venerdì 25 gennaio 2013

Le dame galanti - Pierre de Brantome


Il vero nome dell'autore è Pierre de Bourdeille (1540-1614). Discendente di una famiglia di baroni, visse alla corte di Navarra, fece un po' di guerre, ottenne un beneficio ecclesiastico (l'abbazia di Brantome, donde il nome con cui è conosciuto) e invecchiò alla corte di Francia, dedicandosi a scrivere trattati, in una forma che ahimé oggi non usa più e che era un misto tra la raccolta di pettegolezzi cortigiani e la storiografia galante, con occasionali tocchi autobiografici, su nobili temi del tipo "Delle dame amorose e dei loro mariti becchi", "Di alcune vecchie dame che piglian gusto a far l'amore come le giovani", "Sull'argomento che non conviene mai parlar male delle dame, e conseguenze che ne nascono" e simili.
Longanesi negli anni 60 ne fece una traduzione parziale che ho praticamente consumato a forza di rileggere; poi Adelphi, molti anni dopo, lo ha ristampato nella traduzione di Alberto Savinio del 1937, con ampio apparato di note storiche nonché culturali (senza le quali, oggettivamente, il libro si legge comunque benissimo). 
Da diversi anni si trova anche in edizione economica e così per comprarla non è più nemmeno necessario fare un mutuo.

Con una scrittura gradevole, brillante e assai garbata l'autore esamina quella zona intermedia tra sesso e amore, focalizzando l'attenzione più sul primo che sul secondo, discutendo ogni questione sulla base delle migliori argomentazioni retoriche e aiutandosi con un foltissimo repertorio di esempi che spaziano dal mondo antico (le cui storie sono spesso rilette in un'ottica tutt'altro che convenzionale) fino al vasto patrimonio di aneddoti e dicerie che da sempre abbondano su questi temi, citando anche la sua (vasta, si direbbe) esperienza personale, i racconti degli amici e i pettegolezzi delle varie corti dove è vissuto. La maggior parte dei protagonisti sono rigorosamente anonimi e nomi e cognomi sono riservati a pochi racconti altamente rispettabili; gran parte delle note però si dedicano a illuminare la nostra ignoranza elencandoci le varie possibili identificazioni - sempre che uno abbia voglia di leggerle, si capisce.

Non vi è biasimo per la folta schiera di donne che attivamente ricercano e godono le gioie dell'amore: fanciulle, maritate, vecchie, belle e brutte - ma non ve n'è chi, per quanto brutta, non trovi qualcuno disposto ad accontentarla, per soldi o anche gratis, e quanto alle vecchie, hanno dalla loro parte i vantaggi dell'esperienza e possono ben rivelarsi più appaganti di tante giovinette inesperte. 
Molto biasimo invece è riservato a  quei mariti che le puniscono violentemente e le maltrattano e soprattutto a chi  parla di queste belle e distinte signore: perché non si deve mai parlar male delle dame che fanno l'amore, anche (e soprattutto) se è vero, proprio perché si rischia di mandarle incontro a quei deplorevoli maltrattamenti che tanti mariti si ritengono in dovere di infliggere alle loro belle e delicate consorti. Molte pagine sono infine dedicate ad esaltare il coraggio femminile, in amore come in guerra, e la cura che le belle e distinte dame impiegano per tutelare il loro onore (in linea di massima tutte le donne sono presentate come "belle e distinte" o "belle e oneste", dove l'onestà e la distinzione sono riferite al grado sociale; tuttavia c'è anche qualche donna del popolo, che naturalmente si dà da fare anche lei).

Ci sono racconti di tutti i tipi: la sposa ingenua appena giunta a corte, alla quale un gentiluomo mette in mano la sua dotazione contando che costei non sappia come reagire, ma che invece sceglie di fare l'ingenua fino in fondo e chiama ad alta voce il marito, in fondo al salone, dicendogli "Guarda che bel regalo mi fa questo signore, che debbo farne? Debbo io accettarlo?" (che mi sembra una tecnica eccellente per le molestie sessuali), alla signora che, indicando il consorte spiega all'amante "Non vedete come ha  proprio la precisa andatura di un becco? E dunque gravemente offenderei io le leggi di natura se non lo confermassi in cotale stato", alla bella dama che teneva in giardino un albero di cui si diceva che le foglie, messe nel materasso, allontanassero ogni pensiero lussurioso, e di come tale dama lo mostrasse a tutti i suoi ospiti ma non si era mai avuta notizia che ne avesse mai preso anche un solo rametto, fosse pure per infilarlo in un angolo del suo cuscino, fino alla signora che, richiesta se in vecchiaia svanissero gli stimoli della carne serenamente rispose "Non saprei, io ho soltanto sessant'anni".
La gradevole lettura, divisa in brevi paragrafi ed aneddoti, può essere lasciata e ripresa in qualsiasi momento. Il libro può dunque essere una lettura "d'appoggio" da intervallare ad altri libri e da tenere per quelle sere in cui si desidera qualcosa di gradevole ma non troppo impegnativo.
Caldamente consigliato dai tredici anni in su.

Con questo post partecipo ai Venerdì del libro di Homemademamma e possano le buone letture allietare il fine settimana di tutti voi.

7 commenti:

  1. Mi piace: il libro e la recensione. Leggerollo!

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  2. Questo non lo conoscevo, grazie del suggerimento!

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  3. uh uh... io ho fatto la tesi sul quel traduttore lì! :)
    e ho l'edizione del tempo che fu.

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  4. @LaNoisette
    Del cielo numi, avevo completamente dimenticato di citare la traduzione di Alberto Savinio, che invece sembra blasonatissima!
    Comunque ora ho rimediato, grazie.
    (La verità è che mi piaceva di più la traduzione Longanesi....)

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  5. sono andata a controllare tra le mie carte (anche se la tesi non era su quello, comunque): sai che è buffo? io ho l'edizione Formiggini 1937 (trovata ad un mercatino dell'usato per poche lire), ed è stranissimo che Longanesi - che dà alle stampe il volume nel '58, qualche anno dopo la morte di Savinio - non pensi di usare la traduzione di Savinio, che con Leo Longanesi aveva lungamente collaborato...

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