Probabilmente non avrei mai conosciuto questo libro se non fossi entrata su Facebook, perché solo lì l'ho sentito nominare e quando ho provato a chiedere a qualche amico assai più addentro di me nell'italica letteratura degli ultimi due secoli ho ottenuto solo sguardi assolutamente vuoti.
In Sicilia invece è molto famoso - probabilmente si tratta, come Il regalo del Mandrogno o La valle dell'orco, di una specie di cult locale conosciuto solo in una regione.
Due o tre anni fa, in quel periodo in cui sui social passavo molto tempo, in uno scambio di commenti politici qualcuno addivenne a parlare di romanzi storici italiani, e qualcun altro disse che il miglior romanzo storico italiano era, senza dubbio, I Beati Paoli.
Sgranai gli occhioni, feci una piccola ricerca in rete e mi presi un appunto per quando sarei tornata a girare per biblioteche: se davvero era il migliore romanzo storico italiano, almeno una guardata potevo dargliela.
Qualche mese fa, sempre su Facebook, trovai invece una lunga dissertazione di Dolcezze per la quale è uno di quei libri molto amati su cui ogni tanto si ritorna volentieri; così mi convinsi che davvero era tempo di metterci su le mani, e durante le vacanze di Natale me lo sono letto assai volentieri. Non so se davvero è il miglior romanzo storico italiano, ma di sicuro è un gran bel polpettone e si lascia leggere con gran piacere e soprattutto molto coinvolgimento - il tipo di romanzo che fa piacere sapere che ti aspetta sul comodino alla fine della giornata.
La storia si snoda su una trentina scarsa di anni, tra il 1798 e il 1718, quasi esclusivamente a Palermo e dintorni. Sotto Palermo, anche, molto spesso. Sembra in effetti che questa bella e stimabile città abbia avuto una intensa vita sotterranea, da fare invidia alle catacombe cristiane.
Da buon romanzo storico abbonda di personaggi storici, ma non di quelli troppo famosi, anche se il gruppetto dei protagonisti principali è rigorosamente apocrifo. C'è un lungo prologo e poi quattro libri, per un totale di pagine che va intorno alle ottocento-novecento a seconda delle edizioni (ce ne sono state parecchie, ma per lo più di editori locali. Solo di recente sono entrati in scena Sellerio, che è comunque siciliano, e Feltrinelli).
Il prologo, che di pagine ne occupa 75, ci racconta la triste storia di una fanciulla benmaritata ma purtroppo il marito è morto. Peggio che mai, il fratello del marito è vivo. Peggio che peggio, il marito defunto ha fatto in tempo ad elargire alla sposa affranta un bambino, che nasce nelle prime pagine.
Questa dovrebbe essere una bella cosa, in teoria - ma il povero bambino è destinato ad ereditare il patrimonio, mentre il fratello del defunto verso il patrimonio ha ben altre intenzioni, e insomma la povera vedova ha le sue notevoli difficoltà a mantenere in vita sé e il piccolo, e la storia si chiude con una drammatica fuga nella notte e financo con un terremoto - perché I Beati Paoli è quel tipo di libro che non risparmia gli effetti speciali e i colpi di scena.
Inizia così il primo dei quattro libri, dove troviamo un personaggio che non sembra avere niente a che fare con la vicenda precedente e che si presenta con una scena che ricorda irresistibilmente la prima apparizione di D'Artagnan ne I tre moschettieri. Costui si ritrova impelagato in una serie di avventure alquanto turbinose, e arrivato a pagina cento il lettore, che fino a quel momento non ha visto apparire né Beati né Paoli si domanda perché il sia pur avvincente romanzo ha questo strano titolo - il lettore toscano, o friulano o sardo, certo: il lettore siciliano sa benissimo chi sono i Beati Paoli e si limita ad aspettare con pazienza che entrino in scena, cosa che avviene appunto a pagina 101 dell'edizione che ho letto. Ma da quel momento, di Beati Paoli ci sarà una notevole abbondanza.
E dunque, cosa sono questi Beati Paoli?
Una Presenza, all'inizio impalpabile - una voce, una leggenda, un ricordo del passato. Qualcuno crede che non esistano più da tempo, qualcuno addirittura che non siano mai esistiti e che si tratti solo di un prodotto dell'immaginario collettivo: una misteriosa setta di giustizieri.
Matteo Lo Vecchio, abile investigatore che, almeno all'inizio, ricorda molto Sherlock Holmes (dopo no, diventa davvero troppo antipatico) invece sa benissimo che sono assai reali anche se è davvero molto difficile individuarli. In effetti la trama principale del romanzo è data proprio dal duello sotterraneo tra l'implacabile sbirro e i Beati Paoli. Lo sbirro è abilissimo nel travestirsi, spiare con incrollabile pazienza e interpretare i più piccoli segnali, e più volte arriva quasi a prevalere - ma c'è sempre un quasi che lo frega e che trasforma ogni volta le sue abilissime imboscate in fiaschi colossali. Ogni due-trecento pagine lo sbirro è dato per morto - in un caso ce lo vediamo letteralmente morire sotto gli occhi... quasi - ma poi ce lo ritroviamo, vivo e sempre più incattivito, diverse pagine dopo. Comunque anche i Beati Paoli passano i loro guai.
Ma infine, cosa sono i Beati Paoli?
Una setta segretissima, che si riunisce nei sotterranei di Palermo con rituali vagamente carbonari e vestiti assai simili a quelli del Ku Klux Klan, ma che conta affiliati e alleati tra gli Invisibili, ovvero il popolo minuto, che è sempre disposto ad aiutarli e a collaborare, senza fare troppe domande e spesso abbastanza ignaro di quel che sta succedendo; e tutti collaborano volentieri perché i Beati Paoli sono buoni e amici del popolo e della giustizia. A dire il vero, nel corso del romanzo la giustizia sembra occuparsi soprattutto delle questioni di successione del povero orfanello che abbiamo conosciuto nel prologo - una roba aristocratica, in effetti, e a ben guardare anche il capo dei Beati Paoli è un aristocratico, e trova gravissimo quel che ha fatto il fratello cattivo. Non che abbia torto, in effetti, e va pur aggiunto che il fratello cattivo di cose gravissime continua a farne a carrettate fin quando l'autore decide che è davvero il momento di sopprimerlo (sarà una roba lunga, comunque).
Se siano o no davvero esistiti è cosa incerta, come ci spiega una ricca introduzione storica (che comunque conviene leggere solo dopo aver terminato la lettura). Si tratta comunque di una leggenda/vicenda saldamente radicata nel folklore siciliano ed esistono svariati studi sull'argomento, anche piuttosto recenti e ognuno con la sua teoria. Visto che non esistono fonti scritte, e visto che nessuna società segreta pubblica gli atti delle sue vicende, la questione sembra destinata a restare aperta ma chissà.
Il romanzo si snoda tra imboscate, agguati, duelli, assalti a tradimento, tradimenti di tutti i tipi, parenti decisamente serpenti, ma anche agnizioni, amori contrastati e avventurosi, figli illegittimi, figlie perseguitate eccetera, e c'è pure la figura semiufficiale del bastardo riconosciuto, che nel diritto siciliano in mancanza di altri eredi legittimi poteva ereditare financo il titolo oltre che il patrimonio; fino ad arrivare al finale dove i pochissimi protagonisti sopravvissuti si sistemano e c'è anche un matrimonio che corona finalmente una storia d'amore che sembrava destinata a finale ben più malinconico. Da notare che sia i Beati Paoli, sia l'abile sbirro, sia il Perfido Fratello sia il resto dei personaggi operano, fanno, disfano e si complicano la vita sotto gli occhi di una polizia e di un governo assolutamente ignari di tutta la vicenda, che pure ogni tanto emerge in superficie in modo davvero appariscente ma viene sempre sistemata con poche e blande parolette (o molte e consistenti monete) che il protagonista di turno ritiene opportuno rifilare per placare ogni ombra di sospetto o di interventismo - e sotto questo aspetto, sì, è senz'altro un eccellente romanzo storico italiano.
E' una lettura avvincente e interessante, ma anche istruttiva. Sul piano storico, prima di tutto (non è che siano in molti a conoscere nei dettagli le vicende della dominazione sabauda in Sicilia, men che meno l'entusiasmo iniziale che suscitò in certi ambienti), ma anche cittadino: Palermo recita benissimo ed è descritta con gran cura (pare anzi che la ricostruzione storica sia estremamente precisa. Naturalmente con me si vince comunque facile perché non conosco né la Palermo moderna né quella dell'epoca in cui fu pubblicato il romanzo né tantomeno la Palermo settecentesca) e la ricostruzione della vita quotidiana è dettagliata e molto persuasiva.
I personaggi sono un po' strani (e chi di noi non lo è?) ma va pur riconosciuto che, avviluppati come sono in una trama del genere, qualche stranezza di carattere è inevitabile che salti fuori.
Non è esattamente una lettura briosa, anche se in qualche punto le scene sono divertenti - si tratta però, di solito, di un umorismo un po' noir. Ecco, l'atmosfera di fondo è piuttosto cupa, e anche il lieto fine non è poi incredibilmente lieto; la quasi totalità dei personaggi passa le ottocento pagine a soffrire, i buoni come i cattivi, ma al contrario di quel che succede negli altri romanzi storici, quasi nessuno riesce a trarre il benché minimo conforto nella fede e quindi soffrono vieppiù.
La vicenda è interessante e movimentata, e davvero non si corre il rischio di annoiarsi. Nel complesso, come ho già detto, è un magnifico polpettone, e mi sento di consigliarlo soprattutto per le lunghe serate d'inverno.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homedemamma e auguro buone letture a tutti quelli che sono finiti questa settimana in zona arancione o rossa, con la speranza che la primavera ci porti consiglio.
Come avevo detto, nel romanzo c’è di tutto e di più, ma su tutto domina il senso della “giustizia giusta”. E poi la lettura ti incatena e ti assorbe. Decisamente un gran bel libro, anche se apparentemente lontano dal nostro mondo.
RispondiEliminaLieta di averti dato la spinta finale alla lettura.
Non essendo siciliana, neppure io conoscevo questo libro ma, come dici tu, sembra uno di quei polpettoni veramente avvincenti. Segnato.
RispondiElimina@ Dolcezze:
RispondiEliminaLietissima io di averlo letto!
@ Hermione:
Spero che apprezzerai. Se ti piace il genere, è fatto proprio bene ^_^