lunedì 6 marzo 2017
Peter Pettigrew (Peter Minus, nella vecchia traduzione) ovvero scegliere tra rancore e paura
Nel momento in cui Silente spiega ad Harry che aver permesso a Peter Minus di salvarsi è un azione che potrebbe portare frutti anche molto positivi, il pensiero di qualsiasi lettore di Tolkien corre alla celebre conversazione dove Gandalf assicura a Frodo che la pietà di Bilbo potrebbe cambiare il corso di molti destini, dando per scontato che il topastro avrà un ruolo importante nello scioglimento della vicenda, come lo ha Gollum nel Signore degli Anelli.
Ma, si scoprirà, non è così che funziona: Gollum è un personaggio che fin dall'inizio si dimostra pericoloso, e più avanti mostra segni di una certa grandezza: non solo sa sempre cavarsi dagli impicci ed è molto abile sia nel cacciare che nell'eludere la caccia, ma mostra una forte evoluzione spirituale, arrivando quasi a pentirsi, sa mentire, sa frodare, sa fare seri danni, ama l'Anello di un amore maniacale e selvaggio ma certamente profondo. Il lettore lo odia, ama odiarlo, odia averlo a tratti in simpatia, a volte quasi lo ama...
Peter Minus invece è un povero diavolo, dal terzo al settimo volume - una creatura patetica ma talmente ignobile che è difficile provare una sia pur vaga scintilla di compassione per lui. Bilbo risparmia Gollum per pietà e perché non vuol colpire senza necessità, Harry salva Peter Minus dal giusto furore di Sirius perché Peter Minus gli fa completamente schifo ed è convinto che suo padre non avrebbe voluto che Sirius o Remus si macchiassero di assassinio solo per sopprimere costui - e lo risparmia, sì, dalla morte immediata, ma con l'idea di mandarlo ad Azkaban perché se c'è qualcuno che merita di stare laggiù è proprio lui - opinione che, a quanto mi risulta, nessun lettore ha mai criticato o censurato in alcun modo.
Sappiamo che sin dall'inizio il rapporto tra i quattro Malandrini non è alla pari: sono amici, ma Peter è in posizione subordinata e subisce il fascino degli altri con dolorosa umiliazione. D'accordo, sono ferite che possono scavare nel profondo, ma da lì a giustificare un tradimento come quello di Peter Minus ce ne corre.
Peter tradisce gli amici, andando a spiattellare il nome del custode dell'Incanto Fidelius a Voldemort, un po' per rancore e molto per paura.
"Lui... Lui stava conquistando tutto! Che... che cosa c'era da guadagnare a dirgli di no?" prova a giustificarsi con Sirius, Remus e i ragazzi.
L'eterno lamento dei codardi e dei collaborazionisti. Cosa c'era da guadagnare a opporsi?
Solo qualche vita innocente, gli ruggisce Sirius in risposta (e anche un po' di decenza personale, lascia intendere).
Altri sono accorsi da Voldemort perché condividevano le sue idee, amavano il Lato Oscuro della Forza, erano affascinati da lui o erano affamati del potere che gli avrebbe dato. Invece Peter Minus (ma non è l'unico) passa dalla parte di Voldemort per paura. Allo stesso modo per paura farà accusare Sirius di strage (non senza avere ammazzato dodici persone), trascorrerà dodici anni con gli Weasley in forma di topo, passerà un anno a perdere il pelo per paura di Sirius quando scoprirà che è fuggito da Azkaban, tornerà per paura da Voldemort alla fine del terzo volume perché non sa dove altrimenti andare.
E Voldemort lo sa benissimo, e non dimentica mai di rinfacciarglielo. Non c'è ombra di gratitudine né di rispetto in lui verso quel miserabile topastro, e lo tratta con minor riguardo di quello che il più menefreghista dei padroni può avere per il suo elfo domestico.
Usa Peter Minus come lacché, balia asciutta, tirapiedi, infermiera e attinge tranquillamente al suo sangue per la resurrezione senza una parola di ringraziamento. Quando non gli serve più lo parcheggia da Piton, che lo considera con altrettanto freddo disprezzo.
Per tutto il tempo Peter Minus continua ad avere paura: paura di Voldemort, di Nagini, di Piton, di Bellatrix, dell'aria che respira...
Sul finire della storia, quando Harry è nelle sue mani e gli ricorda di averlo risparmiato, la sua coscienza - o forse solo quel legame che si è creato tra i due quando Harry lo ha graziato - manda un pallido segnale, e risparmia Harry permettendogli di liberarsi. Questo attimo di esitazione gli costerà la vita (Voldemort lo condannerà ad autostrangolarsi) ma J.K. Rowling non darà alcun risalto alla sua fine: la rapida scena è soffocata all'interno di una sequenza molto animata, e quasi scivola via tra cento e cento altre cose.
Non c'è riscatto né conversione per Peter Minus, e nemmeno il diritto a una paginetta di assolo, dove si dia al lettore uno straccio di motivo per ammirarlo o almeno soffermarsi su di lui con un po' di attenzione e di interesse. Peter Minus vive squallidamente e muore squallidamente, senza nessuno dei fuochi d'artificio che sigillano la fine di Gollum - e il lettore è contentissimo così, perché Peter Minus non lo sopporta nessuno.
Dunque il confronto con Gollum è improponibile; tuttavia, per il lettore italiano è evidente la somiglianza con un personaggio parimenti squallido e miserabile, ma messo in più modeste occasioni di fare del male (occasioni che comunque si ingegna di sfruttare al loro meglio): don Abbondio, il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro, il cui motto, se decidesse di abbandonare l'immortale "se uno il coraggio non ce l'ha non se lo può dare", potrebbe benissimo essere "Che cosa avevo da guadagnare a oppormi?".
Pochi di noi avrebbero la tempra e la forza necessari per essere un Oscuro Signore, ma in quasi tutti noi sonnecchia un piccolo, miserabile, paurosissimo Peter Minus, ignobile, egoista e incapace di guadagnarsi un barlume di rispetto ai suoi stessi occhi.
Pure, questa miserabile creatura un tempo si era conquistato l'amicizia degli altri tre Malandrini; il fatto di essere meno bello e meno brillante di loro non lo condannava affatto a un esistenza miserabile.
Come ci ricorderebbe Silente, sono state le sue scelte a fare di lui quello che è diventato.
Già. La grandezza di Smeagol non trova risposta in Peter Minus. Eppure per quanto quest'ultimo sia ripugnante per la sua pochezza si comprende anche che con una spina dorsale del genere non poteva avere alcuna chance contro Voldemort. Forse gli amici hanno sottovalutato il fatto che avrebbero dovuto proteggere lui quanto Lily, perché lui non aveva la possibilità di resistere. A volte conoscere i propri amici e voler loro bene significa anche non chiedere loro più di quello che possono dare.
RispondiEliminaDA è venuto in mente anche a me.
RispondiEliminaQuanto al miserevole che si trova anche nelle migliori famiglie, purtroppo non è solo paura, quella sarebbe pure umanamente comprensibile.
E' molto peggio: è gregarismo, mancanza di autonomia, ottusità, finta furbizia, spirito di sottomissione al gruppo del più forte, menefreghismo al limite.
E' conformismo, quello che porta i mediocri a dare il peggio di sé nel branco, pur di socializzare una situazione di partenza magari infelice - ma che non viene recuperata da nessuno perché costa fatica e sbattimento. E perché in fondo esseri così controllabili sono molto molto comodi.
Uno dei fenomeni più duri ma diffusi che possano capitare a livello sociale.
Gli errori di valutazione sono "fatica" psichica quindi "involuzione"...invece ci vorrebbe un po' di "esercizio"psichico....: basterebbe un piccolo passo ed una nuova evoluzione inizierebbe....
Elimina.....parole ridondanti e sogni ad occhi aperti i miei.....
Perciò concluso con un semplice CONCORDO SU TUTTO😊
@Bridigala:
RispondiEliminaVero. Spesso ci si affeziona a un amico inchiodandolo ad un dato ruolo e lo si vede come lo si vuol vedere. Un errore di valutazione di questi tipo ha giocato senz'altro con Peter Minus... che passava informazioni a Voldemort da un anno, prima di tradire il Fidelius. Ma in effetti, essendo il più debole sotto tanti punti di vista farne il Custode è stata una scelta arrischiata, anche se all'inizio i tre (i quattro? Lily fu consultata?) la trovarono un idea astuta.
@Pellegrina:
Nella paura che porta Peter Minus al tradimento entrano senz'altro tutti quei belli e nobili sentimenti che hai elencato; ma il menefreghismo - una bella e robusta dose di menefreghismo - è senz'altro una potente molla anche per tutte le sue azioni successive...
In aggiunta alla tua perfetta disamina: ma com'è possibile che il Cappello Parlante abbia indirizzato a Grifondoro, la casa dei coraggiosi, Peter Minus?
RispondiEliminaLa Rowling descrive una vasta gamma di caratteri: dall'eroe per forza e per destino, ai diversi tipi di amicizia, ai deboli che diventano forti crescendo, ai traditori che per amore si ravvedono e lottano scegliendo la strada più difficile, facendosi odiare da tutti, nascondendo "la parte migliore di sé", ai cattivi per convinzione o per stupidità, agli ignavi, quelli che galleggiano aspettando di vedere chi vince.
RispondiEliminaPoi c'è quello cui nessuno vorrebbe assomigliare, traditore per paura, per una sicura ricompensa, per invidia e rancore verso amici di successo. È miserabile persino la scelta dell'animale sotto cui celarsi; il topo è stata una scelta sua o dei suoi amici, quando decisero di diventare animagi per solidarietà con Lupin?
Hai ragione nel dire che c'è una parte di Pettigrew (Minus era anche una bella scelta del traduttore) in tutti noi e che dipende dalle nostre scelte quello che vogliamo essere. Qui poni un problema molto importante. Fa paura però pensare che di fronte a grandi pericoli, ognuno di noi potrebbe anche scegliere per paura. E qui mi viene in mente il giuramento di fedeltà al fascismo del 1931. Su 1200 accademici solo 11 si rifiutarono di firmare, con motivazioni diverse, non tutte grette e miserabili. Oppure più vicino nel tempo, vivere in paesi dominati dalla mafia, quanti resistono e si oppongono, a rischio della vita loro e della famiglia? Voglio dire, fa paura pensare che in certi casi la scelta è tra eroismo e quieto vivere.
@Dolcezze:
RispondiEliminaCi ho pensato e ripensato, ma non so che dirti. Scartando come impossibile l'ipotesi che il Cappello possa sbagliare, e tenendo conto che non esiste la casa di Lumacabianca per i viscidi traditori (chiedo scusa alle lumache, si fa per capirsi), forse a 11 anni Peter aveva delle potenzialità molto diverse, che lo portarono anche a sceglierei degli amici notevoli. Magari Peter agì da catalizzatore, assorbendo tutte le negatività di Sirius e James... Comunque nel settimo libro c'è qualcuno (un insegnante, mi sembra) che osserva che forse 11 anni sono troppo pochi per lo Smistamento.
Certo che è una domanda difficile.
@Acquaforte:
Fammi capire: nella nuova versione è tornato Pettigrew? E quindi ci ho TUTTO il post da correggere?!?!!
Prima che faccia un altro disastro aiutami ad affrontare la cruda realtà: il prof. Severus è tornato Snape o è rimasto Piton?
Perchè anche a lui spetterà un post, non tanto sulle scelte quanto sui dubbi del lettore nei suoi confronti...
E' come se a 11 anni Minus fosse stato un ragazzo "potenzialmente" coraggioso e valido (e del resto non si spiegherebbe altrimenti non tanto il fatto che lui si fosse accodato ai tre, ma che i tre lo avessero messo a parte del loro gruppo ristretto)ma poi fosse successo qualcosa. Che fosse subentrata un po' di invidia o di rancore per i suoi amici è probabile, ma comunque è emblematico che il suo animale fosse un topo, a fronte di un cervo, di un lupo e di un cagnone, a meno che questa scelta non fosse condivisa (ricordi? era lui a bloccare i rami del platano picchiatore). La viltà, comunque, non paga e Peter ha avuto una vita decisamente miserabile.
RispondiElimina@Dolcezze: dev'essere la famosa licenza poetica.
RispondiElimina@Murasaki
RispondiEliminaE' Silente, che in un flashback con Piton, ambientato durante il Ballo del Ceppo, afferma che il professore è un uomo molto più coraggioso di Igor Karkaroff, e che in passato gli è più volte capitato di pensare che lo smistamento avvenga troppo precocemente... sottintendendo che anche solo un paio d'anni dopo la Casa "giusta" per Piton avrebbe potuto essere Grifondoro, e non Serpeverde.
E' anche la seconda (e, credo, l'ultima) volta nei vent'anni in cui si snoda la vicenda in cui Piton rimane senza parole. La prima è quando va da Silente per chiedergli di salvare la vita a Lily, ma non si aspetta che gli venga chiesto qualcosa in cambio.
@Anonimo:
RispondiEliminaGrazie infinite, il settimo è quello che ricordo meno perché l'ho letto relativamente poche volte.
Non sono convinta però che nel caso di Piton si possa pensare ad un vero sbaglio di Casa: i Serpeverde non sono necessariamente viscidi traditori (come Karkaroff, che alla fine non è molto migliore di Pettigrew), sono solo maghi, anche piuttosto rispettabili, come Lumacorno, che sono attratti dalla magia oscura - e l'interese di Piton per la magia oscura mi sembra profondo e sincero. Se a undici anni l'amore per Lily non è bastato a tirarlo verso i Grifondoro, mi sembra improbabile che a tredici anni sarebbe cambiato qualcosa.
Capisco però che Piton sia rimasto senza parole: per l'indignazione, immagino ^_^
@Murasaki
RispondiEliminaMah, secondo me in realtà ci ha pensato un bel po' su.
In fondo nel quinto libro Sirius e Remus dicono a Harry che Piton odiava James fondamentalmente perché avrebbe voluto essere come lui: amato dai genitori, bello, abile nello sport, popolare, desiderato dalle ragazze - una in particolare - insomma in fondo era solo "leggermente" invidioso, e molto più conformista di quanto sembri, cosa peraltro tipica di molti ragazzi e anche di molti adulti, quindi non credo ci sia da condannarlo in modo particolare per questo.
E l'invidia portata al parossismo può distruggere le persone, oltre a renderle miserabili (ad esempio quando chiede di salvare la vita di lei in cambio di quella di lui, che è il punto più basso di Piton e forse di qualunque altro personaggio nella saga - escluso Minus); in un certo senso in seguito ne è anche uscito bene, se non avesse dato retta a Silente per me sarebbe potuto morire - magari ucciso proprio da Voldemort, infastidito dalla sua crescente imperscrutabilità - e diventare una sorta di Freddy Krueger, che torna dal regno dell'oltretomba per terrorizzare il suo assassino. E Voldemort dei morti aveva una bella paura...