martedì 8 luglio 2014

Quadernetti estivi - Grandiosi Progetti Estivi dei Nostri Politici per la Scuola Italiana (con chiusa sognante e vagamente utopistica)



L'estate avanza, ma a tutt'oggi i nostri più autorevoli opinionisti non hanno ancora prodotto articoli sconsolati sul deplorevole declino della scuola italiana analizzandone con cura cause ed effetti, e di ciò dobbiamo probabilmente essere grati al Semestre Europeo e alla sempre annunciata e non ancora realizzata Riforma Elettorale.

Di scuola si stanno invece occupando i politici, e ciò non sarebbe necessariamente un male se non fosse che di solito quel che viene detto in estate sulla scuola rimane avvolto nelle pieghe del telo da spiaggia. Fa parziale eccezione un intervista di Tremonti a fine Agosto del 2008 che spiegava come lui i giudizi non li capisse e preferisse i voti - e nel giro di pochi giorni i giudizi sparirono e tornarono i voti, per decreto legge. Eravamo comunque a fine Agosto, non ai primi di Luglio.

Detto questo, visto che a tutt'oggi continuo a spulciare e riordinare roba scolastica durante non piccoli ritagli di tempo, abbozzando programmazioni e menate varie e con il rischio concreto, per quest'estate, di non staccare mai veramente dalla scuola (anche una bella fetta delle letture programmate sono legate a tematiche scolastiche) come è successo più di una volta quando passavo dalla classe Seconda alla Terza, ho pensato di dedicare questo post a due interventi politici a tema scolastico. Magari mi farà da esorcismo, chissà.

Il primo intervento è stato il misterioso progetto del sottosegretario Roberto Reggi su cui non sono riuscita a trovare niente di chiaro, e allora in mancanza d'altro rimando qui. Non si capisce bene se è un disegno di legge o che altro - al momento sembra solo una raccolta confusa di buone intenzioni scarsamente traducibili in qualcosa di raziocinante.
Si parla di scuole aperte fino alle 22.00 di sera, di scuole aperte a Luglio, di insegnanti che si vedrebbero raddoppiato l'orario di lavoro, da 18 a 36 ore. Ci sono però alcuni insignificanti dettagli che mi spingono a non prendere tutto per oro colato.
Primo: al momento gli insegnanti sono senza contratto da non so neanche più quanti anni, e lo saranno almeno fino all'anno prossimo. Fin quando non c'è un nuovo contratto non possono aumentarci l'orario di servizio nemmeno di un quarto d'ora. Corollario interessante: finché non c'è un nuovo contratto non possono, ahimé, nemmeno aumentarci lo stipendio di un centesimo bucato. Un nuovo contratto potrebbe prevedere un aumento di orario, ma dovrebbe prevedere anche un aumento di retribuzione - e qui mi sembra che gli estremi (detti anche soldi) per l'una e per l'altra cosa al momento non sussistano.
Secondo: al momento di contare le ore effettive di lavoro non si partirà dalle 18 in cattedra, ma dalle attuali 22-23 legate alla parte di lavoro fuori cattedra attualmente già comprese nel contratto: ricevimento genitori, organi collegiali, scrutini e compilazione registri.
Terzo: per tenere più tempo gli insegnanti a scuola occorre una scuola che sia aperta - non dico fino alle 22.00, non dico nemmeno fino alle 21, ma insomma la scuola va tenuta aperta, riscaldata, con le luci accese e sorvoliamo per carità di patria sul mitico collegamento in rete (argomento sempre più doloroso per chi insegna a St. Mary Mead). Quest'anno alla mia scuola è stato un dramma anche raccattare le ore per i corsi di recupero. Per tenere le scuole aperte anche di pomeriggio (e fino a qualche anno fa erano aperte anche di pomeriggio, il che era decisamente pratico) dovranno allargare il parco custodi, e pagarli. E i comuni dovranno pagare riscaldamento ed energia elettrica. Per carità, tutto può succedere - ma al momento non lo vedo probabilissimo, ecco.
Quarto: se in Italia a Luglio le scuole sono poco frequentate c'è decisamente il suo perché. In attesa di convincere il dio degli agenti atmosferici a regalarci estati con temperature primaverili (che a me sarebbero graditissime) sarà forse il caso di munire le scuole in questione di impianti di condizionamento, o ben poco di positivo verrà cavato da eventuali lezioni ivi tenute - già adesso possono essere assai drammatici anche i giorni di Giugno, e sorvoliamo pietosamente sugli esami delle Medie e su quelli di maturità. 
Anche qui ci vogliono soldi, indipendentemente dall'eventuale mancanza di entusiasmo che potrebbe colpire gli alunni all'idea di stare in aula invece di giocare a pallone sul piazzale o fare lo struscio con amici e amiche (ahimé, i giovani di oggi sono talmente sconsiderati che davvero non ci si può più stupire di niente).
Quinto: le supplenze. Il vero problema delle supplenze è che si svolgono in orario scolastico, quando la maggior parte degli insegnanti se ne sta in cattedra. Non voglio spacciarmi per la reincarnazione della buonanima di Aleksej Stakanov, ma sono sempre stata molto lieta di rimpiazzare le ore dei colleghi ammalati delle mie classi; c'è sempre stato però il piccolo problema che costoro insegnavano spesso in ore in cui io ero già impegnata altrove. Altro discorso è se queste ore le accetto all'inizio dell'anno e rientrano nel mio orario - cosa che già si può fare, fino a sei ore. Nelle mie ore però io posso fare solo Lettere, così come Musica può fare solo Musica, e insomma io queste ore le posso accettare a inizio anno solo se c'è uno spezzone libero di Lettere. 
Quando invece si ammala un insegnante di Lettere durante l'anno, non posso decidere di sostituirlo a meno che le ore in cui costui lavorava non siano ore in cui io sono libera - il che assai raramente accade. Altrimenti va chiamato un supplente abilitato sulla materia - il che è senz'altro dispendioso per la scuola e lo Stato ma, ahimé, inevitabile. A meno di non tenere le classi scoperte a vagare in gruppi più o meno numerosi nelle altre aule dove si fa lezione - che è quel che accade oggi, e non si può dire che gli alunni ne traggano gran giovamento sul piano didattico, anche se occasionalmente la cosa può risultare loro gradita per quel che riguarda la sfera dei rapporti sociali.
Ad ogni modo lo stesso Reggi ha provveduto a, diciamo, correggere il tiro. Considerando che quel che dice nella sua replica ha una certa coloritura di buon senso, e che il presunto "disegno di legge" per quel che ho potuto constatare non è stato esposto sulla stampa con parole da lui dette pirsonalmente di pirsona, è pur possibile che una volta tanto ci sia stato davvero qualche fraintendimento lungo le vie della comunicazione.
Ma, frainteso o meno che sia stato il cittadino Reggi nelle sue esternazioni, resta il fatto che senza un po' di soldi le scuole non potranno restare aperte nel pomeriggio. E al momento soldi all'orizzonte mi sembra che se ne vedano davvero pochini.

Il secondo intervento è quello del deputato Gianluca Vacca (Movimento 5 Stelle) che, in un interrogazione in Commissione Cultura ha affrontato il tema della valutazione:

la valutazione dello studente italiano è espressa, sostanzialmente, con valori numerici a partire dalla scuola primaria. Rispetto a quanto avvenuto in altri paesi europei, il percorso italiano in materia di valutazione dello studente è stato l'opposto in quanto si è passati da un sistema basato sui giudizi, per lo meno nella scuola primaria, ad un sistema numerico. L'efficacia di tale sistema non è in assoluto comprovabile e, dunque, merita di essere messo quantomeno in discussione.

Leggendo gli stralci della sua interrogazione mi sono quasi commossa: non condivido tutto quel che dice, forse non ne condivido nemmeno metà, ma quest'uomo, che pure è un politico, parlava di qualcosa che riguardava la scuola vera. Portava argomenti. Esponeva considerazioni. Qualcosa che andava al di là dei numeri.
Io rispetto profondamente i numeri, e li trovo un invenzione comodissima. E tuttavia vedermi trasformare sotto gli occhi la valutazione di un alunno alla scuola dell'obbligo in una pura questione di contabilità non è un operazione che abbia gradito.
Come ho raccontato più sopra, una mattima dell'Agosto 2008 Tremonti, in un intervista, ha raccontato che lui aveva difficoltà a interpretare i giudizi e si trovava più a suo agio con i numeri, per la scuola, e una settimana dopo i giudizi sono stati abrogati per decreto legge e la scuola dell'obbligo  è stata sommersa da un orda di numeri, a partire dalla prima elementare. Sarà che sono una figlia degli anni '70, ma ritengo che i numeri in prima e seconda elementare, qualche aspetto traumatico effettivamente ce l'abbiano, e tutta 'sta gran fretta di rinchiudere le creaturine nella loro casellina numerica mi ha dato un certo voltastomaco.
Il Gran Ritorno alla Numerologia è stato gestito in modo frettoloso e approssimativo - beh, si trattava in effetti di un governo frettoloso e approssimativo, e corre voce che parecchi dei suoi ministri avessero uno strano rapporto con i numeri della contabilità, tanto che proprio su questioni di contabilità è caduto, quattro anni e qualche spicciolo dopo, non senza una lunga e straziante agonia mentre lo spread saliva e i conti pubblici seguitavano ad andarsene per i fatti loro. 
Comunque i numeri calarono sulla testa di noi insegnanti di elementare e medie da un giorno all'altro e tutti ci trovammo costretti  improvvisarci contabili, con una legislazione scolastica però che era tutta un inno alla valutazione ponderata che lasciava ampi margini di discrezionalità al Consiglio (in effetti gli ampi spazi di discrezionalità il Consiglio ce li ha ancora, basta che trucchi i numeri).
La legislazione sulla valutazione non è stata rifatta, perché tutti avevano cose più importanti cui pensare - ad esempio quante cattedre tagliare e di quante materie - e i numeri sono stati applicati nel modo più banale, superficiale e sciatto che si possa immaginare, accompagnandoli con circolari approssimative e mal scritte che cercavano di conciliare un mondo di numeri miopi con l'altro mondo della legislazione scolastica, quello dei Massimi Sistemi dove gli Alunni vengono Amorevolmente Seguiti nella Formazione della Loro Nobile Personalità e Armoniosamente Inseriti nella Classe, nella Scuola, nel Territorio, nel Mondo, nella Galassia, nel Multiverso.

L'interrogazione di Vacca mi ha per un attimo schiuso il cuore alla speranza che, nelle Alte Sfere della Scuola, possa un giorno affiorare l'intenzione di uscire dall'atmosfera di claustrofobica contabilità per provare a riconciliare i poveri numeri, che non hanno in sé niente di male, con l'idea dello Sviluppo del Cittadino per partorire alfine un sistema di valutazione non eccessivamente miope e che abbia al suo interno un minimo di coerenza oltre a un po' di flessibilità.
(Io, si sa, sono una creatura un po' crepuscolare ma tanto tanto ottimista).

11 commenti:

  1. Avrei voluto scrivere qualcosa in merito al primo punto, ma in mancanza di fonti mi sono astenuto. Condivido quello che scrivi.
    Sul secondo punto, insegnando nella secondaria di II grado, annego già tra i numeri; di fatto né i giudizi, né i numeri "dicono" qualcosa di chiaro sugli allievi, poiché c'è sempre un alcunché di arbitrario nella formulazione dei primi e nell'attribuzione dei secondi. Sarebbe un'utopia stabilire a livello nazionale un protocollo di valutazione degli apprendimenti, strutturato per fasce scolastiche e per aree disciplinari, che espliciti cosa si intenda per sei, nove, otto? Un 6 in filosofia assegnato nel liceo X ha lo stesso valore di quello assegnato nel liceo Z? E così via. Se già è complesso realizzarlo a scuola, figurati a livello "italico"!

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  2. io dico solo una cosa: Reggi è I N G E G N E R E.

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  3. Sono molto d'accordo con quanto dici, specie sul primo punto (sul secondo confesso che, abituata da sempre al sistema anglosassone, i giudizi viceversa non mi hanno mai particolarmente sedotto nemmeno quando a scuola ci andavo io e li prendevo). E anche con quanto dice Noise nel suo commento.
    Aggiungo solo che, per quanto riguarda il caldo, sono due anni che per la verità le scuole in estate si potrebbero tenere aperte in serenità. Ecco, magari riscaldandole un gocciolino, che la notte, con questi 12 gradi, cala un umido, signora mia! ;-)

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  4. @Mel
    Giustissimo, un protocollo nazionale sembra un utopia. Ma, almeno alle medie, sarebbe veramente il caso di dare alle scuole qualche direttiva più precisa, almeno per l'ammissione agli esami: in certe scuole si fa la media con le eventuali insufficienze alzate, in altre con i voti da alzare. In certe scuole il voto di condotta fa media, in altre no. In certe scuole "si valuta il percorso del triennio" (senza indicazioni più specifiche, quindi qualcuno fa la media matematica e qualcuno no), in altre del percorso del triennio non si accenna nimmanco per caso. Ora, stante che quello delle medie è un esame DI STATO, e che sia leggi che circolari sono di una vaghezza disarmante, non sarebbe ora che lo Stato desse un minimo di chiarificazione? Non mi sembra serio che ogni scuola si aggiusti i criteri per la formulazione del voto di ammissione come gli pare.
    Sul fatto che, alla somma delle somme, né giudizi né vpti dicano poi questo granché sull'allievo sono assolutamente d'accordo, alla faccia di Tremonti.

    @LaNoisette
    Ah, è ingeniere... certo, io sono contraria agli stereotipi, e non trovo giusto valutare una persona solo sulla base dei luoghi comuni, però, certo, di solito se uno è ingeniere c'è il suo perché...

    @la povna:
    BAH. Qua non solo non cala nessunissimo umido, e i 12 gradi in Giugno li abbiamo visti solo guardando angoli molto acuti, ma gli ultimi esami ci hanno quasi ucciso. Perfino la prof. Casini è stata sentita ammettere in pubblico che aveva caldo!

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  5. Potenza dei microclimi: noi qua stiamo in maniche lunghe praticamente sempre, dopo le cinque di pomeriggio in poi. E piumino leggero di notte, of course.

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  6. Ah, povna, è la solita storia: il pane a chi non ha denti, e i denti a chi non ha il pane... :(

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  7. Credo che un protocollo nazionale non sarebbe solo utopico, sarebbe anche inutile. Immagino che anche a voi capiti di correggere prove comuni con la stessa griglia, in cui è ben specificato cosa è sei, cosa è otto, e così via. Be', se uno valuta i suoi studenti entrano in gioco tanti e tali altri elementi che c'è da farsi venire i capelli dritti: non c'è griglia né protocollo che tenga.

    Le scuole d'estate e fino alle 22? Bah, non so. A giudicare dalle facce degli studenti che vedo tutte le mattine alle 8:30, penso che solo al sottosegretario Reggi possa sembrare una grande idea. E non sto parlando solo dei 40 gradi che ci sono (quelli, ahimè, li sperimentiamo a volte fin da metà maggio).

    Poi, certo, uno può avere dei bei progetti sulle scuole che si aprono alla città, mostre, biblioteche, iniziative culturali. Poi, però, se li vuole vedere realizzati, deve tirar fuori i soldi.

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  8. @LGO

    Eh sì, tanto ci sarebbe da dire sull'utilità dei CRITERI DI VALUTAZIONE OGGETTIVI E TRASPARENTI... mi viene da ridere solo al pensarci.
    E sì, il problema delle scuole aperte con utili iniziative a sfondo didattico, sociale, culturale, bocciofilo e di integrazione con il territorio è sempre quello: i soldi, i soldi, i soldi.
    Ma anche, più semplicemente, per tenere le scuole aperte solo per il piacere di vederle aperte e vuote: senza soldi non si fa nemmeno quello.

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  9. Ah, no, no. Per quel che mi riguarda questo pane albionico si adatta ai miei denti climatici più che bene! :-)

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  10. Ah, giusto, è l'autunno che non ti piace, non le estati fresche ^__^

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  11. A me non piace il buio. Once there's light, there's everything!

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