La trama è abbastanza nota, e siccome si tratta di un dramma greco si può raccontare tranquillamente senza problemi di spoiler, dato che anche gli spettatori che lo videro la prima volta conoscevano benissimo la storia.
Siamo in Aulide, appunto, e la flotta greca scalpita per partire per Troia e fare la famosa guerra per riprendersi Elena. Agamennone è stato eletto capo della spedizione** ma fa una qualche stupidaggine che offende Artemide, la quale decide perciò di mandare venti contrari per impedire la partenza della flotta.
Il povero Calcante, indovino al seguito dell'esercito, viene interrogato, indaga e scopre che, appunto, Artemide è arrabbiata e impedirà la partenza finché Agamennone non le sacrificherà la sua figlia maggiore, Ifigenia, una fanciulla appena in età da marito.
Agamennone comprensibilmente recalcitra, ma alla fine si fa convincere e manda a chiamare la figlia dicendo che la vuol dare in sposa.
Durante il prologo vediamo che Agamennone è molto pentito e scrive alla moglie Clitemnestra (del tutto ignara dei problemi creati da Artemide) per dirle che non se ne fa di niente. Il fratello Menelao intercetta la lettera e inizialmente fa una bella piazzata ad Agamennone, ma poi ci ripensa, capisce il punto di vista del padre che non vuole sacrificare la figlia innocente per rendere al fratello una moglie che tanto innocente non è e che sembrerebbe meglio persa che trovata e dice che, pazienza, farà a meno di Elena.
Disgraziatamente è troppo tardi; ed ecco arrivare Ifigenia, ovviamente accompagnata dalla madre molto contenta perché la figlia va a sposarsi, e al seguito c'è pure il piccolo Oreste, così il padre vedrà come cresce bene.
Agamennone si dispera, cerca di convincere la moglie a tornare indietro senza assistere al matrimonio (pretesa assurda che Clitemnestra non prende in minima considerazione) e si inventa che Ifigenia verrà data sposa ad Achille. Guarda caso, nel giro di un paio di strofe Clitemnestra scopre che Achille non ne sa niente.
Messo alle strette, Agamennone finisce per rivelare la verità. Clitemnestra cerca di farlo ragionare, Ifigenia piange perché non vuole morire, Oreste non dice una parola in tutto il testo ma probabilmente si sta già domandando in che razza di famiglia è finito e Achille proclama che farà di tutto, a costo di combattere contro l'intero esercito, per salvare Ifigenia - che poi, se crede, lo sposerà, lui ne sarebbe anche contento, ma non è quello il punto: il punto è che il suo nome non va usato per cogliere in trappola povere ragazzine innocenti e infilarle a forza in oscure trame. Quanto a Clitemnestra, esterna con molta decisione il suo estremo disappunto e dichiara che se Agamennone fa il sacrificio, lei troverà modo di fargliela pagare - una reazione più che comprensibile, in effetti.
L'esercito, informato della faccenda da (si suppone) Ulisse, si dimostra invece molto meno comprensivo di Menelao e molto meno cavalleresco di Achille e proclama che questo sacrificio s'ha da fare.
A questo punto - ma solo quando è chiaro che non c'è speranza, perché anche Achille avrebbe i suoi problemi ad affrontare l'esercito greco, Ifigenia toglie del castagne dal fuoco a tutti e accetta di sacrificarsi in nome dell'Ellade e della libertà. Clitemnestra disapprova e rifiuta decisamente di assistere al sacrificio - che non sarà tale perché all'ultimo momento Artemide rapisce la fanciulla e manda una bella cerva bianca da sacrificare al suo posto.
Com'è noto, allo scambio con la cerva Clitemnestra non crede, anche perché nel frattempo Ifigenia è scomparsa - e di conseguenza il futuro coniugale di Agamennone non sarà dei migliori***.
Siccome sto parlando dell'Ifigenia in Aulide di Euripide, classico tra i classici, universalmente lodato, è inutile che perda tempo a dire quanto è bella e cose del genere, e anche che spieghi quanto mi è piaciuta: Euripide è uno dei miei autori preferiti, sin da quando l'ho incontrato la prima volta ai tempi del ginnasio, e l'ho sempre letto molto volentieri. Ma la storia di Ifigenia la conoscevo già da prima, perché è fra quelle raccontate in Storie della storia del mondo. Quando la lessi per la prima volta però ero una bambina, e ai miei occhi Ifigenia era, per quanto giovane, una ragazza "grande", e la sua era solo una delle tante storie greche, spesso drammatiche, che mi passavano sotto gli occhi.
Qualche anno fa, invece, scoprii che non era affatto una buona idea far leggere quel capitolo di Storie della storia del mondo a una prima media. Avevo portato con molta serenità le fotocopie a scuola e solo arrivata al punto in cui Ifigenia dice "Babbo, tu non vuoi che io muoia, vero?" mi accorsi del silenzio assurdo che c'era in classe. Venti ragazzi ciarlieri assolutamente ammutoliti e con l'espressione choccata. Perché per loro Ifigenia non era grande, era una coetanea. E suo padre l'aveva tradita nel più definitivo dei modi.
Una scelta didatticamente infelice, ammettiamolo.
E così per la prima volta vissi la storia di Ifigenia non come ascoltatrice da intrattenere, ma dal punto di vista della protagonista.
Quando arriva al campo, Ifigenia è una ragazzina. Corre tutta contenta dal padre, per cui ha una predilezione che anche Clitemnestra vede con benevolenza ("sei sempre stato il suo preferito, sin da quando era piccola"), e quando il padre accenna a un sacrificio che va fatto prima delle sue nozze dice tutta convinta che sì, è importante non trascurare gli dei.
Quando si rende conto di essere lei il piatto principale del sacrificio, improvvisamente le piomba addosso anche la consapevolezza di un mucchio di altre cose: che suo padre è disposto a sacrificarla; che ci sono ragioni politiche per cui un sacrificio come il suo (atto empio, impuro e sacrilego lo definisce Eschilo nell'Agamennone) è accettabile agli occhi degli adulti; che ci sono forze che suo padre non è in grado di fermare - né suo padre né il pur famosissimo Achille; che lei, per quanto potesse essere la coccola del papà, conta talmente poco da poter essere privata della vita pur non avendo mai fatto niente di male; che suo padre, anche se poi si è (un po') pentito, l'aveva già venduta; che la vita può essere molto ingiusta e gli dèi peggio che peggio; che per suo padre la politica conta più di tutto, anche della figlia prediletta.
Costretta a crescere tutto insieme, finisce per comprendere che la sua sorte è già segnata, che nessuno può più aiutarla e che l'unica scelta che le resta è di evitare un combattimento interno tra greci e la morte di Achille (che nel difenderla non sarebbe aiutato nemmeno dai suoi stessi uomini (che anzi sono quelli che scalpitano più di tutti perché il sacrificio ordinato da Artemide venga compiuto). Messa così con le spalle al muro decide di piegarsi all'inevitabile senza creare problemi a nessuno, facendo perfino del suo meglio per evitare rimorsi a suo padre: non solo accetta di morire, proclama fieramente di volerlo.
Io l'ho vista così.
Aristotele criticò quell'improvviso mutar d'animo sostenendo, appunto, che era troppo improvviso per lasciare coerenza al personaggio. Non sono d'accordo. Un po' di più posso forse condividere la teoria che dice, in sintesi, che Ifigenia sceglie di fare la brava bambina fino alla fine, ma a me sembra che Euripide racconti una storia diversa e una scelta più lucida.
Ufficialmente Ifigenia in Aulide è considerata una "tragedia a lieto fine", ma un vero lieto fine a ben guardare non c'è, perché proprio l'atto empio, impuro e sacrilego, per quanto non realmente avvenuto, dà la stura ad una serie di atti ancor più empi, impuri e sacrileghi che finiscono quasi per sterminare l'intera famiglia degli Atridi (che d'altra parte hanno una storia familiare fra le più agghiaccianti della letteratura di tutti i tempi anche prima del sacrificio di Ifigenia).
È però un classico dramma euripideo, dove il vero cattivo è la divinità di turno, nessuno a parte Ifigenia si può definire buono ma in fondo tutti fanno del loro meglio: Clitemnestra che cerca di salvare la figlia, Agamennone che quasi rinsavisce e non vuol più sacrificarla, Menelao che rinsavisce del tutto, ma non prima di aver reso il sacrificio inevitabile, i greci che ormai sono lì e vogliono combattere, Calcante che fa il suo mestiere (ma parla con un po' troppe persone), Achille che sembra preoccupato soprattutto del suo prestigio personale, almeno all'inizio... ma c'è un altro grande Cattivo dietro le quinte: la Politica. Agamennone ama svisceratamente il suo posto di comando e per mantenerlo è quasi disposto a sacrificare la figlia, Ulisse manovra dietro le quinte perché la guerra si deve fare, l'esercito una volta scatenato non intende ragioni e nessuno riesce più a fermarlo, tanto che perfino i Mirmidoni di Achille trovano normalissimo e anzi doveroso sacrificare una ragazza innocente. Ifigenia dalla sua ha soltanto il (legittimo) desiderio di vivere e continuare a vedere la luce. Non basta, nemmeno un po'. Lo sappiamo tutti che a volte non basta.
Così questa storia vecchia di quasi tremila anni risulta deplorevolmente attuale anche ai giorni nostri: l'innocenza non ti dà diritto alla vita, se nasci nella famiglia o dalla parte sbagliata.
Di tutto questo però non ho parlato con mio cugino, anche perché mi è venuto in mente solo due giorni fa, dopo la rilettura.
Invece abbiamo parlato del sacrificio di Isacco. Siamo partiti dal catechismo**** e di come ai giorni nostri tendesse a sorvolare su certi episodi della Bibbia.
Per esempio, appunto, il sacrificio di Isacco.
A ben guardare le due storie sono davvero simili: una mattina un qualche dio si alza e dice "ehi, tu, sacrificami il tuo amatissimo figlio". Così, senza un motivo (del resto, non esiste un motivo valido per una richiesta del genere). In entrambi i casi la madre non viene messa al corrente (chissà perché), il fortunato prescelto prende per mano la vittima ignara e insieme si avviano all'ara e solo all'ultimississimo momento il dio o la dea di turno cambiano idea. Cosa pensa l'agnellino sacrificale di turno quando si accorge che era tutto uno scherzo non è dato sapere, anche se ci sono diversi racconti più o meno seri sul trauma che Isacco si porta dietro, e un bel po' di quadri dedicati ad entrambe le storie. Per esempio per Ifigenia abbiamo Tiepolo che senza dubbio presenta con molta chiarezza il concetto di vittima all'altare, ma molti altri si sono occupati del soggetto, con alterni risultati.
A Isacco invece è dedicato una delle tele più celebri di tal Caravaggio, che tra l'altro esprime con estrema chiarezza il punto di vista del ragazzo.
Tra le due storie ci sono però anche delle differenze.
Sono diverse le motivazioni dei due genitori, prima di tutto; Abramo è mosso da puro spirito di obbedienza e sottomissione e nessuno (tranne forse Isacco, almeno sul momento) ci trova da ridire. Più avanti il sacrificio di Isacco verrà interpretato come una prefigurazione del sacrificio che Gesù compie in obbedienza al Padre, cioè dell'evento più importante nel cristianesimo*****. Comunque dopo aver salvato Isacco dio mostra di apprezzare molto l'obbedienza di cui Abramo ha dato prova davvero notevole.
Agamennone invece fa quel che fa in nome della guerra ventura, e secondo Euripide anche per il potere e la carriera (e per come ci viene di solito descritto Agamennone, ciò sembra assai probabile). Artemide a lodarlo non ci pensa nemmeno, e nessun altro lo fa anzi l'atto viene descritto come empio, impuro e sacrilego; più avanti nessun dio si preoccupa di proteggerlo dalle conseguenze di quell'atto, che saranno lunghe, assai articolate e finiranno col ricadere sull'innocentissimo Oreste. Perché il bello degli dei greci è anche questo: a disobbedirgli te la passi malissimo, a obbedirgli talvolta pure, e il povero Oreste ne sa qualcosa perché dopo aver ucciso sua madre in obbedienza a un preciso ordine di Apollo, mezzo pantheon si deve dar da fare per ottenerne l'assoluzione e la purificazione, che comunque arriva solo dopo che il poveretto ha condotto una vita decisamente grama.
Quel che io e mio cugino concludemmo dopo questa lunga e colta conversazione fu che, sì, certe storie è meglio maneggiarle con cautela quando gli ascoltatori sono molto giovani.
E comunque il gelato era ottimo e il pomeriggio fu molto piacevole.
Erano i bei tempi in cui si poteva riunire una tavolata di una dozzina di congiunti stretti per stare allo stesso tavolo senza che ad alcuno venisse in mente nemmen di lontano di biasimare la cosa.
Con questo post molto variegato partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma augurandomi che l'estate ci porti anche qualche raduno, oltre a molto tempo libero per leggere.
* che nonostante sia un cugino a pieno titolo non è particolarmente interessato alle leggende metropolitane
** carica che ricoprirà facendo non poche sciocchezze, peraltro.
*** molto giustamente, secondo me.
**** no, nelle intenzioni non era una conversazione colta. Eravamo a un compleanno multiplo estivo, e ci stavamo ingozzando di gelato dopo un pasto di quelli che cominciano con tre antipasti.
***** si potrebbe osservare che Gesù obbedisce al Padre, ma lo fa volontariamente e consapevolmente, al contrario di Isacco: d'altra parte la questione è abbastanza complicata perché, di fatto, Gesù è il Figlio ma è anche il Padre, quindi sarebbe strano se non obbedisse a ciò che lui stesso ha stabilito di fare. Ma sto divagando, né ho alcuna speranza di districarmi da un tal teologico ginepraio.
Bellissimo post. Questa tragedia di Euripide, non so perché, ma non l'ho mai dimenticata dai tempi del liceo... Comunque sì, gli dei greci non si sapeva mai come prenderli: uno lo scontentavi sempre!
RispondiEliminaInfatti! Per la maggior parte degli eroi è un problema davvero serio e quasi tutti i conflitti principali nascono proprio da questo problema di base - una metafora molto efficace della vita edell'impossibilità di far davvero bene qualcosa, qualunque cosa 🤕
RispondiEliminaQuando ho letto Ifigenia m'è sovvenuto di Ifigonia il licenzioso rifacimento studentesco che anche io ho recitato alle gite. Poi ho letto tutto. Davvero un bel post e ti faccio i complimenti per come hai trattato l'argomento. La prof merita un dieci e lode!
RispondiEliminaStarò via per un po' dal blogghe ma Ti lascio alle cure di Bobby e Dani assai più precisi di me nella selezione e collocazione dei materiali.
Un abbraccio e l' augurio di una estate perfetta perché da quarcheduno ho sentito dì che bisogna auspicarsi la perfezione per avere una soddisfacente mediocrità.
Zanza
In effetti per i ragazzi l'ottica è un'altra e di questo bisogna tener conto. Fino a qualche anno fa sinceramente andavo a ruota libera nel proporre certe storie, ma ho capito che non è sempre scelta oculata. Sarebbe interessante proporre, subito dopo la lettura del dramma di Euripide, il passo di Lucrezio in cui si condanna senza attenuanti Agamennone. Mi piace questa prospettiva adottata e qualche punto di contatto con il sacrificio di Isacco.
RispondiEliminaHo dimenticato di "firmare". Mel
RispondiElimina@ Zanza:
RispondiEliminaIfigonia in Culide, mi sembra. Almeno così la ricorda mio padre, che ogni tanto la cita e che l'ha vista rappresentata una volta in cui a Firenze ci fu una specie di festival della goliardia. Non so se l'abbia anche recitata, ma ci sta...
Grazie dei complimenti e degli auguri, ma spero di avere al più presto la possibilità di rileggerti. Anche se sono molto contenta anche quando arrivano Dani e Bobby, naturalmente!
@ Mel:
Alle medie naturalmente Lucrezio lo frequentiamo poco, e in paesello chiesino come St. Mary Mead non sarebbe proprio il caso di proporlo, almeno in certi passi. Ma non ricordavo affatto che avesse parlato anche di Agamennone - alla fine ho fatto solo i passi svolti in classe, anche se mi piaceva molto, e quello non c'era. Mi ero ripromessa di leggere tutto il poema, ma alla fone è rimasto l'.
Mi segno un appunto (e soprattutto un segnalibro) e andrò a guardare, grazie della segnalazione!