Scritto nel 1934 e completato nel 1947, questo romanzo fruttò al suo autore il Premio Nobel nel 1968. Quando Einaudi lo pubblicò, nel 1959, preferì tradurre la traduzione inglese piuttosto che rifarsi all'originale giapponese - una pratica che oggi appare piuttosto balorda ma che all'epoca non era insolita. Sembra che la traduzione fatta più di recente dal giapponese per i Meridiani sia molto migliore. Questa edizione però ha una copertina assolutamente perfetta.
Ne hanno anche tratto a suo tempo un film, mai arrivato da noi a quel che mi risulta. Ma posso postarne una foto grazie a Eva, che per le foto sembra una miniera inesauribile:
E' un romanzo estremamente giapponese, con raffinatissime descrizioni di paesaggi, intense riflessioni sui colori e una storia che all'apparenza non va da nessuna parte. C'è chi ci si è annoiato a morte, chi è rimasto stordito dalla bellezza delle immagini, chi non è sicuro di averci capito granché, chi lo adora.
Personalmente non rientro in nessuna delle quattro categorie: non ci sono impazzita ma mi è piaciuto parecchio. E l'ho trovato crudele, di una crudeltà sottile e molto raffinata ma non compiaciuta.
Il romanzo si apre con un pezzo di bravura: Shimamura, il protagonista, è in viaggio in treno verso il paese delle nevi. Davanti a lui, nello scompartimento, una ragazza assiste amorevolmente un uomo molto malato (sapremo poi che è il suo fidanzato). Shimamura segue la scena con attenzione ma la guarda attraverso il riflesso del vetro del finestrino. Per non compromettersi, certo. Per non sembrare indiscreto. Per non farsi coinvolgere e non attaccare discorso con quei due. E soprattutto perché, tra un riflesso e l'evento reale, Shimamura sceglierà sempre il riflesso. Il lettore è avvisato - in modo assai raffinato, va detto.
Al paese delle nevi Shimamura va per ritrovare Komoko, la geisha con cui ha... non proprio allacciato una relazione, piuttosto avviato un rapporto preferenziale e non dei più chiari. Diciamo che, nella sua prima visita, i due sono rimasti a mezzo.
Il paese delle nevi è un paese del nord, ai piedi delle montagne e in mezzo ai boschi. Fa freddo, d'inverno c'è molta neve e in tutte le stagioni vanta dei bellissimi paesaggi, nonché delle sorgenti termali. E' provincia allo stato puro ma, come tutti i paesi della zona, è molto frequentato da turisti che vengono per le terme, per sciare (quando c'è la neve), per ammirare gli aceri rossi (in autunno)* eccetera eccetera; insomma, un paese ricco di alberghi, impianti sportivi e servizi per i turisti - geishe, per esempio, per intrattenerli la sera.
Le geishe di un paesello del nord naturalmente non sono scafate e regolamentate come quelle delle grandi città: hanno un rapporto diverso con la comunità, che in un certo senso le adotta, e godono di maggiore libertà - per esempio è la geisha che decide se restare anche la notte, e se la casa cui appartiene l'ha autorizzata le eventuali conseguenze (gravidanza o malattie) ricadono sulla casa, se la casa non l'ha autorizzata le conseguenze ricadono su di lei - ma, casa o non casa, se la geisha non vuol restare non resta.
Ne consegue che la geisha può anche allacciare un rapporto preferenziale, se e quando crede, per suo esclusivo capriccio; così Komoko avvia una relazione con Shimamura, di sua libera volontà ma senza alcun tipo di protezione o garanzia. E' una scelta dettata dal cuore - come perfino Shimamura capisce; quello che non capisce è che per Komoko una decisione del genere non sarà comunque senza conseguenze sulla sua vita professionale: tutto il paese sa che stanno insieme, come tutto il paese sa che a volte Komoko abbandona le feste per andare a trovare il suo amico forestiero. Dopo l'ultima partenza di Shimamura la ragazza dovrà ricostruirsi una credibilità professionale o lasciare il paese per ricominciare altrove, come è stata costretta a fare un altra geisha, che intravediamo soltanto al momento della partenza e che ha prestato troppo ascolto alle lusinghe dell'amore finendo per ritrovarsi in una situazione insostenibile.
Komoko non è nuova a questo tipo di scelte: anche se nega con Shimamura, a suo tempo si legò con un contratto da geisha (prima era solo una danzatrice e musicista) per pagare le cure al figlio della sua maestra di musica - ovvero l'uomo che Shimamura ha incontrato in treno e che è tornato nel suo paese per morire. L'uomo però si era fidanzato con un altra, ovvero la ragazza che lo assisteva in treno, e che è geisha anche lei.
Shimamura vede e sente tutte queste storie e le trova anche interessanti, ma non gli presta mai molta attenzione. Per lui Komoko è un piacevole e affascinante enigma che non si sforza troppo di decifrare, e non riesce a capire perché la ragazza si offende a morte quando lui la definisce "buona".
Già, chissà perché?
Shimamura è il protagonista, e seguiamo la storia attraverso le sue sensazioni - non parlerò di sentimenti perché non sembra averne di molto appariscenti, a parte una notevole sensibilità cromatica e un generico senso di compassione per il mondo intorno a lui. E' un ricco cittadino che vive di rendita, col denaro che ha ereditato, e ha una cultura profonda e assai raffinata - è probabilmente quest'ultimo tratto ad attrarre Komoko (che è una ragazza di grande sensibilità anche se in parte limitata dall'educazione un po' rustica che ha ricevuto) oltre all'aura esotica e cittadina che quel visitatore occasionale si porta dietro e il piacere di un romance fine a sé stesso che colori la sua faticosa vita di geisha, costellata di lunghe ore di esercizi musicali e ancor più lunghe ore di preparativi per il lavoro.
A pagina 75 di un romanzo di 145 pagine veniamo a conoscenza del fatto che Shimamura ha una moglie (che al momento della partenza lo ha avvisato di non tenere i vestiti fuori perché è la stagione delle tarme, ed è l'unica comparsa che quella signora fa nella storia). Venti pagine dopo siamo informati anche dell'esistenza di due figli. No, niente nomi, né per la moglie né per i figli.
Shimamura è un appassionato di danza, quella classica, sulle punte. La danza classica occidentale, insomma. Vive questa passione attraverso molti filtri e paraventi, perché non va né a teatro a vedere gli spettacoli di danza occidentale fatti dai giapponesi (non sarebbe filologico!) né in Europa a vedere gli originali. In pratica, conosce il nostro balletto classico attraverso qualche foto e qualche articolo. Sta preparando una monografia sulla danza classica occidentale, che pubblicherà in edizione di lusso a sue spese giusto per gratificarsi un po'. Sappiamo anche che ha una grande passione per la tela Chijimi, un delicatissimo e freschissimo tessuto di lino che veniva prodotto nel XIX secolo proprio in quella zona, nella cui lavorazione la neve aveva una gran parte e che richiedeva un lunghissimo e pazientissimo lavoro delle ragazze del luogo, tanto lungo e paziente che, nonostante la richiesta, la lavorazione era stata infine abbandonata in quanto troppo dispendiosa perché qualcuno potesse permettersi di assumere delle lavoranti.
La neve, il bianco, la purezza della neve, dell'aria fredda, della luce che illumina quelle valli, del suono dello shamisen nell'aria fredda e luminosa che precede la stagione delle nevi in quelle valli, sembrano colpire Shimamura molto più degli esseri viventi che lo circondano, geishe o tarme che siano. Intorno a lui le creature vivono, amano, soffrono, si riproducono e muoiono. Lui coltiva la sua raffinata e delicata sensibilità, senza mai negare una fuggevole compassione a nessuno, Komoko compresa, ma senza nemmeno farsi coinvolgere più di tanto.
Il romanzo si chiude su un evento che lui non capisce (e quando mai Shimamaru ha capito qualcosa di chi gli stava intorno?); ma c'è la Via Lattea, che in quella fredda notte d'inverno è tanto bella, e presto lui tornerà a casa...
Come tutti i romanzi giapponesi è molto denso di particolari che si innestano nella trama in modo assai complesso, e non conviene leggerlo tutto di seguito perché richiede una certa concentrazione. Se davvero valga la pena leggerlo è domanda a cui solo il singolo lettore può rispondere. Certamente non lo sconsiglio, ma non mi sembra che sia per tutti. A me comunque è piaciuto molto.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro buone letture (non necessariamente raffinatissime) a tutti.
*i giapponesi amano questo tipo di pellegrinaggi vegetali. In un altro post ho raccontato di come fanno viaggi, per esempio, anche all'epoca della fioritura dei ciliegi.
In un angolino della mia memoria ho ritrovato la foto in bianco e nero di una geisha che si ripara dalla neve con un ombrellino, assieme ad un uomo ed entrambi sorridono...
RispondiEliminaLa mia mamma ed il babbo hanno una enorme libreria, piena di libri d'arte, fotografia, storia del costume,libri di musica e 4 bei libroni di storia del cinema. Conosco a memoria tutti quei libri perché fin da bambina hanno sempre stuzzicato la mia fantasia ed i miei sogni....soprattutto il libro sui pittori Naif ed i suddetti 4 libroni sul cinema....Avrò letto mille volte la trama del film "il paese delle nevi", quello del 1957 cui appartiene la foto che ho ricordato....e sembra pure interessante come lettura, percui ho scaricato il pdf (solo per adesso...odio i libri digitali!)Grazie Murasaki...CHE RICORDO!!!!
Eccoli qua Shimamura e Komako, in "Yukiguni"
http://cdn.shopify.com/s/files/1/0257/3165/products/MVB14299_grande.jpeg?v=1385593886
Ciao
Un che di vago e indefinito sembra far capolino dal romanzo e mi pare che la figura della geisha esca in qualche modo ricca di umanità e generosità rispetto alla figura maschile in rilievo. Mi attraggono il tipo di descrizioni cui accenni.
RispondiEliminaGrazie del suggerimento, non ho letto il libro e la tua recensione mi attrae molto. Inserito nella mia enorme lista dei desideri.
RispondiEliminaCiao
Flavia
@Eva:
RispondiEliminagrazie, ho inserito la foto nel post . Per quanto mi è sembrato di capire da un giretto in rete, in Italia non è mai arrivato o è scomparso da gran tempo - peccato perché mi sembra un tipo di romanzo che su pellicola dovrebbe rendere molto bene e i due attori sembrerebbero molto adatti ai due protagonisti.
@Mel:
sì, hai colto lo spirito del romanzo, e credo che potrebbe piacerti molto, soprattutto per questo modo di raccontare la storia anche attraverso le immagini, i paesaggi e i colori.
@Genitorialmente:
A buon rendere ^__^
Ho sempre l'impressione che, in generale, la letteratura giapponese sia davvero non per tutti più di altre, o lasci comunque tanto del gradimento non solo al singolo lettore ma anche periodo e/o stato d'animo con cui la leggi. A me succede così molto spesso, quanto meno, e alterno libri che mi fanno venire il latte alle ginocchia a libri che amo molto. Questo, a naso, potrebbe rientrare nella seconda categoria, me lo procuro.
RispondiEliminaPrego, grazie a te che mi hai fatto ricordare un momento della mia infanzia....
RispondiEliminaHo trovato in giro pure la foto della "vera" Komako, era una geisha che ispirò la storia a Kawabata..
Ciao
@ la povna:
RispondiEliminaCredo tu abbia ragione, è anche questione di stato d'animo, almeno per un europeo - perché per noi entrare in un testo giapponese è un po' come affrontare un viaggio in terre sconosciute, o almeno io la vedo così. Con i manga invece non ho mai avuto questo problema.
@EVA:
Alla fine ti sei fatta il profilo, brava.
E complimenti per il bellissimo avatar ^__^
Leggo solo ora..solo la foto del "profumo della vita" eheheheh...null'altro di personale....internet è troppo invadente ed io non sono "pratica" né vispa né "corazzata"! Ciao ;-D
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