mercoledì 14 gennaio 2015
L'Arte del Rinvio (sulla correzione dei compiti, ma non solo)
Sono stata una scolara assai ritardataria (e forse pure ritardata, ma questa è un altra storia): studiavo in modo irregolare, facevo le tirate per recuperare - e non sempre ci riuscivo - ma là dove veramente la mia ritardarietà brillava nel suo massimo splendore era con i compiti a casa, perennemente rimandati, perennemente fatti all'ultimo momento (e qualche volta proprio non fatti) ma mai dimenticati: l'ottima memoria che mi è arrivata in dote col corredo cromosomico materno assai raramente mi ha permesso di dimenticare qualcosa che avevo da fare; anzi tal ricordo mi seguiva e perseguitava onde permettermi di cullarmi voluttuosamente nei più assurdi sensi di colpa e avvelenarmi sottilmente le più pure e belle gioie dell'esistenza.
Di fatto, sotto quell'aspetto, ero e sono sempre stata talmente ridicola che già in seconda media avevo completamente smesso di prendermi sul serio e mi guardavo dall'esterno con un misto di compatimento e di autoindulgenza in cui si mescolava una certa dose di schifo; e d'altra parte quello di fare le cose all'ultimo momento è un tratto che fa talmente parte di me e della mia natura che ho dovuto forzatamente imparare a farlo convivere con un esistenza apparentemente normale - più che un difetto ho finito per considerarlo alla stregua di un handicap, come l'eccessiva vulnerabilità ai raffreddori o il mal d'auto - tutti ne abbiamo qualcuno, si sa.
Questo mi consente una certa dose di comprensione per chi occasionalmente non fa i compiti, mi aiuta a immedesimarmi in loro e occasionalmente facilita un tocco di indulgenza: io so che a volte proprio non si ha voglia di fare gli esercizi o di studiare e giustifico senza difficoltà qualche occasionale defaillance (purché mi venga detta prima dell'inizio della lezione) e accetto un rinvio nella consegna dei compiti scritti per casa: ed è anche a causa di questo mio specifico tratto caratteriale che non do mai compiti per i ponti, le settimane bianche o le gite con la famiglia e le vacanze di Natale e Pasqua - il che accresce notevolmente la mia popolarità essendo in questo una mosca bianca nella mia scuola.
Una volta passata dall'altra parte della barricata, il fatto di essere diversamente solerte si è in parte risvegliato: molte sono le lezioni che ho preparato dopo cena, e non sempre perché inderogabili impedimenti mi avevano ostacolato durante il pomeriggio - ma in fondo le lezioni preparate la sera tardi sono più facili da ricordare la mattina dopo, almeno per me.
Tuttavia con la correzione dei compiti scritti sono abbastanza brava: quasi sempre li riporto nell'arco di una settimana, talvolta anche il giorno dopo.
Ecco, ho scritto quasi sempre.
Ma andiamo per ordine.
Da sempre ho l'abitudine di correggere qualsiasi cosa esca dalla penna delle mie classi in ambito letterar-storico-geografico - talvolta perfino i bigliettini che occasionalmente sequestro, i compiti scritti male sui diari e le frasi con cui decorano le cartelline di tecnica. Solo un barlume della più elementare discrezione mi impedisce di correggere anche quel che scrivono su Facebook (anche se quando scrivono direttamente a me cercano di stare attenti). Quasi ogni settimana gran copia di carte e cartacce transita sulla mia scrivania per poi tornare rapidamente a scuola.
Siccome la regola generale è "più scrivi e meglio scrivi", ne consegue che "più correggo, e più velocemente posso correggere, perché da correggere non c'è poi granché".
Tuttavia, essendo io una sola persona e avendo la giornata solo ventiquattro ore, basta un piccolo intralcio (un raffreddore, una settimana con tre riunioni, un inciampo nella vita privata) perché le carte da correggere si accumulino a velocità esponenziale sommergendomi senza speranza. Il tutto si rimedia infine con qualche tirata notturna che mi vede approdare a scuola con ricche occhiaie ma la borsa piena di piccoli pacchetti di compiti più una colossale batteria di esercizi aggiuntivi di ortografia da fare per loro e da correggere per me (ma niente è più facile e veloce da correggere degli esercizi di ortografia, quindi li assegno senza esitazione), oltre a una lezione ben strutturata per gli errori più ricorrenti - anche se poi di solito, in quelle mattine, salta fuori un contrattempo per cui non ho tempo né modo di fare niente, ma questi son dettagli: prima o poi il momento arriva e gli esercizi verranno assegnati - e naturalmente anche corretti.
Poi ci sono strani e misteriosi compiti che, per strani e misteriosi motivi, rimando sempre di correggere: oggi non ci ho voglia, oggi voglio finire quel romanzo, oggi sono scossa emotivamente per quel che è successo ai miei amici, oppure decido di occuparmi di qualche grana che aspetta con pazienza da intere settimane di essere considerata, stasera devo addestrare il mio circo di pulci a fare il salto carpiato, domani pomeriggio voglio andare a fare una passeggiata con giro di shopping incluso, stasera trasmettono il Falstaff alla radio, che l'ho sentito solo 350 volte di cui almeno venti diretta da quel direttore, domani devo preparare con cura la lezione sugli oceani che devo spiegargli tra dieci giorni...
I Poveri Compiti Abbandonati stazionano sul tavolo a settimane intere, coprendosi lentamente di polvere, sorpassati dall'ennnesima batteria di frasi sul complemento di argomento o dai testi in cui i ragazzi mi raccontano di quando hanno incontrato un drago.
Ma nel mio inconscio non dimentico (e nel mio conscio nemmeno): quei compiti mi guardano, inseguendomi per tutta la casa, tampinandomi anche quando sono fuori, infelicitandomi i dormiveglia. E ogni mattina, quando entro in classe, con sadico accanimento nascosto sotto la più pura specie di innocenza, la classe chiede compatta "Prof, ci ha riportato i compiti?".
"Ehm, sì, avete fatto dei buoni dettati".
"No, prof, i compiti: quelli di due settimane fa".
Farfuglio una frase di scuse, invocando un impegno imprevisto non meglio definito. Vivaddio, un barlume di dignità mi ha sempre impedito di rispondergli male ricordandogli quel che loro non hanno fatto o studiato: in me il senso di colpa rimane senso di colpa, senza tentativi di rivoltare la frittata.
E viene infine il giorno in cui qualcosa dentro di me stabilisce che è stato ormai varcato il confine della più elementare decenza e alfine mi siedo a quel tavolo ignorando amici in crisi, balocchi e profumi in offerta speciale, la discussione in corso in rete sulla statua d'oro del secondo film dello Hobbit e i nuovi libri freschi di biblioteca - insomma compio il Grande Passo e prendo in mano quei poveri compiti tanto trascurati.
E scopro, già dal secondo, qual è stato il problema.
Fanno schifo.
Sono fatti in maniera orripilante.
Farebbero vomitare una pantegana durante l'assedio della Rochelle.
Inorridirebbero Sauron in persona (beh, persona...).
(E io, come potevo saperlo se i compiti non li avevo ancora guardati? Ma forse, distrattamente e in modo inconscio, qualcosa avevo in realtà guardato?)
Ogni tanto succede, anche alle classi più integerrime. Chi sta in cattedra si è spiegato male, oppure c'era una congiuntura lunare sfavorevole, o il compito era oggettivamente stato impostato male o quel giorno tutti quanti han deciso di lavorare coi piedi... ma insomma, anche i migliori della classe hanno clamorosamente toppato e di tutto il pacco non si salva niente. O quasi niente, che è ancora peggio perché non puoi nemmeno annullare il tutto.
Un po' schifata correggo (niente di minuzioso: gran sfoggio di crocioni e punti esclamativi, note a lato "NON ERA QUESTO che chiedeva la traccia" e simili). Via via che correggo affiora spontaneamente lo schema del compito che andrà fatto per rimediare a quello, nonché la dettagliatissima scaletta della spazzolata che la classe tutta prenderà per avere lavorato così male.
Regolarmente, terminato e impacchettato il lavoro, mi chiedo come mai nelle ultime settimane mi sono complicata tanto la vita.
E può darsi che in tutto ciò ci sia per me una lezione per me, ma è troppo profonda per le mie deboli forze.
Se faccio subito una cosa che non vorrei fare, mi pare sempre di aver guadagnato tempo e di essermi risparmiata una bella dose d'ansia. Basta solo farsi coraggio e cominciare! ^___^
RispondiEliminaIo le chiamo sacche di disordine cosmico. Come sai, viceversa, vivo abituata a portarmi avanti. Eppure ogni tanto poi qualcosa (pacco di compiti, e-mail da scrivere, persona da sentire) finisce nella bolla. E lì resta un bel po'. Nonostante anche, io come, non mi sia affatto dimenticata, ne abbia rimosso la questione. Semplicemente, non lo faccio, sapendo di non farlo e sapendo di sbagliare.
RispondiEliminaQuesto post avrei potuto scriverlo io. Ovviamente, l'avrei scritto molto peggio. Perfino all'esame di maturità, ho studiato storia (prima materia) la notte prima, per dire.
RispondiEliminaIo sono uguale. Adesso sono esattamente nella fase in cui devo consegnare un testo e mi sono ridotta all'ultimo momento (cosa che non mi esime dal fare comunque un giretto sul web, vuoi non andare a vedere "un attimo" se c'è un nuovo post sui tuoi blog preferiti? Fondamentale!), con l'ansia, lo stress e la consapevolezza che dormirò una cosa come cinque ore su due notti. Ormai so che sono fatta così e non sto neanche più a prendermela con me stessa, c'è poco da fare, tutto sommato me la cavo (quasi) sempre bene e quindi... Però non capisco perché sono così, quando so perfettamente che sarebbe più saggio e meno stressante non ridursi all'ultimo!!!
RispondiEliminaNon avendo compiti da correggere, è il "non solo" che mi mette angoscia. Quando il rinvio passa dalla serie "lo farò dopo" alla certezza del "mai"...
RispondiEliminaSe guardo indietro nel tempo, mi tormenta la quasi certezza che sarò condannata nel girone delle omissioni. Meno male che non credo all'inferno.
Per quasi tutto quando DEVO fare qualcosa, la faccio e basta, il prima possibile. Sulla correzione dei compiti...penso che dipenda veramente da quello che ci si aspetta. Per questo, molto spesso, li porto anch'io da una parte all'altra, li sposto da una stanza all'altra, li tengo in borsa, confidando nell'ispirazione...e poi capitolo
RispondiElimina@Linda:
RispondiEliminano, tu non puoi capire ^__^
@la povna:
Bellissima l'idea delle Sacche di Disordine Cosmico. Rende perfettamente l'idea.
@LGO:
Ma se la portavi come prima materia, può essere che qua e là durante l'anno una guardatina al libro l'avessi già data? Forse? ^__^
(ripassare la notte prima dell'esame è un must)
@Ilaria:
ah, la trappola del "faccio un giretto in rete"... ma tanto, anche prima della rete, c'erano un sacco di cose FONDAMENTALI da fare, prima di mettersi seriamente al lavoro.
Intanto, buon lavoro!
@Acquaforte:
Mettiamola così: se l'inferno c'è, il girone delle omissioni è ben affollato, ma quello dei ritardatari cronici ha una lista d'attesa lunghissima (Dante la chiamava legge del contrappasso, mi sembra...)
@dolcezze:
zì, con i compiti prima o poi si deve capitolare.
"Meglio prima" dicono quelli che non capiscono (ma che hanno ragione)
Io mi sono comportata alla stessa maniera per tutta la scuola e anche all'università, spesso facendomi anche fare le cose da mio fratello in cambio di una stirata di abiti.
RispondiEliminadevo lasciare spazio al gatto grosso che ha un messaggino per te
Cara lamicia che Muri i saki io sendo che ho un can che baia soto di me avo saputo che ciera un Giaponese che Mura i Kani e avo meso i sui libri da legiere nel post sperando che lui veniva a Murare il Kane un bracio peloso
Gato Balena
io ho un problema con i temi. nel senso che quando dev ocorreggere i temi in classe piuttosto laverei a mano le tende di tutta la casa. ed il problema sono proprio i temi in classe, non la correzione della produzione scritta in generale, perchè le esercitazioni settimanali o quindicinali le correggo in fretta e senza problemi.
RispondiEliminai pacchi di temi, invece vagano per giorni dal lato destro a quello sinistro della scrivania, da sopra la stampante a sullo scaffale della libreria.
diciamo che la situazione è un po' migliorata da quando ho adottato la strategia "save the best for last": dopo una, al massimo due, di brevi esercitazioni di scrittura so più o meno cosa aspettarmi dai virgulti, quindi divido i temi in tre gruppi: quelli da cui mi aspetto i lpeggio, i medi e quelli potenzialmente fatti bene. i nquesto modo faccio la parte faticosa all'inizio (i temi di Moretto richiedevano almeno un'ora ciascuno), emagari capta qualche piacevole sorpresa inaspettata; poi, via via, il lavoro diventa più leggero.
Ho letto il tuo post proprio due giorni fa, ma lo commento solo ora, visto che anch'io sono reduce da una correzione non-stop, con relativa levataccia, di un bel pacco di temi!
RispondiEliminaQui è proprio il caso di dire "mal comune, mezzo gaudio", nel senso che è bello, per una volta, non sentirsi l'unica mosca bianca in un mondo di persone super-organizzate e responsabilissime, di impeccabili wonderwoman che fanno tutto e di più e non arrivano mai con le occhiaia e tutte trafelate come me!
Il problema è che io sono sempre stata così e non mi nascondo più di tanto. Lo so che ridursi all'ultimo, rinviare di continuo "perché tanto c'è tempo" (mentre il mio personale grillo parlante mi sussurra: "Chi ha tempo non aspetti tempo! Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi! ", snocciolandomi ogni volta tutta una serie di inutili perle di saggezza popolare), è immaturo e irresponsabile e davvero non mi spiego perché, nonostante continui a ripromettermi di non cascarci più, io continui, imperterrita e indomita, a trovarmi sempre alla strette. L'unica spiegazione plausibile (ma forse neanche tanto) che mi sono data, per questo mio modo di essere, è che forse sono di quelli che dà il meglio sotto stress, che ho bisogno davvero di FORTI stimoli per macinare e tirare fuori qualcosa di buono...
Posso sottoscrivere il tuo post ed anche il commento di Beth, anch'io do il meglio di me quando sono in ansia, stressata. Del tutto irrazionale, ma è così. Corro a correggere, quattro-pacchi-quattro mi aspettano, intonsi.
RispondiElimina@Balena:
RispondiEliminaGrazie, grazie e grazie, murerò i kani molto volentieri!
@La Noisette:
Uno dei vantaggi delle medie è che si possono dare delle tracce che sono piuttosto divertenti da correggere. La tecnica di partire dal basso l'ho già sentita raccomandare (tra l'altro ha il grande vantaggio di farti apprezzare i migliori come meritano!) e qualche volta persino applicata. Con questa classe però preferisco rispettare l'ordine alfabetico, che permette di alternare il dolce e il forte ^__^
@Beth e Pensierini:
Probabilmente quando si arriva alle strette emerge una forza particolare. Certo che anche a me piacerebbe fare le cose con calma & organizzazione - anzi, qualche volta ci riesco anche, e in quelle rare occasioni mi domando come mai riesco a complicarmi tanto la vita... chissà, forse è il karma?
Io sogno l'abolizione di questi benedetti compiti. Non so quale potrebbe essere una valida alternativa, ma pensarmi per ancora alcuni anni nel ruolo di " correttore di bozze", di testi che andranno al macero...mi fa deprimere...tantissimo!
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