Nel corso dell'estate la Terza dei Tordi ha subito una profonda metamorfosi, tanto che adesso ci si fa lezione piuttosto agevolmente. Addirittura talvolta danno perfino l'impressione di ascoltare.
Qualche volta studiano, qualcuno con una certa regolarità. Corre voce che stiano cercando di costruire qualche frase di inglese con la nuova insegnante, e qualcuno li ha perfino visti sfogliare il libro di francese. E sono così terrorizzati dall'esame che non lo nominano mai né sopportano che qualcuno lo nomini.
Per quanto appaiano cambiati, comunque, sotto la nuova scorza in ognuno di loro continua a vivere e cinguettare un tordo giovane e vivace, convinto che sia suo preciso dovere trovare scorciatoie ma troppo sprovveduto per trovarne di efficaci.
Sto cercando di dare loro un minimo di dimestichezza con l'italiano aulico, giusto per farli un po' uscire da un linguaggio decisamente standard. Così, per la prima volta in dieci anni di onorata carriera ho deciso di provare con la Vergine Cuccia di Parini. E' un brano brillante, ricco di piani di lettura e descrive bene un certo tipo di società settecentesca prerivoluzionaria. Visto che siamo arrivati in terza con la rivoluzione francese ancora da fare, ci stava a pennello.
La lettura è abbastanza gradita. Spiego le costruzioni, le varie parole sconosciute, il modo settecentesco di raccontare le cose e via dicendo. Si discute, si chiacchiera, si percorre il brano in lungo e in largo. Poi, per la prima volta in dieci anni eccetera eccetera chiedo la parafrasi. Scritta.
Sono contraria alla parafrasi scritta. Se si capisce cosa vuol dire un testo per me basta e avanza. Considero una gran perdita di tempo quella dedicata alla parafrasi scritta. So però per certo che, in quella classe, se chiedo la parafrasi scritta me la faranno quasi tutti, se la chiedo a voce me la faranno solo quei pochi eletti che fanno i compiti anche tra le macerie di un terremoto o precariamente accomodati su una zattera che galleggia sulle acque di un'alluvione (ce n'è un gruppetto in ogni classe, per fortuna). Così chiedo la parafrasi scritta, anche se l'idea di correggerla mi rivolta alquanto le budella.
Arriva il Gran Giorno. Consegnano la loro parafrasi, poi passiamo alle interrogazioni.
Faccio leggere a spizzico, faccio domande, a qualcuno mi attento anche a chiedere la traduzione di una parte del brano. I risultati sono piuttosto buoni. Mi rallegro con me stessa per il successo di quel primo esperimento.
Correggo le parafrasi. Chi l'ha fatta bene, chi maluccio, chi così-e-così... e chi l'ha fatta in uno stile che non è il suo, proprio no.
Si sa che Internet ha i suoi pro e i suoi contro, anche sul piano scolastico. E' facilissimo trovare una parafrasi della Vergine Cuccia, con Google; ma è altrettanto facile rintracciarla, sempre con Google, attraverso una stringa di testo, come spiego il giorno dopo.
Naturalmente sono cose che succedono: la scuola pullula di parafrasi copiate, sin dalla notte dei tempi. Avrei risolto la questione con un garbato richiamo in privato se i copiatori fossero stati nel gruppetto che naviga perigliosamente intorno alla sufficienza e che potevano sempre dichiarare che un confronto con l'italiano del Settecento gli era parso superiore alle loro deboli forze.
Invece no, loro hanno portato, tutti, parafrasi del tutto genuine e autonome, dove ogni errore testimoniava il lavoro che si erano sobbarcati.
La parafrasi l'avevano scaricata tre dei bravi: Sirius Black, De Rossi (che con ciò ha rivelato un aspetto del suo carattere che mai si era appalesato ai nostri professorali occhi) e Salice Piangente (specializzato soprattutto nel farsi scoprire; dopo di che piange, immagino per il dispiacere di essere così imbranato).
Così decido di esaminare pubblicamente il caso. Evito la prima domanda, quella che molti colleghi amano "Ragazzi, ma mi prendete per scemo/a?" perché è chiaro che la risposta è "Sì". D'altra parte sono stata educata secondo vecchi principi e ritengo che se qualcuno ti ritiene scemo vuol dire che gli hai dato qualche appiglio per pensarlo. Tra l'altro, l'ho pensato anch'io tante volte che i miei insegnanti erano scemi, e tuttora non credo di averlo pensato a torto.
Passo quindi alla seconda domanda. "Ragazzi, non era un lavoro difficile e nelle note del libro c'era quasi tutto. Scrivere la parafrasi vi avrebbe preso più o meno il tempo che avete impiegato a copiarla. Studiarla l'avete comunque studiata perché l'avete detta bene. Qual è stato il vantaggio?".
Non ho avuto una risposta comprensibile. In compenso li ho visti fare uno scaricabarile tra loro di quelli che colpisce veramente il cuore, anche se almeno mi hanno risparmiato l'autofustigazione e le scuse.
Qualche giorno dopo assegno per casa una batteria di frasi con dentro una barcata di complementi - più complementi che frasi, così lavorano un po' alla costruzione di qualcosina di più complesso del classico "Il gatto è sulla tavola" - una piccola messa a punto in previsione del Compito Finale di Analisi Logica.
Sono anni che assegno batterie di frasi per casa - con i complementi, con determinati tempi di verbi, con determinate parole che devono abituarsi a scrivere giuste. Di solito funziona benissimo, e molti ragazzi si abituano a prendere un argomento e trattare soprattutto quello nelle frasi: può essere la Fiorentina, il Mondo di Patty, oppure fantasmi, yeti, vampiri, macchine che si muovono da sole; alcuni tormentoni, devo dire, sono davvero originali - mi ricordo ad esempio la saga dei Carciofi di Flavio, dal prezzo altissimo ma ricchi delle più incredibili virtù.
Stavolta, mentre leggo e correggo, avverto qualcosa di strano.
Mi ricordo improvvisamente che un paio avevano detto, consegnando, che "non avevano capito che le frasi erano 40 e ne avevano fatta quindi una per ogni complemento" (totale una sessantina).
Un rapido controllo mi permette di accertare che:
- Mercuzio e Marinaretta avevano preso pari pari le frasi dal libro di grammatica, andando al gruppo degli esercizi di ogni complemento;
- Contaballe e Copista si sono invece limitati a copiarne un gruppo, dopo averne fatte una buona metà per conto proprio.
Come ho spiegato in classe, nel caso di Marinaretta posso essere comprensiva perché dall'inizio dell'anno, quando ci è piovuta addosso dalla terza precedente, è assolutamente la prima volta che mi porta una qualche forma di compito a casa, e dunque forse era esagerato da parte mia pretendere che oltre a portarmelo lo facesse anche. Ma Mercuzio, in teoria, dovrebbe essere in grado di metterci più o meno lo stesso tempo per farle e per copiarle. Anche lui è tra quelli bravi. Forse. O forse era tra quelli bravi, la cosa magari andrebbe ponderata.
D'accordo: quando ho scelto di tornare in questa scuola e di conseguenza in quella classe, sapevo che quella classe era così.
Si sa che molti studenti, anche di un certo 'spessore', svolgono i compiti perché 'devono' e perché 'quel rompi di prof è lì come un falco che controlla'...
RispondiEliminaCosì non mi meraviglio (ma mi deprimo) nel leggere di questi espedienti da finti furbi (che tanto, li sgamano subito...), scorciatoie da polli...
Comunque, a me capitò in una terza media di scoprire che quel giorno nessuno aveva studiato storia, perché la lezione precedente io non l'avevo detto.
Avevo spiegato, disquisito, argomentato, ma poiché non avevo detto 'studiate da qui a qui', erano venuti a scuola beatamente ignoranti...
stupefacenti anche le traduzioni dal francese all'italiano fatte con il traduttore di google...
RispondiEliminapraticamente una babele dissennata e incomprensibile, eppure ricopiata pari pari... e ogni volta che domando come si possano trascrivere delle frasi palesemente prive di senso, dopo sorrisetti vari, sonori Boooh! e alzate di spalle, mi ricordo che ci sono domande inutili quanto le risposte...
un saluto
Grazie della visita... quando scriverai sulle interrogazioni fammi un colpo così metto un upgrade nel mio post citando il tuo...
RispondiEliminaa proposito del pianto di Salice Piangente, io (che sono pur sempre una Mc Gonagall) - con chi mi fa di questi numeri - cito sempre l'immortale frase di Rhett Butler: "Rossella, tu somigli al ladro, cui non dispiace affatto di aver rubato ma è tanto, tanto, triste al pensiero di andare in prigione".
RispondiEliminaSì, non soffrirò mai più la fame. Titoli di cosa
@ Palmy
RispondiEliminaContavo di farlo, infatti ^__^
@ Cauty
Ma infatti io capisco benissimo che non vogliano fare i compiti, e anche che non li facciano e pure il fatto che, avendone l'occasione, li copino - non gli dico bravi, ma li capisco. Però questi "espedienti dsa finti furbi", come li definisci così bene tu, ecco, quelli non solo non li capisco, ma mi deprimono. Se uno è intelligente dovrebbe esserlo anche quando copia, no? Anzi, dovrebbe esserlo SOPRATTUTTO quando copia.
Quanto al registro di classe,, sai, avevano ragione loro. Solo che a St. Mary Mead, se avevo dimenticato di scrivere i compiti, la classe me lo ricordava ("Ma non c'era il Congresso di Vienna, per domani?") mentre a Hogsmeade si presentano con gran candore come fecero i tuoi.
Conseguenza: adesso sono molto meno distratta...
@ Dalloway
Benvenuta ^__^
(sei una SIGNORA Dalloway, vero?).
Effettivamente le traduzioni di google sono un pezzo in là... Ma ce li vedo benissimo, i miei volpacchiotti, a fare una cosa del genere.
@ 'Povna
Citazione assai appropriata, e devo dire che le lacrime per i voti e per le note risvegliano anche in me commenti piuttosto sarcastici ^__^
Sì, sì, Mrs Dalloway e adoratrice di Virginia... ma anche del Principe splendente e delle maniche del kimono sempre bagnate di lacrime...
RispondiEliminagrazie per l'adesione!
RispondiEliminagaia