venerdì 26 giugno 2015

Diario di una Sissina - 2 - Come fu che affrontai il test di ammissione (unplugged)


(Seconda e ultima parte delle mie memorie da Sissina scritte 12 anni fa, in cui racconto di come fu che arrivai sesta o settima al test di ammissione su oltre quattrocento concorrenti, e giusto dopo che il viscidissimo somministratore del test ci aveva spiegato che i voti più alti li prendevano sempre i classicisti. Tiè)


Com'è noto, la SSIS è a numero chiuso. Questo vuol dire che ogni anno il Ministero dell'Istruzione decide quanti posti autorizzare per ogni classe di concorso per ogni regione, in base alle necessità del personale insegnante della regione in questione.
Tradotto in italiano: ogni anno le università pestano i piedi per avere un tot di mucche da mungere e ogni anno ne ottengono in quantità esorbitante e del tutto sproporzionata al più elementare buon senso. E infatti in Toscana, dove le abilitazioni per le materie letterarie sono in tal sovrannumero da garantire agevolmente rincalzi per i prossimi 15 anni come minimo, abbiamo l'assurda disponibilità di... 280 posti per la 43/50, 51 e 52. Roba da denuncia per atti osceni in luogo pubblico, se non fosse che qualsiasi esibizionista si sdegnerebbe del paragone e giustamente farebbe ricorso contro un paragone sì offensivo e lesivo della sua dignità (vincendolo di sicuro). 

Ad ogni modo, in quel luminoso mattino del 24 Settembre, al Palasport di Pisa siamo quattrocento e qualcosa, e qualcuno è pure spaventato e continua ansiosamente a ripassare libri e appunti.
Non io, che ho scorso le prove degli anni precedenti - una sfilarata di quiz a riposta chiusa improntati al più folle e specialistico nozionismo. Passare una prova del genere potrebbe forse essere iscritto a mio merito, ma non passarla non potrebbe in alcun modo essere titolo di biasimo: è noto che nelle estrazioni del Lotto può andarte bene o male, a seconda del caso. Diventa anche inutile prepararsi, al di là forse di qualche esercizio spirituale di concentrazione e della solita tavoletta di cioccolato che da sempre accompagna i miei esami, secondo una  tradizione familiare avviata da mia nonna.

L'organizzazione non è proprio entusiasmante, ma nemmeno malvagissima. Quello che invece è del tutto insopportabile è il viscidissimo commissario che ci fa il sermone introduttivo - uno di quegli esseri che riuscirebbero a pietrificare un basilisco con lo sguardo, per intendersi. Viscidamente, e con tono di gran superiorità, ci spiega il meccanismo: prima un test di 20 domande di area generale, poi uno di 30 per la 43/50, un altro per la 51 e un quarto per la 52. Non è un test fatto per selezionare chi già sa tutto, proclama, bensì per controllare quanto in realtà sappiamo - perché in effetti nei tre anni precedenti non si è mai dato il caso di qualcuno che abbia risposto esattamente a tutte le domande (e dopo averle viste, le domande, non ho nessuna difficolta' a credergli). Assai viscidamente ci esorta poi a non copiare - una raccomandazione magari obbligatoria ma, credetemi, ci sono tanti modi per farla, e il tono che ha usato lui sarebbe stato insopportabile anche rivolto a un congresso di copisti.

Conclusa la predica si degnano alfine di distribuire i moduli per la prova di indirizzo e ci fanno cominciare.
Risolvo facilmente i primi tre quiz su Dante, grazie all'esame di Filologia dantesca dove portavo la cantica del Purgatorio. Quanto a Farinata degli Uberti, è un brano che a scuola fanno quasi sempre e possiamo darla come domanda ragionevole.
Quasi sempre a scuola viene fatta anche la novella di Federigo degli Alberighi, per cui con un po' di ragionamento è facile decidere a quale giornata appartiene. Il finale della Mandragola è abbastanza conosciuto, anche da chi non l'ha mandata praticamente a memoria come me al liceo, quando il professor Blasio buonanima ci ha praticamente costretto a recitargliela a fine anno.
Si passa a Leopardi, Canto notturno del pastore errante, ovvero una delle mie poesie preferite - dove fraintendo la domanda e sbaglio platealmente la risposta: "covile o cuna" si riferisce a uomini e animali, certo; disgraziatamente, all'epoca una grande quantità di uomini nasceva in posti assai simili a covili, e probabilmente questo mi ha fatto confondere.
Sempre Leopardi: che cosa caratterizza la struttura metrica della canzone libera? Non ne ho la benché minima idea e mi rifiuto di tentare di rispondere, anche se la penalità per le risposte sbagliate e' solo O,30 punti.
Si passa a Pirandello, prima indicando quale opera di un gruppo citato non è teatrale (dopo un certo lavorio basato principalmente su brandelli di scampoli di vecchi ricordi televisivi, indico I vecchi e i giovani), poi scegliendo una risposta sul metateatro (e lì non ci sono problemi) e infine con la folle richiesta di indicare che cosa significa una determinata battura da Sei personaggi. Dopo averci pensato e ripensato scelgo una delle traduzioni, senza molta convinzione; ma in cuor mio disapprovo moltissimo, perché secondo me nessuno, nemmeno l'autore, è mai veramente sicuro del motivo per cui un dato personaggio dice o fa questo e quest'altro, men che meno con Pirandello.
Salto anche la domanda sul potere decisionale a Sparta, pur sentendomi molto in colpa perchè è la classica domanda che avrei dovuto sapere.
Mi si chiede poi "chi ha descritto la storia della lunga e pericolosa ritirata di un corpo di mercenari greci attraverso l'Asia Minore" e qui resto perplessa; non sulla risposta, che per chi ha fatto il liceo classico o letteratura greca è di una facilità disarmante (Senofonte, nell'Anabasi), ma proprio sulla domanda in sé, che per l'appunto, per chi non ha fatto il classico o letteratura greca è piuttosto difficile, non essendo né l'autore né l'opera particolarmente noti al di fuori del ristretto mondo che fa o corregge versioni. Eppure siamo nella "prova di indirizzo", non nei quiz per la 52.
Scazzo platealmente la domanda sull'Epiro, che colloco in Asia Minore con grande convinzione, ma stabilisco senza difficoltà che la cittadinanza romana per gli italici arriva dopo la guerra sociale.
Il tumulto dei Ciompi e le funzioni del podestà nei comuni non mi creano problemi, grazie alla Storia delle Istituzioni che ho studiato per il diploma di archivistica (diploma che non mi ha mai dato nemmeno un punto nelle graduatorie permanenti, ma che mi è stato utilissimo una volta salita in cattedra); sospetto però che per molti siano state domande piuttosto insidiose.
Invece per tutti noi è stato senz'altro facilissimo rispondere che il fiorino veniva coniato a Firenze, visto che siamo in Toscana e ogni gioielleria espone in vetrina orecchini, collane e bracciali composti con riproduzioni di tal nobile moneta.
Con mia grande indignazione sbaglio platealmente le due domande di storia medievale: prima trasformando le regalie assegnate a Federico I dalla Dieta di Roncaglia da pedaggi in tasse versate dai comuni al momento dell'incoronazione dell'imperatore (per scoprire l'errore non mi basta però controllare sul mio amatissimo e particolareggiatissmo manuale del Cracco, dove di regalie manco si parla, ma dovrò andarmi a spulciare una biografia specifica sul Barbarossa: infatti le regalie sono tornate di moda nei manuali solo negli ultimi anni); faccio arrivare i primi normanni in Italia al seguito di Carlo d'Angiò, ovvero dopo la loro istessa medesima dominazione, e non al servizio dei duchi longobardi. Fatto da me è un errore da frustarmi per una notte intera, ma per chi non ha una formazione medievistica mi sembra una domanda difficilotta.
La più dura a scorticare è la coda, si sa, e infatti la ventesima domanda presenta tratti di perfidia veramente notevoli.
"Qual è l'intruso?" si domanda. Dobbiamo scegliere tra agostiniani, gesuiti, somaschi, barnabiti e teatini.
A quanto scopro tutti indicano come un sol uomo i teatini "che non sono un ordine religioso". Per l'appunto io so benissimo che sono un ordine religioso (mi ha molto colpito, quando preparavo storia moderna, il fatto che i teatini nuovoraccoltini fossero nati praticamente insieme ai cappuccini), e quindi indico come intruso... i somaschi, che tutti tranne me sanno aver educato il giovane Manzoni.
E dunque qual è l'intruso? Immagino si tratti degli agostiniani, che sono un ordine religioso come tutti gli altri, ma molto precedente alla controriforma. Vista però la mia innegabile e annosa competenza in ordini monastici e religiosi, confraternite e penitenti vari, mi sento di affermare che una domanda su questi argomenti cui nemmeno io riesco a rispondere esattamente è una domanda assurda per definizione.

Dunque, nella parte "generale" c'erano i teatini, le regalie di Federico Barbarossa, l'Anabasi di Senofonte e l'improbabile significato di una battuta teatrale di Pirandello.
Le domande specifiche, nel loro genere, erano ancora più pazze. L'imopressione era che per ogni materia qualcuno si fosse scervellato per partorire i quiz più specifici e micragnosi che riusciva a trovare; per fortuna avevo la cioccolata, che si è rivelata di grande aiuto.

Avendo letto Cappa e spada da bambina so benissimo che la notte di San Bartolomeo non è una strage di cattolici belgi ad opera di truppe olandesi, ma quando si arriva ad una esatta definizione dei giannizzeri toppo platealmente, e dopo aver escluso che si trattasse di guerrieri giapponesi o di guardie del corpo dell'epoca Ming, escludo anche (sbagliando) che si tratti di cavalleggeri balcanici. Ammetto però di averla trovata una domanda un po' perfiduccia.
Grazie alla ricerca fatta in terza media sulla rivoluzione russa riesco a non confondere un kolchoz con un kibbutz, e a riconoscerla invece come una piccola azienda agraria privata dei tempi di Lenin. Intuisco anche che "la grande depressione" non è una nevrosi studiata da Freud, bensì la crisi del '29 (qualcuno però sostiene trattarsi invece della stagnazione economica europea della fine del XIX secolo); riconosco anche senza difficoltà che la Comune di Parigi non e' un avvenimento verificatosi nel 1861, mentre non provo nemmeno a indovinare l'autore della normativa su cui su basa la scuola pubblica nell'Italia liberale (per molti, scopro poi, era una domanda facilissima).
Nessun problema nemmeno per la data della conquista della Libia, basta ricordare che c'era già ai tempi del fascismo, ma non da molto. Ancor meno difficile indicare Kennedy come presidente USA ai tempi della crisi cubana, anche perchè la domanda era già stata fatta l'anno scorso e pure due anni prima e quindi se ancora non l'abbiamo imparato vuol dire che siamo proprio duri. L'anno del primo governo di centro-sinistra in Italia mi sembra già una domanda un po' spinosa per chi non era adulto in quegli anni, ma azzardo un 1962 che poi si rivelerà giusto. Azzecco l'autore de La crisi dell'aristocrazia in base ad un fine ragionamento del tipo "Marc Bloch no perché il suo libro più famoso è sulla società feudale, Lawrence Stone nemmeno perché è inglese e in Inghilterra l'aristocrazia non è mai andata granchè in crisi"; ed ecco che storia è finita e siamo a letteratura, dove si comincia con la scelta tra quattro diverse parafrasi di una canzone di Dante: parte così un giochino di raffronti incrociati che mi ricorda moltissimo il "Che cosa manca?" della Settimana Enigmistica. 
Seguono quattro schede critiche del Canzoniere di Petrarca, molto simili tra loro, tra cui dobbiamo scegliere quella giusta, sempre con un metodo di selezione da Settimana Enigmistica. Faccio un pallido tentativo, poi la pianto lì perche' del Canzoniere di Petrarca so veramente poco e proprio non saprei dire se contiene odicine anacreontiche o se il codice Vaticano Latino 3196 è un manoscritto importante per i petrarchisti. Immagino che il mio amico che ha fatto una tesi e un dottorato di ricerca su Petrarca, e pure pubblicato qualche edizione delle sue opere per la Lorenzo Valla, ne sarebbe venuto facilmente a capo; peccato averlo perso di vista ormai da anni.
Abbiamo poi una lunga citazione in versi di Leopardi, di cui dobbiamo dare il titolo (e sbagliando lo attribuisco a Sopra il monumento di Dante, invece che Alla Primavera. Comprensibile, visto che non ho mai letto né l'una né l'altra, né ho mai provato la sia pur minima tentazione a farlo).
Riconosco invece che Nevicata di Giosuè Carducci è scritta in distici elegiaci  e non in strofe alcaica o archilochea - ma non è stato un grosso sforzo, dal momento che il distico elegiaco è praticamente l'unico metro che ho imparato in cinque anni di liceo classico, e l'ho imparato proprio perché si riconosce bene.

Seguono alcuni gruppi di testi che dobbiamo attribuire alla giusta sequenza di autori. Sembra difficile, ma con l'aiuto di un po' di fortuna non lo è poi molto, perché se per avventura si riesce a riconoscere con sicurezza un testo/autore, basta indicare poi la sequenza che dà quel testo/autore al posto giusto. Per esempio, una volta stabilito che ragionevolmente Pietro Bembo era l'unico che poteva indicare come modelli di lingua italiana Boccaccio per la prosa e Petrarca per la poesia, e ben difficilmente avrebbe parlato di come usare i prosatori del '600 o usato espressioni come "strumento linguistico unificato", i brani di Ascoli, Giordano e Manzoni vanno a posto da soli. Oppure, una volta stabilito che "Quand'io di carne a spirto era salita / e bellezza e virtù cresciuta m'era" è chiaramente un passo di Dante, sia perché ha un suono molto dantesco, sia perché riconosci il brano, isolare Pasolini non è poi una grande impresa anche se di Pasolini hai letto a malapena i titoli delle opere.
Il giochino viene proposto anche con la prosa. Siccome il primo passo inizia con "Il tempo di cui parlo fu per noi tedeschi l'epoca del crollo dello Stato" e guarda caso uno degli autori è Thomas Mann con il Doctor Faustus, una totale e felice ignoranza nelle letture di Gadda, Calvino, Pavese e soprattutto Fenoglio non impedisce in alcun modo di maritare autore e brani.
Dicevo della mia completa ignoranza di Pavese. Non ho mai letto niente di niente di lui. Allora, come ho fatto a riconoscere La luna e i falò dal riassunto? Forse perché si parla di ritorno al paese e di Resistenza e riaffiorano vecchie larve di ombre di ricordi di chiacchiere di quarta mano, ascoltate distrattamente chissà quando e chissà dove.
Con la stessa trance ispirata, pur non avendo mai letto quasi niente di D'Annunzio, quando mi informano che "il protagonista non riesce a dimenticarla, tanto da invocarne il nome mentre fa l'amore con la nuova amante" segno con serena certezza Il piacere e passo oltre.
Insomma, ho riconosciuto d'istinto due trame di libri che non ho letto, che ho sempre scansato, per giunta scritti da autori che conosco pochissimo e ho sempre evitato con ogni cura in virtù di un antipatia fortissima quanto irragionevole. Ma queste due risposte esatte cosa dimostrano?
Francamente non saprei. Sono prontissima a dichiararmi molto, molto ignorante nella letteratura italiana moderna e contemporanea. Mai letta e mai studiata, a scuola non si faceva ai miei tempi, e certo dopo non ho mosso un dito per colmare tale lacuna. La zona tra Boito e Tomasi di Lampedusa per me è nera, vuota e del tutto priva di interesse.

Riesco poi a riconoscere che una poesia di Saba scritta tutta di seguito è in endecasillabi, sempre in virtù della stessa Ispirazione Celeste, e infine vengo a capo facilmente di una domanda particolarmente insidiosa su un espressione usata da Boccaccio nella novella di madonna Oretta - ma questo non è affatto strano, perché il Decameron l'ho letto almeno tre volte, sempre con grande entusiasmo.

Arriviamo alla geografia, dove la mia ignoranza è tanta e tale che dovrebbero farmi solo per quella una SSIS di quattro anni come minimo. Una almeno la azzecco, riconoscendo che il centro organizzatore di una regione si chiama capoluogo e non polo (almeno spero che sia la risposta giusta). Non riconosco invece quale regione si localizza a occidente di Napoli. Azzecco con un po' di ragionamento cos'è un conoide di deiezione, ma quando mi chiedono come scegliere l'area appetibile per un'industria sulla base della teoria della localizzazione industriale di Weber non provo nemmeno a rispondere: non ho la benché minima idea di chi sia Weber, e nemmeno sotto minaccia di morte saprei dire alcunché sulle sue teorie.
L'ultima domanda chiede di individuare il paese con il più elevato tasso di incremento demografico, e anche lì mi areno: chiaro che non è l'Italia, probabilmente nemmeno la Cina, dove le politiche di decremento sono state molto rigorose; probabilmente non è nemmeno la Russia, dove sono troppo confusi e sfigati per azzarsarsi a far molti figli. Quanto all'Afghanista e all'Albania... boh?
Piazzo comunque una qualche risposta, consegno e torno a casa chiacchierando piacevolmente con un po' di colleghi. E chiacchierando scopro, con un certo divertimento, che Il piacere di D'Annunzio lo hanno riconosciuto in pochi.

4 commenti:

  1. Più che difficili (anzi), direi, più spesso cretine. Comunque alla domanda "Qual'è l'intruso"? io avrei risposto, senza esitazione alcuna, l'apostrofo.

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  2. da noi le domande erano decisamente di più, non ricordo se 50 di cultura generale e 50 per ciascuna classe di concorso, oppure 100 di cultura generale e 50 per classe di concorso. comunque, a parte la nota follìa dei classicisti (ricordo una folle domanda per la 51 che chiedeva di mettere in ordine cronologico la stesura delle opere di Orazio, libro per libro)
    comunque... ehm... il caso di quello che risponde esattamente a tutte le domande (almeno per il pacchetto 43/50)... ehm... ce l'hai qui davanti.

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  3. Ah, ma secondo me anche a Firenze qualcuno ce l'ha fatta. Messer Viscido voleva fare un po' di scena, e nessuno di noi era in grado di chetarlo. Probabilmente è anche grazie a lui che ci siamo giocati la possibilità di fare 100 domande, o 50, o quel che avete fatto voi. Perché capisci che se tieni uno a straparlare per decine di minuti, poi per il quiz di tempo ne resta poco; tra l'altro, per quanto le domande fossero un po' stordite, certamente avrei preferito farne il doppio e non ascoltare costui mentre straparlava
    (BTW: complimenti per il punteggio pieno! ^__^)

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