Il libro che vado a presentare oggi fa parte di una piccola antologia di racconti di Agatha Christie curata dalla stessa autrice, che azzarda una ardita metafora tra la raccolta dei racconti e un gustoso pranzo, paragonando nell'introduzione i vari racconti con le portate che compongono il pranzo.
Sono tutti racconti molto validi ma qui parlerò soltanto del primo, anche perché è l'unico che ha a che fare col Natale.
Con questo nuovo titolo - che è la fedele traduzione dell'originale The adventure of the Christmas pudding - la storia si presenta come incentrata su un dolce di Natale. Col titolo che gli era stato dato in precedenza, ovvero Il rubino si presentava legata soprattutto a un rubino. Entrambe le cose sono vere, e dunque partiamo dal rubino.
Si tratta di una grossa e preziosissima pietra rossa (che, al contrario di quel che avviene col carbonchio azzurro di Sherlock Holmes, è proprio il tradizionale colore dei rubini. Niente effetti speciali, per quel che riguarda l'aspetto cromatico).
Non una pietra comune, naturalmente. Prima di tutto è enorme, talmente enorme che quando entra in scena viene scambiata per un pezzo di vetro da bigiotteria. Niente a che vedere con i normali rubini che un professionista benestante e affettuoso regala alla moglie per festeggiare un anniversario o la nascita di un figlio. Questo è un rubino enorme, antichissimo, di inenarrabile purezza e perfezione, carico di valore religioso ma anche di incalcolabile valore storico, culturale e nazionalista - ovvero la tipica pietra che orna la tipica divinità indiana nei romanzi esotici, anche se non si entra nei dettagli. Una roba à la Salgari, insomma.
Questa gemma dall'incalcolabile valore è stata rubata al legittimo proprietario, ovvero l'erede di un principato dinastico dell'India. Perché il racconto è stato scritto nel 1960, quando l'attuale Repubblica Federale Indiana non era più una colonia inglese ma alcuni degli stati che la componevano erano ancora guidati dalle famiglie dei maragià e insomma in alcune delle sue zone potevano ancora, magari, forse, con un po' di buona volontà, esserci problemi dinastici.
La storia della gemma di inestimabile valore il cui furto potrebbe scatenare disastri e conflitti ha un delizioso sapore vintage, ma in verità tutto il racconto punta sul vintage: un vintage divertito, ironico ma anche molto accattivante, con una continua rievocazione dei bei tempi andati e del Natale tradizionale inglese, ma guardato come in cartolina. La scena iniziale mostra al lettore il solito Alto Diplomatico che chiede l'aiuto di Poirot per ritrovare la gemma e scongiurare così Gravi Implicazioni a livello internazionale, e per convincere l'investigatore, che ormai si è ufficialmente ritirato dal lavoro, evoca la prospettiva di passare un Autentico Natale Inglese, di quelli tradizionali, che tra poco scompariranno perché ahimé, le giovani generazioni non ne avvertono più il fascino (cosa in realtà non vera, come scoprirà il lettore), mentre il povero Poirot, assolutamente inorridito all'idea di un Natale Inglese Tradizionale passato in una Villa Inglese Tradizionale piena di tradizionalissimi spifferi e di correnti gelide, cerca di spaniarsi in tutti i modi e cede solo quando gli viene assicurato che nella Villa Inglese Tradizionale c'è un niente affatto tradizionale impianto di riscaldamento centralizzato e una totale e per nulla tradizionale mancanza di correnti gelide.
Ma veniamo al secondo pilastro del racconto, quello che in italiano è tradotto con un generico "dolce di Natale". Si tratta nientemeno che di un pudding, ovvero una roba che non ha assolutamente un equivalente italiano e che ci si arrangia a tradurre con dolce o budino ma non è quello che in Italia intendiamo come "dolce" o "torta" e non ha niente a che vedere col nostro budino. Eccola qui in foto:
Non mi attenterò a spiegare cos'è in realtà un pudding perché non lo so e non ne ho (purtroppo) mai mangiati. Proverò invece a descrivere cos'è un pudding di Natale - ovvero una bestia che sfugge alla nostra italica comprensione.
Intanto avviso che, dopo aver scorso un po' di ricette ho deciso di prendere come punto di riferimento quella di Buonissimo perché mi è sembrata la meno addomesticata tra quelle che ho visto ed è l'unica che ammette francamente che si tratta di una roba ardua da confezionare e parla di difficoltà "alta". Certo, una brava cuoca inglese lo troverà meno complicato di quel che sembra a una toscana abituata a cucinare secondo la Ricetta Base della nostra regione che recita più o meno "Prendi pochi ingredienti di eccellente qualità, manipolali il meno possibile ma con cura e servi in tavola".
Per chi vuole un'altra ricetta aggiungo il rimando al blog di Mani di pasta frolla, che sta dedicandosi a una rassegna di ricette di Natale molto tradizionali (e perciò abbastanza sconosciute) in associazione con Una penna spuntata che al mitico pudding e alle tradizioni collegate dedica un bel post.
Ma torniamo al nostro budino di Natale e guardiamo gli ingredienti.
Alcuni sono assolutamente alla nostra portata: mele Golden, limone e cedro, uova, burro, canditi, uvetta, uvetta di Corinto, mandorle, confettura di albicocca (o zucchero di canna e melassa, in altre versioni) panna fresca, sale. Cannella e noce moscata nei dolci si usano talvolta, così come brandy e rum (esiste addirittura in commercio una roba che spacciano per "rum da cucina" e che costa pochi spiccioli, ma personalmente userei qualcosa di un pochino più blasonato). Poi ci vuole un litro di birra Stout, e qui si comincia a dirazzare parecchio dalle tradizioni nostrane. Per la cronaca, la Stout è un particolare ramo delle birre scure e non mi attento a dire di più - ad ogni modo dubito che afferrare la prima lattina di birra che trovi al supermercato sia una buona idea.
La mollica di pane, a quanto ho capito, è la mollica del pane inglese che è una roba molto più briosciata del nostro filoncino. Infine è necessaria una bella dose di grasso di rognone - una roba abbastanza consueta per un inglese che i rognoni li mangia anche a colazione (letteralmente) ma che da noi va chiesta al macellaio come un favore personale. Come alternativa però alcuni suggeriscono di usare lo strutto - che però, a quanto so, è grasso di maiale e non di manzo e quindi proprio identico al grasso di rognone bovino non dovrebbe essere.
Gli ingredienti vanno poi mescolati con cura. Durante la complessa opera di mescola è tradizione che gli ospiti invitati per Natale scendano in cucina e diano una girata all'impasto esprimendo un desidero. Altro uso è mettere nell'impasto una moneta d'argento e talvolta altri piccoli oggetti o monete (immagino sia una tradizione assai apprezzata dai dentisti) e chi li trova avrà vari gradi di fortuna nell'anno a venire.
L'impasto viene poi lasciato a riposare tutta la notte e il giorno dopo va cotto a bagnomaria per cinque ore. Seguono decorazioni a piacere e, prima di servirlo, una generosa passata di liquore per portarlo poi in tavola fiammeggiante.
Piccolo particolare: il dolce si può preparare con largo anticipo perché si conserva per un mese. In realtà molti suggeriscono di farlo appunto diversi giorni prima perché decanti e si insaporisca a dovere; dà comunque l'idea di uno di quei piatti con cui puoi sostentare una città sotto assedio per un mese (nel caso che qualcuno si stesse domandando perché mi sono incaponita su questa ricetta: sì, il tutto è strettamente collegato al racconto).
Agatha Christe, come molti scrittori di gialli, ha imbastito diverse vicende collegate al Natale e uno dei suoi romanzi più famosi è appunto Il Natale di Poirot, dove si narra di un classico omicidio di Natale. Tuttavia di natalizio in quel romanzo c'è poco, anche come messinscena e tradizioni. L'avventura del dolce di Natale invece è quasi un trattato sul Natale, senza contare che la storia è decisamente meno drammatica, e dunque mi è sembrato un buon modo per chiudere il mio Diario di Natale, cui ormai mancano soltanto i post con gli auguri (uno per la Notte di Natale e uno per Natale, com'è mia personale tradizione).
Sempre in tema Blogmas desidero ringraziare Simona e tutti gli altri partecipanti per questa bella iniziativa cui ho aderito a modo mio, ma anche due blogger del mio giro che per questo Natale da un mese circa si stanno concentrando sulla stagione delle Feste: Una penna spuntata che ci presenta una rassegna molto interessante e storicamente ben curata di tradizioni di Natale nelle varie epoche legate soprattutto alla storia inglese, e Cinecivetta che, con un viaggio nel tempo, ripercorre i giorni di Natale negli anni 70 fermandosi ogni giorno in un anno diverso di quello che secondo me è stato il decennio più importante della storia italiana per quel che riguarda il costume.
L'ho appena riletto - per la #readchristie2021 e la descrizione del pudding in fiamme, e degli oggettini aggiunti nell'impasto mi ha sempre fatto pensare che fosse una cosa immangiabile. Per qualche motivo la presenza del grasso di rognone non mi ha fatto cambiare idea, benché nella tradizione emiliana si metta lo strutto anche nella pastafrolla. Auguri e buone letture, vado a mettere avanti il pranzo di Natale 🎄 🎅 🎄 🤶
RispondiElimina@ Lurkerella:
RispondiEliminaStrutto e lardo nei dolci sono (relativamente) comuni, così come in Toscana ci mettiamo l'olio di oliva. E avendo mangiato qualche volta una torta abbastanza simile al pudding Christmas (in realtà di origini svizzere) posso garantire che non ha proprio niente di immangiabile. Soltanto, ecco, non è esattamente qjuel che si dice un dolce leggero, di quelli che puoi mangiarne a chili.
Piuttosto: cos'è questa storia del #readchristie? Lo fanno anche l'anno prossimo?
Buon pranzo di Natale!
Sì, anche il prossimo anno su instagram, ogni mese si legge una cosa della Christie a tema, è molto carino e relativamente poco impegnativo. Dolci leggeri per Natale mai, ci mancherebbe!
Elimina@ Lurkerella:
RispondiEliminaTi ringrazio di avermi mandato le informazioni. Dopo lunghe riflessioni ho deciso che per quest'anno niente contest letterari, ma vorrei provarci magari per il prossimo, quindi ho messo tutto da parte. Perché è chiaro che una roba del genere DEVO farla!
Allora alla prossima 🥂 È una book challenge molto lasca, il che è un bene. Con tutto ciò, quest'anno ho fatto poco perché volevo coprire 12 racconti. Non avevo considerato che richiedeva un'eccessiva abilità con le foto. Quest'anno sarò più saggia 📚
RispondiElimina@ Lurkerella:
RispondiElimina"Un'eccessiva abilità con le foto" mi inquieta parecchio, visto che non ho abilità di alcun tipo con le foto!
Di che si tratterebbe?
Penso di aver letto il racconto (purtroppo mi ricordo solo frammenti), ma confermo che mi piacciono tantissimo i tuoi post su Agatha Christie. Non ho dubbi nel dire che mi piacciono di più i tuoi post dei libri stessi e mi fanno anche venire voglia di rileggere tali libri con un altro spirito.
RispondiEliminaIl pudding deve essere decisamente una cosa micidiale da mangiare. Leggendo il post mi sono ricordata che in un capitoletto di uno dei volumi dei Quindici, quello dedicato alle feste di tutto il mondo, si parlava di questo dolce nordico in cui all'interno si inserivano un anello, una moneta e forse qualcos'altro. Mi pare ci fosse anche un terzo oggetto, dopo l'anello che indicava l'amore e la moneta il tesoro. Mi pare inoltre che quel dolce si facesse anche in un altro paese del nord Europa oltre all'Inghilterra, ma la memoria non mi assiste e non mi ricordo una fava, devo ripescare il volume.
(E grazie mille per la tua bella segnalazione al mio blog)
@ Kuku:
RispondiEliminaLa segnalazione mi sembrava doverosa, per chi ha la mia età era un fantastico tuffo nel passato ^__^
Non so nulla del terzo oggetto, per cui quando ritrovi il tutto fammelo sapere - ma ho il sospetto che fosse una piccolissima statuina. Chissà se è un sospetto che poggia su un minimo di base...