Di azzurro e di intrecci simmetrici ce n'è a sufficienza per soddisfare la fame più vorace. Anche la storia però è interessante e ricca di risvolti.
In un qualche tempo non troppo definito (direi bassissimo medioevo, insomma Trecento molto avanzato) in Francia un ricco mercante vedovo fa allevare da una balia dell'Africa mediterranea suo figlio e il figlio di lei, coetanei e in un certo senso quasi gemelli.
Similissimi nell'aspetto (ma non nei colori) e della stessa altezza, i due bambini crescono come fratelli litigando, azzuffandosi e condividendo tutto con fraterna rivalità. Un giorno però, quando i due sono ormai ragazzini e la loro amicizia comincia a creare qualche problema al mercante, la nutrice e il bambino africano sono scacciati.
Cresciuto e ormai in età da sposarsi, il giovane Azur decide di andare in Africa per cercare la fata dei jinn, una bella principessa prigioniera di un incantesimo di cui la nutrice gli aveva parlato. Davanti a tanta follia il padre si dispera ma non sa dire di no.
Nel giro di qualche fotogramma Azur parte su un ricco naviglio, naufraga e infine approda, lacero e negletto, in prossimità di di una ricca città africana. Dopo qualche traversia dovuta ai suoi capelli biondi e soprattutto ai suoi occhi azzurri - che una superstizione del luogo trova di malaugurio - il ragazzo si allea con un mendicante di origine europea, ma che conosce la lingua del luogo, per poi ritrovare anche la nutrice (ricca vedova di un ricco mercante) e naturalmente anche Asmar.
E anche Asmar vuole trovare la fata dei jinn per sposarla. La nutrice quindi fornisce entrambi di ricchi mezzi e organizza una bella spedizione, ricorrendo anche all'aiuto di una giovanissima ma saggia principessa esperta in ogni arte e scienza (qui ritratta di profilo su un albero mentre guarda la città di notte).
Il cammino verso la fata dei jinn naturalmente è seminato da insidie e per affrontarlo è necessario trovare anche tre chiavi incantate.
Azur e Asmar partono con la stessa spedizione ma quasi subito si separano, perché in questa ricerca sono rivali. In realtà continueranno ad incrociarsi e aiutarsi nei più vari modi fin quando arriveranno al portale dell'ultima prova - quello che già in molti hanno affrontato ma dove nessuno ha avuto successo. Asmar è rimasto ferito (per aiutare Azur), Azur si rifiuta di abbandonarlo e insieme i due sceglieranno la porta giusta, o per meglio dire la fata dei jinn gliela farà varcare, perché è lei che decide se il pretendente può o no varcare la porta.
Una volta guarito l'ormai morente Asmar (cosa che la fata dei jinn fa in pochi secondi, con mirabili effetti cromatici e luminosi) c'è da decidere quale dei due pretendenti ha diritto a sposare la fata.
Entrambi sostengono che il vero vincitore è l'altro, e la fata dei jinn decide di consigliarsi con qualcuno.
In rapida successione vengono convocati il mendicante amico di Azur, la nutrice e la principessina ma nessuno di loro riesce a trovare una soluzione adeguata.
Infine la fata dei jinn convoca la sua cugina, la biondissima fata degli elfi, e insieme decidono di lasciarsi guidare dalle proprie preferenze. Per circa mezzo minuto lo spettatore pensa che i due biondi formeranno una coppia e i due bruni l'altra coppia, ma infine risulta chiaro che la scintilla dell'amore è scoccata tra il biondo Azur e la fata dei jinn e tra il bruno Asmar e la fata degli elfi (e si insinua anche il sospetto che la ricca vedova e il mendicante potrebbero parimenti unirsi).
La storia si chiude così nella soddisfazione generale (e in un tripudio di azzurro), e non una singola parola viene spesa per il ricco mercante francese che piange il figlio per morto, ma di cui tutti sembrano fregarsene (in particolar modo lo spettatore).
Il film dura all'incirca un ora e mezza e scorre assai piacevole in un tripudio di vivacissimi colori (nonostante le foto che ho postato, non c'è infatti soltanto l'azzurro) rielaborando materiali fiabeschi di vario genere in modo assai originale e brillante, e c'è anche un grazioso gatto nero con lunghe orecchie a punta che fornisce un adorabile cammeo. Vari tipi di superstizioni e pregiudizi vengono allegramente capovolti e rivoltati e a un certo punto qualcuno suggerisce anche che la fata dei jinn potrebbe sposare entrambi i pretendenti, visto che il loro diritto sembra uguale.
I personaggi femminili sono decisamente dominanti (abbiamo, nell'ordine, una nutrice scacciata senza un soldo che è diventata una delle persone più ricche di una ricchissima città, una principessa di grande verve e cultura, istruita dai più saggi tra i saggi del regno e una fata dei jinn che può decidere se far passare o no i suoi pretendenti), i due Fratelli Diversi sono in realtà assai simili nel cuore e nel carattere, oltre che nel fisico e l'unico momento drammatico, quando Azur approda e viene cacciato da tutti, viene superato in fretta.
Il film lascia una piacevole sensazione di vitalità e di energia e la sensazione che con un po' di buon senso tutti possono vivere in armonia e con gran gioia.
Adattissimo per gli ultimi anni delle elementari e i primi delle medie, il film è assai piacevole anche per gli adulti e aiuta a sperare in un mondo migliore nonostante tutto.
Tutt'ora Kiriku è uno dei miei film d'animazione preferiti.
RispondiEliminaLo feci vedere ad Estraneo e adesso ha ammaliato anche la Fr@.
Quindi cercherò sicuramente anche questo.
Ci siamo appassionate anche a Mune, il guardiano della luna.
Non lo conosco. Mi sa che negli ultimi anni ho perso più di un film...😞
RispondiEliminaBello il messaggio che lascia intuire e grazie x la segnalazione.
Brava Murasaki!!!!Ottima scelta!
RispondiEliminaQuesto è fatto apposta: una francofila non può che inchinarsi davanti a Ocelot. Vabbè, ce l'hanno alla biblio sotto casa che è pure aperta, ho controllato, per cui appena faccio una pausa, scendo... dopotutto amo non poco l'azzurro, soprattutto per via del mare :-).
RispondiEliminaAmo i film d'animazione. Adoro l'azzurro in tutte le sue gradazioni e sfumature. Da quanto vedo, i disegni sono da mille e una notte. E se poi alla fine, tutti, biondi e mori, cristiani e mussulmani, diversi ma alleati e solidali, si sposano e vivono felici e contenti, beh io non chiedo altro ad una bella storia.
RispondiEliminaLa tua recensione lascia intendere che le differenze sono preziose quando si uniscono le forze per raggiungere uno scopo. In effetti, conoscere altre culture è un arricchimento, non una perdita.
In quanto al buon senso, temo stia diventando un bene sempre più raro.
Grazie, mi hai regalato una serata piacevolissima! Malgrado qualche sbrodolatura hollywoodiana che non rientra troppo nei miei gusti (la scenografia della scena finale, malgrado l'azzurro, fa veramnte un po' troppo cartapesta e benché il film non sia molto tecnico l'antropomorfizzazione realistica dei personaggi 3D non mi entusiasma anche se oggi va di moda) è un film bello esteticamente e intelligente, che riesce a non diventare mai didascalico, eppure di materiale ce ne sarebbe, grazie alla delicatezza e alla fantasia. Riprende certo i temi cari al regista di Kirikù e Princes et princesses. I suoi colori allargano il cuore e m'è rimasta una gran voglia di torta di mele. Il regista sa come sono fatti i bambini e questo fa sempre piacere, vedi la scena sotto il carro. La parte magico-avventurosa è ridotta al minimo e visivamente meno curata, mi sembra, rispetto a quella che fa parte del mondo degli spettatori e rappresenta il vero centro dell'interesse del regista. Anche qui il tono privilegiato è quello dell'esplorazione dell'esterno, anziché le solite scazzottate paurose. Ovviamente le donne sono molto simpatiche e i ragazzi.. be' rispetto a loro si limitano a impennacchiarsi e bisticciare: ben trovato. Un'inversione degli stereotipi. L'unico personaggio che proprio mi ha infastidito anziché divertito è l'aiutante. Ma immagino ai bambini piaccia molto.
RispondiEliminaTra l'altro mi sembra che riprenda diversi spunti che esistono nelle Mille e una notte: la principessa coltissima e rinchiusa, il principe, qui femmina, che scappa dal palazzo per le strade della città, la gara di generosità tra i pretendenti. Tuttavia il fatto che siano unicamente spunti, rielaborati all'interno di una storia dichiaratamente diversa, evita la banalizzazione jacksoniana di una storia poderosa che potrebbe reggersi perfettamente se solo si accettasse di darle fiducia anziché ridurla a uno stereotipo. Due dettagli deliziosi: la ragazzina che prende lezioni di danza dalla signora occidentale - velata! e Asmar che senza tante storie si carica i colombi in groppa mentre Azur fa la lagna all'idea di una telefonata al giorno.
Da vedere con cura anche i titoli di coda che qui guardano tutti, infatti.
Non riesco a credere che piaccia anche a dei dodicenni, ma è un buon segno: forse si tratta solo di sollecitarli. E poi è ottimo per introdurre Giustino e la successione degli imperi :-P, oltre al mondo arabo e alla letteratura cavalleresca medievali.
P.S.: mi sa che nel corso del post c'è qualche scambio fra i nomi dei due protagonisti.
P.S.: certe immagini mi ricordano molto la plasticità dei quadri di Rousseau il doganiere. Chissà se è voluto. La nutrice poi è statuaria come una madonna trecentesca.
RispondiEliminaP.P.S.:
RispondiEliminaTra l'altro non so come traducano la frase finale, qui lui usa l'espressione "femme de tête" per definire l'ambita sposa che è un'espressione tipica per indicare una donna intraprendente e per nulla sottomessa che sa il fatto suo. La battuta conclusiva in cui il mendicante si propone come marito della mercantessa è più che interessante: infatti le differenze socio-economiche sono sempre le più difficili da superare. Va a tutto merito del film volerlo ricordare anche e soprattutto nello zuccherino finale.
@Agrimonia:
RispondiEliminaIn effetti di Ocelot conosco solo questo, anche se mi hanno sempre detto un gran bene di Kiriku.
Potrei provare a cercare anche il resto: dopotutto, se pur è vero che Miyazaki è meraviglioso, a lavorare anche con qualche altro autore non c'è niente di male.
Acquaforte:
Come osservava Pellegrina, il tema delle Mille e una notte è presente in molti aspetti, non solo nei colori e nei disegni. Ocelot ha cercato di immergersi nello stile lussuoso delle Mille e una notte come in Kirikù (dai disegni che ho visto) ha cercato di immergersi in una atmosfera da Africa nera - un operazione di segno opposto rispetto alla Disney che porta lo stesso stile in tutte le storie. Il tema portante della storia qui è proprio l'importanza POSITIVA delle differenze. Verso il finale, quando la fata dei jinn chiama uno ad uno tutti i protagonisti, qualcuno dice "Non riusciamo a trovare una soluzione perché siamo tutte persone che ragionano nello stesso modo" e allora chiamano qualcun altro (non ricordo se la principessina oppure il mendicante). E' un concetto molto importante: spesso un problema senza soluzione è solo un problema a cui stanno pensando persone troppo simili tra loro.
@Pellegrina:
hai fatto una bellissima analisi e dopo ricontrollo il post per sistemare il nome dei protagonisti, il fatto che abbiano dei nomi tanto simili non mi ha aiutato. Solo che... chi sarebbe l'aiutante?
L'antropomorfizzazione realistica in 3D non piace nemmeno a me, ed è il motivo principale per cui non guardo più volentieri i cartoni animati americani. Preferivo assaissimo i cartoni a due dimensioni. Per fortuna i giapponesi ci vanno molto più cauti.
Per la frase finale non ricordo niente di particolare, controllerò più avanti - adesso il DVD è a scuola.
ancora @Pellegrina:
RispondiEliminaMeno male che mi hai avvisato! Avevo semplicemente scambiato i protagonisti. Per tutto il post.
Comunque ora dovrebbe essere tutto a posto.
Grazie a te dell'apprezzamento.
RispondiEliminaDunque: con l'aiutante intendo il mendicante. Il personaggio che dice che ci vuole qualcuno che ragioni in modo diverso (e se vogliamo introduce così l'importanza della differenza ricco/povero) è il sapiente maestro della impronunciabile principessa. Tra l'altro quando sottolineavo l'importanza di vedere i titoli di coda è perché, tra molte cose, precisano che il film è stato realizzato da "persone che lavoravano bene insieme" provenienti da almeno quindici paesi diversi, con relativo elenco. Miyazaki è meraviglioso unico tolkeniano (nel senso di assoluto, non ha nulla a che fare con Tolkien poeticamente) e ha una tecnica senz'altro superiore, ma anche più mezzi. Favoriti Totoro, un altro film con bambine perfette, e Le vent se lève. Ocelot però ha il suo perché, decisamente. L'osservazione sull'attenzione di Ocelot per lo stile di ognuna delle sue creazioni è molto appropriata: del resto si inserisce molto bene nella sua attenzione alla "mixité" di cui i suoi film sono simbolo. La nutrice che dice che lei ne sa più di tutti perché ha conosciuto due di tutto, ad esempio...
Ebbene sì, il mendicante è risultato il più simpatico ai miei alunni, e anch'io mi sarei adattata di buon grado a farne a meno...
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