venerdì 25 settembre 2015
Memorie - Carlo Goldoni
Ho sempre avuto una certa inclinazione per Goldoni, tanto che un giorno mi sono acquistata le sue Memorie, per poi riporle amorevolmente sullo scaffale dove hanno avuto agio di riposare del tutto intonse per svariati anni. Quest'estate, colta da subitanea ispirazione, le ho tirate giù dallo scaffale e lette con gran gusto.
Prima di tutto: non sono in italiano settecentesco. Goldoni infatti scrisse la sua autobiografia quando ormai da molti anni viveva in Francia e gli venne spontaneo scriverla in francese. Chi la traduce, quindi, la traduce in italiano moderno. Questo la rende più scorrevoli, anche se per la verità Goldoni è scorrevole sempre e comunque, perfino quando scrive in veneziano, dialetto notoriamente incomprensibile per chi veneziano non è, ma che sotto la sua penna risulta piacevolmente chiaro anche a chi, come me, un grande talento per le lingue straniere non l'ha mai avuto.
Si potrebbe osservare che, essendo uomo di teatro, Goldoni aveva tutto l'interesse ad adoperarsi affinché quel che scriveva risultasse comunque comprensibile al maggior numero di persone possibile, ma... andate a leggervi un po' di teatro di Alfieri e poi ne riparliamo. Oppure no, andate piuttosto a farvi una passeggiata e a prendervi un gelato, che ne trarrete senz'altro maggior piacere.
Va detto comunque che Goldoni non scriveva solo per diletto: era uomo di teatro, e dal gradimento del pubblico dipendeva il sostentamento suo e della famiglia; credo però che cercasse di essere il più chiaro possibile proprio per scelta esistenziale, oltre che per motivi pratici: il suo è un teatro fatto più per essere recitato e guardato che per essere letto nel silenzio del salotto di casa propria: ha il ritmo del palcoscenico e la capacità di divertire e commuovere - lui direbbe che muove gli affetti, ma non so se lo direbbe mai riferendosi a sé stesso perché è persona troppo garbata per farsi le sviolinate da solo.
Queste comunque sono le sue Memorie, ovvero un autobiografia, genere multiforme e insidioso per definizione. Ormai vecchio, ben ambientato in Francia ma tutt'altro che ricco, Goldoni decide di scrivere la storia della sua vita, e tra tante possibilità che gli si offrono sceglie di scrivere quel tipo di autobiografia in cui si raccontano un sacco di cose, magari anche esattissime, ma senza dire niente di molto personale su di sé.
Insomma racconta la storia della sua vita con discrezione e con estremo garbo ma senza compromettersi, e nel corso di più di settecento pagine assai fitte riesce a non dire male di nessuno, salvo forse di quel paio di loschi figuri che lo rapinarono durante un viaggio in carrozza.
Tutti sono buoni e bravi e cari, salvo qualche rarissima eccezione di cui non viene fatto il nome; e di nomi, in verità, se ne fanno pochi - perfino la sua cara madre e la sua carissima sposa vengono sempre citate in qualità di madre e sposa e per sapere come si chiamavano dobbiamo ricorrere agli studi specialistici. La maggior parte delle persone citata con nome e cognome è gente di teatro - e su quelle in effetti arrivano anche giudizi piuttosto articolati e a volte perfino qualche appunto critico, per spiegare come mai non riuscirono in questa o quella occasione a rendere al loro meglio o a conseguire un meritato successo: il ruolo non era adatto a loro, la commedia non era buona, le circostanze non disponevano al meglio il pubblico eccetera. In compenso non ha alcun problema a prendersi le sue colpe, anzi si ha l'impressione che tra tutti i personaggi che affollano questo vasto libro, l'unico che talvolta pecca, vuoi per ingenuità, vuoi per sventatezza, vuoi perché incapace di comprendere tutti i fattori in gioco sia proprio lui, Carlo Goldoni. Gli altri, hanno ragione sempre e comunque, e sono sempre cortesissimi e carinissimi.
I suoi detrattori? Ah, a volte avevano ragione, ma anche quando lo rimproveravano a torto, via, perché prendersela?
Il pubblico? Ah, il pubblico ha solo pregi. Talvolta poteva non gradire i suoi spettacoli perché era uso ad altri generi, nutriva aspettative diverse, oppure la compagnia non era riuscita a rendere al meglio l'opera, più spesso perché era l'opera in sé ad essere carente, mal fatta, impostata male - comunque il cliente ha sempre ragione e non va mai criticato (nelle lettere però, par di capire, a volte avanza qualche appunto).
Uno dei pochissimi che viene criticato è Vivaldi, ottimo esecutore... ma mediocre compositore.
Bah?
Si parla soprattutto di teatro, naturalmente, che lo ha interessato sin dalla più tenera infanzia, quando leggeva le commedie e le commedie classiche annotandole qua e là; ma la gran parte delle Memorie descrive quel curioso universo che era l'Italia del Settecento, pochi anni prima che arrivasse Napoleone a svegliarla: tanti piccoli staterelli tranquilli, a gestione familiare, paciosi e disperatamente provinciali, con le loro accademie letterarie dove gli stranieri erano accolti con gran feste, dove i papi chiacchieravano nelle udienze soprattutto di conoscenze comuni ed erano preoccupatissimi che non venisse dimenticato l'indispensabile rito di saluto del bacio al piede, dove ogni staterello aveva le sue leggi e tradizioni teatrali, dove si cambiava più volte mestiere nella vita - come il padre di Goldoni che, a seguito di un rovescio finanziario e grazie all'accorto intervento di un parente, si fece medico in quattro anni e, in virtù di buone presentazioni e di una naturale simpatia, diventò rapidamente il dottore più alla moda di Perugia; e come lo stesso Goldoni che, già avviato sulla strada del teatro, capitò quasi per caso a Pisa e ci rimase diversi anni lavorando come avvocato per poi tornare ad occuparsi di teatro. Persino Venezia, che pure sembra di gran lunga lo stato più aperto e culturalmente vivace, sembra ridotta alle dimensioni di un grande salotto. Parigi, decisamente, si rivelerà un altra cosa.
L'ultima parte delle Memorie è appunto dedicata alla Francia prerivoluzionaria - e Goldoni non mostra di avere la benché minima idea del temporale che sta per scatenarsi pur intrattenendosi in piacevoli conversari e corrispondenze con i famosissimi Voltaire e Rousseau; grazie a lui sappiamo molte cose sui divertimenti di Parigi, alla portata di tutte le tasche e di tutti gli interessi, sui bellissimi parchi parigini e qualcosina anche sulla vita di corte, cui partecipò in qualche misura - ma niente di niente di niente sui vari problemi dello stato francese. Qualcosa non vide, immagino, qualcosa non volle vedere e qualcosa era al di fuori della sua portata, delle sue frequentazioni e dei suoi interessi.
Un libro decisamente interessante e molto gradevole. Molto lungo, anche, ed è consigliabile gustarselo lentamente per non perdersi nulla nella fretta di vedere come andrà a finire - tanto, veri colpi di scena non ce ne sono, e anche quando ci sono sono ben mascherati.
Un ottima lettura per le lunghe serate autunnali o invernali - ma garantisco che va bene anche in piena estate - consigliato soprattutto chi ha interessi storici oltre che letterari e a chi ama il settore "la vita quotidiana ai tempi di"; tra l'altro c'è anche una bellissima descrizione di Firenze.
Con questo post partecipo ai Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro a tutti buone e lunghe letture, magari avvolti in un bello scialle - perché per il caminetto acceso c'è ancora tempo.
Sai che non ho mai pensato di leggerle? In questo momento non mi attira la mole,ma un giorno...chissà...
RispondiEliminaIo le ho lette, anzi ho fatto un esame all'università con corso monografico proprio su questa opera. Era Storia del Teatro e dello Spettacolo con quel gigione che andava anche al Maurizio Costanzo Show :-)
RispondiEliminaA parte il Gigione, che comunque sapeva parlare, un bellissimo ricordo del corso, delle Memorie e di Goldoni stesso, che come dici tu sembra essere stata una bella personcina!
eheheh noooo... non riuscirei a leggere un libro di una tale lunghezza adesso, a meno che non parli di qualche argomento a me davvero molto caro ;-) Ma la tua recensione è davvero piacevole e puntuale... me la farò bastare! ;-)
RispondiEliminaNella vita civile occidentale ci vuole un po' di "nerbo": le persone troppo gentili, come appare essere Goldoni qua, difficilmente si fanno strada. Lui però... va bene, non sarà morto ricco, ma qualcosa di buono se l'è visto riconoscere. Altri nemmeno quello! :-)
www.wolfghost.com
@dolcezze:
RispondiEliminaprima o poi, chissà, il tempo giusto potrebbe arrivare...
@Aliceland:
Fortunella ^__^ Quando andavo all'università la letteratura del Settecento sembrava non esistere: si passava dall'Ariosto alla moderna e contemporanea. Alla fine, l'unica che mi ha parlato un po' di Goldoni è stata la Legree, all'ultimo anno del liceo.
@Wolfghost:
No, non credo proprio che sarebbe il tuo genere ^__^
Il Settecento è effettivamente un epoca meno rabbiosa e intollerante di altre, eppure persone come Goldoni - gentili, non vendicative, capaci di mettersi in discussione, ma anche tenaci, determinate e disposte a mettersi in gioco, ci sono sempre state e non di rado hanno fatto la loro brava riuscita. A distanza di più di 200 anni le sue opere vanno ancora in scena... e PIACCIONO. E' una lezione su cui c'è da riflettere, secondo me.
Sbaglio se Goldoni così presentato e descritto mi fa pensare a questo brano:
RispondiElimina" Vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, tenere l'infinito nel palmo della mano e l'eternità in un'ora. "(William Blake) ?
Brava, dici bene! A volte è solo... questione di fortuna, magari c'erano altri in quell'epoca altrettanto bravi ma che non sono "usciti fuori", tuttavia bisogna riconoscergli che non era facile farsi strada, eppure... ;-)
RispondiEliminawww.wolfghost.com
Bene, adesso puoi provare a leggere quelle (di memorie) di Giacomo Casanova. Non sono affatto un trattato di kamasutra. Quello che mi ha lasciato di stucco era cosa era in grado di fare a quei tempi un ragazzo di 18 anni (andare a piedi da Venezia e Roma o giù di li). Ciao cia o. Marianna
RispondiElimina@EVA:
RispondiEliminaNon lo so. Anzi sì, lo so: per il mondo in un granello di sabbia senz'altro, per l'eternità in un ora è possibile, per l'infinito nel palmo della mano dubito.
@Anonimo AKA Marianna:
Avrei in in coda Alfieri e De Ponte, ma confesso di non avere mai preso in considerazione Casanova perché le sue memorie sono di una lunghezza sterminata. Tu sei la prima che me ne parla, compresi anche tutti i letterati che ho incrociato in vita mia. Prometto che farò un tentativo, finiti gli altri due, e grazie del suggerimento ^__^
Diciamo che ho capito in parte...ma fa parte di me non capire alla prima...sorry! ;-)
RispondiEliminaUn saluto e buona notte
P.S.
RispondiEliminastavolta "non sono un robot" ha superato se stesso...mi ha fatto scegliere tra dolci, waffles e segnali stradali 7 volte!!!!!
@EVA:
RispondiEliminaVero, sono stata piuttosto criptica. Intendevo dire che Goldoni, per quel che ne ho capito, non curava troppo le Grandi Questioni ma era interessatissimo a decifrare le piccole - era insomma un tipo più da microcosmo che da macrocosmo, interessato alla gente comune, di cui sentiva di far parte: quella, insomma, che tanto comune non è mai ma che incrociamo facilmente per strada. Ma è la mia interpretazione personale di un uomo che ha sempre evitati di esporsi molto...
Allora un pochetto avevo capito....sentirsi parte di un microcosmo, gente comune che comune non lo è mai....molto filosofico! Bello.
RispondiEliminaGrazie