Tanti anni fa, nel corso della preparazione di un esame di letteratura inglese mi imbattei in stranissimo tomo: La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica di tal Mario Praz. Si tratta in realtà di un saggio importantissimo e di grandissima basilarità per lo studio della letteratura inglese, o così sembravano convinti quelli che me lo rifilarono da studiare. D'altra parte era stato scritto nel 1930, più di mezzo secolo prima, e a me dei temi che trattava al momento interessava meno che nulla: ero assai più a caccia di analisi della scrittura al femminile e simili, da brava figlia del femminismo, e soprattutto mi interessavano le sorelle Bronte. Un po' lessi quel gran tomo, parecchio lo spulciai, continuando per tutto il tempo a domandarmi perché diavolo me l'avevano dato da leggere (e me lo domando tuttora, visto che all'esame non se ne parlò affatto); spulcia che ti spulcio, ogni tanto mi soffermavo a leggere le citazioni degli autori e così incappai per la prima volta in vita mia in Trollope.
Mi consideravo abbastanza addentro alla letteratura vittoriana, ma di questo Trollope non avevo nemmeno sentito parlare, fino a quel momento: piuttosto scusabile visto che negli anni 80 non era stato ancora tradotto quasi niente in italiano. In particolare Praz citava diverse volte un romanzo dal curioso titolo: Can you forgive her?
Puoi perdonarla? Nemmeno per un istante mi venne il dubbio che ci si stesse rivolgendo al pubblico dei lettori. Raccontava, o così pareva, la storia di due innamorati che la famiglia di lei aveva sistematicamente divisi per questioni di interesse. Alla fine lei aveva ceduto, per debolezza, e rinunciato all'amore - una cosa di cui si mostrava piuttosto pentita, nei passi citati. Era lei che forse poteva essere perdonata? E com'era finita tutta la storia?
Passarono dodici anni e le mie conoscenze su Trollope non ebbero alcuna possibilità di ampliarsi. In compenso i Pet Shop Boys fecero una canzone, che tra l'altro mi è sempre piaciuta alla follia - e si intitolava proprio Can you forgive her?
E forse non si tratta di un video eccezionalmente vittoriano ma certo la musica ha un attacco che fa pensare moltissimo a una caccia alla volpe - par quasi di vedere i cavalli slanciarsi nella pista nel bosco - e Potete perdonarla? contiene una splendida scena di caccia alla volpe - cosa che comunque all'epoca proprio non potevo sapere, non avendolo ancora letto.
Rimasi a lungo incerta sulla questione: la canzone aveva o non aveva qualche rapporto con il libro? Nessuno diceva di no, in effetti, anche perché nessuno sfiorava nemmeno lontanamente la questione. Il testo non mi fu di eccessivo aiuto: i testi dei Pet Shop Boys non sono, ehm, esattamente narrativi (= non ci si capisce un accidente) ma questo in particolare sembrava riferirsi ad un amore assai conflittuale del passato, qualcosa di impossibile da dimenticare - o da perdonare, appunto - di quelli che lasciano infiniti strascichi di rancore ma che non possono essere rinnegati. Forse a parlare era l'uomo che la ragazza ricca aveva finito per abbandonare?
Tuttavia adesso ho la risposta, e l'ho finalmente trovata, come spesso capita in questi casi, quando infine ci ero arrivata anche per conto mio: c'è un riferimento al titolo del romanzo di Trollope, che tra l'altro non è un titolo dei più banali - ma, appunto, ci si riferisce alle suggestioni del titolo e non al romazo dove non c'è la storia di un amore che il protagonista ricordi con rancore agrodolce - anche perché questo tipo di amori irrisolti e mai davvero dimenticati non sembrano essere nelle corde dell'esimio romanziere, forse perché non li ha mai conosciuti, beato lui (o poveretto lui? Chissà).
Passarono vieppiù gli anni e Sellerio cominciò a pubblicare i romanzi di Trollope - un sacco di romanzi di Trollope, di cui non avevo mai sentito parlare. Possibile che col tempo e la pazienza arrivasse anche il turno di Can You Forgive Her?
Possibile, sì: e infatti questo Natale sono infine entrata in possesso del romanzo. Che aspettavo da ormai più di trent'anni - e subito ho fatto ben due scoperte, entrambe di grande importanza.
La prima è che un libro di più di mille pagine su formato piccolo e quadrato richiede, davvero, una gran pazienza per essere letto. Infatti gli idiotissimi curatori della collana han deciso di farne un volumone unico, invece di due comodi volumetti di 580 pagine cadauno, e l'inevitabile risultato è che già dopo la prima lettura metà della colla della costola è andata e il libro è già mezzo sfasciato, oltre ad essere stato piuttosto scomodo da leggere. Non voglio nemmeno pensare a cosa succederà quando lo rileggerò (e io rileggo parecchio). Ma alla Sellerio non potrebbero dare un po' di pane e volpe ai loro curatori editoriali?
La seconda interessante scoperta è stata che il titolo non va inteso, come vogliono farci credere i Pet Shop Boys "Puoi perdonarla?" bensì "Potete perdonarla?", ed è indirizzato non già al giovane innamorato che la ragazza ricca rinuncia a sposare per debolezza bensí ai lettori, cui viene chiesto se vorranno benignamente perdonare un'altra protagonista , rea della grave colpa di... avere lasciato il fidanzato.
"Perdonarla? E de che?" si domanda perplesso il lettore. Se lascia il fidanzato saranno cavoli suoi, giusto?
La cosa, a quel che sembra, in età vittoriana non è semplice come negli anni di Jane Austen: da come la mette l'autore lasciare un fidanzato sembra qualcosa di poco meno grave dell'alto tradimento o dello spionaggio internazionale, e anche la protagonista sembra viverla come una mancanza assai seria.
Per perdonare la nostra eroina, noi lettori dovremmo però riuscire a capire perché lascia il suo fidanzato - un uomo in realtà piuttosto simpatico e che lei ama molto. E qui cascano non tanto gli asini quanto le palle (ai lettori, intendo) perché i motivi non sono affatto evidenti e si possono facilmente rubricare sotto la voce "seghe mentali". A dire il vero la protagonista sembra davvero specializzata in seghe, facendosene invero un quantitativo sì vasto e abbondante che perfino una classe di adolescenti in piena attività non esiterebbe a definirlo "eccessivo": in pratica il poverino viene lasciato perché lei lo ama troppo. Ebbene sí, leggere per credere.
Dopo questo iniziale passo falso la protagonista, Alice, colleziona una serie di mosse strategiche una più scriteriata dell'altra e per arrivare al lieto fine sono necessari non solo molta determinazione da parte dell'ex fidanzato, ma anche un grande impegno da parte del romanziere, il quale comunque per tutte le mille e cento e passa pagine dà l'aria di pensare che il vero problema di Alice sia di avere troppa libertà ( = troppo tempo per farsi tutte quelle seghe) e troppi soldi a disposizione. Questi ultimi in particolare sembrano essere un discreto problema per una donna.
Le protagoniste della vicenda sono infatti quattro donne tutt'altro che stupide e discretamente provviste di mezzi. Le meno provviste - ma comunque benestanti - Alice e Kate sembrano letteralmente assillate dal problema "a chi la do stasera (la mia rendita)" finendo tra l'altro per convergere su un destinatario che non si rivela proprio una scelta felicissima, tanto per parlare con molta moderazione. Non solo, ma si mostrano beatamente ignare di come funziona il denaro e di come vada gestito, delegandone serenamente la gestione a padri, fratelli, gatti dei vicini - chiunque, insomma, pur di non sporcarsi le mani.
Anche questa modesta soddisfazione, tuttavia, cioè di scegliersi liberamente a chi regalare i propri soldi, viene preclusa alla giovane Glencora, che delle quattro è la più sfarzosamente provvista di abbondantissimi mezzi: addirittura la poverina, tormentata in modo indicibile dagli invadentissimi parenti, finisce in virtù della sua estrema giovinezza (e di una debolezza che in seguito si rimprovererà aspramente) per lasciare il giovane, bello e (forse) sciagurato innamorato di sua scelta per farsi fidanzare ad un futuro duca dal brillante destino politico di nome... Plantagenet Pallister - e se il cognome, pur dotato di ricche assonanze per le orecchie italiane, è piuttosto innocente in inglese, non c'è dubbio che ci vuole tutta la forza cieca della più crudele e smodata ambizione per forzare una povera ragazza a sposare qualcuno che si chiami Plantagenet. Tuttavia il Plantageneto, a sorpresa, pur risultando perfettamente adeguato sia al nome che al cognome che gli sono toccati in sorte e non essendo forse un uomo sul cui senso dell'umorismo si potrà sempre contare per ravvivare una compagnia, a sorpresa si rivela una persona più vivace del previsto e lui e Glencora finiranno in qualche modo per quagliare - anche se per buona parte del romanzo la moglie mediterà seriamente di lasciare il marito... perché gli vuole troppo bene, non è la donna adatta a lui e teme di rovinargli la vita (sì, a quanto pare, è una epidemia).
Quanto alla quarta protagonista, Arabella (usualmente chiamata "signora Greenow") è l'unica che i suoi soldi se li è guadagnati (con un matrimonio, si capisce) nonché l'unica che sa come gestirli e amministrarli - ma naturalmente è anche la più avanti negli anni e l'unica esperta del viver del mondo, né Trollope mostra in alcun modo di disapprovare la sua totale mancanza di candore economico o di ingenuità monetaria.
Dunque mille e cento e passa pagine per fidanzare una stordita (che era già fidanzata al primo capitolo) e per far superare a una giovane donna il rimpianto per la cieca passione da cui parenti troppo pressanti l'hanno strappata a forza, oltre che per combinare un altro paio di matrimoni.
Ne vale la pena? Assolutamente sì, l'incastro è avvincente e la storia va giù come acqua di fonte. Consigliatissimo a chiunque ami i romanzi inglesi, si legge bene sia a dosi piccole che medie che massicce.
Con questo post partecipo al Venerdì del libro di Homemademamma e auguro buone letture a tutti perché per le passeggiate nei prati in fiore sembra ci sia ancora un po' da aspettare.
Tuttavia adesso ho la risposta, e l'ho finalmente trovata, come spesso capita in questi casi, quando infine ci ero arrivata anche per conto mio: c'è un riferimento al titolo del romanzo di Trollope, che tra l'altro non è un titolo dei più banali - ma, appunto, ci si riferisce alle suggestioni del titolo e non al romazo dove non c'è la storia di un amore che il protagonista ricordi con rancore agrodolce - anche perché questo tipo di amori irrisolti e mai davvero dimenticati non sembrano essere nelle corde dell'esimio romanziere, forse perché non li ha mai conosciuti, beato lui (o poveretto lui? Chissà).
Passarono vieppiù gli anni e Sellerio cominciò a pubblicare i romanzi di Trollope - un sacco di romanzi di Trollope, di cui non avevo mai sentito parlare. Possibile che col tempo e la pazienza arrivasse anche il turno di Can You Forgive Her?
Possibile, sì: e infatti questo Natale sono infine entrata in possesso del romanzo. Che aspettavo da ormai più di trent'anni - e subito ho fatto ben due scoperte, entrambe di grande importanza.
La prima è che un libro di più di mille pagine su formato piccolo e quadrato richiede, davvero, una gran pazienza per essere letto. Infatti gli idiotissimi curatori della collana han deciso di farne un volumone unico, invece di due comodi volumetti di 580 pagine cadauno, e l'inevitabile risultato è che già dopo la prima lettura metà della colla della costola è andata e il libro è già mezzo sfasciato, oltre ad essere stato piuttosto scomodo da leggere. Non voglio nemmeno pensare a cosa succederà quando lo rileggerò (e io rileggo parecchio). Ma alla Sellerio non potrebbero dare un po' di pane e volpe ai loro curatori editoriali?
La seconda interessante scoperta è stata che il titolo non va inteso, come vogliono farci credere i Pet Shop Boys "Puoi perdonarla?" bensì "Potete perdonarla?", ed è indirizzato non già al giovane innamorato che la ragazza ricca rinuncia a sposare per debolezza bensí ai lettori, cui viene chiesto se vorranno benignamente perdonare un'altra protagonista , rea della grave colpa di... avere lasciato il fidanzato.
"Perdonarla? E de che?" si domanda perplesso il lettore. Se lascia il fidanzato saranno cavoli suoi, giusto?
La cosa, a quel che sembra, in età vittoriana non è semplice come negli anni di Jane Austen: da come la mette l'autore lasciare un fidanzato sembra qualcosa di poco meno grave dell'alto tradimento o dello spionaggio internazionale, e anche la protagonista sembra viverla come una mancanza assai seria.
Per perdonare la nostra eroina, noi lettori dovremmo però riuscire a capire perché lascia il suo fidanzato - un uomo in realtà piuttosto simpatico e che lei ama molto. E qui cascano non tanto gli asini quanto le palle (ai lettori, intendo) perché i motivi non sono affatto evidenti e si possono facilmente rubricare sotto la voce "seghe mentali". A dire il vero la protagonista sembra davvero specializzata in seghe, facendosene invero un quantitativo sì vasto e abbondante che perfino una classe di adolescenti in piena attività non esiterebbe a definirlo "eccessivo": in pratica il poverino viene lasciato perché lei lo ama troppo. Ebbene sí, leggere per credere.
Dopo questo iniziale passo falso la protagonista, Alice, colleziona una serie di mosse strategiche una più scriteriata dell'altra e per arrivare al lieto fine sono necessari non solo molta determinazione da parte dell'ex fidanzato, ma anche un grande impegno da parte del romanziere, il quale comunque per tutte le mille e cento e passa pagine dà l'aria di pensare che il vero problema di Alice sia di avere troppa libertà ( = troppo tempo per farsi tutte quelle seghe) e troppi soldi a disposizione. Questi ultimi in particolare sembrano essere un discreto problema per una donna.
Le protagoniste della vicenda sono infatti quattro donne tutt'altro che stupide e discretamente provviste di mezzi. Le meno provviste - ma comunque benestanti - Alice e Kate sembrano letteralmente assillate dal problema "a chi la do stasera (la mia rendita)" finendo tra l'altro per convergere su un destinatario che non si rivela proprio una scelta felicissima, tanto per parlare con molta moderazione. Non solo, ma si mostrano beatamente ignare di come funziona il denaro e di come vada gestito, delegandone serenamente la gestione a padri, fratelli, gatti dei vicini - chiunque, insomma, pur di non sporcarsi le mani.
Anche questa modesta soddisfazione, tuttavia, cioè di scegliersi liberamente a chi regalare i propri soldi, viene preclusa alla giovane Glencora, che delle quattro è la più sfarzosamente provvista di abbondantissimi mezzi: addirittura la poverina, tormentata in modo indicibile dagli invadentissimi parenti, finisce in virtù della sua estrema giovinezza (e di una debolezza che in seguito si rimprovererà aspramente) per lasciare il giovane, bello e (forse) sciagurato innamorato di sua scelta per farsi fidanzare ad un futuro duca dal brillante destino politico di nome... Plantagenet Pallister - e se il cognome, pur dotato di ricche assonanze per le orecchie italiane, è piuttosto innocente in inglese, non c'è dubbio che ci vuole tutta la forza cieca della più crudele e smodata ambizione per forzare una povera ragazza a sposare qualcuno che si chiami Plantagenet. Tuttavia il Plantageneto, a sorpresa, pur risultando perfettamente adeguato sia al nome che al cognome che gli sono toccati in sorte e non essendo forse un uomo sul cui senso dell'umorismo si potrà sempre contare per ravvivare una compagnia, a sorpresa si rivela una persona più vivace del previsto e lui e Glencora finiranno in qualche modo per quagliare - anche se per buona parte del romanzo la moglie mediterà seriamente di lasciare il marito... perché gli vuole troppo bene, non è la donna adatta a lui e teme di rovinargli la vita (sì, a quanto pare, è una epidemia).
Quanto alla quarta protagonista, Arabella (usualmente chiamata "signora Greenow") è l'unica che i suoi soldi se li è guadagnati (con un matrimonio, si capisce) nonché l'unica che sa come gestirli e amministrarli - ma naturalmente è anche la più avanti negli anni e l'unica esperta del viver del mondo, né Trollope mostra in alcun modo di disapprovare la sua totale mancanza di candore economico o di ingenuità monetaria.
Dunque mille e cento e passa pagine per fidanzare una stordita (che era già fidanzata al primo capitolo) e per far superare a una giovane donna il rimpianto per la cieca passione da cui parenti troppo pressanti l'hanno strappata a forza, oltre che per combinare un altro paio di matrimoni.
Ne vale la pena? Assolutamente sì, l'incastro è avvincente e la storia va giù come acqua di fonte. Consigliatissimo a chiunque ami i romanzi inglesi, si legge bene sia a dosi piccole che medie che massicce.
Con questo post partecipo al Venerdì del libro di Homemademamma e auguro buone letture a tutti perché per le passeggiate nei prati in fiore sembra ci sia ancora un po' da aspettare.
10 commenti:
Mmmmm
Se il tema principale è comefarsileseghementaliesposarsiperbenino mi sa che non gliela fo.
Invece tutte quelle storie di femmine&denaro sembrano molto più interessanti.
Cioè: 'ste femmine continuano a parlare tutto il tempo di quanto lo amano e perciò non lo sposano, o fanno anche altro?
Ah, ps: un personaggio che si chiama Plantagenet Pallister fa infine capire da dove vengano i nomi di Harry Potter!
Mi attira molto, dopo la tua recensione. Del pari, però, più di 1000 pagine in edizione tascabile Sellerio mi spaventano tantissimo... °_°
Era questo. Confermo lettura piacevole tranne le dimensioni cubiche del malloppo. Consiglio e-reader, nel caso di acquisto ex-novo.
@Pellegrina e Minty:
Le seghe sono dosate con accortezza: Trollope ci DICE che sono tantissime, ma ce ne mostra una qunatità molto moderata. Quanto alla lettura, la soluzione suggerita dalla povna mi sembra la migliore: personalmente non sono a mio agio con gli ebook, ma con un formato del genere è senz'altro la soluzione migliore.
Carissima, riprendo un attimo fiato dopo il mio trasferimento a Londra e passo a salutare le amiche bloggers. Piacevolissima sorpresa la tua recensione. Alla lettura di Trollope mi introdusse Dino diversi anni fa. Lui lo riteneva un pilastro della letteratura Vittoriana ma Dino sai com'è basta che una cosa non sia troppo comune e lui la venera. A me piace ma mi concilia il sonno. Del resto io dormo anche con Harry e col Signore degli anelli pur amandoli.
Comunque se ti può interessare o anche alle tua amiche ho molto di lui in ebook:
La canonica di Framley, il dr. Thorne, il primo ministro, Lady Anna, La vita oggi,
L'amministratore, le torri di Barchester, la casetta ad Allington, Tornando a casa, Le ultime cronache. A memoria non ricordo altro ma potrei avere ancora qualche testo. Un fischio e invio (gratis ovviamente)
Un grande abbraccio
Dani
Complimenti a Dino, perché in Italia Trollope non è esattamente un autore inflazionato, e ora che lo conosco sono d'accordo che è un pilastro della letteratura vittoriana - anzi, a dire il vero mi piace molto più di Dickens che per me è un po' troppo esasperato e con dei caratteri abbastanza esasperanti. Per quanto riguarda il dormire, devo dire che una volta presa l'abitudine di regolarmi sul ritmo dei suoi capitoli e non sul flusso della narrazione, è diventato una specie di droga per me 🤗
Approfitto quindi a piene mani della gentilissima offerta, visto che qualcosa non si trova più in vendita, e qualcosa non ho più i soldi del bonus per comprarlo fino al prossimo Settembre e prenderò mooolto volentieri La canonica di Framley, Il primo ministro, L'amministratore, Le torri di Barchester, La casetta ad Allington e Le ultime cronache, quando avrai tempo e voglia per mandarmeli 😃😃😃
Ripeto: quando hai tempo e voglia perché mi sembri piacevolmente involta in piacevolissime faccende. È sempre bello quando si parte con una casa nuova! ♥️♥️♥️
E, naturalmente, le amiche interessate (o anche gli amici, si capisce) facciano sapere se vogliono qualche portata di questo banchetto. Il primo ministro rientra nella categoria "libri alti a cubo & scomodissimi", per esempio, ed è uno dei seguiti di "Potete perdonarla?".
Buonasera é la prima volta che lascio un commento, ho 81 anni e mi sono goduta il commento su”potete perdonarla” , ho letto per caso - sono una rabdomante nel leggere- alcune cose indirizzate altre per istinto - Trollope alcuni anni fa e mi é piaciuto tantissimo, la calma e la partecipazione ( due cose che possono sembrare contraddittorie) che mi danno i suoi libri é strapiacevole, Non ho letto “Potete perdonarla?” E domani mattina - da milanese acquisita, friulana d’origine - me lo vado a prendere. In tempo di Covid Trollope mi sembra uno splendido antidoto.
Buonasera
Sisa.
Benvenuta, Sconosciuta!
Sono convinta anch'io che Trollope sia adattissimo in questo periodo, e quindi ti annuncio che di recente è uscito anche "I diamanti Eustace", che mi sono comprata e massa da parte per quando avrò finito la Guida galattica per gli autostoppisti". Nello scorso lockdown mi sono accorta che non tutte le letture vanno bene per i periodi in cui intorno grava una profonda depressione - io per esempio decisi di cogliere la palla al balzo per leggere finalmente "Delitto e castigo", libro bellissimo davvero ma... come dire... non troppo adatto al periodo. I romanzieri inglesi vanno senz'altro meglio, e Trollope in particolare appunto per la calma che trasmette ma anche per la sua partecipazione.
Posta un commento