domenica 13 agosto 2023

La censura dei cartoni animati come forma di elementare sopravvivenza (Che strazio, questi finali. Ma dobbiamo proprio trasmetterli?)

Alcor-Rio-Koji, il ragazzo dai molti nomi
Qualche anno fa dedicai un post alla deplorevole vicenda delle censure che Mediaset applicò sistematicamente ai cartoni animati giapponesi negli anni 90, e in quel post proclamavo con gran convinzione che nella prima ondata che arrivò sui nostri schermi alla fine degli anni 70 non c'erano state censure, anche se a volte i dialoghi erano tradotti male.
Non è del tutto esatto - o per meglio dire ho scritto una grandissima stupidaggine. Ad assestarmi infine su questa elementare constatazione rimettendo alfine insieme le decine e decine di piccoli e insignificanti errorucci che mi ero via via resa conto che c'erano negli adattamenti (e che spesso e volentieri sono in realtà licenze e aggiustamenti di dimensioni piramidali) è stata la frequentazione del bel canale Il tempo dei cartoni, dedicato appunto all'animazione giapponese, dove l'autrice non manca mai di affrontare le... ehm... varianti che i suddetti han subito in Italia.
Insomma, di interventi ce ne sono stati parecchi fin dalle primissime serie arrivate alla fine degli anni Settanta e le cause sono state molto varie, ma non per questo meno deprecabili.
C'erano stati prima di tutto degli errori dovuti a ignoranza. Il caso più famoso è quello di Rio-Koji-Alcor. 
Come non è ancora molto noto al di fuori della larga cerchia degli appassionati, nell'universo di Go Nagai Mazinga Z, Goldrake e il Grande Mazinger sono tasselli di una sola, grande vicenda che è proseguita anche dopo con film, episodi vari e quant'altro. Di ciò i vari addetti ai lavori italiani non avevano idea quando comprarono i diritti delle serie, e così si ritrovarono con tre ragazzi davvero molto simili tra loro che in realtà erano sempre e soltanto Koji Kabuto. 
Partiamo dalla prima serie - che in realtà in Giappone non era affatto la prima, e venne da noi ripresa adattano l'adattamento francese, che già ci aveva messo del suo - ovvero Goldrake.
Il nostro Goldrake era stato chiamato Grendizer dai giapponesi (non so perché e nemmeno voglio saperlo). I francesi, dio solo sa perché, lo chiamarono Goldoràk, rigorosamente con l'accento sull'ultima sillaba. Da noi fu deciso di chiamarlo Goldrake, che era un nome che non gettò il minimo sospetto in alcuno spettatore: chiamare sia l'astronave che il megarobot di turno Drago d'oro sembrava perfettamente plausibile, e dava senz'altro l'idea di qualcosa di potente e destinato a trionfare sempre e comunque.
Nella serie del Drago d'Oro c'era anche, a fianco del principe di Fleed che aveva portato il drago in questione sulla Terra e lo usava per difenderci dai perfidi veghiani invasori, un bel ragazzo che i francesi avevano chiamato Alcòr e che noi italianizzammo in Alcor. Costui in realtà si chiamava Koji Kabuto e all'epoca era già famosissimo (in Giappone) per aver combattuto a bordo di Mazinga Z per difendere la Terra da Mikenes, altra popolazione venuta dallo spazio per conquistare la Terra; e vabbé, gli intrecci di Nagai erano un pochino monotoni ma non stiamo a guardare il capello.
Quando venne adattato Mazinga Z, che in Italia venne presentato come una serie del tutto indipendente, si decise - di nuovo dio solo sa perché - di cambiare il nome del pilota di Mazinga da Koji in Rio Kabuto. Nessuno, credo, si meravigliò molto della somiglianza con Alcor, anche perché in Italia stavano piovendo robot di vario tipo ma tutti della Toei Animation e tutti partoriti da Nagai, e i personaggi tendevano a somigliarsi parecchio tra loro, in particolare per delle pettinature piuttosto curiose dove i capelli stavano spesso orientati da una parte e puntavano verso l'alto sfidando la legge di gravità.
Toccò infine al Grande Mazinger, dove Koji fa una comparsata nelle ultime puntate e dove stranamente fu deciso di tenergli il nome originale. 
La notizia che si trattava di un unico protagonista (che non soffriva nemmeno di particolari crisi di identità) cominciò a trapelare diversi anni dopo, via via che le conoscenze su quel misterioso universo della cultura giapponese si andavano ampliando. 
Chi aveva importato quelle serie era rimasto affascinato da quei bei disegni colorati, dall'idea che le armi venissero evocate chiamandole a gran voce al momento di usarle (Lame rotanti!) e dai variegati mostri contro cui c'era da combattere. Nessuno, immagino, al momento si preoccupò dei finali. C'era un invasore dallo spazio da combattere, giusto? Dopo un tot di episodi spesso autoconclusivi gli invasori sarebbero stati sconfitti, giusto? E alla fine tutti sarebbero stati felici e contenti, come da prassi consolidata in questo tipo di storie di avventura. Dove poteva mai essere il problema?
Francamente non lo so, ma è un dato di fatto che l'animazione giapponese vanta ben pochi finali che abbiano un minimo di senso ai nostri occhi occidentali. Nel caso dei Mazinga per esempio i nemici vengono sconfitti, irrimediabilmente sconfitti. E basta, si abbassa il bandone e si va a casa - per le serie che si basano su invasioni aliene in effetti era il finale più consueto e di cosa fanno dopo i vari personaggi, nemici compresi,  nessuno ci informa; un gran riserbo cala inoltre sulle varie storie d'amore che erano state più che abbondantemente prima accennate e poi ben coltivate nel corso dei vari episodi. Niente, lo spettatore resta a bocca asciutta.
Nel caso di Goldrake la cosa fu piuttosto surreale: i veghiani sono sconfitti e nel frattempo ad Actarus è arrivata la notizia che il pianeta Fleed, di cui un tempo era principe e da cui era fortunosamente fuggito a bordo del Goldrake, la vita è di nuovo possibile. Così Actarus e la sorella Maria ritornano sul pianeta per ripopolarlo.
"E come lo ripopolano?" fu la domanda che ci facemmo tutti.
La risposta più immediata lasciava perplessi: sì, in teoria dandosi parecchio da fare... ma Actarus e Maria erano fratello e sorella, non era una soluzione un po' estrema e geneticamente discutibile?
Venne poi spiegato (molto, molto tempo dopo) che la real coppia di fratelli sarebbe stata raggiunta dai numerosi fleediani che erano riusciti a fuggire e si erano rifugiati su altri pianeti. La popolazione di Fleed si sarebbe dunque riformata, sulla base di un patrimonio genetico abbastanza vario; peccato che di tutta questa gente fuggita su altri pianeti nessuno avesse mai sentito parlare: Actarus era partito su Goldrake, che era tra l'altro anche una eccellente astronave ma gli altri come avevano viaggiato, in monopattino? Per quel che se ne era sempre saputo, Fleed era ormai un pianeta irrimediabilmente rovinato dalle radiazioni e tutti gli abitanti erano morti.
Ai nostri occhi c'era poi una questione ben più importante: i due fratelli si erano, per così dire, rifatti una vita sulla Terra. Sin dalle prime puntate Actarus aveva fatto coppia fissa con Venusia, mentre quando era arrivata sua sorella Maria, Alcor dai mille nomi aveva avviato con lei qualcosa di molto simile a una storia d'amore. Ma i due terrestri restarono sulla terra e non si accennò nemmen di lontano alla possibilità che potessero partire con i due principi di Fleed. L'addio tra i quattro è molto struggente, Alcor lancia un mazzo di rose rosse a Maria con una bella acrobazia aerea e... boh?
(d'altra parte in Mazinga Z Koji-Rio aveva avviato una storia con Sayaka, la qual storia era rimasta totalmente confinata in quella serie. Un po' più di considerazione era stata data alla coppia Tetsuya-Jun nel Grande Mazinger, e i due avevano perfino avuto l'occasione, in un film successivo, di mostrare allo spettatore i figli frutto della loro felice unione).
Già che ci sono, prima di continuare a parlare dei finali aggiungo che col tempo e la pazienza è risultato che praticamente tutte le serie arrivate in Italia nei primi anni vennero trasmesse incomplete: mancavano due, tre, cinque... addirittura più di quaranta episodi, nel caso di Mazinga Z, e il motivo spesso e volentieri non si capisce ma non è del tutto impossibile che c'entri la famosa delega in bianco citata da Valeri Manera molti anni dopo. Personalmente ricordo di aver beccato una puntata di Capitan Harlock a me del tutto sconosciuta sulla televisione francese. Il francese non lo conosco, ma non ebbi difficoltà a venire a capo del titolo Le complexe d'Oedipe e la vicenda si seguiva facilità: una mazoniana aveva assunto le sembianze e la voce della defunta madre di Tadashi, che aveva perciò grosse difficoltà ad affrontarla. Alla fine però riesce a spararle addosso e Harlock si congratula con lui per essere riuscito a superare il condizionamento. La TV francese, come ho detto, aveva trasmesso la puntata senza farsi particolari problemi, ma si sa che in Italia la mamma è sempre la mamma.
L'ignoranza degli spettatori salvò gli adattatori da reclami e lamentele, ma in tanti notammo che a volte in quelle storie c'erano misteriose incongruenze, e che i dialoghi qualche volta erano proprio strani - cose che succedono, quando traduci male.
Il caso di una serie che veniva trasmessa regolarmente dall'inizio alla fine era piuttosto raro e perfino la RAI si rifugiava dietro lo scudo di "Prima serie" "Seconda serie" "Terza serie ma se volete vedere il finale vi riguardate tutto dal primo episodio". Per giunta erano gli anni eroici delle telelibere, dette anche "emittenti locali". A Firenze avevamo la gloriosa Tele Libera Firenze che di tendenza trasmetteva una serie cinque giorni a settimana, a orario fisso, dal primo episodio all'ultimo e qualche replica nel fine settimana, ma appena si usciva da quel cerchio incantato ogni serie si incartava in strani loop dove solo un gruppo di puntate veniva trasmesso e poi ritrasmesso e poi ancora ritrasmesso e dopo qualche tempo (mesi, ma anche anni) ritrovavi la serie su una diversa emittente con un diverso gruppo di episodi. Facevo fatica a capirci qualcosa anch'io che ero ormai al triennio delle superiori, mi figuro i bambini. 
Tutto ciò non era comunque da imputarsi in alcun modo agli adattatori, ma solo alla disorganizzazione di queste emittenti ancora implumi che infatti vennero pian piano assorbite nei circuiti della Fininvest.

I finali si rivelarono comunque un punto assai critico: tanto per cominciare per molte serie il finale non veniva trasmesso e in qualche caso lo si conobbe solo quando arrivarono le edizioni integrali su DVD, molti anni dopo - e a quel punto si capì anche perché a suo tempo non erano stati trasmessi.

Prima di tutto: nella cultura occidentale romanzi, film e sceneggiati specificamente destinati a bambini o ad adolescenti finivano quasi sempre bene - le uniche eccezioni che mi vengono in mente sono Incompreso e I ragazzi della via Pàl. Il giovane spettatore arrivava dunque al finale convinto che tutto si sarebbe risolto a tarallucci e Coca Cola. Il giovane spettatore giapponese, evidentemente, dava il lieto fine molto meno per scontato e si adattava a qualsiasi soluzione gli avessero allestito gli sceneggiatori. 
Qualche volta, come ho detto, il finale era semplicemente il protagonista che diceva "Abbiamo sconfitto gli invasori!" oppure, nel caso delle cosiddette maghette "Oh, i miei poteri sono esauriti, devo tornare sul pianeta della magia", e questo era quanto. In questi casi a volte c'era una puntata finale versione gadget con un riassunto della vicenda. Non so che effetto avesse sui giovani spettatori  giapponesi, ma per lo spettatore occidentale risultava piuttosto frustrante perché non gli forniva alcun nuovo dettaglio.
Tutt'altro che raro era poi il caso del protagonista che dopo l'ultima vittoria... moriva. Così. La morte, vista in quei casi come la degna conclusione e apoteosi di tutta la vicenda lasciava spiazzati prima di tutto gli adattatori, e c'era allora il problema, piuttosto serio, di passare quel finale a una torma di bambini che da sempre era abituata al lieto fine. Il caso più famoso credo sia stato Rocky Joe, ma negli anime sportivi se ne contano diversi. A volte, come in Baldios, il finale era decisamente catastrofico e si prevedeva una pessima fine per la Terra anche dopo aver sconfitto gli alieni (che erano in realtà i nostri discendenti). Anche gli anime a sfondo storico, come Lady Oscar avevano una certa qual tendenza a chiudere la vicenda facendo crepare tutti i protagonisti - e nel caso appunto di Lady Oscar la cosa risultò particolarmente dolorosa perché proprio due puntate prima della fine tutto sembravano finalmente mettersi bene per la coppia di innamorati - e non a caso la prima volta che la serie fu trasmessa si fermarono proprio in quel punto. Quando arrivò la nuova serie, risultò composta di appunto due episodi due, uno che si chiudeva con la straziante morte di André e l'ultimo dove moriva anche Oscar - più l'avvertenza finale che sarebbero morti anche Luigi XVI e Maria Antonietta, ma  quello fu un trauma minore perché la maggior parte degli spettatori era preparata a ciò grazie ai manuali di storia letti alla scuola media.
Le varie serie di Gundam, a quanto ho capito, finivano di punto in bianco, senza darci notizie sui vari protagonisti che rimbalzavano da una serie all'altra infilando una serie di vicende una più lugubre dell'altra (comunque le serie di Gundam erano tutte estremamente lugubri dall'inizio alla fine, che avessero un finale tutt'altro che foriero di felicità per tutti ci stava e per lo spettatore era più facile adattarsi).
C'erano anche i cosiddetti finali aperti: la vicenda si ferma a un certo punto e cosa succede dopo non si sa. Qualche volta il finale vero e proprio è confezionato in appositi episodi destinati alla vendita (caso classico Lamù).
Per lo spettatore occidentale la cosa era piuttosto destabilizzante: segui un personaggio per svariate decine di episodi, dove il personaggio in questione affronta le più varie traversine uscendone sempre vittorioso... e poi la storia si chiude lasciandolo in mezzo al guado. Oppure lo vedi morire. Oppure gli innamorati, dopo essersi rincorsi per centonovantasette puntate, si ritrovano improvvisamente separati da qualche impedimento sorto due puntate prima. Perché sì, uno dei problemi più seri risultarono proprio i finali degli anime a derivazione shojo, quelli destinati a un pubblico in prevalenza femminile e incentrati su una storia d'amore... e che spesso sono senza lieto fine. Spesso, ma non sempre. Anche qui, gli spettatori italiani non erano per niente preparati. 
Anche qui c'era un equivoco di partenza dovuto alle nostre scarse conoscenze della produzione giapponese: le storie shojo non sono storie romantiche destinate a chiudersi con la felice unione delle coppie che han popolato la vicenda, bensì storie ad alto, altissimo contenuto emotivo, a volte davvero strazianti, e possono finire malissimo - come appunto nel caso di Lady Oscar - oppure così-così, con le coppie che non si formano oppure che si dividono giusto nel finale. Qualche volta, vivaddio, capitava anche che finissero bene.
Gli adattatori coniugarono dunque il verbo arrangiarsi, ritoccando i finali, seminando qua e là frasette speranzose sulla felice futura unione delle coppie, sorvolando garbatamente su chi moriva, magari con l'aiuto di qualche fermo immagine (come nel caso di Rocky Joe).
Ad uno di questi casi di finale, diciamo così, ritoccato per occidentalizzarlo dedicherò il mio prossimo post.

9 commenti:

  1. Guardavo con grande diletto Goldrake, ma mi si ruppe il televisore appena prima che cominciasse l'ultima puntata. Che brutta cosa. Comunque a un certo punto almeno il sonoro ripartì, dandomi modo di assistere alla deriva Lannister del mio cartone preferito, proprio quando pregustavo un doppio matrimonio (avevo appena visto Orgoglio e pregiudizio, quello con Laurence Olivier).
    Mia sorella cercò di consolarmi con varie spiegazioni - sono alieni ovipari; sono fidanzati con altri alieni, pure ovipari; sai che le vipere sono ovovivipare?
    Non lo sapevo, e la leggenda delle vipere che si attorcigliano sui rami alti per partorire dei bei viperini vispi e mordaci mi salvò la serata. Però che nervi.
    Lurkerella, che aspetta il seguito serenamente perché anche se mi si rompe il cellulare non recupero altrove

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  2. Ma io pensavo fossero censurati perché in Italia trasmettevano queste serie animate al pomeriggio per i bambini anche se in realtà non erano per niente cartoni per bambini, solo che negli anni '80 per noi non c'era altro che questa roba giapponese...io non ricordo di cartoni animati scritti per un pubblico di bambini delle elementari...
    Noi lo capivamo che c'erano delle robe un po' strane che non filavano tanto però non capivamo esattamente cosa fosse...
    In pratica noi seienni e compagnia il pomeriggio facevamo merenda guardando lady oscar, Lamù e compagnia bella...io ho vaghi ricordi anche di capitan Harlock e galaxy express...a pensare invece alla cura che c'è adesso sui prodotti per bambini cado dalla sedia.
    Cioè, se li inquadriamo come serie animate per adulti niente da dire, pensare che li trasmettevano alle quattro del pomeriggio per i bambini mi fa mettere le mani nei capelli...

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  3. @Elena: Hai ragione!
    A sei anni io guardavo serenamente l'Uomo Tigre in compagnia di mio nonno. Ne ho rivista una puntata poco tempo fa per caso: ho cambiato canale dopo cinque minuti perché era troppo violento...

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  4. @ Lurkerella:
    E' senz'altro il ricordo più originale che abbia mai sentito legato a Goldrake. In particolare la scena di Maria che si rifugia su un albero per partorire i nuovi fleediani è davvero insolita (!)

    @ Elena e Chiara:
    Anime per bambini ne sano arrivati anche da noi - Heidi, per esempio. E' senz'altro vero che la maggior parte però erano fatti in previsione di un pubblico di almeno otto anni. Tuttavia i criteri che assegnano qualcosa come adatto per un'età o un'altra cambiano moltissimo nel giro di poco tempo.Ad ogni modo ai bambini serie come Goldrake piacevano moltissimo, e quando c'erano le telelibere, che li trasmettevano anche la mattina, la scena dei bambini che facevano colazione guardandosi tutti contenti la loro puntata di Lamù o di Jeeg era molto comune. Per quanto ho capito però i bambini non restavano particolarmente traumatizzati, ma molte cose gli sfuggivano, specie quando la trama era piuttosto complessa.

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  5. Goldrake era visione di tutta la famiglia, come Candy Candy. Drammatico Lady Oscar: un blackout cittadino ci impedì di vedere la puntata finale, ascoltata in diretta telefonica ( con le tariffe interurbane di allora ) da casa di mia cugina. Ancora mia sorella piange

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  6. Vedo che questi finali sono stati molto travagliati: anche Lurkerella ha raccontato di un incidente col televisore alla fine di Goldrake).
    Per fortuna a me non è mai successo!
    (solidarietà con tua sorella, quel finale ci ha davvero spezzato il cuore)

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  7. Mio cugino a quasi dieci anni iniziò a sognare alieni che entravano per ucciderlo dalla finestra dopo alcune puntate di Jeeg e Goldrake... Mia mamma era terrificata dalle fiabe dei Grimmm. Io ho scampato gli uni e le altre e son cresciuta a miti omerici, dove non esiste la malvagità intrinseca del "mostro" tranne forse Tersite che è un episodio brève, ed è solo un maldicente impotente e controllato dagli altri, né il catastrofismo universale da fine del mondo. Ah, però c'è la sessualità, aiuto.
    Saremo una famiglia impressionabile.

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  8. La paura è un sentimento molto individuale e ognuno ha la sua sensibilità - devo dire però che le fiabe dei fratelli Grimm, specie alcune, mi han sempre impressionato parecchio.
    Mi piacerebbe però capire come mai questo medesimo commento, che ricordo benissimo di avere scritto almeno due settimane fa, è svanito nel nulla. Cioè, mi sembra strano essermi dimenticata di pubblicarlo.
    (Se lo sarà forse mangiato il gatto?)

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  9. Ricorderò per la vita lo shock avuto alla fine del film di Rocky Joe (in VHS!), quando scoprii che il protagonista moriva a bordo ring e non si era semplicemente addormentato. Fino ad allora avevo creduto alla versione confezionata dagli adattatori italiani della serie tv. Ancora oggi lo annovero fra i più grossi traumi della mia (post) adolescenza! °_°

    Buffo che a 5-6 anni ci sciroppassimo Uomo tigre, Ken il guerriero e compagnia senza turbarci minimamente, mentre decenni dopo ci sembrino imsopportabilmente violenti. Cosa cavolo ci è successo nel frattempo? ^^;;;

    Riguardo ai problemi incontrati per vedere i finali delle seie preferite, io non registro particolari incidenti tecnici, bensì una maledizione annuale ricorrende: succedeva che i cartoni venissero programmati in modo che le serie terminassero a fine estate. Ebbene, ricordo il lutto a cui andavo incontro ogni anno perché, normalmente, nelle località di villeggiatura dove stavo mi era impossibile avere accesso a una tv all'ora adatta, e così mi perdevo tutti i finali dei miei anime preferiti. Una tragedia interiore a ogni vacanza, giuro! >__<

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