la scopa per spazzare con cura e gli stracci per asciugare i banchi un po' bagnati (e capirai, con tutte quelle bottiglie in giro...). Tornano con la scopa ma senza stracci perché "ci han detto le custodi che tanto dopo passano loro".
(Quest'anno il nostro parco custodi è veramente in odore di santità).

Mentre alcuni puliscono, altri passano dai vicini dell'altra Seconda in visita di cortesia. Lì hanno anche delle torte, così la fermata si trasforma in un ulteriore spuntino. Non faccio nulla per accelerare le pratiche, e nemmeno la collega dell'altra seconda fa niente in proposito.

Un salto in biblioteca per qualche ultimo prestito (con caaaalma) e infine tutti giù in cortile. Ormai manca poco più di un ora. Ho portato con me l'ex-tubo di Pringles e il palloncino lilla, che appoggio con nonchalance sul davanzale di una finestra, vicino ai loro zaini. Wasp è riuscito ad arrabbiarsi con qualcuno, non so perché, e si rintana in un angolo per piangere da solo. L'Onesto Iago va a consolarlo.
Io e gli altri insegnanti ci rifugiamo al tavolo all'ombra. I gavettoni sono stati severamente vietati, mi spiegano, anche se è stato lasciato capire che nell'ultimo quarto d'ora, forse...
La Terza Effervescente è seduta in cerchio, intenta a discutere di qualcosa e a scrivere. Vederli così tranquilli è un esperienza insolita.
Infine ci raggiungono e ci leggono un garbato discorsetto in cui assicurano che ci sono profondamente riconoscenti per quanto abbiamo fatto per loro e che il ricordo dei nostri insegnamenti e dei nostri consigli rimarrà sempre impresso nei loro cuori.
Li ringraziamo con calore, poi restiamo a riflettere come mai da qualche anno i discorsi di ringraziamento delle terze si assomigliano tutti, e come mai da qualche anno tutte le terze si sentono obbligate a farcelo, il discorso di ringraziamento. Tra l'altro viene anche spontaneo notare che di consigli non ne abbiamo mai dati molti, a parte quello di stare zitti e di ascoltarci - e magari è vero che resterà impresso per sempre nei loro cuori, ma certo non si può dire che nel corso dei tre anni ne abbiano fatto gran conto (mentre è vero che gli insegnamenti, a modo loro, li hanno pure ascoltati, viste le medie di ammissione). Forse si è diffusa una moda, e c'è qualche pagina su Facebook con la traccia degli argomenti da trattare, in questo tipo di discorsi? Comunque somigliano moltissimo a quelle strane pappine che usavano negli anni 50 (scritte dai genitori) e che si trovano in certi romanzi dell'epoca. Di sicuro quando andavo a scuola io non usavano più, anche se alla De Divinis avevamo fatto il regalo (un cofanetto di quartetti di Beethoven, mi sembra). E di sicuro il loro discorso è stato scritto mentre stavano in cerchio sull'erba, anche se forse si erano portati una traccia da casa.
Comunque per me è il primo Discorso di Ringraziamento (né la classe dei Baronetti Inglesi né la Classe dei Tordi né quella di Cristaccecami han mai fatto niente del genere, vivaddio) e se risulterà anche l'ultimo del mio insegnantesco percorso, me ne riterrò più che soddisfatta.
Continuo a siglare i registri, con la tentazione sempre più forte di scrivere qua e là "Scemo chi legge" (quelli dell'anno scorso stanno tuttora a prendere polvere in un grosso scatolone in un angolo della nostra scuola, senza che alcun dirigente li abbia minimamente considerati). Giusto quando ho tirato l'ultima riga e messo l'ultima firma per siglare noto che un folto gruppo di fanciulli è venuto a lasciarci in custodia cellulari, orologi e portafogli.
E qualcuno deve aver dato il segnale, o comunque tutti hanno fatto finta di vederlo, il segnale; perché improvvisamente il cortile si inonda d'acqua e un immane quantità di bottiglie spunta fuori dai luoghi più impensati mentre tutti scappano e si rincorrono con grandi getti d'acqua - acqua, acqua ovunque, e non una goccia da bere (io, almeno, non mi fiderei). 
"Certo, non dovrebbero, così, senza controllo" osserva Inglese con molto distacco. Ma si guarda bene dal cercare di controllarli, ovviamente.
"Ma non avevate deciso di chiudere la valvola del rubinetto sul retro?" osservo svagata guardando il fiume di ragazzi bagnati fradici che arriva con le bottiglie vuote al rubinetto in questione e ne riparte con le bottiglie piene.
"No, c'è un punto troppo duro e non è possibile bloccarlo" spiega altrettanto svagata la VicePreside, che non è portata a drammatizzare queste cose.
Metto i registri al sicuro nella borsa e la borsa sotto il tavolo, ma nessuno schizzo giunge ad innaffiare la nostra blandissima riprovazione.
Qualche ragazzo gocciolante arriva a recuperare cellulari, orologi e portafogli, poi l'onda si dirige verso il cancello d'uscita, in fremente attesa dell'Ultima Campana. Che infine suona,
Un fiume di ragazzi scorre verso i motoscafi, volevo dire i pulmini, e il loro corso non è funestato da gavettoni di acqua mista a farina né dall'infernale miscela che comprende anche le uova (forse anche grazie alla presenza di un paio di vigili opportunamente allertati dalla VicePreside)****. Dietro di loro, sul greto ancora umido, lasciano una distesa di bottiglie vuote e malridotte, un giubbetto e un paio di occhiali da sole. Raccattiamo questi ultimi prima di risalire la corrente, verso la Sala Insegnanti, dove ci congratuliamo tra noi perché "quest'anno è andata abbastanza bene".

*avere la medesima versione dei programmi su tutti i computer della scuola (o almeno, semplicemente, lo stesso programma) sembrerebbe il minimo del minimo sindacale; ma alla scuola media di St. Mary Mead siamo ben lontani anche da questo livello minimale.
**il che è pur sempre possibile, si capisce (per principio io credo a tutto, miracoli compresi). Comunque al momento i suddetti esercizi stanno al calduccio all'interno della sua scheda, che la famiglia non è ancora venuta a ritirare perchè quel pomeriggio stesso sono tutti partiti felicemente per il Marocco.
***perché ormai la nostra scuola ha una biblioteca, per quanto piccola e ancora scarsamente attrezzata
****negli anni passati pare che dai comuni limitrofi siano appunto venuti taluni giovani dai pessimi costumi, che evidentemente ignoravano che con farina e uova si fanno i dolci, e non i gavettoni

lunedì 16 giugno 2014

Grandi Scoperte


Per lo scritto di Inglese sono di sorveglianza, perciò è sufficiente che arrivi alle  otto. La Sala Insegnanti è presieduta da molte insegnanti di Inglese che stan discutendo di raffinatissime questioni legate alla prova di Inglese che sta andando a cominciare, perciò mi limito ad appoggiare la borsa e vado in Segreteria a raccogliere un po' di scartoffie.
Incrocio la custode: "Prof, abbiamo una novità".
La novità è che il pavimento del corridoio, che ieri pomeriggio era piatto e liscio, stamani è ingobbito. Praticamente incinto.
"Ma non c'è stato alcun terremoto, stanotte" provo ad obbiettare.
Vero, i sismografi non hanno registrato movimenti tellurici, a quanto è dato di sapere; ma la gobba del pavimento è lì, bella visibile e ben percettibile. La prof. Spini, mia futura compagna di sorveglianza per lo scritto, nonché Responsabile per la Sicurezza, sta telefonando ai geometri del Comune per un sopralluogo d'urgenza.

Nel frattempo la vita va avanti e dunque porto le scartoffie nell'aula della Terza Effervescente, dove trovo il prof. Jorge al computer della LIM, molto perplesso.
"Questo computer non va bene" annuncia in tono dolorosamente sorpreso "Dà un sacco di finestre di errore".
"E' dall'anno scorso che ci lamentiamo che questo computer non va bene e dà un sacco di finestre di errore" osservo con bel garbo (ma sono convinta che si lamentassero anche due anni fa, quando ero in un altra classe).
"Davvero?" chiede Jorge, sinceramente sorpreso.
"Davvero" confermo io.  E vorrei dire molte, molte altre cose, ma siccome anche oggi fa molto caldo decido di risparmiare le energie, tanto che non domando nemmeno come mai, tra tanti giorni del calendario, giusto nella mattina di uno scritto di esame Jorge ha deciso di controllare la (bassissima) qualità della dotazione informatica della Terza Effervescente.

Se lo domanda anche la prof Spini, e soprattutto se lo domandano i ragazzi della Terza, che prendono posto mentre lui sta tuttora controllando (stamani i ragazzi ci sono tutti, vivaddio). Quando infine esce dall'aula spiego flautata "Sapete, sembra che questo computer non funzioni molto bene".
La Terza Effervescente accoglie la notizia col dovuto sarcasmo, e così lo scritto di inglese comincia in allegria.

Quanto al Corridoio Incinto, i geometri assicurano che non c'è motivo di preoccuparsi, ma comunque han passato un ora buona girando su e giù per la scuola, scoprendo diverse crepe verticali.*

*che, com'è noto, sono moooolto più pericolose di quelle orizzontali.

sabato 14 giugno 2014

La Bella Addormentata (e la sua controparte maschile)


Quest'anno faccio l'esame con la Terza Effervescente ma non sono il coordinatore. Questo piccolo dettaglio cambia completamente il mio modo di vivere l'evento: infatti sono serena, rilassata e amorevolmente partecipativa; faccio quel che mi dicono di fare, con la massima docilità, e me ne ritorno subito dopo nel mio cantuccio a farmi i fatti miei: tanto le grane spettano tutte al coordinatore, ovvero la prof. Ghirlandai.
Al tema il mio compito era fare da Riserva, ovvero rimpiazzare su richiesta chi, tra gli addetti alla sorveglianza della prova scritta, avesse desiderato prendersi qualche minuto di pausa. Niente tracce di temi da scegliere con le colleghe, niente buste da aprire e da chiudere, niente terna di temi da estrarre a sorte, niente verbalea fine mattinata; insomma,  niente di niente che richiedesse la mia presenza prima delle 8.30, ora di inizio ufficiale della prova. E alle 8.30 e non un minuto prima mi sono presentata a scuola con un bel sorriso.
Ma non con un altrettanto sorriso sono stata accolta dalle due custodi, bensì con il ben più inquietante saluto "Prof, c'è un problema".
Il problema era che mancavano ben due ragazzi, e proprio dalla Terza Effervescente. Da un quarto d'ora la scuola stava provando a chiamare alle rispettive case, ma senza risultati. Infine i ragazzi hanno chiamato sui cellulari personali dei loro compagni, e finalmente abbiamo ottenuto qualche risposta.
Gerbert d'Aurillac era solo in ritardo - un bel ritardo consistente - ma se non altro "stava arrivando".
La principessa Aurora invece dormiva beata nel suo letto, in quanto si era assolutamente convinta che gli scritti dell'esame sarebbero cominciati Sabato. Il risveglio della Bella Addormentata avviene sotto i nostri occhi, anzi, sotto le nostre orecchie: la compagna che finalmente è riuscita a contattarla le parla con grande garbo e dolcezza (è forse l'unica, in quella classe, che conosce il significato di queste due parole) ma infine è costretta a svelarle l'amara verità ed esortarla a venire a scuola nel più breve tempo possibile.

Siamo tutti piuttosto sbalorditi: già il semplice ritardo all'esame della Terza è evento più unico che raro. Non solo non era ancora capitato di vederlo a me - che, dopotutto, l'esame lo affronto solo per la sesta volta - ma nemmeno alla custode, che ne ha più di venti alle spalle. Anche i più imbranati, ritardatari, disorganizzati e irresponsabili tra gli alunni arrivano puntuali come orologi nei giorni di esame - e infatti il gruppetto degli Sciagurati, quelli ammessi fortunosamente e dopo gran discutere e profonde meditazioni da parte del Consiglio, alle otto e un quarto son lì che scalpitano per entrare; ma Gerbert vanta una media sopra il sette, e la principessa Aurora è stata ammessa con otto. Né l'uno né l'altra hanno niente da temere dall'esame né tanto meno da un piccolo, insignificante tema. Quando Gerbert arriva però è pallido e tirato, mentre Aurora piange. E, col garbo istituzionale consueto in quella classe di simpatiche iene, vengono naturalmente presi in giro senza alcuna pietà, nonostante i fieri tentativi della Ghirlandai e della Spini di zittirli - del resto si sa che tenere zitta la Terza Effervescente senza un buon mitra è del tutto impossibile - e chissà se anche il mitra basterebbe.

E dunque arrivare tardi all'esame di Terza è evento più che raro, ma ignorare l'inizio del suddetto esame e sbagliarne le date è proprio un unicum, soprattutto in un piccolo paesello di provincia dove tutti si conoscono e dove ogni anno l'esame viene vissuto con vibrante partecipazione dalla popolazione al gran completo.
Non resta che concluderne che, nonostante tutte le apparenze, una parte della Terza Effervescente non condivide affatto l'entusiasmo collettivo per il Gran Rito di Passaggio e non ha nessuna voglia di ritualizzare un accidenti di nulla.
Mi auguro però che se ne facciano una ragione, se non altro durante l'estate: perché il loro tempo ormai è venuto e, pronti o meno che siano per affrontare il mondo esterno, non esiste nessuna possibilità per loro di essere bocciati, nemmeno se ci provassero con tutte le loro forze.