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lunedì 29 marzo 2021

Lunedì film - Il grande dittatore (film per le medie)


Nel 1938 Chaplin decise di fare un film sul nazismo, in particolare sul nazismo e gli ebrei. Il film uscì nel 1940, quando ormai in Europa c'era la guerra, e naturalmente in molti paesi non se ne vide traccia fin quando la guerra non finì. 
In Italia arrivò nel 1960 in versione addomesticata, togliendo le scene dove appariva la signora Napoloni (ovvero Rachele Mussolini, che all'epoca era ancora viva). Quella fu la versione che vidi da ragazzina, e rimasi piuttosto sorpresa quando, molti anni dopo, presentandola per la prima volta a una scolaresca, trovai una serie di scene che non ricordavo affatto, a tratti doppiata da altre voci.
Aggiungo anche che, mentre quando ero ragazzina, se pure in versione censurata, era abbastanza onnipresente, in seguito mi ero perfino dimenticata della sua esistenza perché a partire dagli anni 80 ha imperversato molto meno. Eppure mi sembra un tassello del tutto indispensabile all'educazione di un giovinetto cresciuto nell'Occidente.
Ma in televisione non lo passano più, su YouTube si trovano solo pochi video in italiano, e la maggior parte riguardano il discorso finale del barbiere ebreo che ha preso involontariamente il posto di Adenoid Hinkler, ritornato improvvisamente in auge dopo che non so quale gran ditta lo ha citato in una pubblicità. Perfino la meravigliosa danza col mappamondo si trova solo in inglese.
Alla scuola media di St. Mary Mead comunque io e la prof. Casini lo propiniamo sempre con grande successo alle nostre terze, che se lo sorbiscono in versione integrale divertendosi molto.
Per quanto lunghetto (passa le due ore)e con una trama un po' slegata e altamente improbabile, il film presenta molti vantaggi sul piano didattico e non rischia di traumatizzare nessuno. Ed è una eccellente scorciatoia in un punto del programma così fitto e così complicato com'è la seconda guerra mondiale.
Prima di tutto c'è una graziosa scena introduttiva ambientata durante la prima guerra mondiale, che permette di vedere come funzionavano all'epoca gli aerei (o meglio come non funzionavano, talvolta). Poi descrive molto bene la situazione degli ebrei in quegli anni. Presenta molto bene tutto l'apparato nazista - gli stendardi, i paramenti, le svastiche*, il saluto, gli stadi strapieni di folle in delirio, gli impermeabili chiari che a Hitler piacevano tanto e davvero è difficile capire perché, visto che gli stavan proprio male; ma soprattutto presenta Hitler, in una versione un po' addolcita ma molto filologica. Per intendersi, quando Hinkler parla in una lingua intraducibile, sembra proprio di vedere Hitler sul palco. In questo modo mi risparmio di far vedere i veri discorsi di Hitler, che su YouTube ci sono ma sono senza traduzione oppure con ricchi sottotitoli in inglese tutt'altro che facili da seguire, e sono anche terribilmente sgradevoli perché Hitler più che parlare strillava; mentre l'unico discorso di Hinkler del film è fatto con una perfetta imitazione dello stile di Hitler: nessuno ci capisce niente ma un garbato commentatore lo riassume con voce vellutata in una pratica scaletta ("sua eccellenza ha espresso alcune considerazioni sulla razza ebraica") molto facile da seguire.
La parte con Napoloni (alias Mussolini) non è invece granché filologica, anche se offre interessanti spunti per capire come veniva considerato altrove il nostro italico dittatore all'apertura della guerra e soprattutto dopo la Conferenza di Monaco - in pratica, il più furbo dei due, capace di rigirarsi Hinkler sulla punta di un dito e di fregarlo come voleva. Oggi sappiamo che le cose stavano in modo differente, e che i rapporti di forza tra i due erano ormai abbastanza diversi - in effetti, a ruoli invertiti, la visita di Napoloni sembrerebbe una parodia di quel che fu la visita di Hitler in Italia, con Mussolini preoccupatissimo di fare bella figura (e, va pur detto, con Hitler che sul momento ci cascò scambiando l'Italia per una grande potenza militare che gli sarebbe stata di grande aiuto, e non una vera palla al piede che avrebbe contribuito a portarlo alla rovina). 
E poi c'è la soave scena del mappamondo, così finemente simbolica, sulle note del preludio di Lohengrin, che da sola vale abbondantemente il prezzo del biglietto e che volendo permetterebbe un aggancio con la strumentalizzazione che venne fatta della musica di Wagner - aggancio che da quando insegno ogni anno mi riprometto di fare ma poi non c'è mai tempo, e soprattutto è piuttosto complicato senza una qualche collaborazione con l'insegnante di Musica - e forse è complicato punto e basta in un mondo dove Wagner è un argomento noto e interessante solo per gli appassionati. Ma tutte le volte che guardo quella scena non posso che ammirare la squisita ironia con cui Chaplin, da un compositore che i nazisti apprezzavano soprattutto per una musica spesso cupa, molto spesso assai drammatica, occasionalmente trionfale, sceglie una pagina non solo dolce ma fiabesca.

* che in realtà non ci sono, venendo sostituite da doppie X. Però l'effetto è davvero simile

venerdì 19 marzo 2021

Il nuovo supplente dice le parolacce!

Ho trovato quest'immagine cercando "scandalized cat"

E dunque il Supplente di Matematica per la Collega Incinta è stato trovato in fretta. Un ragazzino (che in realtà ha più di trent'anni) con un aria da uccellino di nidio che mai se n'è visto di uguale, biondo e roseo, tutto perbenino e ben vestito, che ha continuato a dare del lei ai colleghi più anziani finché qualcuno non si è deciso a spiegargli che noi davamo del tu a lui non perché era un giovinetto, ma perché tra insegnanti ci si dà sempre del tu, indipendentemente dall'età, dalla posizione in graduatoria e dagli anni di servizio accumulati.
Oltre che giovane e un po' inesperto costui è anche capitato in una scuola dove la squadra di Matematica lavora in perfetta sintonia e secondo criteri abbastanza insoliti ma didatticamente assai moderni e laboratoriali, senza libro di Scienze e con tutta una serie di modalità un po' diverse dal solito. 
Inoltre c'era il problema dei BES, dei PDP, dei DSA e tutta la giungla delle sigle - per cui ogni classe richiede una serie di aggiustamenti e di gradazioni per gli scritti e per gli orali. La Decana di Sostegno lo aveva appiccicato al muro non appena arrivato per fargli una specie di lavaggio del cervello, ma a quanto pare non è bastato e sono sorte grandissime lamentazioni da parte dei Genitori della Terza Invasata - tutta gente, va detto, abituata a lamentarsi sempre e comunque di tutto e di tutti.
E allora ci sono stati gran colloqui di spiegazione e orientamento da parte di tutte le docenti di Matematica e anche della futura madre, da casa sua, ma ancora sembra che il meccanismo sia alquanto da perfezionare.
E poi ci sono le classi: se la Terza Brillante si è stretta nelle spalle dicendo "Altro giro, altra corsa" e ha continuato a lavorare come faceva prima e come, nel complesso, ha sempre fatto, e si è ben guardata dal mostrarsi indisciplinata (smettendo pure, per l'occasione, di smontare banchi), la Terza Invasata naturalmente si è mostrata ingestibile, rumorosa e indisciplinata come ha sempre fatto con tutti gli insegnanti tranne, guarda caso, con la titolare di Matematica e futura madre che ha sempre avuto un magico tocco che le permette di gestire con garbo, dolcezza e decorosi risultati tutte le classi; quanto alla Prima attualmente allo Sbando, naturalmente si è mostrata assai sbandata e sbadata, facendo assai confusione in quel suo tipico modo che porta inevitabilmente all'esasperazione chiunque abbia la (s)ventura di insegnare in quella classe.
"Non è colpa del fatto che sei giovane e non sai tenerli" abbiamo provato a consolarlo "In quelle due classi abbiamo tutti parecchi problemi". 
E' stato comunque deciso di dargli un po' di compresenze, cosa che quest'anno è possibile grazie al misterioso ma finalmente presente Personale Covid che, non avendo niente di specifico da fare, fa un po' di tutto a seconda dei casi - e meno male che son tutte persone pazienti & accomodanti.
E tra di noi abbiamo un pochino mormorato, ma con tanta tanta cautela e a mezza voce. Perché, infine, non è che sei nuovo al mestiere automaticamente non sai gestire una classe, e d'altra parte se avesse piantato di tirare bidoni ai vari appuntamenti telefonici che le decane si preoccupavano di fissargli per spiegargli la rava e la fava dei singoli casi, delle famiglie e dei livelli di apprendimento, magari le cose sarebbero potute anche andare un pochino meglio.

Ma poi i ragazzi han cominciato a mormorare, anzi a protestare a gran voce, perché dice le parolacce in classe. E li insulta.
"Le solite esagerazioni" ha provato a suggerire qualcuno; e invero sia la Terza Invasata che la Prima allo Sbando hanno una notevole tendenza a far di un sassolino una montagna da Karakoram. Così Inglese ha provato ad indagare cautamente con la Terza Brillante - che ha ammesso che in effetti il linguaggio usato da Colui è un po' grezzo, anche se pare che, almeno loro, non siano stati insultati.
Ma, come dire, non insultare la Terza Brillante non è esattamente un gran titolo di merito, nemmeno considerando che talvolta smontano i banchi. Davvero.
Sembra comunque che Colui si rompa spesso il cazzo, che non abbia fatto mistero che le due classi incriminate gli rompono i coglioni e, sempre in tema di organi riproduttivi maschili, più di una volta i fanciulli appunto coglioni siano stati definiti.
Tanto per fare qualche esempio. Insomma non si tratta di qualche singola rondine isolata che non fa primavera ma di uno stormo assai consistente e foriero della bella stagione (nonché di un mucchio di grane).
Nemmeno il tempo di riflettere se era il caso di affrontare con lui la questione o di domandarsi come gli venisse in mente di usare cotal linguaggio in classe, che sono arrivate le lamentele dei genitori, e uno dei genitori in questione era genitore di una creatura assolutamente attendibile e tutt'altro che incline a trasformare sassolini in poderosi picchi scoscesi.
Così la prof. Therral, coordinatrice sia degli Invasati che degli Sbandati, si è ritrovata il non invidiabile compito di spiegare a Colui che da un insegnante ci si aspetta un linguaggio almeno vagamente decoroso. E ci auguriamo che questo basti a fermare la valanga delle comprensibili rimostranze dei familiari - anche se non è affatto detto, perché il paese è piccolo e la gente chiacchiera assai.
Tuttavia due domande destinate a restare senza risposta ci frullano in testa, anzi tre.
La prima, naturalmente, è come accidenti venga anche solo in mente ad un adulto nato alla fine degli anni 80 e provvisto di un livello di istruzione medio-alto di rivolgersi a dei giovinetti affidati alle sue cure con un linguaggio men che decoroso.
La seconda è come mai cotal adulto mai e poi mai abbia usato una di codeste parole in nostra presenza - e sì non tutte noi usiamo un linguaggio eccezionalmente castigato, specie quest'anno in cui ci ritroviamo ad essere alquanto acidetti, in ispecie quando citiamo circolari, leggi, delibere e consimili. 
In effetti, quando parla con noi costui sembra appena uscito da un raduno della parrocchia (o meglio dall'immagine che si tende ad avere di un raduno della parrocchia anche quando non se ne frequentano affatto).
La terza è come mai Costui non se la sente di fare alle Terze qualche lezione sull'apparato riproduttivo, la contraccezione e le malattie sessualmente trasmissibili perché teme che i ragazzi non prenderebbero sul serio tali argomenti e avrebbero un atteggiamento immaturo (cosa che in verità di solito non succede, ma quand'anche, son ragazzi e la cosa sarebbe pur sempre scusabile visto che si tratta di argomenti un po' particolari). Insomma, dopo aver parlato in lungo e in largo del suo cazzo e di come facilmente esso si rompe, trova sconveniente parlare del cazzo in generale, nella sua specificità anatomica. 
E insegna Scienze (e pure Educazione Civica, almeno in teoria).

Invero, il cuore umano è davvero un groviglio assai misterioso.


domenica 14 marzo 2021

Il sistema scolastico finlandese (considerazioni sul)

Da cosa si capisce che non è una foto di una scuola italiana?
Dallo spazio, prima di tutto, e dalla comodità dei sedili

Prima di spiegare uno stato europeo domando sempre cosa ne sanno. Della Finlandia non sapevano granché: le betulle, la sauna, la capitale, la moneta...
"La scuola. Hanno la migliore scuola del mondo".
Sanno che in Finlandia spendono molto più dell'Italia per la scuola, che ci sono molti più mezzi informatici, che hanno grandi giardini, grandi spazi...
"Dovrebbero fare così anche in Italia".
La risposta mi sale spontanea alle labbra "Ci sono dei problemi culturali" provo a spiegare "In Finlandia hanno una concezione diversa della scuola".
Mi guardano perplessi. Anch'io sono perplessa, e non so bene cosa sto per dire.
"Da noi c'è una concezione di scuola ancora autoritaria perché è diverso il rapporto tra Stato e cittadino. La nostra scuola guida molto di più perché tutto il paese ha una cultura basata sull'importanza dell'autorità, non sulla libertà individuale. Lo studente non deve sentirsi troppo a suo agio a scuola".
Mi guardano interessati. Un po' straniti, anche.
Finisco per dargli come compito quello di raccogliere notizie sulla scuola finlandese.
Un compito di realtà, in effetti, e non capisco perché il nostro manuale, pur mettendo sempre dei "compiti di realtà" (che farebbero venire il latte alle ginocchia anche a un uomo sterile) non ha pensato a suggerire di fargli raccogliere notizie sulla tanto lodata e incensata scuola finlandese.

La volta dopo arrivano con i loro compitini sulla scuola finlandese.
Non si sono risparmiati. Hanno portato testi lunghi e ben confezionati, qualcuno anche con le foto - tutte foto che mostrano edifici grandi e spaziosi, architetture moderne e slanciate, splendide aule eccetera. Li leggono con entusiasmo mentre io guardo le pareti in arancione granulato, l'aula un po' stretta e le mattonelle verde marcio sul pavimento, i listelli di legno sbocconcellati (non vengano a parlarmi di soldi: rimettere dei listelli di legno ben fatti sarebbe senz'altro alla portata di qualunque scuola), i banchi piccoli eccetera.
Discutiamo un po' delle grandi biblioteche della scuola finlandese, delle materie opzionali, della possibilità di scegliersi il piano di studi, della mancanza di voti, delle pause e degli intervalli delle scuole finlandesi, spesso svolte nei giardini finlandesi perché "è importante che i ragazzi abbiano la possibilità di muoversi tra una ora e l'altra", degli stipendi alti degli insegnanti delle scuole finlandesi.
Qual è l'uovo di colombo delle scuole del Grande Nord?
Che il giovane cittadino, quando viene a scuola, deve sentirsi a suo agio. Che deve essere contento di entrare a scuola, e non solo perché lì trova i suoi amici o i suoi simpatici insegnanti. Deve starci bene e fare cose che lo interessino. Deve divertirsi. Perchè il giovane cittadino finlandese non pensa che un posto dove può divertirsi sia un posto poco serio o da non tenere in grande considerazione. Perché il giovane finlandese non vive assillato dal pensiero di dover essere furbo a tutti i costi e che se non fa il furbo passa per un imbecille.
Per fare la scuola finlandese ci vogliono un governo finlandese, una società finlandese e una società finlandese (oltre a un bel pacco di soldi).

Non credo che i bambini e ragazzi finlandesi siano tutti angelici e geniali; ma vivono e respirano in una società che li tratta con rispetto, che ha cura di loro e che non li vede come piante da potare perché prendano la giusta forma. Nella nostra cultura, a tutt'oggi, il giovane virgulto non è il gioiello sul cuscino dell'ospitalità, ma una entità da guidare, plasmare, formare e tenere in riga. Un po' meno di settant'anni fa o di cinquant'anni fa, certamente -  ma il concetto di fondo non è ancora cambiato e gli stessi insegnanti, anche quelli più disponibili, si barcamenano faticosamente con le esigenze della disciplina perché un certo tipo di autodisciplina non viene spontanea ai giovinetti, dato che non la assorbono dal mondo intorno a loro. Le linee guida della scuola degli ultimi anni andrebbero anche in quella direzione, ma le linee guida sono soltanto un documento colmo di buone intenzioni che combatte contro la necessità di tenere tutti sotto controllo, imposta dalla cultura nazionale (e contro degli edifici nati e cresciuti con lo specifico intento di tenere scomodi i ragazzi). I genitori quasi sempre chiedono questo, i Dirigenti quasi sempre chiedono questo. Soprattutto questo.
E' il modello latino, suppongo.

mercoledì 10 marzo 2021

Insegnanti nel pallone (vita quotidiana a St. Mary Mead in tempo di pandemia)


Molto soddisfatta della mia esemplare puntualità arrivo in stazione per prendere il treno che mi porterà a scuola a fare il mio dovere di Brava e Integerrima Lavoratrice.
E appena entrata un signore mi redarguisce con garbo "Signora, la mascherina".
Scopro così con orrore che non ho addosso la mascherina, e vorrei tanto che si aprisse una buca per ingoiarmi.
Io, proprio io, esimia insegnante e cittadina zelante, sono entrata in luogo chiuso senza mascherina. Ho dimenticato di indossarla prima di uscire. 
Oh vergogna totale e assoluta. Oh terra, perché non ti spalanchi?
"Se non ce l'ha gliela do io" aggiunge il signore.
Io, che giro sempre con una busta con dentro una decina di mascherine omologate, farfuglio qualcosa, lo ringrazio di avermi avvisata e frugo in borsa in cerca dell'oggetto che mi redima e mi renda di nuovo una Cittadina Almeno Vagamente Rispettosa Della Legge. Poi mi fiondo al binario. 
Nessuna provvida buca provvede a inghiottirmi. Non c'è mai una buca, quando servirebbe.
Arrivo a scuola e mi avvisano di telefonare alla prof. Therral.
Sostituisco costei nelle ultime due ore nella Terza Invasata. Devo somministrargli il Compito di Storia che la prof. Quadrella doveva portarmi. La prof. Therral, in Quarantena Cautelativa, si era organizzata proprio benino, facendo le fotocopie a casa. La sollecita prof. Quadrella era passata a ritirarle... e si era poi dimenticata di portarle a scuola.
Che dire? Succede. Se io dimentico di mettermi la mascherina, posso forse censurare la prof. Quadrella per una dimenticanza? 
Ma nemmeno per sogno.
Solo che, di solito, queste cose la prof. Quadrella non le fa. E' sempre molto precisa & ben organizzata.
La prof. Therral mi spedisce dunque per posta i compiti, con note a latere per i DSA, i PDP e tutti gli altri Casi Particolari - e io che ci ho insegnato per un anno so benissimo che la classe trabocca e pullula di Casi Particolari. 
Stampo, e scopro con orrore che il Compito Facilitati per i PDP contiene le risposte.
Mi armo di bianchetto, scancello e fotocopio le copie sbianchettate. Arrivo dai custodi con il pacchetto e la richiesta urgente di una sessantina di fotocopie varie.
Mentre le custodi eseguono stampo anche la scheda per il laboratorio (assai fascinoso) intitolato "Con gli occhi di un albero" per la Prima Sbandata, e vado a chiedere una ulteriore risma di fotocopie.
Le angeliche custodi eseguono a tempo di record.
Rientro in Sala Insegnanti, dove la VicePreside mi arpiona per rifilarmi una ulteriore sostituzione di una insegnante entrata pure lei in Quarantena Cautelativa perché il di lei Figlio è risultato Contatto di un Positivo. Cose che succedono, ma lei ha avvisato all'ultimo momento - e anche lei di solito è molto precisa & sollecita.
Ingoio il rospo con dignità e assicuro che no, niente problemi, farò la sostituzione.
Nel frattempo il nuovo insegnante di Scienze scopre che ha il laboratorio sugli alberi, ma nessuno aveva pensato di avvisarlo: in pratica tutta la scuola lo sapeva tranne lui.

Riepiloghiamo.
Una insegnante legalista entra in stazione senza mascherina.
Una insegnante sempre pronta a soccorrere i colleghi in ambascia arriva senza i compiti promessi ad una collega perché li ha dimenticati a casa.
Una insegnante spedisce i compiti con le risposte già scritte.
Una insegnante si dimentica di avvisare del piccolo dettaglio che non verrà a scuola e provvede solo all'ultimo momento utile.
Un gruppo di insegnanti si dimentica di avvisare il Nuovo Arrivato che nelle due ore successive farà un laboratorio sugli alberi e non le lezioni che ha preparato.
Il tutto nel girto di sessanta minuti scarsi.
Non sarà che a St. Mary Mead siamo un tantino stressati?

lunedì 8 marzo 2021

8 Marzo - Festa della Donna (ancora in reclusione)



In questa Festa della Donna in tono minore - stavolta non per colpa del maschilismo imperante, ma perché qualunque festeggiamento quest'anno avviene in tono dimesso, 
questa bella immagine ci ricorda comunque il punto essenziale di ogni tipo di emancipazione: 
imparare a usare la spada
Sin da piccole. 
Applicando il codice cavalleresco che prescrive di usarla 
principalmente per difendere i poveri e gli oppressi, 
prime fra tutte noi stesse.
Auguri a tutte le giovani guerriere che crescendo forgeranno un mondo migliore (o almeno, si spera, non troppo contagioso)!

venerdì 5 marzo 2021

Buon compleanno, Covid! (come fu che tutto ebbe inizio per me)

Un anno fa la pandemia imperversava già da qualche settimana ma io non me ne curavo né tanto né poco. Ah, i soliti titoli di scatola, il solito allarmismo, il solito isterismo che da sempre caratterizza il nostro paese. Finirà come ai tempi della Sars, tanto rumor per nulla. 
Col Covid, devo dire, non ne ho mai azzeccata una che fosse una.
Chiusura delle scuole? Assurdo, quando mai hanno chiuso le scuole per malattia? Ma come si fa a prendere sul serio certe voci? E che senso aveva assaltare i supermercati? (ecco, qui avevo ragione io. Ma fin lì ci arrivava qualsiasi idiota, va pur detto).
L'unica cosa che mi preoccupava seriamente era la chiusura temporanea "per poca richiesta" dell'eccellente ristorante sushi che c'era a St. Mary Mead: ben ricordavo che ai tempi dell'aviaria tanti validi ristoranti cinesi a Firenze avevano chiuso per mai più riaprire.Cosa credeva di rimediare la gente, non andando al ristorante sushi? (ecco, in questo almeno ho avuto ragione: il sushi era del tutto innocente. Comunque il ristorante c'è ancora. Riaprì a Maggio, mi ci strafogai con gran gioia - e adesso è di nuovo chiuso e fa solo asporto. Ma resiste. Spero).
E invece chiusero le scuole per davvero.
"Ottimo" mi dissi "Una settimana di vacanza è proprio quel che mi ci voleva".
Ma continuavo a non capire perché fare tanto chiasso. E nonostante fossi contenta della settimana di vacanza, ero preoccupata. Oh no, non per il Covid, bensì per lo svolgimento del programma. 
Disgraziati, ci chiudono le scuole e io ci ho da fare la rivoluzione francese, e poi c'era la Terza abbastanza indietro (con me come con tutte le materie. Non era una Terza delle  migliori, va detto, e tutti noi ci arrangiavamo a fare quel che si poteva).
Non ero la sola insegnante immersa in questo ordine di idee.
La mattina del 5 Marzo di un anno fa, lungi dal fare scorte al supermercato o cercare di appropriarmi delle ultime mascherine (mascherine? Ma l'OMS dice che non servono. Ne saprà ben qualcosa, l'OMS! Basta con tutti questi esperti di epidemie laureati all'Università della Vita!) andai in libreria per ordinare un paio di libri.
E lì incrociai niente meno che una classe intera di ragazzi.
Visto che la situazione mi sembrava un po' affollata aspettai fuori, buonina buonina - non tanto per paura del contagio, quanto perché i commessi mi sembravano abbastanza impegnati anche così. 
Quando la situazione si fu un po' sfoltita entrai, e mentre discutevo con la commessa delle mie ordinazioni incrociai l'insegnante che li aveva portati lì - una vecchia compagna di scuola, che lavorava al liceo di Lungacque e che non aveva trovato di meglio che fissare con la sua classe in libreria per fargli prendere non so quale libro che aveva ordinato. Ecco sì, ricordo che anche all'epoca non mi sembrò poi questa gran pensata. Dopotutto, si erano raccomandati di non affollarsi. Comunque non dissi niente in proposito.
Scambiammo due chiacchiere mentre lei assegnava i compiti per la settimana; "Tanto una settimana passa presto" disse tranquilla. La trovai piuttosto previdente anche se aveva accalcato la classe in quella piccola libreria, e mi confortai pensando che non ero l'unica fissata con il programma da portare avanti a tutti i costi, vivi o morti. Ma, del resto, lei era una insegnante - e io pure. Cosa c'è nell'intero universo, per un insegnante, di più importante dell'imperativo categorico di Non Restare Mai Indietro Col Programma?
I suoi libri furono smistati ai ragazzi, i miei libri furono ordinati (ma arrivarono solo tre mesi dopo, quando le librerie riaprirono. Cioè, arrivarono molto prima ma rimasero al calduccio sullo scaffale delle consegne da ritirare, nella quiete della libreria chiusa).
Poi telefonai alla scuola: già che eravamo in vacanza, pensavo, potevo approfottarne per finire la catalogazione della biblioteca, con calma, senza che nessuno mi disturbasse. Ma mi dissero che potevamo passare solo, eventualmente, a prendere qualcosa perché altrimenti "non eravamo graditi" - usarono proprio queste parole,  citando direttamente la Preside. Quanto a loro, le custodi, erano occupatissime a "sanificare".
"Eccheccazzo ci sarà da sanificare?" pensai. Ma anche in quel caso non dissi nulla perché loro stavano solo eseguendo gli ordini, povere stelle.
E tornai a casa, riordinai un po' e mi misi a letto a leggere non so quale romanzo. Ah che bello, stare tranquilla a leggere invece di andare a scuola!
Il giorno dopo mi contattò la VicePreside per spiegarmi come attivare le lezioni in rete.
"Boh, per una settimana?" mi dissi perplessa, e quando una collega mi chiamò dicendo che c'era chi parlava di tenere chiuso fino a Pasqua lo trovai un vero delirio. Ma che razza di idioti, non si rendevano conto che dovevamo andare avanti col programma?
Comunque era chiaro che una cosa del genere non sarebbe stata mai e poi mai possibile. Comunque, dal momento che avevamo la piattaforma, tanto valeva usarla.
"Dategli i compiti, dategli dei compiti purchessia" ululavano strane voci in sottofondo.
Io di compiti ne diedi pochi, e solo dopo qualche giorno, ma se potessi tornare indietro ne darei meno e di diversi: quelli erano compiti che prevedevano di rivederci tutti in diretta di lì a pochi giorni, come ero assolutamente sicura che sarebbe successo anche se ormai le settimane di chiusura erano diventate due.
Quando la piattaforma si aprì sotto i miei occhi mi dissi "Interessante. Sembra un bel giocattolino". E infatti cominciai a giocarci, spedendo domande ai ragazzi. La prima fu una immagine di trifogli e lepricani e pentola con l'arcobaleno: dovevamo fare l'Irlanda. E in tanti mi risposero che era San Patrizio, giorno  della festa nazionale dell'Irlanda.
Lo trovai divertente e anche un po' faticoso, perché mi dovevo segnare tutti quelli che avevano risposto. Ma ormai era, appunto, il 17 Marzo, e il giorno dopo ero a correggere alfabetieri sull'arcipelago inglese, un po' inviati sulla mia casella privata, un po' sulla casella della piattaforma, un po' sulla piattaforma vera e propria. Ossignore, che casino! 
Sorpresa delle sorprese, gli alfabetieri della Seconda Brillante erano molto migliori di quelli della Seconda Invasata. E chi l'avrebbe mai detto?
Nelle mie intenzioni l'alfabetiere avrebbe dovuto essere fatto a gruppi in classe. Mi ripromettevo grandi soddisfazioni da quegli alfabetieri. Un bel compito fatto col libro, chissà come si sarebbero divertiti! Gli piacevano un sacco, gli alfabetieri, ci giocavano anche in classe nelle ore libere. Un bel compito a gruppi, per socializzare.
E invece ognuno se lo fece a casa sua. Chissà che palle, povere creature.

E quello fu l'inizio di tutto.
Non un grande inizio, ma chi se lo poteva immaginare che le scuole non avrebbero riaperto fino a Settembre?
In realtà molti se lo immaginavano già.
Non io, che col Covid non ho mai azzeccato una previsione che fosse una.

lunedì 1 marzo 2021

Lunedì film - Porco Rosso (film per le medie)

 

Come ho già avuto occasione di raccontare, Porco Rosso uscì in Giappone nel 1992 ma in Italia non arrivò mai nelle sale cinematografiche e per averlo in DVD abbiamo dovuto aspettare fino al 2010, e questo nonostante in quegli anni l'animazione giapponese andasse abbastanza di moda e Miyazaki godesse di abbondanti estimatori a livello internazionale. Per assurdo che possa sembrare, c'erano dietro questioni politiche: il protagonista infatti a un certo punto dichiara che piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale, e lo dichiara al suo ex compagno d'arme che, appunto, è diventato un fascista - non necessariamente per scelta ideologica, ma perché nel frattempo tutta l'Italia era diventata fascista. Il film infatti è ambientato nel Ventennio, in parte anche in Italia. 
Non sono sicurissima che sia un vero film per le medie - in effetti lo considero l'unico film per adulti di Miyazaki. Tutti gli altri suoi film vanno bene per qualsiasi età, essere giovani o vecchi non fa nessunissima differenza, ma in questo ci sono alcuni elementi che secondo me solo un adulto è in grado di cogliere pienamente.

La storia è delle più insolite: Marco Pagot, asso dell'aviazione italiana in un qualche momento della sua vita (che nel film è in qualche modo indicato, collegandolo alla morte di un suo compagno che si era appena sposato o stava per sposarsi con Gina) a causa di un non meglio definito sortilegio si è trovato trasformato in un maiale. Rosso. Questo non gli ha impedito in alcun modo di continuare a volare né ha intaccato la sua reputazione di validissimo pilota.Comunque ha lasciato l'Italia e si è messo a fare il cacciatore di taglie nell'Adriatico, in quella zona un po' italiana, un po' franca e un po' iugoslava. Con un aereo rosso, naturalmente - che allo spettatore europeo ricorda irresistibilmente quello del leggendario Barone Rosso, ma se lo spettatore europeo conosce qualcosa di animazione giapponese degli anni 70 il pensiero va anche al mio amatissimo maggiore Char (che in effetti proprio al Barone Rosso è ispirato), e che naturalmente pilotava solo mobile suit rossi
Il film racconta un paio delle sue avventure ma anche la costruzione del suo nuovo idrovolante, ad opera di una giovanissima meccanica, protagonista ufficiale
Fio è una tipica eroina di Miyazaki: giovanissima, determinata, coraggiosa, piena di entusiasmo e molto sensibile, e durante il film fa meraviglie. Tuttavia la figura femminile che rimane davvero impressa è Gina, e il vero filo conduttore è la sottile e impalpabile storia d'amore che la lega al protagonista.

E chi è Gina?
Eccola qui:
Un personaggio talmente tipico dell'epoca che quando la vedi la riconosci subito: une femme fatale un po' da romanzo di Liala e un po' Gilda, bellissima ricca e languida nonché afflitta da un destino davvero crudele: tre aviatori ha amato, e tutti e tre sono morti.Ma può essere che il vero amore della sua vita sia un maiale?
In tutti i casi canta una canzone splendida:

Nonostante la sua accentuata suinità, Marco Pagot è un maiale di nobile animo, un vero gentilmaiale, dotato di grande discrezione e gentilezza d'animo - e comprensibilmente ha qualche remora a provarci. Tuttavia come finisce davvero la storia è un segreto che conoscono solo Fio, Porco Rosso e naturalmente Gina (oltre allo spettatore, quando vede un idrovolante rosso ammarato vicino alla lussuosa villa di Gina).
Abbiamo dunque una gran quantità di duelli aerei, spettacolari ma non cruenti, un gruppo di pirati dell'aria decisamente scalcagnati ma di buon cuore, pochissimi fascisti (vagamente evocati, ma niente di più), una splendida cantante da night club, una progettista rampante e animata da una impeccabile professionalità e un nobilissimo maiale che rifiuta ogni accenno al tempo in cui era uomo. Gina però è riuscita a salvare una foto di quei tempi, e per una frazione di secondo lo spettatore scopre che il porco anche in versione umana faceva comunque la sua porca figura
E poi c'è lui, l'antagonista:

un altro pilota, naturalmente, stavolta americano, che oltre a sfidare Porco cerca anche di conquistare Gina.
Non gli va bene, ma è uno comunque destinato a fare strada: alla fine del film è un affermato attore di Hollywood ma i suoi progetti includono anche diventare presidente degli Stati Uniti - e all'idea che possa appunto finire presidente Gina ride pazzamente. Eppure la storia ci dice che un attore degli anni 30 e 40 è effettivamente diventato presidente degli USA, qualche anno dopo... 
Per quanto il film contenga alcuni elementi insoliti in Miyazaki (la storia d'amore mai davvero svelata, i riferimenti politici ed economici, l'ambientazione storica molto ben definita nel tempo e nello spazio) mantiene comunque intatta una caratteristica di base di tutti i suoi film: dopo averlo visto ci si sente interiormente rigenerati.
Ai ragazzi piace?
Naturalmente sì, ai ragazzi Miyazaki piace sempre e comunque. Ammetto comunque che ci vuole una certa faccia di bronzo per spacciarlo per "film storico ambientato nell'epoca del fascismo", come faccio io.
Ma è tanto bello, come si fa a non farglielo vedere?

domenica 28 febbraio 2021

Palle illegali e insegnanti incoerenti

I nostri alunni non giocano con palle di pelliccia (e nemmeno di pelle di pollo)

Com'è ampiamente noto a chiunque sia stato in cattedra per più di dieci minuti, gli italici alunni, soprattutto se afferenti al sesso maschile, nutrono un amore assoluto e totale per le palle da gioco. E com'è parimenti noto a chiunque abbia avuto la ventura di frequentare un Collegio Docenti a St. Mary Mead per più di dieci minuti, scrivere nel regolamento della scuola che gli alunni non devono giocare a palla - no, no e ancora no! - sembra essere l'unico collante didattico che salda i docenti tutti.
Tuttavia, al momento di rapportarsi con i ragazzi in questione, l'atteggiamento dei suddetti insegnanti si fa decisamente lasco, a parte qualche generico "Non si può giocare a calcio in corridoio" detto nemmeno a voce troppo alta, e che suscita più o meno gli stessi effetti di un indigeno dell'Amazzonia che dica "Sono contrario alla pioggia": la pioggia continua a cadere, senza filarselo nimmanco di striscio.
In questa condizione a poco serve l'intervento del singolo insegnante: quand'anche costui o costei decidesse di intervenire, basta che si allontani di mezzo metro dall'area incriminata perché il gioco riprenda con rinnovato vigore, per tacere del fatto che vedendo l'altra classe che a due metri di distanza gioca a calcio sotto lo sguardo benevolo del docente di turno, uno si sente pure leggerissimamente ridicolo a insistere nel vietare la stessa cosa alla classe che in quel momento ha in sorveglianza.
E dunque, cosa può fare il singolo insegnante (o, se per questo, il singolo custode)?
Le alternative a disposizione sono 1) fare finta di nulla e diventare improvvisamente ciechi e sordi e 2) partire in crociata contro i mulini a vento, ed entrambe hanno i loro inconvenienti: nel primo caso ci si rivela incoerenti e si toglie credibilità ai regolamenti scolastici, ma nel secondo... ah, scegliendo la seconda strada non solo il nostro indice di gradimento presso gli alunni cala vertiginosamente, ma in più ci ritroviamo guardati dall'utenza con un misto di disprezzo e di delusione e, ah, come sopportare lo Sguardo Deluso dell'Innocenza Tradita?

La vicenda affonda le sue radici lontano nel tempo, quando ancora c'era l'intervallo lungo del Tempo Prolungato. All'epoca gli alunni potevano giocare, sì, ma solo con palle morbide e solo con le mani - e già la questione delle palle morbide presupponeva nell'insegnante adibito alla sorveglianza dei giovinetti una comoetenza che spesso era ben lungi dal possedere: palle morbide, ma non solo quelle di spugna o di pelouche (mai usate, del resto) ma anche palloni dal calcio di un certo tipo, e quale fosse esattamente questo tipo non mi è stato mai dato sapere. Di fatto, i ragazzi giocavano con le mani, con i piedi e con qualsiasi altra parte della loro pregiata anatomia, sotto lo sguardo distaccato dei docenti addetti in quel momento alla sorveglianza.

Che succede se non li fai giocare?
Essi vengono così privati del Giusto Sfogo dell'Energia Compressa datagli da sei ore trascorse fermi come salacche al banco. Oltre ad essere deprivati e frustrati, sono comprensibilmente più elettrici e irrequieti e difficili da gestire.
Che succede se li fai giocare?
Essi sfogano l'energia accumulata, e siccome detta energia è davvero molta, specie con le Terze, il rischio di una gamba rotta si presenta spesso drammaticamente concreto (ma mai realizzato nella mia scuola, a quanto ne so. Non perché gli estremi per una gamba rotta manchino, ma perché San Culo finoira ci ha protetti con le sue benevoli mele).
Siccome in corridoio le palle di tutti i tipi sono vietate, vengono confezionate ad hoc delle palle, diciamo così, alternative, che spesso chiamare "palle" risulta decisamente incongruo.
Le due soluzioni più praticate sono: leggerissime palle formate con fogli accartocciati e tenute in una forma vagamente sferica con lo schotch, oppure palline o semplicemente gettoni da polo confezionati usando la carta stagnola che avvolge le merende. Non rischiano certo di far male a nessuno, loro - il problema è la vitalità selvaggia dei ragazzi che sulla diversamente palla si scatenano con una foga degna davvero di miglior causa, e invero piuttosto rischiosa per sé e per gli altri.
L'altro problema, dal mio punto di vista, è questo desiderio imprescindibile di giocare a palla a tutti i costi, a costo di contentarsi di una palla simbolica, una palla virtuale, una palla piatta eccetera. Trovo questa fissazione vagamente malsana, ma è un problema mio, e non impedirei mai un gioco solo perché a me sembra insulso. Se il Sacro Valore della SimilPalla mi sfugge, lo catalogo tra i miei molti limiti e ci convivo con serenità, perché ritengo che le preferenze personali siano sacre e inviolabili: le mie come quelle degli altri.

Ad ogni modo, ad ogni intervallo spuntano le NonPalle e ad ogni intervallo i ragazzi giocano come se non ci fosse un domani e solo molto occasionalmente qualcuno cerca di impedirglielo, peraltro senza grossi risultati. Ogni tanto, inevitabilmente, qualche VicePreside in vena di Sfoggio d'Autorità fa una sfuriata sul fatto che non si dovrebbe giocare a palla (per poi far giocare con le SimilPalle le sue classi come prima e più di prima, senza vedere ombra di contraddizione in ciò).
La mia delicata coscienza di dama hejan mi porta a vivere la situazione in grande conflitto interiore. Il problema non è la mia opinione personale - cioè che durante gli intervalli i ragazzi dovrebbero essere lasciati liberi di giocare a quel che gli pare e sia quel che sia: sono perfettamente in grado di far applicare una regola che non mi convince, perché in fine sono una fedele e disciplinata servitrice dello stato e  dunque pago regolarmente anche le tasse che non mi convincono e adempio coscienziosamente  a formalità burocratiche a mio avviso perfettamente inutili senza nemmeno pormi il problema; ma qui la questione è più sottile perché c'è una regola e quasi nessuno la applica quasi mai ma tutti si lamentano che non viene applicata; e non serve nemmeno dire "Spiegatemi se va applicata o no, a me va bene tutto" perché tutti, come un sol* docente e custode mi rispondono che sì, va applicata, ma poi loro per primi non la applicano (talvolta me la spiegano proprio così) e il giorno dopo li ritrovi che fanno una sfuriata ai ragazzi che giocano a palla mentre in fondo al corridoio c'è una classe che gioca a palla, arrivando all'estremo della VicePreside di cui sopra che dice "No, non si dovrebbe, ma come si fa?" (che è un punto di vista che capisco anche) salvo poi, appunto, fare una occasionale sfuriata a chi gioca a palla (e qui fatico seriamente a capire).

D'accordo, la mia delicata sensibilità e le questioni di lana caprina e non sarà questo a rovinare una generazione eccetera. 
Ma, non so come mai, nessuno sembra rendersi conto che i ragazzi tutto questa serie di contraddizioni incrociate e carpiate le capiscono benissimo, approfittano delle maglie larghe per fare ciò che sanno essere vietato ma che di fatto quasi nessuno ostacola quasi mai e in cuor loro ci giudicano incoerenti, ipocriti e inaffidabili.
Giustamente, aggiungo.

(magari non è la mia canzone preferita, ma a modo suo è un simbolo)

giovedì 25 febbraio 2021

"Tanto gentili e tanto onesti paion" parte terza (e, si spera, ultima)

                              


Durante le due settimane della Misteriosa Scomparsa della prof. Plusdress infiniti insegnanti, di ventidue che siamo, sono mancati per i più validi motivi, e dunque  la Terza Brillante si è ritrovata ad andare avanti parecchio a sostituzioni con lezioni più o meno improvvisate. Non le mie, naturalmente, ché anzi ho approfittato della situazione per intensificare i lavori soprattutto a Storia, e particolarmente con quella parte interminabile del programma che riguarda il periodo tra le due guerre mondiali.
Quel Venerdì avevo deciso di sbrogliare il Fascismo - o meglio, l'arrivo del Fascismo fino al 1929. A tal scopo mi ero ben studiata le sedici pagine che il manuale gli dedicava e avevo riassunto il tutto in una rapida lezioncina, senza perdermi troppo nei dettagli e nelle cause perché, infine, la causa principale è riconducibile secondo me alla paura che le classi dirigenti avevano del Malefico Contagio Russo. E dunque, una oretta di spiegazione, due chiacchiere, qualche esercizio di ripasso dal libro e poi via verso la crisi del 29.
Armata di queste buone intenzioni entro in classe alla quinta ora e scopro che quel giorno c'erano sette alunni sette.
Chiamasi forca di gruppo, è antica e nobile istituzione, serve (tra l'altro) anche a mandare sulle furie l'insegnante di turno ed è praticata anche dalle classi più integerrime.
Che fare?
Ho fatto un bel sorriso, ho aperto il libro e ho spiegato ai sette presenti che lo spettacolo doveva andare avanti e che quindi avrebbero goduto della mia lezione sintetizzata ma che gli assenti, ohimé, non avendo potuto beneficiare di tanta beatitudine, si sarebbero visti costretti a studiarsi le sedici pagine, e nella lezione seguente avrei interrogato solo loro, gli assenti, anche se nelle mie intenzioni non c'era inizialmente quella di interrogare alcuno, fiduciosa che il rifrullo di What'sUp avrebbe provveduto a riferire tutto ciò.
E' seguita la lezione, l'assegnazione dei compiti (che i presenti non erano tenuti a fare) eccetera.
Si chiama Ritorsione, e di solito si risolve in una pioggia di quattro, in molti sguardi stupiti e in una selva di dichiarazioni che loro non sapevano, che non avevano capito, che non avevano potuto perché erano a Parigi, a salvare il mondo, a intavolare trattative per la pace in Medio Oriente per ordine dell'ONU eccetera.
Così non è stato.
Il Lunedì seguente i due terzi forcaioli della Terza Brillante si sono presentati con gran copia di giustificazioni che li volevano assenti per banali "questioni famigliari" non meglio definite, e mi hanno scodellato sei ottime interrogazioni sulla nascita del fascismo, dove il voto più basso è stato 7+ e il più alto 9.
Poi una ragazza ha detto casualmente che un giorno di vacanza ha fatto loro bene perché così si erano riposati, e gli altri hanno convenuto.
E nessuno ha mostrato la benché minima traccia di Pentimento, o Contrizione - che mi sembra più che giusto.
La Terza Brillante è così, sempre molto edificante (tranne quando smonta banchi).

martedì 23 febbraio 2021

Fecit mihi magna, ovvero il misterioso caso dell'insegnante scomparsa

Il quadro da cui è tratto il particolare riprodotto a sinistra ha una sua certa diffusione e notorietà perciò, a rischio di violare le leggi sul copyright, non starò a raccontare qui chi lo ha dipinto, quando e cosa rappresenta. 
L'ho messo solo come delicato accenno per introdurre un tema assai fertile e collegato con, appunto, la Primavera.

E' noto che i lockdown periodici cui siamo sottoposti ormai da quasi un anno hanno spinto molti a recuperare una concezione più intimistica e casalinga della vita, e corre infatti voce che le nascite siano in aumento. 
D'altro canto, la scuola media di St. Mary Mead da tempo vanta un notevole tasso di fertilità, e in particolar modo la capacità direi taumaturgica di far riprodurre senza problemi anche donne che in precedenza avevano incontrato fatiche e difficoltà, vuoi ad avviare una gravidanza, vuoi a portarla a termine con successo.
Dunque che la poco più che trentenne insegnante di matematica Plusdress sia entrata di recente nello stuolo delle potenziali future madri non è stato per noi motivo di gran stupore di per sé. Tuttavia alcuni elementi han fatto sì che questo lieto evento si sia risolto in gran complicanze.

Tanto per cominciare infatti siamo in tempo di Covid, e dunque alle gestanti viene imposto dai medici di mettersi immediatamente in congedo per maternità, anche se si sentono piene di energie e disponibilissime a proseguire il loro lavoro. Tale prescrizione è a mio avviso assai sennata ma non è stata scevra di complicanze per la scuola, perché andava preso un nuovo docente da una graduatoria notoriamente sguarnita e le convocazioni non potevano partire fin quando non fossero arrivate in Segreteria apposite scartoffie che (sorpresa!) sono andate  un po' per le lunghe.
Il vero problema però era che sulla gravidanza appena avviata la prof. Plusdress, per comprensibile quanto inutile scaramanzia, aveva posto il sacro sigillo del silenzio. 
Insomma, da un giorno all'altro la professoressa Plusdress era sparita e al suo posto era comparsa la prof. Murasaki affiancata da altri colleghi, e tutti, alle comprensibili domande degli alunni, avevano rassicurato le classi che la professoressa era in malattia (che, di fatto, non era neanche vero) assicurando però che non si trattava di Covid - cosa per altro facilmente deducibile perché non era scattata alcuna quarantena per alcuna classe, e tutti ci siamo trincerati dietro alla solita selva di "Non so, non ho idea, non ho chiesto, non c'entro, ero a Parigi, adesso vogliamo parlare un po' delle proposizioni relative?" e simili frasi.
La prof.Plusdress lasciava scoperte tre classi: due Terze e una Prima, assai incline quest'ultima al pettegolezzo.
E dunque da chi sono arrivate le domande più insistenti? No, non dalle Terze che pure, avendo in vista un esame di cui ancora non si sa quasi nulla su come si svolgerà, avrebbero pur i loro motivi per interrogarsi ma che si sono limitati a godersi la parziale vacanza; bensì dalla Prima per la quale, tutto sommato, non cambiava poi granché.
Com'è noto, St. Mary Mead è un paese piccolo e la gente è assai incline a mormorare, alcuni più di altri. E se la Terza Brillante, che si distingue per un certo garbo di fondo, aveva osservato un discreto silenzio dopo due domande di circostanza, mentre la Terza Invasata non ha mostrato alcun interesse per le vicissitudini mediche della loro insegnante, i genitori della Prima si sono slanciati in una ridda di  ipotesi che hanno intasato i gruppi di What'sUp - e naturalmente sono ben presto addivenuti all'ipotesi più probabile per l'improvvisa sparizione, vuoi per elementare buon senso, vuoi perché i segreti a St. Mary Mead è davvero difficile mantenerli dato che quasi tutti hanno un confidente discretissimo cui possono raccontare assolutamente tutto senza preoccuparsi che vada a dirlo in giro - e in un piccolo paese tutti sono il discretissimo confidente di qualcun altro.

La prof. Therral, coordinatrice, si è così ritrovata a fare un annuncio pubblico, con tanto di trombe e tamburi, della gravidanza in corso, aggiungendo che il supplente (che, in barba a tutte le pessimistiche previsioni, è arrivato nel giro di 48 ore scarse) era ancora inesperto e quindi era dovere di tutti aiutarlo - un avviso secondo me piuttosto incauto in una classe che sin dall'inizio dell'anno ha mostrato una singolare tendenza ad insegnare a ogni singolo docente come doveva fare il suo mestiere.
Nel frattempo, al suo arrivo il giovinetto si è visto catapultato nell'età della pietra: da qualche giorno le medie di St. Mary Mead si sono viste tranciare il cavo della connessione in rete. Niente registro elettronico, dunque, quasi niente LIM...  e niente piattaforma, quando una volta tanto la Segreteria era riuscita a compiere il miracolo e a fornirgli mail, credenziali e accessi a tutto quanto in un tempo davvero dignitoso.

Auguri a chi va, dunque, ma anche a chi viene:

    Sì, è un tradizionale gatto giapponese di buon augurio: si dice che porti fortuna e prosperità 
(e anche una connessione in rete a tempi rapidi, si spera)

domenica 21 febbraio 2021

"Tanto gentili e tanto onesti paion" parte seconda, ovvero I Misteri del Cuore Umano


Sala Insegnanti, al cambio dell'ora. Murasaki prepara le domande per il compito di storia.
Entra Inglese.
"Sapete cosa ho sequestrato oggi nella Terza Brillante?"
"Non lo so e non sono affatto sicura di volerlo sapere" rispondo.
"Un bel taglierino". Inglese lo mostra, trionfante "Ce l'aveva in mano Gawain. Gli ho detto di rimetterlo nell'astuccio e lui ha fatto la faccia sconsolata e mi ha pregato 'No, prof, lo prenda lei, è meglio'". 
La guardiamo, perplessi, e lei aggiunge "Vorrei tanto capire perché queste cose le fanno solo con me".
"Probabilmente le fanno anche con me, ma magari non me ne accorgo" provo a consolarla. Di solito, quando vedo manovre strane tendo a lasciar fare in base al principio che la gente va un po' lasciata in pace; meglio ancora, di solito quando vedo manovre strane mi censuro e mi convinco di non vederle. Insomma, devono essere parecchio strane perché mi venga in mente di chiedere chiarimenti.
"E allora dovrebbero farle solo con te e starsene fermini quando sono nelle mie ore. Secondo me vogliono essere beccati".
"Magari non pensino che tu li becchi" suggerisco.
"Magari non pensano proprio" suggerisce una collega.
"Io li ho beccati una volta, mentre svitavano i banchi. Se non volessero essere beccati certe cose non dovrebbero farle con me" osserva sennatamente Inglese "Secondo me vogliono essere beccati".
Ci guardiamo, un po' sconsolate.
Non c'è che dire, il ragionamento fila.
E il cuore umano, invero, è un groviglio assai misterioso.

venerdì 19 febbraio 2021

I Beati Paoli - Luigi Natoli


Probabilmente non avrei mai conosciuto questo libro se non fossi entrata su Facebook, perché solo lì l'ho sentito nominare e quando ho provato a chiedere a qualche amico assai più addentro di me nell'italica letteratura degli ultimi due secoli ho ottenuto solo sguardi assolutamente vuoti. 
In Sicilia invece è molto famoso - probabilmente si tratta, come Il regalo del Mandrogno o La valle dell'orcodi una specie di cult locale conosciuto solo in una regione.

Due o tre anni fa, in quel periodo in cui sui social passavo molto tempo, in uno scambio di commenti politici qualcuno addivenne a parlare di romanzi storici italiani, e qualcun altro disse che il miglior romanzo storico italiano era, senza dubbio, I Beati Paoli
Sgranai gli occhioni, feci una piccola ricerca in rete e mi presi un appunto per quando sarei tornata a girare per biblioteche: se davvero era il migliore romanzo storico italiano, almeno una guardata potevo dargliela.
Qualche mese fa, sempre su Facebook, trovai invece una lunga dissertazione di Dolcezze per la quale è uno di quei libri molto amati su cui ogni tanto si ritorna volentieri; così mi convinsi che davvero era tempo di metterci su le mani, e durante le vacanze di Natale me lo sono letto assai volentieri. Non so se davvero è il miglior romanzo storico italiano, ma di sicuro è un gran bel polpettone e si lascia leggere con gran  piacere e soprattutto molto coinvolgimento - il tipo di romanzo che fa piacere sapere che ti aspetta sul comodino alla fine della giornata.

La storia si snoda su una trentina scarsa di anni, tra il 1798 e il 1718, quasi esclusivamente a Palermo e dintorni. Sotto Palermo, anche, molto spesso. Sembra in effetti che questa bella e stimabile città abbia avuto una intensa vita sotterranea, da fare invidia alle catacombe cristiane. 
Da buon romanzo storico abbonda di personaggi storici, ma non di quelli troppo famosi, anche se il gruppetto dei protagonisti principali è rigorosamente apocrifo. C'è un lungo prologo e poi quattro libri, per un totale di pagine che va intorno alle ottocento-novecento a seconda delle edizioni (ce ne sono state parecchie, ma per lo più di editori locali. Solo di recente sono entrati in scena Sellerio, che è comunque siciliano, e Feltrinelli).
Il prologo, che di pagine ne occupa 75, ci racconta la triste storia di una fanciulla benmaritata ma purtroppo il marito è morto. Peggio che mai, il fratello del marito è vivo. Peggio che peggio, il marito defunto ha fatto in tempo ad elargire alla sposa affranta un bambino, che nasce nelle prime pagine.
Questa dovrebbe essere una bella cosa, in teoria - ma il povero bambino è destinato ad ereditare il patrimonio, mentre il fratello del defunto verso il patrimonio ha ben altre intenzioni, e insomma la povera vedova ha le sue notevoli difficoltà a mantenere in vita sé e il piccolo, e la storia si chiude con una drammatica fuga nella notte e financo con un terremoto - perché I Beati Paoli è quel tipo di libro che non risparmia gli effetti speciali e i colpi di scena.
Inizia così il primo dei quattro libri, dove troviamo un personaggio che non sembra avere niente a che fare  con la vicenda precedente e che si presenta con una scena che ricorda irresistibilmente la prima apparizione di D'Artagnan ne I tre moschettieri. Costui si ritrova impelagato in una serie di avventure alquanto turbinose, e arrivato a pagina cento il lettore, che fino a quel momento non ha visto apparire né Beati né Paoli si domanda perché il sia pur avvincente romanzo ha questo strano titolo - il lettore toscano, o friulano o sardo, certo: il lettore siciliano sa benissimo chi sono i Beati Paoli e si limita ad aspettare con pazienza che entrino in scena, cosa che avviene appunto a pagina 101 dell'edizione che ho letto. Ma da quel momento, di Beati Paoli ci sarà una notevole abbondanza.
E dunque, cosa sono questi Beati Paoli?
Una Presenza, all'inizio impalpabile - una voce, una leggenda, un ricordo del passato. Qualcuno crede che non esistano più da tempo, qualcuno addirittura che non siano mai esistiti e che si tratti solo di un prodotto dell'immaginario collettivo: una misteriosa setta di giustizieri.
Matteo Lo Vecchio, abile investigatore che, almeno all'inizio, ricorda molto Sherlock Holmes (dopo no, diventa davvero troppo antipatico) invece sa benissimo che sono assai reali anche se è davvero molto difficile individuarli. In effetti la trama principale del romanzo è data proprio dal duello sotterraneo tra l'implacabile sbirro e i Beati Paoli. Lo sbirro è abilissimo nel travestirsi, spiare con incrollabile pazienza e interpretare i più piccoli segnali, e più volte arriva quasi a prevalere - ma c'è sempre un quasi che lo frega e che trasforma ogni volta le sue abilissime imboscate in fiaschi colossali. Ogni due-trecento pagine lo sbirro è dato per morto - in un caso ce lo vediamo letteralmente morire sotto gli occhi... quasi - ma poi ce lo ritroviamo, vivo e sempre più incattivito, diverse pagine dopo. Comunque anche i Beati Paoli passano i loro guai.
Ma infine, cosa sono i Beati Paoli?
Una setta segretissima, che si riunisce nei sotterranei di Palermo con rituali vagamente carbonari e vestiti assai simili a quelli del Ku Klux Klan, ma che conta affiliati e alleati tra gli Invisibili, ovvero il popolo minuto, che è sempre disposto ad aiutarli e a collaborare, senza fare troppe domande e spesso abbastanza ignaro di quel che sta succedendo; e tutti collaborano volentieri perché i Beati Paoli sono buoni e amici del popolo e della giustizia. A dire il vero, nel corso del romanzo la giustizia sembra occuparsi soprattutto delle questioni di successione del povero orfanello che abbiamo conosciuto nel prologo - una roba aristocratica, in effetti, e a ben guardare anche il capo dei Beati Paoli è un aristocratico, e trova gravissimo quel che ha fatto il fratello cattivo. Non che abbia torto, in effetti, e va pur aggiunto che il fratello cattivo di cose gravissime continua a farne a carrettate fin quando l'autore decide che è davvero il momento di sopprimerlo (sarà una roba lunga, comunque).
Se siano o no davvero esistiti è cosa incerta, come ci spiega una ricca introduzione storica (che comunque conviene leggere solo dopo aver terminato la lettura). Si tratta comunque di una leggenda/vicenda saldamente radicata nel folklore siciliano ed esistono svariati studi sull'argomento, anche piuttosto recenti e ognuno con la sua teoria. Visto che non esistono fonti scritte, e visto che nessuna società segreta pubblica gli atti delle sue vicende, la questione sembra destinata a restare aperta ma chissà.

Il romanzo si snoda tra imboscate, agguati, duelli, assalti a tradimento, tradimenti di tutti i tipi, parenti decisamente serpenti, ma anche agnizioni, amori contrastati e avventurosi, figli illegittimi, figlie perseguitate eccetera, e c'è pure la figura semiufficiale del bastardo riconosciuto, che nel diritto siciliano in mancanza di altri eredi legittimi poteva ereditare financo il titolo oltre che il patrimonio; fino ad arrivare al finale dove i pochissimi protagonisti sopravvissuti si sistemano e c'è anche un matrimonio che corona finalmente una storia d'amore che sembrava destinata a finale ben più malinconico. Da notare che sia i Beati Paoli, sia l'abile sbirro, sia il Perfido Fratello sia il resto dei personaggi operano, fanno, disfano e si complicano la vita sotto gli occhi di una polizia e di un governo assolutamente ignari di tutta la vicenda, che pure ogni tanto emerge in superficie in modo davvero appariscente ma viene sempre sistemata con poche e blande parolette (o molte e consistenti monete) che il protagonista di turno ritiene opportuno rifilare per placare ogni ombra di sospetto o di interventismo - e sotto questo aspetto, sì, è senz'altro un eccellente romanzo storico italiano.

E' una lettura  avvincente e interessante, ma anche istruttiva. Sul piano storico, prima di tutto (non è che siano in molti a conoscere nei dettagli le vicende della dominazione sabauda in Sicilia, men che meno l'entusiasmo iniziale che suscitò in certi ambienti), ma anche cittadino: Palermo recita benissimo ed è descritta con gran cura (pare anzi che la ricostruzione storica sia estremamente precisa. Naturalmente con me si vince comunque facile perché non conosco né la Palermo moderna né quella dell'epoca in cui fu pubblicato il romanzo né tantomeno la Palermo settecentesca) e la ricostruzione della vita quotidiana è dettagliata e molto persuasiva. 
I personaggi sono un po' strani (e chi di noi non lo è?) ma va pur riconosciuto che, avviluppati come sono in una trama del genere, qualche stranezza di carattere è inevitabile che salti fuori. 
Non è esattamente una lettura briosa, anche se in qualche punto le scene sono divertenti - si tratta però, di solito, di un umorismo un po' noir. Ecco, l'atmosfera di fondo è piuttosto cupa, e anche il lieto fine non è poi incredibilmente lieto; la quasi totalità dei personaggi passa le ottocento pagine a soffrire, i buoni come i cattivi, ma al contrario di quel che succede negli altri romanzi storici, quasi nessuno riesce a trarre il benché minimo conforto nella fede e quindi soffrono vieppiù.
La vicenda è interessante e movimentata, e davvero non si corre il rischio di annoiarsi. Nel complesso, come ho già detto, è un magnifico polpettone, e mi sento di consigliarlo soprattutto per le lunghe serate d'inverno.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homedemamma e auguro buone letture a tutti quelli che sono finiti questa settimana in zona arancione o rossa, con la speranza che la primavera ci porti consiglio.