Entrai alle medie abbastanza inconsapevole della mia Preziosa Identità Femminile - in effetti tendevo a considerarmi in primo luogo un essere umano provvisto di diritti, non una creatura il cui destino era determinato irrimediabilmente dagli ormoni.
Naturalmente avevo già visto che nascere donna presentava qualche svantaggio: molti uomini si sentivano in diritto di essere scortesi e maleducati nei tuoi confronti e non sempre le leggi ti tutelavano, ma avevo già risolto la questione in cuor mio decidendo di non sposarmi: il matrimonio per una donna mi appariva una notevole fregatura, ed ero convinta che se il mio compagno non avesse avuto diritti legali su di me questo lo avrebbe costretto a rispettare la buona educazione, ci avrebbe aiutato a preservare il nostro amore e mi avrebbe permesso di tutelare meglio i nostri figli.
In famiglia non sapevano molto di queste mie idee, e forse ne avrebbero deprecate una parte (cosa di cui all'epoca ero beatamente inconsapevole) ma non avevano mai fatto niente per convincermi che, in quanto femmina, dovessi essere sottoposta a limitazioni particolari o curare la mia reputazione a discapito della mia formazione culturale.
Ad ogni modo entrare alle medie volle dire per me dismettere il candido grembiulino con cui tanto avevo combattuto... e indossare un lungo grembiule nero. Più comodo di quello bianco, certo, e le macchie non si vedevano. Potevo lasciarlo a scuola per tutta la settimana e portarlo a casa solo Sabato per farlo lavare. Però non capivo a cosa servisse - ormai i pennarelli colorati si usavano solo ad Artistica, mi macchiavo meno facilmente di prima, e soprattutto il grembiule nero era riservato alle femminucce. No, i maschetti non erano passati al bianco, in virtù di qualche legge del contrappasso. I maschietti non portavano più grembiule.
Un giorno uno dei miei compagni ne chiese il motivo. Non so perché, scelse di chiederlo a Matematica, ovvero Mrs. Piton Maior.
"Saresti proprio bellino col grembiule!" fu la risposta. Che non significava niente, ma fu detta in tono abbastanza lapidario da far capire che non erano gradite insistenze sull'argomento.
Il vero trauma però arrivò con Applicazioni Tecniche, dove la classe veniva divisa tra maschi e femmine, i maschi in laboratorio col professore (che sembrava pure molto simpatico). Faceva uno strano effetto.
Anche Educazione Fisica era divisa tra maschi e femmine, ma era una materia diversa dalle altre, con regole tutte sue. Applicazioni Tecniche invece si faceva in classe, sedute al banco, con i libri...
Già, i libri. La prima lezione di Applicazioni Tecniche consisté nella lettura di passi scelti da un libro portato dall'insegnante. Chiamava alla cattedra una di noi, che leggeva a tutta la classe. A me toccò un brano che spiegava come curare l'eritema da pannicelli. Lo lessi con apparente calma, ribollendo in cuor mio per lo sbalordimento e l'indignazione.
Pannicelli? E chi li usava più, i pannicelli? L'ippopotamo Pippo già da tempo infelicitava le mie scarse frequentazioni televisive e perfino io sapevo che ogni madre accorta usava i pannolini Lines per il sederino d'oro delle sue creature, aiutandosi eventualmente con la pasta di Fissan. Né capivo perché dovesse fregarmene qualcosa di come cambiare o curare i neonati (un lavoro verso il quale non sentivo alcunissima inclinazione).
Nessuna intorno a me faceva domande, non ne feci nemmeno io. Staccai l'audio e smisi di ascoltare le lezioni di Applicazioni Tecniche.
Per amore o per forza dovetti però riaccenderlo, l'audio, quando fu stabilito che il nostro lavoro quell'anno sarebbe consistito nel confezionare un bavaglino. Un bavaglino di impalpabile tela batista, bordato con un qualche tipo di smerlo e impreziosito da un mazzetto di campanule ricamate a punto erba - insomma, l'oggetto più inutile dopo una termocoperta all'equatore. Avrei potuto capire un bel bavaglino di spugna, di quelli robusti, da sbattere in lavatrice dopo essere stati sporcati nel modo allucinante in cui solo i bambini piccoli riescono a sporcare. Ma un bavaglino di batista...
Dovetti comunque farlo, guidata con grande pazienza dalla professoressa, che aveva per me gli stessi riguardi che si hanno oggi con gli alunni certificati - prima di tutto ridurre gli obbiettivi...
Sia io che mia madre che l'insegnante eravamo sinceramente convinti che per certe cose "io non fossi adatta"; sia io che mia madre - l'ho capito dopo - avevamo fermamente risoluto in cuor nostro all'atto della nascita che per certe cose non volevamo essere adatte (in realtà col tempo ho scoperto una certa propensione per il punto croce: non sono molto precisa ma compenso con la pazienza).
Combattei per mesi con quel malefico bavaglino senza vincere né pareggiare, e l'insegnante dovette rassegnarsi a fare lei le parti più difficili. Non ricordo cosa fu fatto in seconda e in terza, né perché scelsi Applicazioni Tecniche anche quando era diventata facoltativa (forse perché l'alternativa era suonare il flauto di plastica? Eppure Musica mi piaceva), ma continuai a godere di una parziale certificazione di cui approfittai senza ritegno.
Avevo già stabilito da un pezzo che quella non era scuola né una materia di cui tener conto.
Neanche le mie compagne erano entusiaste della professoressa o di quel che facevamo, ma si mostrarono molto più adattabili di me (del resto, ci voleva davvero poco). Io invece non riuscivo a spiegarmi come mai tutti trovassero tanto normale che i maschi si divertissero mentre noi stavamo a ricamare vicino alla finestra. Ci doveva essere però qualcun altro che non lo capiva, perché pochi anni dopo, sotto il malefico influsso del 68, al Ministero smisero di pagare due professori per il lavoro che poteva fare uno, riorganizzarono il programma della materia migliorandolo alquanto, le cambiarono nome in Educazione Tecnica e la resero unisex.
Nel frattempo i grembiuli neri simil-burqa andavano scomparendo, il che ci avrebbe permesso vent'anni dopo di guardare dall'alto in basso le nostre sorelle musulmane come se le radici giudaico-cristiane ci avessero sempre lasciate libere da condizionamenti sull'abbigliamento.
Ma mi accorgo che sto divagando.
In conclusione, quando i mulini erano bianchi e la scuola era seria, le ragazze ricamavano bavaglini invece di fare disegno tecnico e tutti lo trovavano normalissimo.
où sont les neiges d'antan? :)
RispondiEliminaanch'io avevo due insegnanti diversi per Educazione Fisica ed Educazione Tecnica - ma si chiamava già così e facevamo disegno tecnico, non i bavaglini!
ora il grembiulone ci vorrebbe per non vedere i sederi dei maschietti spuntare da sotto i pantaloni col cavallo alle ginocchia...
non avrei mai pensato che in terza media avevi frequentato applicazioni tecniche!!! le sorprese non finiscono davvero mai... parlando della materia, ora stanno per risucchiarla cancellandola dalla faccia del piano di studi.
RispondiElimina@ lanoisette
RispondiEliminaHai fatto le medie diversi anni dopo di me, visto che sei parecchio più giovane ^__^
Quanto ai vestiti dei ragazzi, ammetto di non averci mai fatto molto casio, per quel che mi riguarda potrebbero anche andare in giro nudi (magari non d'inverno)
@ sary
ognuno ha i suoi scheletri nell'armadio...
anche se a dirla tutta avevo rimosso questo infamante dettaglio e me ne sono ricordata solo scrivendo il post (i vantaggi di tenere un blog sono davvero imprevedibili)
Applicazioni tecniche? Io ero dei tempi di Educazione tecnica. E non ho mai studiato Economia domestica... però ho visto un libro di mia madre che parlava alle fanciulle come angeli del focolare. Io so solo che appena finirò il mutuo l'unica incombenza domestica che terrò per me sarà la lavatrice. Già mi sono liberata delle pulizie, ma non sono ancora riuscita a liberarmi dello stiro. Altro che pannicelli!
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