La prof. Picchia arrivò in seconda liceo, ovvero quando la prof. Della Gherardesca ci venne tolta per colpa di una riduzione delle cattedre. Prese il nome da una pettinatura col ciuffo decisamente insolita che la rendeva assai simile allo struzzo noto in Italia come BeepBeep - e sono perfettamente consapevole che uno struzzo non è un picchio, né ricordo i vari e demenziali passaggi per cui arrivammo a partorire sì balordo soprannome, comunque per noi fu sempre la prof. Picchia.
Venne con incarico annuale, e l'anno prima aveva insegnato al liceo della Querce, leggendaria e carissima scuola privata di gran prestigio, assai frequentata da quel particolare strato sociale del Vorrei-Tanto-Essere-la-Firenze-Bene; e si racconta che in quella scuola gli insegnanti venissero pagati più che alla scuola statale. Posso solo aggiungere come commento che alle scuole private gli insegnanti se li sceglievano (a quei tempi senza nemmeno l'obbligo dell'abilitazione) mentre alla pubblica venivano scelti in base al punteggio da una graduatoria e sulla scelta la scuola non poteva intervenire. Insomma da noi arrivò per colpa della nostra ria sorte, mentre alla leggendaria scuola privata se l'erano scelta. Mah?
Il giorno che arrivò io non c'ero, e dovetti contentarmi dei racconti delle compagne.
"E' una zittella" sintetizzò Sary.
"Ma che c'entra, anche la Della Gherardesca non è sposata!" insorsi io.
"La Della Gherardesca non è sposata, lei è una zittella".
Aveva ragione. In tutta la mia vita non ho mai visto alcuna essera umana che cercasse con tanta cura e tanto successo di uniformarsi sin nei minimi particolari al cliché della zittella inacidita. Da notare che era poco sopra la trentina.
Vestiva in modo bigio e assai punitivo, si truccava poco ma certo non in modo da valorizzarsi e sembrava arrivata da un altro pianeta (l'altro soprannome infatti era "Atlas Ufo Robot"). Ed era la persona più priva di senso dell'umorismo o di capacità dialettica in cui abbia mai avuto il piacere di imbattermi.
Il suo metodo di insegnamento era decisamente curioso.
Spiegava. Una, due, tre ore - insomma, il tempo richiesto dall'argomento. Più esattamente dettava appunti che sembravano mandati a memoria. Stava in piedi a spiegare e si aveva l'impressione di vederle uscire dalla bocca un nastro perforato con le parole.
Non potevamo interrompere per fare domande o considerazioni o paragoni. Chi ci provò venne richiesto con garbo di aspettare dopo la fine della spiegazione. Così ci astenemmo da ogni pur minimo tentativo di intervenire nella lezione e prendemmo tanti, tanti appunti.
Ma se c'era qualcosa che non avevamo capito, come li prendevamo gli appunti? Qualcuno in seguito si lamentò che alla fine delle spiegazioni si ritrovava degli appunti che sembravano un groviera*, e che riempire i buchi non era poi così semplice.
Io non avevo particolari buchi negli appunti e tenevo abbastanza bene il ritmo, ma mi annoiavo: erano delle spiegazioni di una noia micidiale. A tutt'oggi mi domando se Cicerone e Orazio (che non ho mai minimamente apprezzato) mi sarebbero sembrati così disperatamente vuoti se me li avesse spiegati qualcun altro.
La Picchia spiegava gli autori: la vita, il pensiero, il meccanismo con cui scrivevano, le loro teorie. Non c'era l'ombra di una interpretazione critica, adesso che ci ripenso. Mai un dubbio, un incertezza, una zona d'ombra, una questione discussa, qualcosa che ammettesse più di una interpretazione, uno straccio di evoluzione nel pensiero - e ripensandoci, la situazione doveva essere davvero di una piattezza mortale se perfino io sentivo la mancanza di un po' di interpretazione critica.
Che poi in un anno quella donna non può certo essersi limitata a fare Cicerone, Orazio ed Epicuro; Io però ricordo solo questi tre e delle spiegazioni interminabili e soporifere.
Faceva le interrogazioni programmate - estremamente programmate, pianificate con almeno un mese di anticipo e accuratamente segnate sul registro di classe. Poniamo, Murasaki sarebbe stata interrogata il 23 Febbraio su Cicerone e Cesare e Sary il 2 Marzo sulla prima e seconda ode del primo libro di Orazio. In quel territorio piccolo e ben delimitato ci si aspettava che Murasaki sapesse tutto quel che le era stato detto, fino all'ultima virgola, ma in compenso Murasaki era sicura che mai e poi mai le sarebbe stata rivolta una domanda su altri argomenti. Per contro non erano graditi ampliamenti, considerazioni, riferimenti ad altri testi non fatti in classe eccetera. Insomma, era come andare a nuotare nella piscina per bambini con la ciambella e i braccioli: non c'erano rischi e l'unico modo per non prendere un voto almeno decoroso era non aprire il libro o il quaderno degli appunti.
Studiammo il resto del programma, quello che non era compreso nelle nostre singole interrogazioni programmate?
Assolutamente no (salvo forse il gruppetto dei bravissimi): c'erano tanti altri modi più interessanti per passare il tempo - al limite, anche studiare le altre materie.
Ovviamente per quelle interrogazioni studiavamo tutti con molta cura e mandavamo a memoria quanto ci era richiesto, annoiandoci con dignità. Si instaurò anzi la tradizione di fare forca il giorno prima dell'interrogazione programmata onde andare alla Biblioteca Marucelliana vicino al liceo per ripassare con gran cura.
Fu così che riuscii perfino a prendersi 7/8 a un interrogazione di greco (!) il che mi convinse definitivamente che quel metodo era del tutto balordo perché il mio greco era del tutto inferiore al sette (arrancando a vista, nei momenti migliori, nella zona intorno al sei) e quanto all'otto non era nemmeno da prendere in considerazione riferendosi a me.
Certo, in quel modo si evitavano polemiche e reclami. Ma, per quanto ricordo, in tanti negli anni precedenti avevamo incassato i nostri bravi quattro e cinque (e qualcuno aveva visto anche dei meritatissimi tre) senza reclami né da parte nostra né dalle famiglie.
Forse alla Querce le cose andavano diversamente? Sinceramente non lo so.
Anche i compiti scritti andavano in modo abbastanza curioso - per me, sempre in greco, arrivò anzi un misteriosissimo sette e mezzo. No, non avevo copiato. Assolutamente. Non so cos'era successo. Escludo però di avere fatto una traduzione da sette e mezzo: non ne ero materialmente capace. In latino sarebbe magari stato possibile, ma in greco no (in latino però i voti rimasero misteriosamente appiattiti intorno al sei e mezzo).
In quelle versioni erano segnati stranissimi errori, per esempio non si doveva scrivere che i romani combattevano con i Cartaginesi, bensì contro i Cartaginesi, casomai qualcuno pensasse che i Romani, improvvisamente impazziti, si fossero alleati contro i loro tradizionali nemici per combattere contro il nulla.
Forse il mio italiano impeccabile mi fu di aiuto? Oppure per qualche strano motivo agli occhi della Picchia facevo parte d'ufficio del gruppo dei piùchesufficienti? Mi colpì però il fatto che la fanciulla del banco davanti al mio prendesse sempre cinque/cinque e mezzo, laddove in precedenza aveva un range non brillantissimo, ma che oscillava tra il cinque e mezzo e il sei e mezzo.
Il fatto che io prendessi sette e mezzo a greco scritto non era l'unica stranezza di quei voti, alquanto frazionati. Rimasero famosi il sette meno meno meno, l'otto meno ma qualcosa di più e il leggendario tra il sette/otto e l'otto meno. Farne la media doveva essere un esperienza affascinante sul piano aritmetico.
Ecco, l'unico lato positivo di quella donna come insegnante era la quantità di aneddoti che ci fornì, uno più strampalato dell'altro. Il rapporto umano, certo, era inconsistente (difficile avere un rapporto emotivamente caldo con chi ti considera più o meno alla stregua di un juke-box dove metti la monetina ed esce la canzone che hai scelto) ma per farne caricature, imitazioni e prese di giro varie era eccellente, e nessuno di noi ne aveva paura.
Come ho già detto, era a incarico annuale e a Giugno sparì.
Nessuno la rimpianse.
*in realtà il groviera non ha buchi, ma in italiano l'uso comune è di considerarlo, appunto, un formaggio con i buchi.
ammazza, che roba da suicidio...
RispondiEliminaPerché con due T?! Per sottolineare la zitella al quadrato?
RispondiEliminaLa mia la chiamavo (solo io, che gli altri erano troppo impegnati a prendersela con gli insegnanti preparati, sigh) Puciappa. Che , capimmo molto tardi, significa purtroppo. Ricordo un 5/6 datomi perché "io sono buona" e visto che avevo saputo tutto le risposi anche "allora mi dia un cinque che della sua bontà non me ne faccio niente", arrabbiata a morte per il coraggio o per il non coraggio. Se so dammi (almeno) la sufficienza, se non so abbi il coraggio di darmi il voto che mi merito. Se mi dai cinque ma verso il sei, penso che tu mi dia cinque perché ti sto sulle balle, ma verso il sei perché sapevo da sei. Non sono una che contesta i voti, mai stata, ma quel voto specifico, ed era un capitoletto bifido di storia romana, se non sbaglio la fine della repubblica o qualcosa così, magari non ero brillante ma mi sono sempre sentita "pregiudicata" ossia non giudicata per quel che sapevo ma per l'idea che gli insegnanti si erano fatti di me. Credo sia stato un mix di Calimeraggine mia, immaturità, e alcune storture che gli insegnanti adottavano. Tipo dividere la classe per fasce di voti e non fare uscire gli alunni da quelle fasce nemmeno a morire, neanche se facevano l'interrogazione della vita o la figura da pirla peggiore del mondo. Chiedo scusa, dal ricordo di una prof simile alla tua sono finita a lagnarmi del mio liceo linguistico, da cui comunque sono uscita (e molti invece ci sono rimasti ...) per cui evidentemente gli insegnanti non ce l'avevano con me... ;-)
RispondiEliminaMa non è che il soprannome derivava da Picchiarello,quello dei fumetti?
RispondiEliminaSulla metodologia didattica no comment. Cmq mio figlio ha avuto x due anni una prof di filosofia siffatta. E tutti,genitori e alunni, ne erano lieti: nessun brutto voto,niente panico da attesa di interrogazione,poche idee,ma scolpite nei cervelli, insomma, la più amata dagli italiani (tranne che da Dolcezze...ma lei non capisce niente)
@LaNoisette:
RispondiEliminaPer fortuna eravamo una classe piena di vitalità, e al suicidio non abbiamo mai pensato se non, forse, davanti all'atroce prospettiva di diventare un giorno come lei...
@la povna:
perché "zittella" è la grafia giusta in toscano, almeno se accetti la teoria che "si deve scrivere come si dice" (mi pare fosse di Quintiliano). E poi c'è anche l'illustre precedente di Landolfi, volendo.
@Bridigala:
I ricordi di scuola sono sempre molto interessanti da leggere, almeno per me ^__^
Purtroppo quel che dici sulle fasce è vero, o almeno al liceo l'ho notato diverse volte, con alcuni insegnanti. Per fortuna alle medie non corriamo questo rischio, perché i ragazzi cambiano talmente anche da una settimana all'altra che siamo comunque costretti a mantenere una certa elasticità mentale - il che ha anche i suoi vantaggi, devo dire.
L'uso di dire "ti do questo voto perché sono buona" è comunque una bastardata che ci si potrebbe risparmiare con poca spesa, è un fatto.
@Dolcezze:
Guarda, non so che dirti. Quando ho cercato un immagine per il post mi sono imbattuta anche in Picchiarello, che in effetti le somigliava molto, ma ricordo distintamente (forse sbagliandomi, sono passati tanti anni) che si partì dallo struzzo e per lunghe e misteriose vie approdammo a Picchia.
Sui genitori non so che dire (con i miei non ricordo di averne mai parlato, gli altri compagni non so) ma in classe l'insoddisfazione era generale, o almeno molto diffusa. Ricordo distintamente ben DUE assemblee di classe dedicate a fare le pulci alla Picchia. Vero è che tra noi c'era un gruppo piuttosto portato alla lamentela, ma di lei ci lamentavamo un po' tutti, anche e soprattutto perché quel che ci faceva studiare era di una noia micidiale. Certo, anche filosofia era di una noia mortale per noi, ma per quella abbiamo avuto solo un insegnante (il professor Ruf), mentre per latino e greco fino a quel momento avevamo avuto due insegnanti molto brave, e nel complesso erano materie che ci piacevano ed avevamo imparato ad apprezzare. Qualcuno era anche preoccupato per la preparazione inadeguata che ne risultava (ormai eravamo al quarto anno e lo spettro della Maturità cominciava a incombere) mentre nessuno di noi si preoccupò mai per la nostra preparazione in storia e filosofia, che invero era davvero pietosa e del tutto inadeguata. Di fatto, Ruf ci risultava meno irritante, forse perché non lo ascoltavamo.
Io ne incontrai una così all'Università. Storia della Letteratuta infantile. Il seminario verteva su Collodi, naturalmente Pinocchio. Non vorrei offendere le amiche toscane, ma Pinocchio non mi è mai stato simpatico. Dopo quel corso lo odiai con tutta l'anima .
RispondiEliminaOrnella
L'insegnante più terrificante che davvero non mi ha trasmesso nulla è stato quello d'Italiano, Storia e Geografia delle mie scuole medie. Sapeva mantenere il silenzio in classe a suon di minacce e di note, però di tutto quello che spiegava (?) non mi è rimasto nulla.
RispondiEliminaNon voleva scocciature, questo era chiaro, e si limitava ad assegnarci esercizi sull'antologia su questa o quella lettura, salvo poi correggerli all'acqua di rose, collettivamente: se Tizio lamentava che non aveva capito l'esercizio, putacaso proprio quello più elaborato, non succedeva niente e si passava a Caio, che, o utilizzava la medesima scusa, oppure riferiva di averlo svolto oralmente, il che equivaleva a non averlo nemmeno guardato. La risposta giungeva raffazzonata alla meglio da questo o quell'intervento e avanti così.
Per non parlare della grammatica. Mai svolto un esercizio di analisi grammaticale o logica - figurarsi l'analisi del periodo. Quanto alle verifiche, solo temi - quelli strettamente necessari, ovviamente - senza mai aver impiegato un minuto a spiegarci cosa fosse un tema e come si svolgesse.
In Storia e Geografia, poi, era così bravo che finivamo il libro di testo dopo il primo quadrimestre e a quel punto cosa si faceva? Approfondimenti delle discipline? Macché, si ricominciava il libro daccapo!
L'unica sua qualità, se così vogliamo chiamarla, era il suo aspetto caricaturale (occhi strabici, riportino sul capo forforoso che gli imbiancava le spalle, sputacchio libero e forte accento siciliano) che stimolava le nostre capacità imitative e il nostro senso dell'umorismo.
Ciò che più mi dispiace davvero è questi insegnanti lascino comunque un qualche tipo di ricordo, trovino spazio quando, per la loro pochezza, sarebbe molto meglio abbandonarli nel dimenticatoio. Eppure, proprio come esempio negativo ci rimangono impressi e divengono fonte di aneddoti tristemente divertenti.
Invece la questione dei voti la trovo purtroppo attualissima: dalle mie parti si "spara" alto, vuoi per non contrariare le famiglie, vuoi perché le scuole medie sono orientative. La tendenza, insomma, è dare voti altissimi e guai a chi cerca di sottrarsi a questa politica. Gli otto fioccano che è un piacere e se c'è qualche sei è perché si tratta di un BES o di un DSA. Nella scuola dov'ero credo ci siano stati meno di una decina di bocciati su una popolazione di 500 ragazzi.
Tutti dei geni?
Mamma mia... mi sembra l'esemplificazione di uno dei peggiori tipi d'insegnamento che si possa avere: quello dell'argomento prestabilito da mandare a memoria! :-S
RispondiEliminaDa quanto scrivi, secondo me era un tipo estremamente metodico proprio perché era la prima a non averne voglia: quando non ne hai voglia, non c'è nulla di meglio della metodicità da seguire pedissequamente.
In quanto ai tuoi voti... non è che erano alti perché altrimenti quelli degli altri avrebbero dovuto, in proporzione, essere troppo bassi? Alle superiori la prof di Italiano così spiegava i miei otto: "... altrimenti dovrei dare due agli altri" :-D
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Uh che ricordi!
RispondiEliminaDal mitico prof. d'italiano alle medie, che ha cambiato la vita, in bene, a 24 ragazzi, grazie alla sua intelligenza, sensibilità, ed alla dote innata di saper intrattenere insegnando alla "Keating" de "L'attimo fuggente" (Dio gli doni lunga vita e tanta gioia), alla prof. ZITELLA/DIVORZIATA di francese, con la quale lui ha combattuto tantissimo quando lei ci umiliava e ci faceva piangere, infierendo soprattutto sui ragazzi con problemi, fino ad arrivare al prof. di Anatomia Artistica che era un "pozzo" di cultura ma ci faceva scompisciare quando si soffermava sui glutei del modello, durante la lezione e poi ci diceva di essere "un angelo" perché non aveva interesse per il sesso...
Ma non posso non ricordare, tra i 20 insegnanti di storia dell'arte che si son succeduti in classe mia, in 5 anni , all'istituto d'arte (quasi sempre la maternità era la via di fuga...) quelli che ricordo con più facilità. 4 prof. con 4 differenze sostanziali:
1-con più piacere: la Rosi, che ci fece amare quella materia raccontandoci le vite dei più illustri, facendole "nostre".
2-con la mappa di Firenze in mano: la Ballerini, che voleva sapere più da quali strade si raggiungevano i musei ed i più bei palazzi di Firenze e d'italia, ed in quali sale erano alloggiati i Capolavori. Ma era divertente e si è pure rivelato utile nel tempo!!
3-la più severa: la nipote di Amintore Fanfani, intelligentissima,severissima, rigidissima,scurissima in volto e nell'abbigliamento. Mai maleducata ma molto esigente, rispettosa e rispettata. ISSIMA.
4-il grande boh: fù il disgraziato cicisbeo, brutto come la fame,che a metà del 5° anno arrivò e ci portò alla maturità...Quelle mie compagne che scelsero la sua materia per la prova orale se lo ricordano ancora....trascorsero tutto l'anno a corteggiare, chiacchierare, ridere e scherzare con questo idiota, architetto non si sà come, che non sapeva pronunciare nemmeno correttamente i nomi degli artisti francesi ed olandesi ma si vantava di aver ideato il palazzo coi mosaici d'oro e lapislazulo a Gheddafi.....che gli americani tirarono giù tempo dopo...bene!!! Lascio a voi immaginare come andò l'orale delle povere disgraziate....Io portai chimica e letteratura ;-D tiè!!!
Un saluto, divertente tuffo nel passato, sei una grande Murasaki!!!
@Ornella Anonimo:
RispondiEliminaNemmeno a me Pinocchio era mai piaciuto molto, poi per fortuna arrivò Bennato col suo Burattino senza fili e mi aprì un mondo davanti. Da allora lo apprezzo molto di più.
Capisco quel che vuoi dire: davanti a certe lezioni solo un autore che ti piace immensamente può sopravvivere. Se poi l'argomento non ti ha mai entusiasmato, da quel momento lo ODI con tutte le tue forze. Con Cicerone e Orazio per me andò proprio così.
@Beth:
Ahimé, l'insegnante di lettere alle medie può lasciare un segno molto profondo, e la cosa mi ha sempre spaventato...
Comunque i pessimi insegnanti diventano un eccellente collante per la classe, quindi anche loro possono svolgere una funzione positiva, in un certo senso ^__^
Certo che rifare due volte il libro di storia e di geografia (immagino con che cura) mi sembra una tecnica piuttosto originale, ecco.
Avevo una collega di matematica che faceva nel primo quadrimestre di prima media il programma dei tre anni, poi ricominciava più lentamente. Le classi si perdevano alla grande, e solo alcuni bravissimi riuscivano ad orizzontarsi. Alla faccia della scuola di massa.
@Wolfghost:
Mi sa che hai proprio ragione: i ragazzi si preoccupano di stabilire se un insegnante gli piace o no, ma non gli viene in mente che forse l'insegnante non ama insegnare, o almeno non mi sembra che nessuno di noi si ponesse davvero la questione. Mentre scrivevo il post però mi sono chiesta se alla Picchia piacesse insegnare. Ma se nelle sue mani la letteratura latina e greca era morta, stecchita e mummificata in quel modo è chiaro che la risposta è "No". La cosa è ancora più evidente perché le altre insegnanti che abbiamo avuto amavano molto quelle materie, erano abituate a rifletterci continuamente ed erano sempre curiose di sapere cosa ne pensavamo noi. Da insegnante mi rendo conto che è una cosa che viene spontanea - ma, in effetti, a me insegnare piace, e tra le cose che mi piacciono di più c'è proprio la sorpresa di vedere un argomento noto e stranoto che improvvisamente, in una nuova classe, prende una luce e un interpretazione diversa. La Picchia sembrava inconsapevole financo del fatto che un argomento POTESSE cambiare luce visto da una nuova prospettiva.
@EVA:
una nota di merito speciale per la Ballerini che curava anche il fattore topografico! Una cosa del genere dovrebbe essere obbligatoria per tutti i fiorentini (e veneziani e romani e parigini eccetera), alla scuola dell'obbligo come materia aggiunta. Chi, come me, si perde anche nel salotto di casa sua ne avrebbe tratto gran giovamento ^__^
(La descrizione del Grande Boh è davvero notevole, sembra di vederlo)
La Ballerini era ed è una Insegnante di Storia Dell'Arte con tutte le maiuscole, inoltre carinissima e gentile come una violetta di campo, non ha mai alzato la voce ed aveva la dote rara di ricordarsi il tuo nome "alla prima"...fate vobis con un centinaio di ragazzi da gestire....Abbiamo visitato "il Bargello" e fù memorabile per noi ed una goduria immensa per lei, chiamò il primogenito Duccio (come Duccio Del Buoninsegna ovviamente) e ce lo fece pure sapere. Presi un bel 9 con lei ed ancora gongolo!!!
RispondiEliminaPurtroppo per noi "il grande BOH" somiglia tantissimo ad un ritratto di Egon Schiele, ma privato dei capelli, il talento e la cultura dello stesso Schiele...e che, vi ricordo, NON sapeva pronunciarne neppure il nome...
....SIAMO agli "antipodi" eh?
Un saluto grande