domenica 27 luglio 2014

Di contratti a termine e di malattie più o meno curabili

Di solito non stiamo a farci molte domande sull'orientamento sessuale delle sirene; anche perché, in effetti, sono affari loro (l'immagine è in http://pronon1990.deviantart.com/art/Chun-Li-And-Cammy-underwater-kitten-s-332669287)

Il caso è stato rubricato dalla stampa come "Insegnante licenziata dalla scuola privata perché lesbica", con la consueta approssimazione che caratterizza l'informazione italiana. In realtà non sappiamo se l'insegnante sia lesbica e certamente non è stata licenziata, in quanto aveva un contratto a termine scaduto. 

La storia, nella sua quieta follia, è abbastanza semplice: l'insegnante in questione insegnava al Sacro Cuore di Trento, scuola privata paritaria. Per il quinto anno di fila aveva avuto un contratto annuale senza estate pagata. La madre superiora l'ha accostata in Sala Professori, quando erano sole, e le ha spiegato che su di lei si diceva che fosse lesbica. Le ha poi chiesto se era vero o no, facendole capire che, se avesse provato a risolvere quel piccolo problema, il contratto avrebbe potuto esserle ancora rinnovato, a Settembre.
L'insegnante si è rifiutata di confermare o smentire le voci in questione, non ha mostrato nessuna inclinazione verso un eventuale percorso di cura e riabilitazione e, una volta concluso il colloquio, è andata a raccontare tutta la storia a una qualche associazione di tutela per i diritti civili. La vicenda è così finita sui giornali, e ha naturalmente fatto il giro della città.
Qualcuno ne ha approfittato per mettere in discussione i finanziamenti pubblici alle scuole private, che prenderebbero volentieri i soldi dallo Stato per poi regolarsi in base a certe loro personalissime leggi non scritte. Naturalmente non sono mancate nemmeno le attestazioni di solidarietà alla coraggiosa madre superiora.

Il racconto dell'insegnante è stato inizialmente confermato ex silentio dalla madre superiora, che ha dato una nuova versione solo dopo l'intervento del ministro Giannini, che ha promesso un esame accurato della vicenda, con severi provvedimenti qualora fosse risultato un atteggiamento discriminante da parte della scuola; allora, e solo allora, la madre superiora ha dichiarato che in realtà aveva parlato con l'insegnante perché c'erano state lamentele da parte di genitori, ragazzi e colleghi perché l'insegnante aveva affrontato in modo improvvido tematiche legate alla sessualità - smentita immediatamente dall'insegnante (che ha anche dichiarato che la sua materia non si presta a questo tipo di approfondimenti). Si potrebbe anche aggiungere che, in tutte le scuole del regno, quando i genitori si lamentano di quel che un insegnante dice su questioni politiche o sessuali anche il più pigro dei Dirigenti Scolastici si dà subito e di corsa una svegliata e prova almeno a chiarire in privato la questione col docente incriminato, ben prima della fine dell'anno scolastico - ancor di più, verrebbe da pensare, in una scuola privata, dove da un giorno all'altro il genitore può smettere di mandare il figlio (e di pagare!) per farlo istruire altrove.

Tutta la storia si presta a molte e varie considerazioni.
La prima cosa che colpisce è il candore con cui si è mossa la madre superiora: un contratto scaduto è un contratto scaduto, la scuola poteva decidere se rinnovarlo o no liberamente, senza rendere conto a nessuno. Ma evidentemente l'insegnante era piuttosto apprezzata e si è cercata una mediazione - tanto da indurre al sospetto che sarebbe bastata una secca smentita da parte sua per chiudere la questione.
Chiedere direttamente all'accusata se era lesbica o no è stato ritenuto giusto, normale, forse addirittura doveroso. Davanti a un accusa si dà sempre la possibilità di discolparsi, giusto?
Il piccolo dettaglio che nessuno per legge è tenuto a rendere conto del proprio orientamento sessuale, tanto meno al datore di lavoro, non è stato considerato rilevante. La possibilità che l'insegnante invece di nascondersi con la sua vergogna in un cantuccio a leccarsi le ferite prendesse un megafono e raccontasse l'accaduto al mondo intero non è stata minimamente messa in conto.
E sorvoliamo per pietà sull'idea di farsi un percorso di "cura". E' possibile che questo consiglio sia stato dato con tutte le migliori intenzioni del mondo ma, santissimo cielo, davvero la madre superiora sperava che la sola speranza del rinnovo di un pingue contratto a dieci mesi scarsi bastasse a convincere qualcuno a cercare di annientare una parte così importante della sua vita?
E' noto che questi percorsi di riabilitazione esistono (non risulta che funzionino, però esistono) ma chi decide di provare a seguirli lo fa mosso da spinte più profonde, prima tra tutte un rapporto decisamente conflittuale con la propria omosessualità. Sembra che le voci si basassero sul fatto che l'insegnante conviveva con una donna. Ora, delle due l'una: o la donna è una cara amica, o si tratta di una relazione talmente seria da spingere ad un progetto di vita condiviso. Chi trova* l'amore della sua vita può essere anche minimamente interessato a un tipo di terapia che cancelli dalla sua vita questo amore? 
Mapperpiacere!

Ci sono poi altri aspetti della vicenda che inducono a profonde riflessioni. 
Per esempio, il contratto a termine. Quello appena scaduto è il quinto. La scuola ne aveva trenta, di questi contratti a termine. Trenta insegnanti in condizione di precariato su... quanti? Ha senz'altro un senso che una scuola privata faccia un anno di prova, o anche due, ai suoi docenti, o che debba ricorrere a qualche, occasionale contrattino annuale per spezzoni o classi che l'anno successivo rischiano di non formarsi, ma... trenta? A St. Mary Mead tiriamo avanti tre sezioni di medie con quindici insegnanti, e abbiamo anche una sezione a tempo prolungato e un part-time. Trenta precari tutti in una scuola non li ho mai visti, nemmeno quando la Moratti chiuse i ruoli per tre anni di fila.  E sì che lo Stato non ci va certo leggero, col precariato.
Trenta insegnanti licenziati a fine Giugno e riassunti ai primi di Settembre, ogni anno. Per anni e anni di seguito. Certo, in questo modo non gli si paga lo stipendio quando la scuola è chiusa. Certo, lo fa anche lo Stato. E si becca anche i suoi bellissimi ricorsi, spesso e volentieri (e ogni tanto li perde, anche); ma, dobbiamo ammettere, lo Stato lo fa con minore perseveranza: di solito, dopo cinque anni che fai le supplenze annuali, almeno l'estate te la pagano.
L'Istituto si vanta di essere una presenza attenta alla persona e ai valori cristiani; tuttavia chi lo gestisce sembra del tutto ignaro che, tra i valori cristiani,  viene usualmente inserito anche il rispetto dei lavoratori e che, secondo la religione cattolica, tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di dio c'è anche la frode della mercede agli operai  - per tacere del fatto che promettere il rinnovo del contratto in cambio di un percorso terapeutico che ti redima dalle  peccata tua a me sembra un ricatto, né più, né meno.

Nei primi quattro anni di precariato, comunque, le presunte tendenze lesbiche  dell'insegnante non avevano interessato nessuno, né sembra che abbiano influito negativamente sul suo modo di insegnare - altrimenti non si capisce perché le avrebbero continuato a rifare il contratto. Forse, chissà, può darsi, non esiste un modo lesbico di insegnare, si insegna e basta. Pòle essere? 
Questa (presunta) omosessualità è diventata però improvvisamente un problema quando hanno cominciato a circolare le voci, anche se è ragionevole presumere che l'insegnante avrà lavorato nello stesso modo di prima.
Però, viene da pensare, se costei rischiava di traviare (contagiare?)  i ragazzi al sesto anno di insegnamento, probabilmente ne aveva traviati un bel po' anche nei primi cinque. Se non si aveva notizia che avesse traviato alcuno, allora forse sarebbe stato piuttosto elegante sorvolare sulla questione, magari ricordando alle malelingue che la maldicenza è peccato.

Infine, la chicca sopra le chicche: la madre superiora ricorda che l'insegnante non è abilitata mentre la scuola, in questi anni, si è impegnata a garantire l'assunzione anzitutto al personale abilitato.
Dunque: o l'abilitazione è importante o non lo è. Per quanto ne so, gli insegnanti che lavorano alla paritaria possono avere regolare contratto a tempo indeterminato anche senza abilitazione, e certo negli ultimi anni abilitarsi è stato virtualmente impossibile fino agli ultimi mesi, quando, secondo il buon vecchio uso statale, i canali di reclutamento si sono riaperti tutti insieme con conseguente guerra tra poveri. E infatti l'insegnante ha genericamente spiegato (onde non addormentare l'intervistatore con tutti i dettagli del caso) che con l'abilitazione era a buon punto.
Giusto in tempo per non farsi fare il contratto a tempo indeterminato, viene da pensare.

*o è convinto di aver trovato, che è la stessa cosa.

venerdì 25 luglio 2014

Hortodoxa - Sul corso di formazione on line per neoimmessi in ruolo

Il regista Spielberg riposa accanto al programmatore della piattaforma on line per i neoimmessi in ruolo

Per completare la trilogia dedicata alla mia disastrata immissione in ruolo non mi resta che parlare del Corso di Formazione On Line.
Ordunque, quando venne istituito l'anno di formazione per i neoassunti in ruolo* venne anche stabilito che i suddetti dovessero fare un corso di formazione di 40 ore, in seguito diventate 50.
In realtà, per quel che mi risulta, le lezioni vere e proprie coprivano una quindicina di ore (per il resto del tempo si supponeva che i neoimmessi facessero i compiti a casa da soli, o qualcosa del genere). Considerando come sono organizzati i corsi di formazione in questo campo era probabilmente meglio così, anche se, in effetti, non ci sarebbe stato niente di male se il Ministero avesse organizzato dei corsi utili e validi della durata di 40, 50 o anche 180 ore, ché il nostro è un lavoro dove c'è sempre tanto da imparare; ma insomma non voglio fare quella che sta sempre a criticare tutto: era così e basta.

Con l'avvento delle Nuove Tecnologie il corso diventò on line, 25 ore in presenza di apposito istruttore e 25 da farsi a casa o dove diamine il neoassunto ritenesse opportuno. Per quanto sono riuscita a ricostruire, ciò avvenne all'inizio del terzo millennio, e prese la sua forma attuale, affidata alle abili mani dell'INDIRE, nel 2004.
Si tratta di una piattaforma cui il Ministero ti autorizza ad accedere tramite password. Lì puoi partecipare a forum e dibattiti, svolgere esercizi e aggiornarti scaricando testi su argomenti collegati alla scuola, fino a raggiungere 50 crediti formativi.
Non sembra malaccio, vero? Il nostro è un mestiere talmente vario e imprevedibile che anche solo parlarne on line (o dal vivo)  con i colleghi ti lascia sempre qualcosa su cui riflettere. 

MA c'erano alcuni piccoli dettagli che presentavano un ampio margine di miglioramento, e trattandosi del MIUR la cosa non sorprende più di tanto. Trattandosi dell'INDIRE sorprende un po' di più, perché sul loro sito ho anche trovato delle cose piuttosto interessanti, ma tant'è.

Il primo e non lieve inconveniente era che la piattaforma funzionava poco e male. Per quanto ne so, dopo il 2004 non era mai stata aggiornata ma non ha mai funzionato bene, nemmeno da neonata: si bloccava spesso e volentieri, non si collegava oppure, direttamente, ti avvisavano che "la piattaforma è giù" (down); forse giù di morale? Poveretta, ne aveva ben donde. E che dire dell'umore del povero neoimmesso che sperava di lavorarci?
Quanto ai gruppi di incontro, avevano finito per chiuderli perché non riuscivano a gestirli e mandavano troppo spesso in tilt la piattaforma - che comunque, anche senza gruppi di lavoro, garantisco che in tilt ci andava spesso e volentieri. In questo casi la spiegazione è sempre "perché ci sono troppi contatti", e la risposta che sorge spontanea a chiunque è "Chissà come fanno con Facebook?". Infine, si tratta di gestire qualche migliaio di contatti, non di più - e oggigiorno sembrerebbe un obbiettivo non al di fuori della portata delle informatiche possibilità. Soprattutto, se insisti a fare il corso compattandolo in poche settimane ma coinvolgendo tutti quelli che entrano in ruolo quell'anno, devi programmare la piattaforma partendo dall'indispensabile requisito che deve reggere dai 50.000 ai 100.000 contatti in contemporanea, e se non ti riesce fare qualcosa in grado di soddisfare a questo requisito di base lasci subito perdere e rimandi tutti nelle aule a fare lezione tradizionale con tanto di penne d'oca, portacalamaio nel banco e striscette di carta pergamena per gli appunti. Dopotutto, non importa mostrarsi aggiornati a tutti i costi, per migliaia di anni siamo andati avanti con le cosiddette tecniche tradizionali, e qualche nozione credo siano riusciti a trasmetterla anche così.

L'anno in cui entravo in ruolo il corso cominciò particolarmente tardi. In effetti ogni anno partivano un po' più tardi dell'anno precedente, e a noi toccò a metà Maggio - che non è proprio il periodo dell'anno in cui un insegnante è ansioso di vedersi arrivare un attività aggiuntiva. Siccome eravamo davvero stretti con i tempi (specie dopo il tentativo di suicidio della piattaforma) una delle lezioni venne fissata di Sabato mattina, quando a St. Mary Mead facevamo lezione. Lo facemmo presente e ci dissero che non c'era problema, la scuola ci avrebbe giustificato l'assenza. L'insieme ci sembrò particolarmente perverso: perché mai avremmo dovuto fare un assenza, di cui a fine anno avremmo davvero fatto volentieri a meno, solo perché all'INDIRE non si erano preoccupati di organizzare le cose per tempo? Il lavoro di scuola ci sembrava dovesse avere la precedenza, si trattava di un servizio pubblico eccetera eccetera.
Saltò fuori che avevamo in effetti diritto a qualche ora di assenza, e così andammo a scuola. In effetti, fare lezione ci sembrava una prospettiva molto più allettante che stare a cazzeggiare con quell'improbabile piattaforma che non aveva nemmeno un interfaccia (al massimo un interculo).

L'istruttore ci spiegò che il corso era partito così tardi perché la piattaforma aveva avuto dei problemi. In effetti li aveva ancora perché già dal giorno dopo la piattaforma diventò irraggiungibile per più di una settimana. Nel frattempo il nostro provvido istruttore si era stampato un buon numero di schermate con le attività più consuete e ce le distribuì generosamente. E così si tornò davvero alla penna d'oca; o meglio, ai file in Word.

Comunque funzionasse, quella piattaforma aveva una grafica decisamente antiquata. A me ricordava moltissimo il sistema di schedatura di archivi Anagrafe, del quale era stato detto assai appropriatamente che non aveva un interfaccia, ma al massimo un interculo. Va detto però che Anagrafe era stato progettato (male) nel 1993, e non nel 2004 - e appariva discretamente antiquato già allora anche se, nonostante tutti i suoi difetti, di solito non andava in crash.
Schermate grigie con ovali di varie sfumature di grigio guidavano il neoimmesso in ruolo lungo percorsi piuttosto perversi. Le attività erano contenute in scatole dentro altre scatole dentro altre scatole, e il vero problema, se non ti eri appuntato subito il percorso, era ritrovare l'attività che volevi fare, perché il percorso sfidava spesso ogni tipo di logica. Certe volte, dopo aver scavato e riscavato, scoprivi che l'attività da fare non c'era, oppure stavi per un buon quarto d'ora a cliccare a casaccio prima di azzeccare l'unico punto dove il programma si apriva, come una rosa, permettendoti di capire cosa volevano da te. Altre volte, dopo aver scavato e riscavato, scoprivi infine che l'attività non era fattibile nel tuo ordine di scuola, e anche se la piattaforma era disposta ad accettartela comunque, un residuo di scrupolo ti inibiva dal preparare (male) un attività per la prima elementare.

In certi rari casi si poteva svolgere l'attività direttamente nella piattaforma - ad esempio in un attività dove chiedevano di inserire dei link utili per le lezioni con la LIM in un apposita tabella Excel. Ne volevano tre, ma in un attacco di virtuosismo decisi di metterne cinque: Wikipedia, un sito specializzato in mappe geografiche, una sezione del sito dell'Accademia della Crusca dove risolvevano dubbi ortografici e linguistici di vario genere, YouTube e un sito specializzato in approfondimenti storici per le scuole medie. Dovetti comunque rinunciare perché né io né l'istruttore riuscimmo ad aggiungere due righe alla tabella.
Nella maggior parte dei casi però si trattava di raccontare o progettare un esperienza didattica, e lo dovevamo fare scrivendo un piccolo file in Word che sarebbe partito come allegato: prima lo spedivamo all'istruttore, lui ce lo rinviava dopo averlo approvato e noi lo inviavamo alla piattaforma. Il giorno dopo ci venivano attribuiti i crediti dell'attività. Il tutto ci sembrò leggermente bizantino e un tantino perverso: più che una piattaforma a quel punto diventava una casella di posta elettronica.

Per noi di Lettere uno delle attività più gettonate era "Handicap e letteratura": si trattava di analizzare un qualche racconto o testo letterario il cui protagonista presentasse handicap. Non so come mai (forse era suggerito dalla traccia) tutti si precipitarono a fare Ranocchio, da Rosso Malpelo. Io personalmente lo trovavo più un caso da infortunio sul lavoro, e finii col fare un analisi de Il nano di Oscar Wilde. Solo dopo mi venne in mente che avrei potuto parlare di Gollum - dovevo essere davvero sotto pressione per non averci pensato subito. 
In un altra attività si chiedeva di tenere un blog di classe e raccontarne gli sviluppi, suggerendo di usare, come possibile piattaforma, Splinder - sì, proprio quella che un annetto prima era defunta, gettando scompiglio nel mondo dei blogger; evidentemente nessuno si preoccupava di aggiornare le tracce, anno dopo anno. Fu con un certo divertimento che mi inventai la storia di un blog di classe descrivendone gli alti e bassi e concludendo con un lamento perché, ahimé, tale blog era su Splinder e dunque ormai scomparso per sempre.
Ma la prima attività che andai a cercarmi fu La palestra contesa, di cui sentivo parlare da anni dalle colleghe entrate in ruolo prima di me: era uno di quei test dove dovevi segnalare chi aveva maggiore responsabilità di una data situazione, in ordine decrescente, e dove non esiste una risposta giusta ma che serve a capire la scala morale di chi risponde. Un po' inutile in quel contesto, visto che nessuno mai sarebbe andato a indagare sulle mie priorità morali, ma divertente. Per curiosità feci una piccola ricerca in rete e scoprii che c'erano almeno una decina di svolgimenti, a disposizione di chiunque li volesse. Con mia ulteriore sorpresa, nessuna delle graduatorie di responsabilità che incrociai corrispondeva alla mia: ai miei occhi era evidentissimo che il pasticcio l'aveva combinato il DS, promettendo la palestra prima a X e poi a Y e lasciando poi la gente a scannarsi come gli pareva. Io mi basai su quel che mi avevano spiegato tanti anni prima, quando avevo fatto un corso organizzato dalla Regione sulla gestione aziendale: la regola diceva che, ove due sottoposti discutono su questioni di organizzazione, la colpa è sempre di chi dirige e che non ha organizzato bene le rispettive sfere di competenza.

Arrivare a quaranta crediti fu rapido e piuttosto indolore e così prendemmo anche noi il nostro bell'attestato, anche se in effetti dopo aver fatto il corso non ci sentivamo particolarmente formate.

*Legge 270/82

venerdì 18 luglio 2014

Come fu che non passai l'anno di prova (unplugged)

It's a long, long, long tail


Giunse alfine il giorno in cui le nomine in ruolo arrivarono al mio nome; così, in un nebbioso  pomeriggio di Dicembre andai in Provveditorato e firmai per un contratto a tempo indeterminato nella scuola statale. La mia vita comunque non subì particolari cambiamenti e l'anno scolastico proseguì nell'imprevedibile routine che da sempre caratterizza tutti gli anni scolastici degni di questo nome.

Venne Aprile, e il Collegio dei Docenti mi assegnò una Tutor. Venne Maggio e finalmente partì il corso di aggiornamento on line che tutti gli arruolandi dovevano fare.
Poi venne Giugno. Preparai con gran cura la mia Relazione Sull'Anno Di Prova, raccontando nel dettaglio, in base alle istruzioni ricevute,  la mia storia lavorativa e insegnantesca e le vicende di quell'anno scolastico che si avviava alla fine, oltre a trattare un argomento a scelta, che nel mio caso fu l'utilizzo della LIM in classe - con la nemmeno troppo segreta speranza che me ne venisse data una anche per l'anno scolastico prossimo venturo.
Anche la Tutor redasse con gran cura la sua Relazione di Tutoraggio, lanciandosi in uno sperticato elogio del lavoro di insegnante e in un ancor più sperticato elogio delle mie modeste capacità in quel campo - e direi che quando una collega che ha lavorato con te ti loda per la capacità di acquisire una posizione di autorevolezza nei confronti dei ragazzi, senza apparire arbitrariamente autoritaria, grazie anche alla predisposizione ad una naturale empatia con gli allievi ci sono senz'altro gli estremi per sventagliare un ampia ruota da pavone. 

Il Comitato di Valutazione si riunì, lasciando i tutor fuori dalla porta (procedura in verità piuttosto anomala). Quando infine fu il mio turno, ultima tra gli ultimi, nel tardissimo pomeriggio che più che pomeriggio era ormai sera, mi ritrovai con la DS e un gruppo di insegnanti a me del tutto sconosciuti. Nessuno di loro aveva mai lavorato nel plesso dov'ero e nessuno aveva una sia pur vaga idea di chi fossi, non parliamo di come lavorassi da insegnante. Fu comunque una chiacchierata tranquilla dove si parlò un po' di tutto e un po' di niente, dall'ultimo giorno di scuola alla scadente situazione informatica del plesso di St. Mary Mead. La relazione della tutor non venne citata nemmeno di striscio, la mia nemmeno. La Nostra Preside fece un garbato accenno alle competenze che mi ero dimenticata di trascrivere e la lasciai dire: la mia giornata era cominciata undici ore prima, ero stanca e affamata e perfino il mio leggendario spirito polemico stava subendo una battuta d'arresto, senza contare che avevo una bella cenetta cinese che mi aspettava.
Infine tutti mi salutarono amichevolmente e fui mandata in libertà. Raggiunsi la cenetta cinese e mi strafogai  fra congratulazioni varie. E' vero: nessuno del Comitato di Valutazione mi aveva detto esplicitamente che avevo passato l'anno di prova, ma nessuno mi aveva nemmeno lontanamente fatto capire che non lo avevo passato.

Passarono i giorni ed arrivò una raccomandata dalla scuola; e quando la lessi ci misi un bel po' per capire che  mi comunicavano non già che ero trionfalmente entrata in ruolo, bensì che dovevo fare un secondo anno di prova perché il primo non lo avevo passato.
Ora, per chiunque lavori nella scuola e anche per molti che non ci lavorano è cosa nota che l'anno di prova lo passano tutti - ma proprio tutti-tutti-tutti, nessunissimo escluso. L'unica eccezione di cui avevo notizia era un insegnante di cui si narrava che parlasse con il suo cassetto in Sala Professori (per quanto, a ben guardare, non si capisce cosa ci sia di male a parlare con un cassetto: tanti di noi parlano al muro o al vento, perché a un cassetto no?).

Cosa mai mi aveva reso meritevole di sì inconsueto trattamento? Per qual motivo proprio io, tra tanta gente che circola in cattedra, dovevo essere l'unica reproba ritenuta inadatta all'insegnamento, con la sola compagnia di una persona probabilmente troppo impegnata a parlare con i cassetti per trovare il tempo e la voglia di stare a sentire le mie querimonie sull'ingiustizia del mondo e della vita?

Nel tentativo di consolarmi, amici e colleghi convennero che era un ingiustizia e mi citarono nomi su nomi di gente improponibile ma che aveva passato l'anno di prova senza alcun problema, a cominciare dalla Cleptomane fino ad un aspirante insegnante di Matematica che aveva notoriamente delle grosse difficoltà con il teorema di Pitagora; ma pur apprezzando sinceramente i loro tentativi, questi racconti mi depressero vieppiù. Che cosa avevamo fatto di male, io e l'Uomo Che Sussurrava Ai Cassetti, per essere ritenuti didatticamente inferiori perfino alla Cleptomane?

La risposta arriva presto: St. Mary Mead è un piccolo paese circondato da piccoli paesi e tutti si conoscono. Quasi subito quindi venni a conoscenza dei capi d'accusa che mi erano stati imputati dalla Nostra Preside.
Il primo erano le competenze che mi ero dimenticata di trascrivere.
Il secondo era il Registro degli Esami che non avevo compilato.
Il terzo era una Lettera A Mio Carico del DS.

Sulla questione delle competenze ho già scritto in abbondanza; in ogni caso sostenere che  mi ero dimenticata di trascriverle non deponeva a favore della buona fede della Nostra Preside.
Il Registro degli Esami è un registro ufficiale dove vengono trascritti tutti gli esiti delle prove di esame con relativi giudizi finali e che rimane in possesso della scuola. Viene di solito compilato nel corso degli esami, più raramente durante o dopo gli scrutini, e tutti gli insegnanti, anche quelli che ogni anno sono nella commissione d'esame, tendono a rimuoverne l'esistenza perché è una roba singolarmente noiosa da compilare. Non è scritto da nessuna parte che lo debba compilare il coordinatore* (di solito infatti se ne occupa chi non ha scritti  da correggere) e, soprattutto, è consuetudine che la Segreteria si ricordi di consegnarlo alle Sottocommissioni. Ricordo che, terminati gli scrutini, in compagnia della mia amata collega di Matematica consegnai tutti i vari pacchi di scartoffie appunto in Segreteria e chiesi due volte se "mancava qualcosa". L'addetto mi rassicurò che non mancava niente.
D'altra parte controllare che tutti i documenti fossero stati riempiti non era (solo) compito della Segreteria, ma soprattutto della Presidente di Commissione - la quale però quel giorno era troppo occupata a deplorare che il tale e il talaltro alunno non avessero la competenza in questa e quella materia, per trovare anche il tempo  per fare il suo lavoro (del resto, si sa, siamo esseri umani e non macchine, e a tutti può capitare di dimenticarsi di qualcosa quando siamo troppo occupati a fare il lavoro degli altri invece del nostro).

Ma veniamo infine  alla Lettera a Mio Carico. Non era una vera Lettera di Richiamo, bensì una Contestazione di Addebito, ovvero quella in cui un DS chiede a un'insegnante di giustificarsi per una mancanza.
Caso mai qualcuno si domandasse come potevo non sapere che a mio carico c'era una Contestazione di Addebito, che è documento ufficialissimo, tanto da richiedere una firma di accettazione - la risposta è che, naturalmente, lo sapevo benissimo. Anzi, erano svariati anni che lo sapevo, perché quella Contestazione di Addebito mi era stata mandata dal Nuovo Preside anni prima, per contestarmi la grave mancanza di non essere andata a trascrivere i voti sul tabellone nella sede centrale, un paio di giorni prima degli scrutini. Anzi, oltre a contestarmi tale mancanza, il Nuovo Preside mi tolse anche il coordinamento della Classe dei Baronetti per qualche settimana**.
A tale contestazione di addebito avevo risposto, accortamente guidata dal Sindacato, spiegando come mi fosse stato materialmente impossibile, per questioni di orario che illustravo dettagliatamente, recarmi nella sede centrale (che distava una quindicina di chilometri da St, Mary Mead) in un momento in cui la Segreteria fosse aperta per consegnarmi il tabellone dove inserire i voti e io non fossi in classe; in quei giorni tra l'altro il mio orario era appesantito da una serie di ore di supplenza che facevo sulle ore della collega di Matematica, che era in malattia per  broncopolmonite. Ci si potrebbe forse domandare perché non avessi provato a comunicare a voce cotali miei legittimi impedimenti al Nuovo Preside; la risposta è che ci avevo provato, ma il Nuovo Preside mi aveva riattaccato il telefono mentre parlavo, com'era sua abitudine quando non aveva argomenti per ribattere. Ad ogni modo la mia spiegazione doveva essere stata ritenuta valida, perché la faccenda non aveva avuto seguito di alcun tipo e il coordinamento della classe mi era stato restituito con formale comunicazione scritta.

Correva voce che qualcuno del Comitato di Valutazione avesse obbiettato che non gli sembrava che nessuna delle tre mancanze che mi erano imputate bastasse a giustificare una mancata convalida dell'anno di prova, ma che la Nostra Preside avesse risposto che la valutazione spettava solo e soltanto a lei, e che lei davanti alla lettera di richiamo del Nuovo Preside non se la sentiva di convalidare il mio anno di prova, tanto più che ero entrata di ruolo non a Settembre, come tutti gli altri candidati, ma ad anno scolastico già iniziato***.

In base alla legge, se l'insegnante non passa il primo anno di prova fa un secondo anno di prova. Se non passa nemmeno quello, è da considerarsi licenziato (anche se sembra che il caso sia sia posto una sola volta, da quando c'è la legge sull'anno di prova). Tuttavia una bella navigata in rete mi permise di scoprire alcune cose piuttosto interessanti: per esempio che l'anno di prova era inteso come un periodo in cui la scuola provvedeva a formare l'insegnante in modo di farne un elemento valido per l'insegnamento**** e che quindi in presenza di lacune o comportamenti impropri da parte del candidato la scuola aveva il dovere di intervenire con appositi interventi formativi. Questo era molto interessante, perché nessuno si era minimamente preoccupato di formarmi e nessuno nel Comitato di Valutazione aveva la benché minima idea di cosa combinassi in classe con i malcapitati alunni che mi erano dati in balìa.
Trovai anche, sul sito dell'ANIEF (il sindacato dei DS, per dirla in breve), un qualcuno che si lamentava di presidi cialtroni che, nonostante tutte le esortazioni del sindacato, invalidavano anni di prova senza aver mai mandato all'insegnante nemmeno un singolo richiamo scritto, perché così i candidati respinti vincevano quasi automaticamente il ricorso.

Una visita di cortesia al Sindacato, decisamente, si imponeva,

anche se mi rendevo ben conto che presentarmi a una perfetta sconosciuta spiegando "Mi hanno bocciato all'anno di prova ma io sono buona e brava e non lo meritavo" era un pochino autoreferenziale: che ne sapeva, quella povera donna, se io ero veramente buona e brava o invece raccontavo ai miei malcapitati alunni  che il Nepal era in Africa, la seconda guerra mondiale era iniziata nel 1914 e che acquila si scriveva con il cq, oppure se usavo su di loro il gatto a nove code e la clava?
Comunque era Luglio, tutto intorno a noi era tranquillo, la sindacalista conosceva il suo mestiere e mi fece chiacchierare a lungo. Raccontai tutta la storia, comprese un paio di discussioni che avevo avuto con la Nostra Preside su questioni organizzative e sulle procedure degli scrutini per l'ammissione agli esami; sfoderai infine l'unico argomento oggettivo a mio favore, ovvero la relazione della tutor... che in realtà non era proprio l'unico argomento, agli occhi della sindacalista, perché la Nostra Preside si era fatta negli anni una sua piccola ma consistente reputazione - ad esempio si sapeva che qualche anno prima l'arrivo di una lettera del legale del Sindacato l'aveva ammansita in sommo grado nei confronti di una maestra fatta oggetto fino a quel momento di un trattamento assai discutibile.
L'incontro si concluse con la compilazione della inevitabile raccomandata con ricevuta di ritorno dove chiedevo di consultare le motivazioni che avevano portato alla decisione di non validare il mio anno di prova.

Fatto questo non rimaneva che sedersi a fare la calza e aspettare con pazienza, anche se nel mio cuoricino albergava la speranza che la richiesta venisse ignorata - il che avrebbe messo vieppiù la Dirigenza dalla parte del torto. In effetti l'insieme era così stravagante da rendere concretamente possibile anche quell'eventualità, visto che la Nostra Preside mostrava un atteggiamento assai creativo nei confronti della legislazione vigente (o, per meglio dire, faceva il cazzo che le pareva a seconda di come le tornava più comodo senza farsi troppi problemi).
Passarono i giorni e la ricevuta di ritorno ritornò. Passarono i trenta giorni stabiliti dalla legge e qualche altro giorno di comporto, e le motivazioni non arrivarono. La faccenda, in un suo modo perverso, cominciava ad essere divertente. Io però non ridevo molto e la mia tutor era sempre più simile ad una tigre*****. 

Nel frattempo la sindacalista andò in Provveditorato in esplorazione, e parlò con l'unico ispettore di cui il Provveditorato dispone, che le spiegò che di solito i DS che volevano invalidare un anno di prova andavano da lui in cerca di lumi e conforto prima di compiere il  Doloroso Passo;  la Nostra Preside però non si era mai vista.

L'Avvocato del Sindacato mandò alla scuola una lettera vagamente minatoria (mi spiegò che così era l'uso, e che non mi impressionassi leggendola. E invero un po' mi impressionai nel vedere un linguaggio così aggressivo, ma se lui diceva che si usava fare così... in fondo, che ne sapevo io di procedure forensi?) in cui intimava che le motivazioni saltassero fuori subito e meno seghe, che la Dirigenza era già abbastanza nei guai anche così.
Una mattina mi chiamarono dalla Segreteria dicendo che sì, le motivazioni c'erano, quando volevo potevo andare a vederle a mio comodo, e probabilmente la loro lettera si era incrociata con quella dell'Avvocato. 
Finsi di crederci e fissai un appuntamento con la Segreteria. A quanto riuscii a calcolare in seguito, effettivamente le due lettere si erano incrociate, anche perché le motivazioni erano state comunque preparate una buona decina di giorni dopo la scadenza dei famosi trenta giorni, in quanto la DS era in ferie.
"Non capisco" dissi "La DS può stare in ferie quanto le pare, la segreteria poteva prepararmi le motivazioni in mezz'ora, bastava fare la fotocopia del verbale e cancellare le parti che non mi riguardavano".
"Ah sì, se il verbale fosse stato scritto sarebbe bastato fare quello" osservò qualcuno "Ma se non è stato scritto, o se le motivazioni non c'erano? Ciò che non esiste non può essere fotocopiato".
L'argomento poteva avere un suo peso, mi resi conto quando vidi le fotocopie del verbale: infatti cotal verbale risultava scritto nientemeno che dalla Nostra Preside in persona (procedura abbastanza insolita, visto che di solito chi dirige questo tipo di riunioni nomina un segretario per scrivere il verbale, e che la Nostra Preside non si è mai contraddistinta per essere un tipo da "faccio io, non state a disturbarvi").
Ad ogni modo, su quelle fotocopie c'era parecchio da ridire: erano sì segnati il luogo, il giorno e l'ora, ma non si diceva chi si era riunito e perché, c'era scritto che il Comitato si era sciolto alle 18.30 (ed erano come minimo le 20 quando ero stata mandata in libertà) e insomma c'erano ampi motivi di sospettare che un occhiata al registro originale avrebbe portato a qualche sorpresa. 
Non c'era però motivo di insistere su questo, era più che sufficiente leggere le motivazioni:
"Il Dirigente Scolastico relaziona alla Commissione che la prof. Murasaki non sempre durante l'anno scolastico ha avuto un comportamento consono al suo ruolo docente. Infatti negli adempimenti degli atti che fanno parte della funzione docente (certificazioni, compilazioni registri d'esame, ecc.) è stata inadempiente come risulta anche dalla contestazione d'addebito già avuta per la stessa mancanza nel febbraio dell'anno XX, quando la docente era supplente annuale nella scuola di St. Mary Mead;
inoltre essendo stata tardiva la nomina in ruolo avvenuta nel gennaio dell'anno XY, il Dirigente ritiene necessario prorogare di un altro anno scolastico l'immissione in ruolo al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione date le carenze sopra elencate.
Il Comitato di valutazione, dopo aver ascoltato la relazione della prof. Murasaki, prende atto di quanto riferito dal Dirigente Scolastico e concorda con quanto proposto dal Dirigente".

Più che un ricorso avrei dovuto sporgere una denuncia penale, perché uno scritto di questo tipo rientrava senz'altro nella categoria "Atti osceni in luogo pubblico", e sulla scorta di un discorso così vago e generico non si può nemmeno riportare indietro un  etto di prosciutto al negoziante, figurarsi invalidare un anno di prova. Come la mia tutor, anch'io mi sentivo molto, molto offesa. 
Il Sindacalista Amico Di Una Collega, che aveva seguito la vicenda di lontano,  suggerì di rivolgermi senz'altro a un avvocato esperto di scuola "e se per assurdo l'avvocato le dicesse di non fare ricorso si cerchi un altro avvocato e lo faccia comunque".
L'Avvocato del Sindacato disse che gli estremi per il ricorso c'erano MA che il secondo anno di prova sarebbe finito ben prima che la causa venisse decisa in tribunale, quindi gli sembrava inutile farlo. 
La Sindacalista disse che, al contrario, il ricorso le sembrava un ottima misura preventiva, caso mai la Nostra Preside avesse cercato di adottare qualche misura nei miei confronti. Inoltre, con un ricorso già avviato per il primo anno di prova, se qualcosa fosse andato storto nel secondo si sarebbe potuto procedere in ben altro modo. Insomma, sotto la scure del ricorso si sarebbe data una calmata (i fatti le diedero ragione).
Un sindacalista che passava di lì per caso e aveva fatto qualche fotocopia delle motivazioni (sgranando alquanto gli occhi) disse invece che secondo lui non era una buona idea perché poi con la Nostra Preside dovevo conviverci, durante il secondo anno di prova. 
"Ma non c'è mai" gli spiegai "Non è difficile convivere con qualcuno che non c'è mai".

E così il ricorso al Tribunale del Lavoro fu presentato, e mi costò bolli per ben otto euro. Sommandoli ai soldi spesi per la raccomandata con la richiesta di visionare le motivazioni e quelli della benzina per raggiungere la Segreteria onde vedere le motivazioni suddette, si arriva a una quindicina di euro complessivi di spese. Diciamo che non mi sono dovuta togliere il pane di bocca; ma soprattutto, una volta firmate un paio di carte, non ho più dovuto muovere un dito né tirare i ballo i testimoni che ci eravamo accordati per presentare. Tutto ciò mi fece molto piacere perché sono pigra.

Nel frattempo la Nostra Preside si era presentata all'avvocato che il MIUR ha consacrato appunto ai DS che si trovino impelagati in beghe legali. Il responso di costui non deve essere stato dei più favorevoli, perché mi giunse notizia di un accordo in base al quale il mio ricorso sarebbe stato ritirato una volta passato il nuovo anno di prova (ma, tanto, una volta concluso positivamente il secondo anno di prova, il ricorso sarebbe venuto a decadere automaticamente perché non c'erano più i presupposti per portarlo avanti), dando per implicito che stavolta l'avrei passato senz'altro. Le spese del procedimento sono state a carico della controparte - o meglio, del MIUR, ovvero della collettività che paga le tasse con cui sovvenzionare il MIUR. Il che mi sembra piuttosto ingiusto verso la collettività, ma tant'è.
Dal momento che sono considerata in ruolo a partire dal Dicembre in cui ho firmato il contratto, come trattamento retributivo e pensionistico per me non è cambiato niente, né in meglio né in peggio.

L'anno successivo, assistita dalla stessa tutor (che stavolta fu fatta entrare ad assistere alla discussione) e presentando entrambe quasi le stesse identiche relazioni, feci lo stesso esame, anche se in effetti qualcosa cambiò: stavolta entrai per prima e l'esame fu davvero encomiabile per la sua brevità. Felix brevitatis, mi pare si dica in latino.

Per la cronaca: anche l'Uomo Che Sussurrava Ai Cassetti dopo il secondo anno di prova venne confermato di ruolo (e senza aver presentato alcun ricorso).

*che durante le settimane dell'esame viene pomposamente definito Presidente di Sottocommissione
** era del resto una sua abitudine togliere e ridare il coordinamento di una classe a seconda di come gli girava; nel caso dei Baronetti Inglesi, la classe rimase per circa un mese senza coordinatore perché il Nuovo Preside aveva nominato come coordinatore Inglese, ma Inglese, dopo essersi informata nei dettagli sulla vicenda, si era rifiutata di accettare.  
***Il che non c'entrava un accidente, stante che avevo i 180 giorni di servizio richiesti dalla legge.
****CM 267, 10 Settembre 1991; in realtà quello che viene comunemente chiamato "anno di prova" dagli addetti ai lavori, quando venne istituito dalla legge 270/82 venne chiamato appunto anno di formazione.
*****Al di là di un amichevole solidarietà nei miei confronti, era anche assai offesa per la scarsissima considerazione in cui era stato tenuto il suo parere.

lunedì 14 luglio 2014

Le competenze di Kumagoro


Kumagoro è un bravissimo figliolo, dolce e gentile, di quelli che non studiano nemmeno a sparargli ma che non ti portano rancore se glielo fai osservare, e forse non te ne porterebbero nemmeno se tu, nel (vano) tentativo di farli studiare effettivamente gli sparassi. Corre voce che stia sveglio fino ad ore improponibili sul PC; di sicuro la mattina abbiamo il suo corpo ma non la sua anima - quando pur abbiamo almeno il corpo, perché non è infrequente che manchi. Le sue schede pullulano di sei che in realtà sono dei cinque e mezzo, facciamo 5,55, quelli che alle medie noi insegnanti alziamo così facilmente al sei. L'unica eccezione è un otto a inglese e qualcosa di più della sufficienza a spagnolo - e infatti il nostro orsetto farà un tecnico linguistico.
Le rare volte che è presente sia nel corpo che nello spirito si può facilmente constatare che c'è vita su Marte. Tutto ciò è molto irritante, perché con poca fatica e solo un minimo di continuità potrebbe facilmente incassare dei  rispettabili sette; ma, nonostante la dolcezza di temperamento che lo caratterizza, lui quel minimo di fatica non ha nessuna intenzione di spenderlo. Così viene ammesso all'esame con una media del sei stirato e ben quattro insufficienze alzati a sei per voto di consiglio, uno dei quali è il mio cinque a italiano - e garantisco che per strapparmi un cinque a italiano ci vuole una certa determinazione, perché non lo do alla leggera. Kumagoro però ha un ortografia decisamente approssimativa, una sintassi opinabile, non usa quasi mai gli accenti e i suoi passati remoti sono decisamente creativi, senza contare che il suo personalissimo modo di usare i pronomi fa sì che spesso nei suoi scritti non si capisca bene chi fa che cosa.
Arrivato all'esame, l'orsetto si risveglia. Fa un bel tema di quasi quattro colonne dove non ci sono altri errori che una batteria di accenti mancanti e così, in virtù di una griglia di correzione che si può senz'altro definire indulgente, raccatta un sette che, con gli accenti a posto, avrebbe avuto in realtà tutti i titoli per aspirare all'otto. Sempre in virtù di una griglia vieppiù indulgente, raccatta un sette anche a matematica e il colloquio, per quanto non arricchito da rutilanti effetti speciali (se non vogliamo considerare effetto speciale il fatto che Hitler salse al potere nel 1933) mostra di essere stato ben preparato. L'Invalsi è un mezzo disastro, ma alla fine si arriva comunque alla media del sette perché gli scritti di lingue sono buoni; e con sette Kumagoro passa.
In cuor mio disapprovo, tanto da prendere seriamente in considerazione la possibilità di abbassargli il voto al tema; ma, anche prescindendo dalla generosa griglia di correzione a maglie larghe, quello è oggettivamente un tema a cui in qualsiasi momento avrei dato sette, se fatto da lui, in quanto privo di quasi tutti i suoi errori caratteristici.
Viene poi il momento di compilare il foglio delle competenze* con cui gli alunni si presenteranno alle superiori. E sono, queste competenze, delle strane bestie su cui il Ministero non si è mai soffermato granché a parte poche generiche indicazioni e gran promesse di decreti esplicativi assai dettagliati ma mai pervenuti**; tutto quel che si sa è che i voti assegnati alle competenze non devono necessariamente corrispondere al voto sulla scheda, bensì a quello che effettivamente l'alunno sa fare, e che possono essere solo dal sei in su in base al principio (non privo di logica) che una competenza insufficiente è, a tutti gli effetti, una competenza che non c'è.
Sulla scorta di quel principio non sempre le competenze si scrivono per tutti; e quando arrivo a Kumagoro non le segno né per Italiano né per Storia né per Geografia.

Arriva il giorno degli scrutini e la Presidente di Commissione si intromette fino all'esasperazione perché questo non le torna, e quest'altro non le sembra coerente, e quest'altro ancora... Qualcuno ci aveva ben suggerito di arrivare là con i voti già pronti e impacchettati, essendo la Preside dell'Esame una nota impicciona, ma mi ero opposta dicendo che se qualcosa ci lasciava in dubbio era meglio lasciar riposare il dubbio nei nostri cuori, ché a mente fredda spesso le cose si chiariscono da sole. E poi, sinceramente, non pensavo di fare gli scrutini con un ape impazzita che mi ronzava intorno alla testa.

"Come mai Kumagoro e Sparkling non hanno le competenze in italiano?"
"Perché non le hanno".
"Ma Kumagoro ha sette come voto di uscita".
"Ce l'ha nonostante la sua produzione scritta e orale in italiano".
"Ma ha preso sette nel tema!"
"Preside" interviene qualcuno "Per gli scritti c'erano delle griglie molto generose".
"Ma c'è la definizione delle competenze dell'Istituto. L'ha guardata?".
"Sì, e Kumagoro non raggiunge il livello necessario".
"Ma se guarda qui vede che è scritto che basta che l'alunno riesca a farsi capire..." (la definizione delle competenze di Italiano della scuola di St. Mary Mead non dice niente del genere, in realtà, tanto da indurmi a sospettare che le competenze di italiano, almeno a livello di comprensione del testo, non ce l'abbia nemmeno la Presidente).
"Per l'appunto, non sempre Kumagoro si fa capire, soprattutto quando scrive. E' stato ammesso con il cinque a italiano".
"Sì, ma se ammettiamo che il tema era da sette..."
"Se non ho capito male le competenze le assegnano i docenti, e io non intendo assegnare a Kumagoro una competenza che non ha".
A questo punto la Presidente minaccia di parlarne con la Preside titolare. Non accenno a nessun tipo di reazione.
C'è poi la Gran Questione che un paio di alunni non hanno la competenza di Inglese e di Spagnolo, e uno di loro è pure dislessico. 
Spagnolo rimedia chiudendosi in un dignitoso silenzio, mentre Inglese assicura che per lei non c'è problema e non ha nessuna difficoltà a scrivere la competenza; tutto ciò calma le acque e lo scrutinio si avvia a termine (scoprirò in seguito che né Inglese né Spagnolo hanno scritto nessunissima competenza ai loro due incompetenti personali, e questo mi lascia amplissimo campo di riflessione riguardo a quanto poco sappia io stare al mondo e quanto abbia da imparare dagli altri in merito).
"Non capisco cos'è questa storia di parlare alla preside titolare. La Preside non può mica intervenire sugli esami fatti in sua assenza" mi confido con Matematica mentre riponiamo in bell'ordine carte e cartacce.
"Oh, non farà niente del genere" mi rassicura Matematica "Era chiaramente una minaccia a vuoto".
Ma, una volta tanto, quella carissima e bravissima e intelligentissima ragazza si sbaglia.

La riunione di fine esame (la mitica Plenaria) è fissata per mezzogiorno e io alle nove dormo ancora il sonno del giusto quando suona il telefono.
"Murasaki, sono Grembiulini, la VicePreside"
"(grunt) Sì?"
"Sono qui con la Nostra Preside perché la Presidente di Commissione ci ha fatto notare che non hai scritto le competenze di italiano di Kumagoro e Sparkling".
"Non le ho scritte perché non ci sono".
"Sì ma vedi, l'alunno esce con sette e ha preso sette nel tema, e quindi che non ci sia la competenza di italiano sembra abbastanza irrituale..."
La lascio sciorinare tutto un bel discorsetto scivoloso sul possibile fraintendimento.
"Avete paura che i genitori protestino?" provo a tagliar corto "Ma non dovrebbero: Kumagoro è stato ammesso con il cinque a italiano, e su quello non hanno trovato niente da ridire. Gli abbiamo anche mandato la Lettera...".
(A questo si potrebbe aggiungere il non lieve dettaglio che il Foglio delle Competenze è qualcosa cui solitamente né la famiglia né il personale della Scuola Superiore prestano attenzione alcuna, che sia per lodarlo o per criticarlo o per farne qualsivoglia altro uso inclusi gli aeroplanini di carta. Sta lì dove lo portano, buono buono, e questo è quanto).
"No, non si tratta di quello, ma formalmente non ci sembra corretto..."
"Se il Dirigente ha la facoltà di ordinarmi di mettere la competenza a Kumagoro la metto, non ci sono problemi" dichiaro alla fine. Sono seccata, e non faccio nulla per nasconderlo.
"Non è questione di ordinare, è una cosa che sta alla sensibilità dell'insegnante decidere".
La mia sensibilità di insegnante in quel momento è ai minimi termini, comunque faccio uno sforzo ed evito di mandare apertamente a Fanculo la VicePreside Grembiulini e pure la Nostra Preside.
"D'accordo, ne terrò conto" prometto. 
Più tardi, mentre prendo il caffé guardando la posta, realizzo che è il primo tentativo aperto e diretto che abbia mai ricevuto per farmi cambiare un voto - finora al più avevo raccattato solo vaghi tentativi di moral suasion. Non è un pensiero piacevole, visto che la Nostra Preside è ancora relativamente giovane e sembra intenzionata a restare con noi ancora per molti anni. 

Per la cronaca, a Settembre il certificato delle competenze di Kumagoro era ancora da noi (del tutto vergine di qualsivoglia competenza in materia letteraria, si capisce) e nessun genitore era venuto a ritirarlo, tantomeno per lamentarsi dell'assenza o presenza di alcuna competenza. 

La storia ebbe comunque un seguito, perché fu proprio sulle competenze in italiano di Kumagoro che mi giocai il primo anno di prova (ebbene sì, ne ho fatti due)...
(to be continued)

*dette competenze entrarono nella vita di noi insegnanti delle medie con la legge 27 dicembre 2006 n. 296, comma 622 e il DM 139 del 27 agosto 2007 con relativo documento tecnico e Gli assi culturali. Va detto però (o comunque io ci tengo a dirlo)  che le descrizioni delle competenze che la legislazione ci offre riguardano la conclusione dell'obbligo scolastico, cioè includono anche il primo biennio delle superiori. Qui un riepilogo sulla questione vista dal punto di vista delle medie. Ci sarebbe anche il DL 16 gennaio 2013 n. 13 ma non riguarda le medie - e, soprattutto, all'epoca in cui si svolge il presente racconto non esisteva ancora. Caso mai qualcuno passasse di qua e trovasse inadeguata e/o incompleta questa sfilza di rimandi legislativi, gli/le sarò profondamente grato se vorrà scomodarsi a integrarla, o anche semplicemente me lo farà notare.
** del resto sappiamo tutti che promettere un testo è cosa ben più semplice che redigerlo; in particolare, ogni insegnante lo impara dai suoi alunni quando cerca di farsi consegnare il testo assegnato per casa e raccatta assai facilmente gran promesse di averlo di lì all'indomani, ma scarsa quantità dei testi in questione.

venerdì 11 luglio 2014

Incantesimo di fuoco - Laura Amy Schlitz


Il vero motivo per cui ho preso questo bel libro dallo scaffale dei nuovi arrivi della biblioteca   è il nome di una delle protagoniste: Clara - che in una storia a base di marionette ambientata nell'Ottocento mi ha richiamato irresistibilmente la protagonista del mio adorato balletto Schiaccianoci; e in effetti tratti che riportano alla storia dello Schiaccianoci ci sono, ma non basta leggere la trama sul risvolto della copertina per trovarli (ma se anche non li trovi, il libro funziona benissimo lo stesso).

E' un gran bel romanzo e l'ho letto davvero con piacere, rimpiangendo assai di non averlo messo nella lista dei consigli di lettura per la mia seconda. Quanto al genere... non lo definirei fantasy, se non nel senso più largo di letteratura fantastica. Diciamo che è un bel romanzo di avventure che potrebbe essere tratto da una fiaba (ma la fiaba se l'è inventata l'autrice; molto bene, tra l'altro), ambientato nella Londra dell'Ottocento, con la dovuta dose di magia e di bambini più o meno infelici ma comunque perennemente affamati, due italiani discretamente cattivi, un eccellente lieto fine e un bel timbro dickensiano ma con dei personaggi femminili che mai e poi mai Dickens avrebbe osato prendere in considerazione, salvo forse, in parte, Lizzie Rose. 
Qualsiasi adulto amante della letteratura vittoriana o delle fiabe può apprezzarlo senza riserve e qualsiasi ragazzo amante della lettura e non troppo deviato dagli stereotipi di genere dovrebbe gradirlo, anche se probabilmente è più adatto alle ragazze. Il titolo originale è più evocativo di quello italiano: Splendors and glooms, lampi di luce e tenebre profonde. Una fucina dove si lavora del metallo incandescente, per esempio: non sono necessariamente buoni né le tenebre né la luce, e l'accostamento fa paura. A questo tipo di contrasti una città industriale come Londra d'altra parte era abituata, come al contrasto tra ghiaccio e fuoco, entrambi elementi che portano la paura e la morte dietro di sé.

Abbiamo un opale di fuoco dall'alto potere magico: una pietra maledetta che si porta dietro una scia di sangue e disperazione e che sembra impossibile domare.
C'è un burattinaio, che gira per Londra col suo teatro di marionette - un artista ambulante, non sempre con in tasca i soldi per mangiare e far mangiare i suoi piccoli apprendisti, ma grande artista nel suo mestiere. Non si presenta come un personaggio affidabile né raccomandabile e fosche (appunto) ombre incombono sul suo passato. Forse anche sul suo presente. 
I due piccoli apprendisti non nutrono un grande amore per lui, e non si può dargli torto. Entrambi sono orfanelli raccattati letteralmente per strada, come usava molto a quei tempi e le loro mosse sono guidate da quelle due grandi forze che sono la paura e la fame.
Il ragazzino, Parsefall, che di tenebre alle spalle ne ha davvero parecchie, compresa una zona buia dove sono spariti diversi ricordi, è però molto appassionato al suo lavoro e stravede per le marionette e l'arte di muoverle. 
Lizzie Rose è invece una signorina che da un giorno all'altro ha dovuto smettere di esserlo, quando i suoi genitori, due attori di ottima reputazione, sono improvvisamente morti. Ha conosciuto un certo benessere e goduto di una buona educazione: educatissima e istruita, si sforza sempre di scegliere ciò che è giusto rispetto a ciò che è conveniente, anche con la speranza che il merito e la bontà disinteressata vengano un giorno ricompensate, come succede nei romanzi; e questo nonostante la vita le abbia dimostrato più volte che ciò raramente avviene.
Poi c'è Ruby, una bella cagnola fulva, anche lei di animo raffinato e inclinazioni signorili, capace di empatia e solidarietà come ogni bravo cane che si rispetti*.
Infine Clara: lei non ha perso i genitori, e continua a vivere in una ricca e bella casa, terribilmente triste e funestata dall'ombra della morte, che si è portata via tutti i suoi fratelli, compreso il suo amato gemello. Come tutti i sopravvissuti vive tormentata da un irragionevole senso di colpa che i genitori non fanno molto per attenuare, pur consapevoli dell'illogicità di certe loro reazioni. La forzata vacanza che si troverà costretta a prendere dalla sua opprimente famiglia la porterà, in modo assai sorprendente, a scoprire una libertà e una forza che era del tutto ignara di possedere, guidata da una maestra dura ma non spietata.

I personaggi "minori" sono tali perché compaiono in un ridotto numero di pagine, ma sono tutti indispensabili alla trama, che è ricca e sorprendente pur se costruita con elementi che suonano familiari.

Probabilmente l'estate non è la stagione più adatta per leggerlo - tutto quel ghiaccio mi porterebbe a consigliare piuttosto i mesi tra Novembre e Marzo; di fatto però l'ho letto a cavallo del Solstizio e me ne sono trovata benissimo.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro ottime vacanze a tutti quanti. Possano le letture riscaldarvi mentre leggete accanto al caminetto, avvolti in una copertina calda!

*no, niente gatti. Ma nemmeno io riesco a trovarlo un difetto perché in effetti in questo romanzo serve un cane e non un gatto. Anzi, serve quel cane, e non un cane qualsiasi. Insomma, Ruby c'è perché ci deve essere, ed è giusto così.