sabato 17 gennaio 2015

Attila va in vacanza (il racconto del mese di Ottobre)

Ritratti di Attila non ce ne sono rimasti - ma niente ci impedisce di pensarlo come un giovine prestante

Una mattina la prof. Quadrella (Funzione Strumentale Inserimento) mi annunciò che presto avrei avuto un nuovo alunno per la Terza Casinista, fresco fresco dalle pianure dell'Europa dell'Est: "Appena arrivato, e non sa una parola di italiano".
"Glielo insegneranno i compagni" dissi fiduciosa "E poi farà il corso di alfabetizzazione, no?"
"No, perché a causa dei tagli eccetera eccetera adesso gli spettano solo dieci ore di alfabetizzazione, e cinque con il mediatore culturale".
Sgranai gli occhioni.
"Cos'è, uno scherzo? Non è possibile alfabetizzare nessuno con dieci ore!".
"Sembra che potrai chiedere i soldi del Fondo di Istituto, presentando un progetto".
Entusiasmante, considerato quanto la DS piangesse miseria ormai da mesi.
In cuor mio ero terrorizzata: non avevo (e tuttora non ho) la minima idea di come si fa ad alfabetizzare qualcuno.
"Immagino che anche i suoi genitori non conoscano l'italiano..." azzardai.
"Abita con gli zii, che lo parlano benissimo. I suoi genitori sono rimasti a casa".
Tutto ciò era abbastanza insolito: per quel che ne sapevo di solito i genitori stranieri arrivano per primi, poi mandano a chiamare i figli quando si sono sistemati. Oppure arrivano tutti insieme, genitori e figli. Il figlio mandato in avanscoperta mi giungeva nuovo.
"Dice che in genitori hanno un ristorante, che non va molto bene.  Così l'hanno mandato qui a studiare" spiegò la Quadrella con la sua migliore aria da "Non me la contano giusta neanche un po' ."

La storia era abbastanza insolita - ma del resto tutto quel che riguardava Attila è sempre stato abbastanza insolito. Alle prove di matematica e inglese, richiesto dal mediatore sul perché fosse venuto in Italia, era seguito una pausa di silenzio e poi un discorso molto vago sulle maggiori opportunità che offriva l'Italia. Peraltro sembrava sapere poco inglese e pochissima matematica - che nemmeno gli piaceva.
Come contava di coglierle, le grandiose opportunità offerte dall'italica economia, viaggiando raso sulla sufficienza o anche sotto?

Passarono i giorni.
"Ma Attila quando arriva?".
"Quando lo iscrivono. Dice che aspettano i documenti da casa".

I documenti arrivarono a dorso di tartaruga, con calma. Nel frattempo cercai una grammatica elementare per stranieri e avvisai la Terza Casinista della novità.
La classe entrò in fibrillazione, e già prima non è che scherzasse. Decisi di cercare di cavare il meglio dalle circostanze, quali che fossero, e visto che Blackie supplicava per avere vicino il nuovo arrivato la accontentai disponendo i posti in maniera che Attila avesse vicino il Calciatore, che un po' conosceva la sua lingua parlandone una simile, Wasp, che parla inglese assai bene e il maggior numero possibile di belle fanciulle. Credo molto nell'apprendimento tra pari (o peer education, come si dice tra persone fini e colte). 
Poi aspettai, tremando in cuor mio ma ostentando grande ottimismo con i colleghi, seguendo l'adagio "chi schivare non può la propria noia, l'accetti di buon grado".
Tentai anche di convincermi che un nuovo elemento in quella classe sarebbe stato prezioso, per rompere l'incantesimo negativo in cui era bloccata. Con scarsa convinzione, ma tentai.

Infine una mattina Attila arrivò. Era un bel ragazzo, alto e assai ben fatto, con bellissimi occhi azzurri, sorriso sarcastico e gran copia di tatuaggi ben visibili grazie alla canottiera attillata che indossava. Piuttosto borchiato, anche. Gli feci un cortese discorsetto di benvenuto in inglese, esortandolo a rivolgersi con fiducia a me come a qualsiasi altro insegnante e ai suoi compagni per qualsiasi necessità, e lui mi rispose con qualche vago monosillabo e nemmeno l'ombra di un sorriso; poi attaccai la lezione. 
La classe era già notevolmente incasinata, ma con l'arrivo di Attila perse completamente la bussola: le ragazze gli ronzavano intorno come api all'alveare, i ragazzi (tranne Wasp e il Calciatore) si struggevano nella più nera gelosia e insomma portare avanti il programma si rivelò una vera impresa. 
Dal canto suo Attila sembrava singolarmente disinteressato a tutto - tranne alle ragazze che lo corteggiavano. Al primo intervallo scese al piano di sotto senza chiedere alcuna autorizzazione (poverino, non lo sapeva che doveva chiedere il permesso per scendere) e cercò di uscire per andare al bar (poverino, non sapeva che in Italia non puoi uscire da scuola durante le lezioni). Le custodi lo fermarono appena in tempo. Scoprimmo così che non aveva colazione ma solo i soldi per comprarla. A quel punto estrasse il cellulare e chiamò la zia che gli portasse del cibo (poverino, non sapeva che a scuola non si può usare il cellulare).
Una volta nutrito, chiese a Wasp se si poteva fumare in classe. Lì cominciai a dubitare della sua buona fede: eccheccazzo, nessuno in classe ha tirato fuori una singola sigaretta, nessuno sta fumando in corridoio, non c'è in giro l'ombra di un portacenere; come fai a pensare che si possa fumare in classe, per quanto straniero e perciò sprovveduto?

Al terzo giorno la classe era sull'orlo della fusione atomica, mentre noi insegnanti navigavamo nella più totale perplessità: Attila non faceva gli esercizi di matematica assegnati, non filava né tanto né poco la professoressa di inglese, girava per la classe durante la lezione di scienze offrendo in giro patatine e, ragazze a parte, sembrava sommamente scocciato di essere lì. Quel giorno, comprensibilmente, arrivò il primo rapporto, e non lo incassò di buon grado.
Gli zii ci spiegarono che anche a casa si comportava malissimo, e che voleva assolutamente tornare nel suo paese. In cuor mio disapprovai, pensando che le belle ragazze della Terza Casinista avrebbero meritato ben altro entusiasmo da parte sua, ma mi limitai a esternare la domanda che ci stavamo facendo tutti: se non voleva stare in Italia, perché mai era venuto qui?
A questo gli zii non diedero risposta rifugiandosi in un discorso dei più vaghi. Ma perfino il mio assoluto candore era ormai venato dal fiero sospetto che dal suo paese natale lui fosse scappato, né più né meno, in quanto coinvolto in qualche pasticcio assai poco commendevole.
Lo zio comunque assicurò che di Attila ne avevano entrambi fin sopra i capelli, e se non si fosse dato al più presto una regolata lo avrebbero rimandato là donde era venuto.

Dopo un paio di giorni di malattia Attila rientrò a scuola, ancor meno desideroso di prima di inserirsi nell'italico sistema di istruzione. Trattava le ragazze con blanda superiorità e i ragazzi con aperto menefreghismo, e non parliamo degli insegnanti; non mostrava alcun interesse per la lingua italiana e non parliamo della matematica e a metà della seconda settimana si addormentò platealmente per più di un ora, lasciandomi interdetta perché mai avrei creduto possibile dormire in mezzo alla bolgia che era ormai diventata la Terza Casinista, nemmeno per un povero ragazzino cinese stremato dal turno di notte. 
Lui invece dormì per più di un ora, si svegliò di malumore lamentando un forte mal di testa e andò prima a misurarsi la febbre e poi a telefonare alla zia, che venne a prenderlo. Il giorno dopo era assente.

Mancò anche nei giorni seguenti. Chiesi ai ragazzi se ne avevano notizie ma assicurarono che no, anche se avevano provato a chiamarlo. Infine la segreteria della scuola ci avvisò che si era disiscritto ed era tornato nel suo paese. Senza mandare a dire nemmeno "Crepa!" alla  sua ex-classe.
Lo trovai piuttosto scortese da parte sua - ma, in effetti, sin dall'inizio era stato piuttosto scortese con tutti noi.

Da allora non ne abbiamo più saputo niente. E, naturalmente, nessuno ci ha spiegato né perché era venuto né, tanto meno, perché se n'era andato o cosa ne sia stato di lui.
Resterà uno dei misteri irrisolti di St. Mary Mead (forse).
La Terza, comunque, continua ad essere Casinista.

7 commenti:

  1. Le uniche dispiaciute secondo me saranno le belle ragazze della classe. :-)

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  2. Che storia triste, povero Attila. Ha perso l'occasione di avere qualcuno che, mettendogli un freno, lo considerasse. E magari di farsi desiderare, come ricorda Pens, dalle belle fanciulle della classe.
    Mi dispiace per lui.

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  3. Attila mi ricorda, ma tanto tanto, CalcinQ.

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  4. Vabbè, togliamo i tatuaggi, la prestanza fisica, le ragazze e le sigarette. Lasciamo il menefreghismo, il cellulare compulsivo e le dormite giornaliere. Ecco CinCiùE.
    Stamattina, dopo quattro anni di questa andazzo, è arrivato finalmente l'Ufficio provinciale che si occupa di questi problemi e ha detto che mi farà sapere.

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  5. @pensierini:
    senz'altro. Ma anche loro, considerando il non lussuoso trattamento ricevuto, mi hanno dato l'impressione di essersene fatte una ragione assai in fretta

    @la povna:
    in effetti almeno un tentativo onorevole avrebbe potuto farlo- darsi una chance italiana, nel piacevole ambiente di St. Mary Mead che, dopotutto, è in una delle zone più belle d'Europa. Ma non sappiamo tutta la storia, e forse a casa per lui c'era qualcosa di molto importante. Vai a sapere.

    @LaNoisette:
    Avevo dato per scontato che CalcinQ fosse ipercertificato...

    @LaProf:
    Non saprei: Attila sembrava più sveglio di come descrivi CinCiuE - ma forse era solo merito dei begli occhi azzurri.
    Mi auguro che l'Ufficio Provinciale riesca a darvi qualcosa di più che una scodella di belle parole in acqua calda :)

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  6. Sarebbe stato bello un finale diverso, tipo libro Cuore. Ma i tempi sono cambiati e i ragazzi pure (e forse meno male!)

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  7. @Linda:
    Sì, sarebbe stato bello. Ma considera che non sappiamo bene che storia c'è dietro. Spero che tutto si sia risolto per il meglio, ma soprattutto spero un giorno di saperne qualcosa di più!

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