Il mio blog preferito

Visualizzazione post con etichetta St. Mary Mead. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta St. Mary Mead. Mostra tutti i post

venerdì 4 agosto 2023

Cronaca di una mattinata davvero inquieta in tempo di pandemia

La Prima Sfigata si conquistò il suo soprannome per essere stata la prima, primissima classe ad essere andata in quarantena, già nella prima settimana di scuola. Tuttavia in seguito consolidò la sua fama per altri accadimenti, il più appariscente dei quali mi accingo adesso a narrare.
Spoiler: buona parte di quel che successe in quell'epica mattinata è appunto da imputare alla pandemia e al particolare stato d'animo in cui tutti versavamo.

Era una tranquilla mattinata di Novembre. Dal momento che la Prima Sfigata aveva mostrato una serie di notevoli incertezze nell'uso dei tempi dei verbi, avevo deciso di ricorrere a un metodo particolarmente innovativo, ovvero una serie di interrogazioni a tappeto sui verbi. Lo scopo era di innestare un meccanismo automatico dovuto alla continua ripetizione e aiutata dal fatto che una parte della classe i verbi li conosceva benissimo e avrebbe quindi risposto in grande scioltezza. Chiamavo gli alunni uno ad uno, assegnavo un verbo e chiedevo di coniugare una serie di tempi. 
E se l'alunno non sapeva farlo? Bene, tutti avevano la grammatica aperta sulle coniugazioni dei verbi. L'alunno sbirciava e poi declinava, in base al buon vecchio criterio che sbagliando si impara, ma facendo giusto si impara di più.
Anche così comunque ogni tanto emergevano delle criticità. A quel punto ci fermavamo e riflettevamo sulla questione. Il primo round andò piuttosto male, il secondo round decisamente meglio e mi ripromettevo qualche soddisfazione dal terzo e, speravo, ultimo.
La giornata non era partita sotto i migliori auspici: appena finito l'appello Peggy era approdata alla cattedra spiegandomi che quella mattina era venuta a scuola anche se si sentiva un po' strana. Adesso però era convinta di stare proprio male. Poteva andare a telefonare a casa che la venissero a prendere?
Si capisce che poteva. La mandai a telefonare, la segnai in uscita eccetera. Peggy sparì quasi subito e tornò due o tre giorni dopo, munita di certificato di tampone negativo. Perché sì, poteva capitare di stare male anche senza avere il Covid. Di fatto anche prima della pandemia la gente si ammalava.
Le prime interrogazioni andarono discretamente. Ma quando chiamai Eola la ragazza, dopo un attimo di silenzio, si alzò, corse verso la cattedra e disse piangendo "Professoressa, mi sento malissimo".
A scanso di equivoci: sia Peggy che Eola padroneggiavano i verbi con notevole disinvoltura. Nemmeno per un istante fui sfiorata dall'ombra del sospetto che avessero accusato malesseri per scansare l'interrogazione, né che quell'interrogazione fosse per loro qualcosa di stressante. Così esortai Eola ad andare giù dalle custodi che avrebbero provveduto a lei. Eola uscì.
Da notare che in circostanze normali, ovvero non pandemiche, quando qualcuno si sente male fa parte del galateo istituzionale, almeno alle medie di St. Mary Mead, mandarlo giù con un amico al seguito. Ma, appunto, eravamo in tempo di pandemia e non feci niente del genere (e feci malissimo, come risultò poi).
Qualcuno commentò che quel giorno proprio non era cosa, e le interrogazioni ripresero. MA un quarto d'ora dopo bussò la custode, alquanto preoccupata. Eola stava male, non riusciva più a muovere il braccio destro e anzi non lo sentiva più e piangeva. Avevano provato a chiamare i genitori ma non rispondeva nessuno.
Tra i tanti sintomi del Covid la sparizione della sensibilità agli arti non mi risultava, ma un braccio destro che fa male può essere sintomo di pessime cose, che di solito a dodici anni non infestano la vita ad alcuno MA ci sono sempre delle eccezioni e insomma...
Dissi di chiamare la guardia medica e di avvisare la Preside, se riuscivano a raggiungerla: è uso non chiamare mai la guardia medica senza aver avvisato la famiglia, ma se la famiglia non risponde? Poi frugai tra i numeri di telefono e trovai anche quello del nonno: magari, chiamare anche lui...
A quel punto la classe era decisamente stressata, e Violetta accusò malesseri. 
Violetta versa in particolari condizioni sanitarie e può sentirsi male da un momento all'altro, soprattutto in caso di stress - e di stress, in quel momento, ne avevamo da dare e da serbare, quindi nessuno si preoccupò particolarmente di Violetta, che uscì di classe e si regolò sì come richiedeva il suo protocollo medico per poi rientrare un po' ristabilita.
E tutto ciò mi ricordava sempre più la filastrocca dei Dieci piccoli indiani.
La custode passò ad avvisarmi che la Preside in quel momento non era raggiungibile, ma il nonno stava venendo e la guardia medica era stata contattata. 
Più avanti venne ad avvisarmi che sia il nonno che la guardia medica erano arrivati, e scesi giù lasciandola a sorvegliare la classe, mentre una serie di pensieri uno più lugubre dell'altro mi rutilavano in testa.
Quando arrivai la guardia medica mi spiegò che si trattava... di un attacco di panico.
Lui e il nonno si consultarono e stabilirono che non era il caso di portare Eola all'ospedale più vicino per un controllo perché in quei giorni i pronto soccorso di tutta Italia erano intasati e rischiavi di passarci un tempo interminabile prima che qualcuno ti considerasse. Ovviamente un attacco di panico sarebbe passato in coda a qualsiasi altro caso più grave, e ancor più ovviamente passare delle ore circondata dall'atmosfera elettrica di un pronto soccorso intasato, con tanto di luci accese a pieno carico e senza nessuno che ti badasse non era esattamente la cura migliore per un attacco di panico che per giunta era il primo e quindi spaventava il doppio.

Attacco di panico. Quelle tre parolette magiche restituirono al cielo il suo azzurro e fecero splendere il sole. Senza dubbio gli attacchi di panico sono cose spiacevolissime e da non sottovalutare, ma han di buono che non sono Covid né portano a paralisi o complicazioni cardiocircolatorie. Eola doveva solo aspettare che l'attacco passasse e non ci sarebbero state conseguenze irreversibili. 
Mai attacco di panico fu guardato con tanta simpatia. Io e le custodi lo amavamo.
Quel sant'uomo del nonno aveva prontamente abbracciato la nipote e la stava confortando. Eola continuava a piangere, ma in modo molto più tenue e sollevato.
Il nonno ci informò che sua figlia, che era poi la madre di Eola, "dopo essere diventata signorina"* aveva avuto per diverso tempo attacchi di panico assai frequenti. L'uomo si era dunque fatto una certa esperienza e, lui almeno, non era spaventato. Preziosa circostanza, in verità. Confortò Eola, confortò tutti noi, informò i genitori, che nel frattempo erano diventati raggiungibili e si portò via la povera impanicata, che nel frattempo era andata alquanto calmandosi.
Dimagrita di circa dieci chili ma molto racconfortata risalii in classe e informai la custode della lieta novella prima di rimandarla in libertà.
Ormai eravamo verso la metà della seconda ora.
"Prof, che si fa, continuiamo con grammatica?".
"Nossignori. Prendete i vostri palloni, le vostre merende e qualsiasi altro genere di conforto desideriate e andiamo giù in cortile a farci tutti quanti un lungo, lungo intervallo".
In cortile raggiunsi Violetta, che sembrava perfettamente ristabilita e mi assicurò che andava tutto bene, e fui poi raggiunta da Carl Palmer che lamentava un forte mal di testa. Lo mandai a telefonare a casa perché si facesse venire a prendere, se così preferiva, e già che c'ero chiesi se c'era qualcun altro che non stava bene. Mi assicurarono che no, stavano benissimo, grazie - e a guardarli saltare come tanti camosci la cosa risultava piuttosto credibile. Mentre stavano scavallando arrivò la Preside, che potei così aggiornare con il lieto fine della dolorosa vicenda. 

In serata feci una navigatina in rete per informarmi un po' sugli attacchi di panico. Non ne ho mai sofferto né mai avuto a che fare con persone che ne soffrissero e insomma ne sapevo men che zero.
Scoprii così che avrei dovuto regolarmi in tutt'altro modo, parlando a Eola e confortandola, abbassando le luci in classe eccetera. Invece la povera Eola si era dovuta muovere da sola e pure fare due rampe di scale, con la vista che si abbassava e il braccio che andava desensibilizzandosi. A ripensarci mi vengono i brividi.
Ecco, in circostanze normali avrebbe avuto almeno qualcuno accanto a sostenerla e confortarla.
La mattina dopo feci un breve sermoncino spiegando che gli attacchi di panico erano una cosa molto spiacevole e che potevano capitare a tutti in qualsiasi momento, e la prima cosa da fare quando qualcuno vicino a noi ne veniva afflitto era, appunto, non farsi prendere dal panico a nostra volta e cercare di confortarlo ma senza farlo muovere finché non si era calmato, abbassare le luci eccetera. Insomma, come per qualsiasi malanno, la prima regola era non peggiorare la situazione: primum, non nocere. Glielo scrissi anche alla lavagna.
Da allora la Prima Sfigata, che tra poco diventerà la Terza Sfigata, ha fatto serenamente il suo miglio e attacchi di panico non ce ne sono più stati. Tuttavia in cuor mio mi domando: la crisi di Eola sarebbe stata così forte se non fossimo stati in tempo di pandemia? Di sicuro, se non fossimo stati in tempo di pandemia e di distanziamento, sarebbe stata gestita molto meglio da tutti noi, e in particolar modo dalle custodi, che nel loro lungo servizio han visto di tutto e di più e molto probabilmente avrebbero capito ben prima cosa stava succedendo, almeno a grandi linee.

* "diventare signorina" è ormai espressione quasi antiquaria, ma qualche decennio fa era il modo con cui tra persone educate si indicava che una ragazza aveva avuto la prima mestruazione.

giovedì 24 febbraio 2022

Intorno a te, o albero / felici noi danziamo (anche a scuola, soprattutto a scuola)

Oleg Federov (Ucraina) - Fanny Cats

                  
Nel cortile della scuola media di St. Mary Mead ci sono alcuni alberi. Cipressi, soprattutto, ma anche uno di quegli alberi sempreverdi a forma di vero albero, con robusti rami che si aprono tutto intorno al tronco. E un giorno Vercingetorige mi ha chiesto il permesso di provare a salirci.
Sono quasi sicura che è vietatissimo arrampicarsi sugli alberi per i ragazzi, ma l'argomento non è stato mai sfiorato nelle varie discussioni legate al regolamento, come del resto non è mai stato detto che è vietato salire sul tetto. E quello, in effetti, è proprio il classico albero su cui ci si può arrampicare senza rischio né difficoltà, se appena si ha una vaga idea di come ci si arrampica sugli alberi. Così, dopo breve meditazione, ho detto di sì. In quel momento, come quasi sempre nel corso della vicenda, la classe era sola in virtù degli intervalli scaglionati che tuttora imperversano.
Con mia grande sorpresa Vercingetorige non riesce ad arrampicarsi. Mi guardo bene dal dare consigli perché il mio curriculum di arrampicatrice di alberi si limita ad un paio di olivi molto bassi quando ero ancora bambina e insomma non è un argomento in cui mi senta in grado di dar lezioni a nessuno e azzardo solo un vago "Beh, magari puoi riprovarci più avanti" rallegrandomi per aver scansato il pericolo, fatto bella figura con poca spesa e soprattutto non essere finita davanti alla corte marziale a rispondere della mia sciagurata imprudenza.

Ma già il giorno dopo Vercingetorige torna alla carica "Credo di aver trovato un sistema per arrampicarmi. Posso provarci?".
Impossibile dire di no, a quel punto. E con pochi e rapidi movimenti, partendo da un altro punto, la breve arrampicata viene conclusa stavolta con successo. Gli passo la merenda che mi aveva chiesto di tenergli, e la mangia sull'albero.
Comprensibilmente, è molto soddisfatto di sé anche se cerca di non darlo troppo a vedere.
Nick Gustafson - Cat In A Tree
Tutto bene?
Quasi, dal mio punto di vista. 
I compagni, che gironzolavano lì intorno senza dar l'aria di guardare, accorrono festosi. Lui scende, risale, gli fa vedere come si fa. 
E tutti vogliono riprovarci.
Lo spettro della corte marziale incombe su di me. Dalle finestre occhi curiosi ci guardano con aperto interesse. Pochi minuti e sarò bollata come il disonore della scuola, radiata dall'albo e mandata in prigione.
Tutti salgono con successo.
Come dio vuole, finisce l'intervallo.
Rientrata in classe spiego "Vedete, Vercingetorige oggi ci ha ricordato una lezione molto importante: quando non si riesce subito a fare bene una cosa, a volte è solo perché sbagliamo il punto di partenza. Lui ci ha pensato, ha riprovato e ci è riuscito. Le cose non riescono sempre alla prima, ma non per questo ci si deve scoraggiare e rinunciare". 
La classe ascolta interessata e tributa un piccolo applauso a Vercingetorige.
Con mia grande sorpresa nessuno dei colleghi mi rimprovera o rampogna. In effetti, nessuno mostra di essere al corrente di quanto è successo.
E tutti quegli occhi curiosi alle finestre? Nessuno dei ragazzi ha commentato ad alta voce?
Boh.

Il giorno dopo le ragazze vengono a chiedere di provare anche loro.
Come faccio a dire di no?
Del resto, sono anche più leggere.
Prima sale una, poi un'altra, una non ci riesce, le altre le danno consigli e alla fine ci riesce anche lei...
Di nuovo le finestre si popolano di occhi interessati.
Io però sono un po' meno terrorizzata. Ormai ci sono saliti quasi tutti, su quel benedetto albero, fosse permesso o meno dal regolamento. Posso almeno dimostrare con i fatti che la cosa non è poi così rischiosa. Magari non mi licenziano.

Il giorno dopo all'intervallo piove, e stiamo al chiuso.
Due giorni dopo non piove ma ha piovuto tutto il giorno precedente e tutta la notte.
Stavolta rispondo alla richiesta con un bel no "Il tronco è scivoloso e bagnato, secondo me non è una buona idea".
Passa qualche giorno e il tronco è di nuovo asciutto.
E Vercingetorige torna a chiedere il permesso di arrampicarsi.
"Ma sì, vai pure".
Nuova sorpresa: non ci riesce.
Ci rimango male.
"Ma secondo me l'altra volta non partivi da lì. Dovresti fare come hai fatto la settimana scorsa".
Gli altri danno consigli. Vercingetorige ci riprova con successo. 
La classe intorno approva. Ma...
"Professoressa, non riesco a scendere".
"Ma certo che ci riesci, ci sei sempre riuscito!" ribatto indignata.
Ma no, ha paura.
Tutti danno consigli. I minuti passano.
A un certo punto comincio a prendere seriamente in considerazione il fatto che alla fine ci toccherà chiamare i pompieri. E già mi vedo a spiegare "No, non si tratta di un gatto, è  un ragazzo di prima media".
I commenti dei pompieri cerco di non immaginarli, ma sospetto che dopo la Preside non verrà a farmi i complimenti per le mie innovative tecniche didattiche.
Come dio vuole, Vercingetorige alla fine scende. Ed è piuttosto scosso dall'avventura.

E questa è la fine della Saga dell'Albero. Nessuno ha chiesto più il permesso di salirci e dunque può darsi che alla fine il mio stato di servizio non subirà grossi danni e nessuno si sentirà moralmente obbligato a portarmi le arance in prigione.
Probabilmente questa storia reca in sé un insegnamento, ma davvero non saprei dire quale.

Due giorni dopo sono stata aspramente redarguita da una collega perché gli permettevo di giocare con una piccola palla morbida.
Che è permessa dal regolamento.
"Ma non è abbastanza morbida! E poi quando giocano urlano e disturbano le altre classi che fanno lezione!"
"Guarda che durante l'intervallo urlano sempre. E lo stesso vale per le altre classi".
"Ma facciamo che quando giocano a palla fanno più rumore? Se non giocassero a palla ne farebbero meno"
"No".

martedì 23 febbraio 2021

Fecit mihi magna, ovvero il misterioso caso dell'insegnante scomparsa

Il quadro da cui è tratto il particolare riprodotto a sinistra ha una sua certa diffusione e notorietà perciò, a rischio di violare le leggi sul copyright, non starò a raccontare qui chi lo ha dipinto, quando e cosa rappresenta. 
L'ho messo solo come delicato accenno per introdurre un tema assai fertile e collegato con, appunto, la Primavera.

E' noto che i lockdown periodici cui siamo sottoposti ormai da quasi un anno hanno spinto molti a recuperare una concezione più intimistica e casalinga della vita, e corre infatti voce che le nascite siano in aumento. 
D'altro canto, la scuola media di St. Mary Mead da tempo vanta un notevole tasso di fertilità, e in particolar modo la capacità direi taumaturgica di far riprodurre senza problemi anche donne che in precedenza avevano incontrato fatiche e difficoltà, vuoi ad avviare una gravidanza, vuoi a portarla a termine con successo.
Dunque che la poco più che trentenne insegnante di matematica Plusdress sia entrata di recente nello stuolo delle potenziali future madri non è stato per noi motivo di gran stupore di per sé. Tuttavia alcuni elementi han fatto sì che questo lieto evento si sia risolto in gran complicanze.

Tanto per cominciare infatti siamo in tempo di Covid, e dunque alle gestanti viene imposto dai medici di mettersi immediatamente in congedo per maternità, anche se si sentono piene di energie e disponibilissime a proseguire il loro lavoro. Tale prescrizione è a mio avviso assai sennata ma non è stata scevra di complicanze per la scuola, perché andava preso un nuovo docente da una graduatoria notoriamente sguarnita e le convocazioni non potevano partire fin quando non fossero arrivate in Segreteria apposite scartoffie che (sorpresa!) sono andate  un po' per le lunghe.
Il vero problema però era che sulla gravidanza appena avviata la prof. Plusdress, per comprensibile quanto inutile scaramanzia, aveva posto il sacro sigillo del silenzio. 
Insomma, da un giorno all'altro la professoressa Plusdress era sparita e al suo posto era comparsa la prof. Murasaki affiancata da altri colleghi, e tutti, alle comprensibili domande degli alunni, avevano rassicurato le classi che la professoressa era in malattia (che, di fatto, non era neanche vero) assicurando però che non si trattava di Covid - cosa per altro facilmente deducibile perché non era scattata alcuna quarantena per alcuna classe, e tutti ci siamo trincerati dietro alla solita selva di "Non so, non ho idea, non ho chiesto, non c'entro, ero a Parigi, adesso vogliamo parlare un po' delle proposizioni relative?" e simili frasi.
La prof.Plusdress lasciava scoperte tre classi: due Terze e una Prima, assai incline quest'ultima al pettegolezzo.
E dunque da chi sono arrivate le domande più insistenti? No, non dalle Terze che pure, avendo in vista un esame di cui ancora non si sa quasi nulla su come si svolgerà, avrebbero pur i loro motivi per interrogarsi ma che si sono limitati a godersi la parziale vacanza; bensì dalla Prima per la quale, tutto sommato, non cambiava poi granché.
Com'è noto, St. Mary Mead è un paese piccolo e la gente è assai incline a mormorare, alcuni più di altri. E se la Terza Brillante, che si distingue per un certo garbo di fondo, aveva osservato un discreto silenzio dopo due domande di circostanza, mentre la Terza Invasata non ha mostrato alcun interesse per le vicissitudini mediche della loro insegnante, i genitori della Prima si sono slanciati in una ridda di  ipotesi che hanno intasato i gruppi di What'sUp - e naturalmente sono ben presto addivenuti all'ipotesi più probabile per l'improvvisa sparizione, vuoi per elementare buon senso, vuoi perché i segreti a St. Mary Mead è davvero difficile mantenerli dato che quasi tutti hanno un confidente discretissimo cui possono raccontare assolutamente tutto senza preoccuparsi che vada a dirlo in giro - e in un piccolo paese tutti sono il discretissimo confidente di qualcun altro.

La prof. Therral, coordinatrice, si è così ritrovata a fare un annuncio pubblico, con tanto di trombe e tamburi, della gravidanza in corso, aggiungendo che il supplente (che, in barba a tutte le pessimistiche previsioni, è arrivato nel giro di 48 ore scarse) era ancora inesperto e quindi era dovere di tutti aiutarlo - un avviso secondo me piuttosto incauto in una classe che sin dall'inizio dell'anno ha mostrato una singolare tendenza ad insegnare a ogni singolo docente come doveva fare il suo mestiere.
Nel frattempo, al suo arrivo il giovinetto si è visto catapultato nell'età della pietra: da qualche giorno le medie di St. Mary Mead si sono viste tranciare il cavo della connessione in rete. Niente registro elettronico, dunque, quasi niente LIM...  e niente piattaforma, quando una volta tanto la Segreteria era riuscita a compiere il miracolo e a fornirgli mail, credenziali e accessi a tutto quanto in un tempo davvero dignitoso.

Auguri a chi va, dunque, ma anche a chi viene:

    Sì, è un tradizionale gatto giapponese di buon augurio: si dice che porti fortuna e prosperità 
(e anche una connessione in rete a tempi rapidi, si spera)

domenica 24 gennaio 2021

Tanto gentili e tanto onesti paion / gli alunni miei quando altrui salutan (Gli implacabili insegnanti di St. Mary Mead, di nuovo)

                  

La Terza Brillante vanta un memorabile curriculum scolastico. Al suo interno comprende un Certificato bravo, diligente e coscienzioso che ha legato a meraviglia con la classe e che durante la micidiale Didattica a Distanza ha studiato con rinnovato vigore arrangiandosi a meraviglia col computer, tre DSA che usano senza problemi gli strumenti compensativi e vivono serenamente la loro DSAggine; uno di loro, Perceval, ha il ruolo di Elemento Originale: fa tutto a modo suo, non sempre bene, e quando prende un voto basso perché ha fatto tutt'altro da quel che gli avevamo chiesto lo incassa senza batter ciglio (e ascolta interessato le nostre rampogne, pur continuando a fare a modo suo). Inoltre c'è Jeanne d'Arc che, operata d'urgenza di appendicite durante la Didattica a Distanza quando eravamo in zona rossa è rientrata quattro giorni prima delle vacanze di Natale assicurando di star bene e con tutti i compiti fatti, per poi esporre serenamente la ricerca che non aveva potuto esporre perché all'epoca era sotto i ferri, e due Stranieri arrivati di punto in bianco dal paese d'origine rispettivamente un anno e due anni fa, che adesso parlano un italiano fluente. L'unico elemento discordante è Fantomas, che frequenta pochissimo e non parla quasi mai, nemmeno se interrogato, ma che nonostante tutto agli scritti prende sempre dei buoni voti, e che certo non crea alcun problema disciplinare - anche perché non c'è quasi mai.
Persino i genitori sono quasi tutti equilibrati, tanto che vantiamo perfino un Figlio di Insegnante che non ha mai causato alcun incidente diplomatico con la sua stimabile madre che lavora da noi.
Durante il lockdown la Terza Brillante è stata allegra, partecipe e briosa nonché di grandissimo conforto e sostegno per noi insegnanti (col risultato che ha svolto praticamente tutti i programmi e adesso non dobbiamo fare troppe corse). Sin da quando era una Prima Molto Promettente è stata presente e partecipe, e faceva moltissimi miracoli. Cortesi, educati, disponibili e studiosi ma anche vivaci e divertenti. Le loro mascherine sono sempre ben posizionate, i loro avvisi sempre firmati, i loro rapporti interni sempre rilassati e amichevoli. Accoglienti con insegnanti e nuovi compagni. Portano sempre i libri della materia giusta. 
Insomma, gli manca solo l'aureola.

Una mattina, mentre imperversavo con il colonialismo del tardo Ottocento Perceval alza la mano (essi alzano quasi sempre la mano prima di parlare).
"Prof, il mio banco è rotto".
E mi fa vedere che il ripiano del banco si è staccato.
"Vai dalla custode e chiedine un altro" autorizzo garbatamente prima di rimettermi a imperversare con i poveri neri africani oppressi e i cattivi bianchi colonialisti (del resto, richiesti di portare dopo le vacanze un fatterello internazionale che li aveva colpiti, in tanti mi hanno fatto lunghi resoconti sulla morte di George Floyd e Black Lives Matter).
Alla quinta ora, mentre sono in Sala Insegnanti ad assemblare una lezioncina sui laghi, arriva Inglese.
"Coordinatore della Terza Brillante, questo è per te".
Guardo il bellissimo cacciavite a stella "E' un regalo?" chiedo speranzosa. Non ne ho mai visto uno così bello e dall'aria così ben funzionante.
"Fai tu. Comunque l'ho sequestrato a Perceval. Sembra che, per passare un po' il tempo, lui e altri quattro svitassero e riavvitassero banchi, finché uno dei banchi alla fine si è rotto. Ho sequestrato il cacciavite e lo passo a te".
"E va bene" sospiro rassegnata mettendolo nel cassetto "Lo riconsegnerò alla famiglia, se viene a riprenderlo" (ma non vengono mai a riprendere queste cose, e allora la riconsegna avviene a fine anno).
La spinosa questione dei banchi svitati non viene ripresa quando entro in classe due giorni dopo, ma solo al Consiglio di Classe, dove Inglese, che non è poi tanto incantata dalla classe (del resto l'ha avuta solo da qualche mese) suggerisce sanzioni. Far ripagare i banchi, mettere rapporti?
"Non hai messo il rapporto?" mi informo.
"La custode gli ha fatto una partaccia e ha detto che se lo rifanno gli farà mettere un rapporto".
Davvero una sanzione esemplare, non c'è che dire. Quasi feroce, direi (del resto, la Custode li conosce da tre anni, la sindrome di Stoccolma deve aver colpito anche lei).
"Abbassiamogli il giudizio di condotta" suggerisce qualcuno.
"Questo almeno sì" convengo a malincuore "Ma forse anche il rapporto non ci starebbe male".
"Glielo metti tu come coordinatore?".
"Io non metto rapporti su cose che non ho visto. Mettiglielo tu che c'eri".
A tutt'oggi il rapporto non è stato inserito. 
Non solo: rivedendo i giudizi sulla condotta mi sono pure accorta che avevamo dimenticato di abbassarlo a uno di loro. Ho provveduto.
Voglia di sanzionar saltami addosso, ma vatti un po' più in là, che mi non posso.
(L'avesse fatto la Terza Invasata, mi figuro gli strilli. Io per prima, si capisce).

martedì 5 gennaio 2021

Vacanze di Natale (Quando i Tuoi Amati Colleghi Sembrano Marziani)


L'anno scolastico 2020/2021 si è rivelato molto faticoso e disagevole per gli insegnanti della media di St. Mary Mead, tra quarantene, minacce di quarantene, cambi di colore della regione, lavori in corso ufficialmente terminati a fine Novembre ma che il 22 Dicembre imperversavano ancora e la micidiale Educazione Civica che nella nostra scuola è stata organizzata nel più complicato dei modi.
Ma finalmente arrivavano le Vacanze di Natale. Oh gioia, gaudio e tripudio! 
Per queste vacanze mi sono preparata con la massima cura: pochissimi compiti, tutti rigorosamente assegnati per la settimana dopo il rientro a scuola, banner a renne e alberi di Natale per tutti sulla Classroom, attingendo alla mia scorta inesauribile di immagini natalizie di cui faccio gran sfoggio anche sul blog, e una bella immagine altrettanto natalizia per tutte le classi, solo con dei sobrii auguri e senza alcun tipo di messaggio o esortazione.

Certo, naturalmente capita di dare una scorsa ogni tanto alla casella della posta della scuola. Che non sarei obbligata a fare, perché a questo punto sono in vacanza - ma insegnanti si nasce, non si diventa, e poniamo che qualche alunno voglia un chiarimento o un consiglio?
Ammettiamolo, gli alunni delle medie di St. Mary Mead hanno battuto il personale docente di gran lunga per buon senso, accortezza e praticità. 
Infatti han cominciato a dare pallidi cenni di vita dopo Capodanno, mandandomi comunicazione che avevano svolto il piccolo compito assegnato, l'avevano consegnato su Classroom e informandosi 1) se l'avevo ricevuto e 2) se lo leggevo. Entrambe le domande, visti i precedenti, erano più che legittime, ma fortunatamente ho potuto rassicurare tutti. Aspettare almeno Capodanno per mettere mano ai compiti mi sembra pratica assai buona e giusta, specie  quest'anno.
Ma i colleghi, ah, i colleghi...

Si comincia il 22 Dicembre pomeriggio, a scuole ormai chiuse e ad ultima scarica di circolari già arrivata, quando la responsabile di Educazione Civica (perché la scuola di St. Mary Mead ha preso la legge molto sul serio, nominando tra l'altro una specifica Responsabile che a sua volta ha preso molto sul serio il suo incarico) ci avvisa che è stata indetta una riunione tra coordinatori di classe per approvare i descrittori per la valutazione di suddetta materia - e, suppongo, anche per decidere cosa mettere nella prova scritta generale di fine quadrimestre che è stato deciso di svolgere. Tale ineffabile riunione, inizialmente fissata per le 16.00 del 7 Gennaio, si svolgerà invece alle 18.30 perché "la Preside prima non può". 
Due giorni dopo, a scuole ormai chiuse, arriva la richiesta per i coordinatori di caricare su Classroom apposita tabella ove indicare le ore già svolte, che "si possono facilmente ricavare dal registro elettronico".
Siccome verso tutta la questione di Educazione Civica ci ho un dente avvelenato che nemmeno un cobra, e siccome le mie ore le ho segnate sul registro cartaceo che a suo tempo è stato distribuito nelle classi, carico la tabella per il mio Consiglio di Classe ma NON inserisco le ore che ho svolto e che trascriverò il 7 Gennaio quando avrò in mano il registro cartaceo di cui sopra. E in cuor mio mi domando perché ci han dato un registro su carta da compilare se poi dovevamo compilare anche la tabella.
Ma siamo sotto Natale e poi io sono buona e cara e non polemizzo mai - insomma, carico la tabella e mi chiudo in un pudico silenzio.
Il giorno dopo arriva l'invito per la riunione, cui mi guardo bene dal rispondere. 
Passa Natale e tutti sembrano essersi messi tranquillini.

Errore!
Il giorno 28 Dicembre la Coordinatrice della Seconda Asserpentata ci scrive per ricordarci che uno dei serpentelli avrà in Gennaio un intervento piuttosto delicato. Ci raccomanda di essere pazienti con lui se nelle prime settimane di scuola sarà un po' di fuori (e vabbé, mi sembra il minimo) ma soprattutto prevede di organizzare il piano per la Didattica a Distanza mentre è a casa (che in quel caso si chiama Didattica Integrativa e prevede che il singolo alunno in quarantena si colleghi da casa con la classe).
Dopo aver rimesso al loro posto gli occhi che mi erano cascati in mano rispondo che la Didattica Integrativa è nata per i poveri alunni sfavati che sono costretti in quarantena anche se asintomatici, e non per gli alunni effettivamente ammalati,  che giustamente sono autorizzati da apposito certificato medico a fregarsene alla grande della scuola: tutto sommato preferisco rischiare un richiamo sullo Stato di Servizio che prendermi una colossale lavata di capo da Amnesty International.
Non ricevo risposta e ne sono ben lieta.
Ma il giorno dopo - e siamo ormai al 29 Dicembre - arriva una mail dalla VicePreside che ci manda, nientemeno, che lo schema del verbale per i Consigli di Classe di Gennaio - sì, i cosiddetti Prescrutini, che si svolgeranno nell'ultima settimana del mese. 
E va bene, chi ha tempo non aspetti tempo, meglio un giorno prima che un giorno dopo eccetera eccetera. Tuttavia, secondo me, c'è una sottile linea di demarcazione che separa il Giusto Zelo Lavorativo, del tutto doveroso soprattutto in un dipendente dello Stato, dall'Assoluto Masochismo, e a St. Mary Mead questo limite è stato abbondantemente varcato.

Proprio come i gatti, la Didattica a Distanza lascia impronte nel nostro cuore, e a quel che sembra anche nel nostro cervello. E forse sarebbe il caso di cancellarle, perché un conto è una cauta apertura di disponibilità anche in vacanza verso gli alunni, ma ben altro conto è la disponibilità durante le vacanze a occuparsi delle scartoffie (o della Didattica Integrativa fatta a chi sta in ospedale).

giovedì 12 novembre 2020

Don't panic! (ovvero "eccoci all'acqua")


Il titolo di questo post ha una doppia origine.
La prima parte è un modo di dire famosissimo per la generazione cresciuta dopo la mia, in quanto sottotitolo della Guida galattica per gli autostoppisti ovvero quel romanzo che comincia il giorno dopo che i delfini, che sono la specie dominante sulla Terra anche se gli uomini non l'hanno mai capito, hanno salutato l'umanità con grandi e giocose acrobazie (il cui significato era "Addio, e grazie per tutto il pesce") prima di abbandonare il pianeta che stava per essere distrutto e salire a bordo di una bellissima astronave che era appunto venuta a portarli via.
Il secondo è un modo di dire della vecchia e gloriosa tradizione popolare e viene usato nei casi in cui un problema, a lungo prospettato e temuto, si manifesta per davvero.

Passate le prime due, disastrose, quarantene di classe, la Preside Caramell ha meditato e ponderato, soprattutto sulla curiosa osservazione che dalla ASL le han mandato a dire: "E certo, i vostri insegnanti si mettono subito in quarantena. Nelle altre scuole non lo fanno". Sottinteso: "Siete un po' troppo scrupolosi". Così al Collegio ci è stato letto quando effettivamente dovevamo metterci in quarantena, ovvero se avevamo a lungo pomiciato con un alunno positivo o al contrario lui ci aveva sputato in un occhio (dopo essersi tolto la mascherina, ovviamente). Insomma se c'era stato un "contatto stretto" di una certa durata.
Qualora avessimo ritenuto di poter dire in piena purezza di coscienza che lo stretto contatto di una certa durata non c'era stato, allora bastava firmare una piccola autocertificazione in tal senso e potevamo continuare a farci onestamente la nostra vita, anche lavorativa.
Sempre allo stesso Collegio avevamo votato un regolamento per la Didattica a Distanza che diceva in sintesi che, in caso di classe in quarantena, gli facevamo lezione dalla classe, noi in classe e loro a casa, con l'orario un po' sforbiciato per dargli congrui intervalli onde riposarsi gli occhi, e se gli insegnanti in quarantena erano disponibili potevano far lezione anche loro senza mancar di riguardo al nostro ormai preistorico contratto.
E pochi giorni dopo la Terza Brillante è entrata in quarantena, giusto quando avevo deciso di avviare una lunga serie di esposizioni su temi assegnati, da ascoltare pigramente mentre mi laccavo le unghie per poi criticarli che le slide non erano fatte bene o che avevano trascurato questo o quel punto essenziale - insomma un po' di sana routine, finalmente.
E il mio primo, preoccupatissimo pensiero è stato rivolto non già alla salute del povero contagiato, quanto alla telecamera della classe, che non era stata mai provata.
"Dovrebbe funzionare" mi ha rassicurato la paziente Responsabile Digitale. Poi mi ha spiegato, in caso che così non fosse, che potevo prendere questo o quel computer dove la telecamera era già stata ampiamente testata e metterlo in classe al posto del nostro.
Discussioni sulle casse. Ma non importavano, potevo prendere le cuffie che c'erano nel laboratorio di informatica nell'armadietto A sul palchetto B. 
Creazione della lezione su Google Meet. Fitto scambio di mail con i ragazzi e con i colleghi.
In sottofondo la VicePreside che mi tampinava perché "mandassi il programma della settimana alla Preside". Il Piano Didattico, nientemeno, con tanto di tabellina dell'orario, in qualità di coordinatore.
"Quale tabellina di quale orario? Il regolamento prevede che facciamo l'orario regolare" rispondevo sempre più irritata.
Niente, lei voleva che mandassi la tabellina.
Ho mandato due righe dicendo che facevamo l'orario regolare. Avevo altro per la testa che perder tempo con le scartoffie.

La mattina dopo, tremante, tremebonda e assolutamente elettrica mi fiondo in classe, perché avrei avuto il grande onore di fare il taglio del nastro.
Sulla porta dell'aula un cartello "Vietato entrare".
"Che è 'sta roba?" mi son chiesta schifata strappandolo. Sono una Brava Insegnante, non ho tempo per le scartoffie, io, mi preoccupo soprattutto della didattica e del programma.
All'interno della classe funzionava tutto: le casse, le cuffie e pure la telecamera. Anzi, grazie al possente collegamento in fibra per la prima volta vedo non già degli ectoplasmi, ma dei ragazzi rosei e freschi. Molto perplessi, in verità. 
Qualcuno va e viene come un'anima in pena, qualcuno alla fine entra con l'account del padre, della zia o del gatto.
Ma loro sono la Terza Brillante, hanno fatto (bene) tutti i compiti e hanno anche preparato le ricerche. 
Non è proprio una lezione rilassante come speravo, ma funziona.
Dimagrita di un buon paio di chili esco infine dalla classe, dopo essermi preoccupata di lasciare ai colleghi un bel sanificatore onde pulire cattedra e computer, e incrocio la custode.
"Professoressa, ma sulla porta c'era un cartello. Nessuno può entrare in quella classe prima che sia stata sanificata da apposita ditta esterna".
Oh?
Ripensandoci, la cosa ha un senso. Specie se si sorvola pudicamente sul fatto che in quella classe, per quattro giorni, ovvero fin quando non è arrivato il risultato del tampone, senza sanificazione alcuna avevamo allegramente fatto lezione in presenza con tutti gli alunni (salvo quello in quarantena che aspettava il risultato del tampone).
Ma non ci avevo pensato. E nemmeno ci aveva pensato la Responsabile Digitale, o la VicePreside con cui avevo parlato dei miei patemi d'animo riguardo alla telecamera e che, pure lei, aveva provato a racconfortarmi.
Mi sono cosparsa di cenere sul capo e fustigata con una frusta imbevuta nel succo di ortica. E tutti han provato a confortarmi dicendo che non si poteva pensare a tutto.
E poi la vita è continuata. Chi è venuto dopo di me ha fatto lezione dalla biblioteca, che in questo periodo è un posto molto rilassante in quanto non ci va nessuno, nemmeno io - solo un po' di pioggia, ogni tanto, a sgocciolare lungo le pareti.

La quarantena è iniziata, evviva la quarantena.

venerdì 6 novembre 2020

Banchi a rotelle 2 - La Vendetta

Banchi con le rotelle: non solo per l'autoscontro

E così, come mi ero ripromessa, ho portato anche la Terza in gita  di piacere in Aula Magna a vedere i banchi con le rotelle. Ho aspettato che fossero loro a chiedermelo, si capisce. In effetti mi chiedono di portarli a vedere i mitici banchi con le rotelle.
"D'accordo, ma niente autoscontro" dichiaro in assoluta ipocrisia.
Li guardano, ne discutono. E "Prof, possiamo provarli?"
"Sì, ma con cautela. Ricordatevi che sono oggetti fragili".
E lo sono davvero, a quel che sembra. Scontra che ti scontro, dopo nemmeno due minuti uno dei banchi cade per terra. Peccato solo che sul banco ci fosse un ragazzo.
"No, troppo forte così. Non dovete urtarvi bruscamente" li rampogno con dolcezza controllando che il caduto non si sia fatto male (non se ne è fatto manco un po', a giudicare da come ride).
Altri due  minuti, e un altro si ritrova a terra sul sedile. Infatti, come in tante sedie con le rotelle, c'è un perno che tiene unite le due parti, e con un po' di fortuna puoi staccarlo.
"Nemmeno così va bene. Sono oggetti delicati, manovrateli con dolcezza" li rimprovero con un pelino di dolcezza in meno.
Sono una classe molto ragionevole, e infatti cominciano a fare l'autoscontro, ma con dolcezza. Si urtano con garbo, si allontanano con garbo, si circondano e allargano e restringono con garbo. Mentre li guardo capisco finalmente perché a qualcuno è venuto in mente di acquistarli: effettivamente in quel modo il distanziamento di un metro e qualcosa si mantiene. Sono davvero banchi di sicurezza (se non ti attacchi al conducente di un altro banco e non cerchi di tirarlo giù, si capisce. E nella maggior parte delle classi è proprio quel che farebbero, e non solo a titolo di esperimento iniziale come ha fatto la Terza).
Ben presto l'Aula Magna è percorsa da banchi pattinanti. A modo suo, è uno spettacolo grazioso, ricorda vagamente certi galà di pattinaggio su ghiaccio.
Ma, ahimé, entra la custode. Molto arcigna, e piuttosto scandalizzata.
E no, no, no e assolutamente no! Loro quei banchi non avrebbero nemmeno dovuto toccarli, e certo non erano lì per giocarci in quel modo! E vengo rimproverata con una certa asprezza anch'io, ma un po' sotto le righe: ormai sono una decana anch'io, là dentro, più di tanto non si può mancarmi di riguardo. Accetto il rimprovero senza ribattere: non ho particolari argomenti da portare a mia difesa, se non il fatto che i banchi sono ancora in perfetta salute e i ragazzi si sono divertiti, ma in sicurezza. D'altra parte non ho nemmeno voglia di difendermi e del resto sarebbe perfettamente inutile.
Domi, ma neanche un po' pentiti, rientriamo in classe e riprendiamo la lezione senza spendere nemmeno un quarto di parola sull'accaduto. C'è la Belle Epoque che ci aspetta.

Ma secondo me avevamo trovato un ottimo utilizzo per quei banchi.

lunedì 26 ottobre 2020

Sono arrivati i banchi a rotelle!


E infine i banchi a rotelle sono arrivati per davvero.
E che ci fanno a St. Mary Mead, dove dalla notte dei tempi i nostri amati alunni per avere un compagno di banco sono costretti ad appiccicare due banchi tra loro (ottima procedura che permette tra l'altro anche banchi a tre e quattro posti e perfino classi con i banchi disposti a ferro di cavallo, nonostante il responsabile della sicurezza strepiti e faccia fuoco e fiamme)?
Non so. Era possibile ordinarli e la Preside Caramell li ha ordinati. La prima idea, corre voce, era di darne un gruppetto ad ogni classe. Ma se davvero ha pensato una scemenza simile, tosto è rinsavita e li ha dirottati là dove potevano avere un senso, ovvero nell'Aula Magna - che tanto magna non è, ma insomma è lì che ospitiamo i genitori in riunione e teniamo le presentazioni dei libri o eventuali conferenze, le plenarie dell'esame e cose del genere. E le sedie dell'Aula Magna...  Immaginatevi dei patetici rottami dei tempi andati, di plastica verde graffiata e per giunta piccole e scomode; ecco, sono loro. Anzi erano loro, perché adesso se ne stanno impilate in un agolino e i nuovi banchi rotanti, in versione arancione psichedelico, han preso il loro posto.
Lì hanno effettivamente un senso. C'è il ripiano per appoggiare il telefonino o il blocco degli appunti, un adulto ci sta abbastanza comodo...
A cosa servono le rotelle? 
Non lo so e non mi interessa, però la prossima volta che riceveremo i genitori in massa il giorno delle elezioni dei rappresentanti di classe (sì, tornerà quel giorno. Io ci credo fermamente, per quanto adesso sembri lontanissimo) potremo farli sedere in modo dignitoso anche se sono genitori alti o in lieve sovrappeso, e se lo desiderano potranno anche prendersi un po' di appunti attingendo alle perle di saggezza che Preside e VicePresidi gli propineranno senza pietà.

E così adesso i banchi con le rotelle stanno accalcati in Aula Magna.
C'è solo un piccolo problema: in Aula Magna portiamo alcune classi a fare l'intervallo, proprio perché è Magna e quindi hanno più spazio per muoversi.
Ed è toccato anche alla mia prima.
"Prof, possiamo sederci?".
"Sì, ma solo sedervi, niente autoscontro perché sono strutture fragili".
Ovviamente, ottanta secondi dopo l'autoscontro imperversava già, anche se contenuto per ovvi motivi di spazio.
Li ho fatti alzare.
La volta dopo però li ho lasciati un po' di più. Un cautissimo autoscontro non dovrebbe recare troppo danno ai delicati oggetti.
"Prof, ma a che servono le rotelle?".
"Non l'ho mai capito". Forse proprio per farli giocare all'autoscontro?
Oggi ci porto la Terza. Ho aspettato, perché sono più grandi e quindi più forti dei primini.
Anch'io siedo in un angolo. Ho scoperto che riesco a resistere alla tentazione di giocare all'autoscontro anch'io.
Come ci spiega ogni tanto qualcuno, il Covid è anche un viaggio all'interno di noi stessi, e ci permette di scoprire nuove cose di noi che altrimenti non avremmo mai scoperto. E a quanto sembra, io possiedo una grande riserva di forza di volontà.
Per adesso.

domenica 25 ottobre 2020

Under my cover

Per strano che possa sembrare, in casa ho alcune coperte a gatti

 Come mi sembra di aver detto, in questi giorni a scuola oltre ad essere molto, molto umido fa pure un gran freddo, tanto che spesso i ragazzi rumoreggiano e protestano quando apriamo le finestre per cambiare l'aria come previsto da regolamento Covid.
E una bella mattina, entrando in classe, trovo Perceval che mi dice "Prof, oggi ho la coperta a gatti".
Lo guardo, con una sensazione indefinibile di familiarità perché...
"Ehi, ho anch'io quella coperta. Nel senso che in questo momento ce l'ho nel salotto, su una poltrona. E quando sono uscita di casa su quella medesima coperta c'era un bel gatto nero molto acciambellato".
Seguono mirallegri di tutti i tipi. Perceval si drappeggia la coperta addosso con eleganza, annodandola intorno al collo.
"Qualcuno di voi tiri fuori un cellulare e faccia una bella foto, se Perceval è d'accordo. Poi la mettiamo sulla piattaforma".
Perceval naturalmente è d'accordo.
"Se non inquadrate la testa non corriamo nessun rischio sulla privacy" suggerisce l'accorta insegnante di sostegno.
Segue defilé di Perceval, con foto. Mi fanno vedere le foto, approvo.
Arrivano i ragazzi dei pulmini. Tutti festeggiano e ammirano la coperta.
Alla fine la lezione comincia, con Perceval ben ravvolto nella sua elegante coperta a gatti.
Che sfoggia anche durante l'intervallo. Un paio di colleghi guardano interessati.
"Un ragazzo intelligente. Forse dovremmo fare anche noi come lui".
Il giorno dopo, per fortuna, la temperatura si è alzata e di coperte non se ne sono viste più.

mercoledì 21 ottobre 2020

Il primo positivo non si scorda mai (post autocelebrativo sugli Eroici Insegnanti di St. Mary Mead)


Pur nella soverchia confusione degli interminabili lavori tuttora in corso (e uno si domanda: ma come avran fatto con la piramide di Cheope e l'Empire State Building, se qui da sei mesi ci strasciniamo un cappotto antisismico per una scuoletta di paese?), pur nell'eterna attesa di nomine che ancora non arrivano, pure nel gran rifrullo di orari provvisoriamente definitivi e definitivamente provvisori, la piccola scuoletta di St. Mary Mead procedeva la sua perigliosa rotta nel tormentato anno scolastico con qualche modesto tampone il cui risultato era sempre stato negativo.

Finché anche per noi è arrivata la feral notizia che un tampone era positivo.
Naturalmente l'annuncio è arrivato quando tutti eravamo più tranquilli e assorti nelle più domestiche cure, ovvero di Domenica pomeriggio.
Tampone positivo. Alunno positivo. Classe in quarantena. Professori in quarantena.
Siamo una piccola scuoletta, con tre sezioni. 
Siamo poco più di venti insegnanti. Se ci togli gli insegnanti di una classe diventiamo istantaneamente una scuola nei guai.
Se per giunta un paio di ulteriori insegnanti nel fine settimana non han trovato di meglio da fare che ammalarsi per conto proprio (e una di loro si è pure fatta il tampone) diventiamo vieppiù una scuola nei guai.
E poi c'è l'indotto: in questo momento per esempio tra i nostri alunni contiamo ben due figli di insegnanti.
E poi siamo in un paesello: l'untore di turno ha amici e parenti, e giustamente un po' li frequenta. Guarda caso, sia amici che parenti frequentano proprio la stessa scuola. Non molto strano, in effetti. Così abbiamo ben quattro ulteriori alunni in "quarantena cautelativa" in attesa di tampone.
Oltre al fatto che ci continua a mancare un insegnante di inglese per questioni che la mia debole mente si rifiuta di seguire. E le mascherine scarseggiano. E, signora mia, non ci son più le mezze stagioni e infatti fa un freddo invernale e l'autunno deve essere andato in vacanza da qualche altra parte, alla faccia dell'estate di san Martino.
Qualcuno ha quindi passato la Domenica pomeriggio a ricomporre l'orario, ridotto nuovamente a quattro ore dopo ben una settimana in cui eravamo riusciti a fare quello pieno, nonché ad avvisare i colleghi della lieta novella.
Qualcun altro ha passato la Domenica a tormentare il Comune perché riorganizzasse il servizio pullmini.

Strano ma vero, ce l'abbiamo fatta. Lunedì eravamo lì, un po' straniti ma col coltello in mezzo ai denti al grido di "Scuola o morte!". E a mezzogiorno i pullmini c'erano.
E scuola è stata.
Poi è arrivato il tampone negativo dell'insegnante ammalata, e già ci stavamo un po' racconfortando quando i positivi sono diventati due.
Seconda classe in quarantena. E ulteriori insegnanti in quarantena, compresa quella appena dichiarata sana.
"Stavolta ci toccherò chiudere" ha scosso la testa qualcuno.
Ma misteriosamente l'orario è stato ricomposto e in qualche modo funziona - del resto, c'è una classe in meno dove fare sostituzioni.
ogni mattina insegnanti, alunni e custodi varcano i due portoni e le lezioni e le sanificazioni si svolgono regolarmente (e siccome ha smesso di piovere facciamo perfino lezione all'asciutto).

Il primo che mi viene a parlare della tradizionale indisciplina degli italiani lo scuoio vivo.

giovedì 5 marzo 2020

Gran disordine sotto il cielo (ma soprattutto alla scuola media di St. Mary Mead)

Così alla fine le scuole hanno davvero, chiuso, in tutta Italia, e noi poveri insegnanti siamo ancora piuttosto straniti. Per il momento nessuno pretende da noi di St. Mary Mead che facciamo lezioni in videoconferenza, anche in considerazione del fatto che una buona metà delle famiglie non ha ancora capito come funziona il registro elettronico - ma in compenso tutti i ragazzi sembrano sapere usare benissimo YouTube, visto che due giorni fa la Terza Soddisfatta ha provato a convincermi che c'è chi mangia i polpi vivi*.
Vedremo se effettivamente tutto ciò si limiterà a questa decina di giorni o se avrà un seguito, e di quale entità.
La giornata di ieri era iniziata in modo piuttosto ordinario, ma è stata ben presto avvolta in un gran rifrullo di circolari.
Prima di tutto il leggendario Grande Sciopero del 6 Marzo. Era stato indetto una settimana fa, avevamo compilato il foglio che indicava se sì, lo facevamo, no, non lo facevamo o, terza colonna, "col cazzo che vi diciamo se lo facciamo o no" riassunto in un sobrio "non comunico".
Poi lo sciopero era stato cancellato, e il foglio era rimasto sul tavolo della Sala Insegnanti a prendere aria e luce per essere infine tolto.
Poi l'hanno stampato di nuovo e rimesso sul tavolo perché, ci hanno spiegato le custodi vagamente scocciate, solo una parte dei sindacati l'aveva annullato, mentre altri continuavano a proclamarlo.
E di nuovo avevamo compilato le colonnine del sì, del no e del "ma saranno cazzi nostri se lo facciamo o non lo facciamo?". Poi di nuovo era stato annullato anche dai sindacati che insistevano a farlo.
Ieri era ricomparso un nuovo foglio perché i sindacati avevano deciso di spostarlo al 9 Marzo.
E di nuovo abbiamo compilato il foglio, in un fiorire di frasi e di commenti decisamente inadeguati al contesto scolastico.
Poi era arrivata la circolare che raccontava come qualmente, in base alle istruuzioni del Ministero, erano stati banditi fino al 15 Marzo anche i consigli di classe e i collegi dei docenti e non so che altro. Però, aveva stabilito la Dirigenza, avremmo fatto ugualmente le riunioni per dipartimento e financo i PEI**, compreso il leggendario PEI della fanciullina dei Servizi Sociali che finora, per i più vari e incomprensibili motivi non legati a noi insegnanti, non era ancora stato fatto anche se se ne parlava dall'inizio dell'anno.
E ieri, prima dalla ASL, poi dai Servizi Sociali, avevano mandato a dire che loro non avrebbero partecipato, trasformando gli insegnanti di Sostegno in una muta di cani rabbiosi.
"E allora lo faremo tra noi, per amore o per forza!" aveva proclamato Sostegno Major.
"E noi ci saremo, a dispetto di tutto" avevo solennemente promesso a nome del Consiglio di Classe. E avremmo dovuto farlo oggi.
Poi è arrivata la comunicazione della Dirigenza che ci spiegava che i corsi di recupero erano sospesi fino al 15 Marzo. 
In verità non è esatto dire che i corsi di recupero erano sospesi, in quanto dovevano cominciare oggi. Così nella stessa mattinata i ragazzi si sono visti recapitare prima l'orario, poi la comunicazione che non se ne faceva di nulla.
Poi è arrivata la notifica di una assemblea sindacale per docenti, seguita dalla smentita della suddetta assemblea sindacale. Così, nella stessa ora.
Poi la Segreteria ci ha mandato a dire che chiudeva al pubblico e avrebbe ricevuto genitori e insegnanti solo previa appuntamento, e a distanza di due metri.
"Sarà un piacere smettere di avere a che fare con quei cretini" è stato il caritatevole commento di un docente, che interpretava il pensiero di tutti noi.
Poi è passata per le classi la consueta circolare da sciopero per dire che il 9 non era garantito il regolare svolgimento delle lezioni.
Poi è arrivata la voce che il Governo stava per proclamare la chiusura di tutte le scuole del regno.
In Sala Insegnanti il sarcasmo fioriva rigoglioso.
"Questa però non è una bufala, dice che è scritta sull'ANSA".
Vado a guardare l'ANSA e scopro che il governo deve ancora pensarci su e ha convocato una riunione con gli esperti per decidere.
La diffidenza fiorisce ancor più rigogliosa del sarcasmo.
Poi è arrivata la convocazione di una assemblea degli ATA, ovvero personale scolastico non docente.
"Ma se sono sospese tutte le assemblee, perché hanno autorizzato quella degli ATA?".
Infatti arriva prontamente anche la smentita dell'assemblea ATA.
"Sarà perché in Segreteria si annoiano, tutti soli e senza niente da fare" commenta qualcuno.
Poi è passata la rettifica del sindacato che annullava lo sciopero del 9 Marzo.
Vivaddio, vado in classe a fare l'ultima ora. E scappo a casa.
Dove scopro che stanno davvero per chiudere le scuole. Forse. Sembra. Pare.
E restiamo in attesa fin verso le sette di sera.
Niente PEI, mi dicono i colleghi di sostegno. E in cuor mio cova il sospetto che proprio la nostra dissennata ostinazione nel fare ad ogni costo questo PEI a dispetto della volontà di dio e degli uomini sia responsabile dell'emergenza nazionale che ha portato a chiudere le scuole di tutto il paese.

Non ho la minima opinione in merito al provvedimento, quindi mi limito docilmente ad eseguirlo. Non sono immunologa né ministro, mi sono laureata non già all'Università della Vita bensì a quella di Firenze, dopo un rispettabile percorso di studi tutt'altro che scientifico, e non mi sento medica nel cuore.
Ma non posso fare a meno di pensare che l'ANSA si sia comportata piuttosto male vendendo la pelle di un orso ancora in salute e rischiando di prendere in giro una volta di più tanti bravi giovani innocenti, annunciando a titoli di scatola e con foto a effetto una chiusura delle scuole che alle undici era ancora in piena discussione e che è stata dichiarata in modo ufficiale solo otto ore dopo, comportandosi come un qualunque giornale sensazionalistico.
E ho trovato inqualificabili i sindacati che, in un momento così particolare, han passato le giornate a fare e disfare scioperi e assemblee che tutto annunciava come impraticabili.

* e magari i polpi saranno anche vivi, all'inizio, ma chi prova a iongoiarseli in un boccone difficilmente resterà vivo a lungo, considerando che le dimensioni di un esofago umano sono quelle che sono.
**trattasi di riunioni dedicate agli alunni certificati, dove di solito partecipano insegnanti, medici della ASL, educatori e assistenti vari e famiglie allo scopo di stabilire una Piano Educativo Individuale.